Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 21 Aprile 2024

Post Voices

Sabato 13 aprile si è tenuta a Torino la giornata sui podcast del Post, “Voices” con una grande partecipazione: un investimento sul coinvolgimento e sulla soddisfazione di abbonati, lettori e ascoltatori del Post stesso.


domenica 21 Aprile 2024

Presto e bene

Il Post ha compiuto quattordici anni venerdì e ha approfittato per spiegare a chi lo legge qual è il suo rapporto con l’informazione immediata e tempestiva.

“non abbiamo nessun orgoglio di lentezza, e non è vero che “non vogliamo arrivare primi”: vogliamo arrivare primi o tra i primi – e non di rado arriviamo tra i primi – perché riconosciamo che essere informati tempestivamente sulle cose abbia un’importanza. Ma se quelle cose non sono vere, la fiducia di chi legge si perde, e questo è già successo rispetto a molta parte dell’informazione giornalistica generale”.


domenica 21 Aprile 2024

Tutto torna al suo posto

Claudio Velardi, che partecipò alla fondazione e alla guida del Riformista alla sua nascita nel 2002, è tornato al giornale nella sua attuale versione (ci fu un lungo periodo di chiusura in mezzo) nel ruolo di direttore, dopo la precoce uscita di Alessandro Barbano che andrà a dirigere il Messaggero.


domenica 21 Aprile 2024

Precipitano le cose a NPR

Martedì il sito della rete radiofonica statunitense NPR ha scritto che la radio ha «formalmente punito Uri Berliner» con una «sospensione di cinque giorni senza stipendio» in conseguenza dell’articolo critico che Berliner aveva scritto contro la radio stessa. La sospensione era iniziata venerdì 12 aprile ma non era stata resa nota in precedenza: mercoledì Berliner ha dato le dimissioni, criticando la gestione dell’amministratrice delegata Katherine Maher. In questi giorni Maher è stata anche molto attaccata per delle opinioni assai critiche su Donald Trump che aveva espresso in passato.
Berliner aveva iniziato a lavorare per NPR nel 1999 e una decina di giorni fa aveva scritto su un altro sito «che il network ha “perso la fiducia dell’America” per aver affrontato le notizie con una mentalità rigidamente progressista». Secondo Berliner la ricerca di maggiore diversità nella redazione (ricerca che in questi anni ha coinvolto molti giornali statunitensi) avrebbe prodotto un’omologazione di idee, perlopiù distanti da quelle conservatrici e del partito Repubblicano (che allo stesso tempo si è spostato verso posizioni più estreme e reazionarie): ne avevamo scritto più approfonditamente nello scorso numero di Charlie.

NPR ha scritto che l’articolo di Berliner «ha fatto arrabbiare molti dei suoi colleghi, e ha indotto i leader di NPR ad annunciare revisioni interne mensili sulla copertura del network». La stessa NPR ha pubblicato una serie di articoli sugli sviluppi della storia, articoli di grande completezza e autonomia e scritti con trasparenza da un collega che lavorava con Berliner: l’ultimo si conclude con una «nota informativa: questa storia è stata riportata e scritta da David Folkenflik, corrispondente di NPR per i media, e redatta da Emily Kopp, vicedirettrice per il settore degli affari, e Gerry Holmes, direttore editoriale. In base al protocollo di NPR per l’informazione su se stessa, nessun funzionario aziendale o dirigente di NPR ha revisionato questa storia prima che fosse pubblicata».


domenica 21 Aprile 2024

«Il pagamento dovrà essere sempre anticipato»

Il Corriere della Sera ha pubblicato questa settimana, come da obblighi di legge, una pagina di tariffari pubblicitari per le inserzioni legate alla campagna elettorale delle Europee sulle testate del gruppo RCS. Il testo sostiene che non siano previsti sconti, pratica altrimenti assai consueta rispetto ai prezzi di listino nelle trattative sulla pubblicità. Il costo indicato di una pagina nell’edizione nazionale del quotidiano cartaceo è di 38mila euro.
La stessa cosa ha fatto Repubblica sabato, indicando un identico prezzo per una pagina nell’edizione nazionale e tra i 12 e i 27 euro per mille visualizzazioni sui siti di Repubblica HuffPost.


domenica 21 Aprile 2024

Brevi di cronaca US

Un po’ di notizie in breve sui media americani, che oggi la newsletter è molto lunga.
Il direttore e l’amministratore delegato del New York Post, popolare tabloid newyorkese, hanno comunicato in una accorata lettera ai dipendenti ricca di espressioni come “riallineare” che ci saranno dei licenziamenti nella redazione.
Il sito Refinery29, uno dei più noti e seguiti tra quelli nati in questo millennio per raggiungere soprattutto un pubblico di giovani donne, è stato acquistato da una società che si chiama Sundial, lasciando così il gruppo Vice Media e i suoi grossi guai degli ultimi anni.
L’editore Barry Diller ha scelto di investire su nuove prospettive e crescite di Daily Beast, una delle più antiche riviste online statunitensi, ormai con una storia assai varia e ricca ma in crisi commerciale da molto tempo e che l’anno scorso era stata messa in vendita. Diller ha affidato il giornale a due importanti dirigenti del mondo dei media americani, uno proveniente da ABC Disney e l’altra dal gruppo Hearst.


domenica 21 Aprile 2024

«Sono esausto»

Il corrispondente dell’agenzia Ansa Sami al Ajrami, del cui lavoro da Gaza per il quotidiano Repubblica avevamo scritto su Charlie un mese fa, ha annunciato ai suoi lettori in un articolo pubblicato giovedì di avere lasciato Gaza.


domenica 21 Aprile 2024

Nulla di fatto al New York Times

Ci sono aggiornamenti al New York Times su una faccenda di cui avevamo scritto: il sito The Intercept aveva raccontato che il New York Times non avrebbe pubblicato una puntata del suo podcast The Daily (ascoltatissimo e molto seguito) per dubbi sulla credibilità e accuratezza delle fonti, a proposito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre; il New York Times aveva risposto sostenendo che si fosse trattato di normali revisioni giornalistiche, ma aveva avviato delle indagini interne per capire chi avesse dato a The Intercept le informazioni relative. Questo nel contesto sia di una nuova linea imposta dalla direzione che cerca di evitare che le discussioni interne al giornale siano diffuse al di fuori della redazione, e sia di critiche e pressioni a proposito della copertura di quello che succede a Gaza e in Israele.

Diversi siti di news hanno riportato che lunedì il direttore del New York Times Joe Kahn ha scritto in un canale Slack (il programma di chat usato da molte aziende) del giornale che «non abbiamo raggiunto una conclusione definitiva su come si sia verificata questa significativa fuga di notizie. Abbiamo identificato delle lacune nel modo in cui viene gestito il nostro materiale giornalistico e abbiamo preso provvedimenti per risolvere questi problemi». La direttrice delle indagini interne del New York Times, Charlotte Behrendt, ha intervistato una ventina di persone nel corso di molte settimane. L’indagine è stata criticata dal sindacato dei giornalisti, che ha presentato un reclamo «per molestie e discriminazioni nei confronti» di un gruppo di collaboratori del New York Times di origine araba e mediorientale: i dirigenti del giornale hanno risposto che le accuse sarebbero infondate.


domenica 21 Aprile 2024

La guerra di GEDI

Questa settimana il Comitato di redazione di Repubblica ha protestato col direttore e con l’editore per un’iniziativa ritenuta da diversi giornalisti piuttosto discutibile sotto l’aspetto di etica giornalistica e di etica in generale. GEDI, la società editrice di Repubblica, ha infatti organizzato un incontro online sponsorizzato dalla società PwC Italia in cui il direttore Maurizio Molinari e un giornalista dello HuffPost (appartenente allo stesso gruppo editoriale) hanno intervistato il ministro della Difesa Guido Crosetto per parlare di investimenti in armi e difesa militare, insieme a Franco Gussalli Beretta della azienda di armi Beretta. L’incontro avrebbe dovuto essere trasmesso “sulla Homepage di la Repubblica, La Stampa, Huffpost e GNN” ma dopo le proteste del CdR la diffusione è stata cancellata e l‘articolo originale è stato emendato da alcuni passaggi più enfatici sull’importanza delle spese militari e dai nomi dei partecipanti.

Il sito Professione Reporter riporta che il CdR “ha fatto presente sia all’azienda che alla direzione il profondo disagio di fronte a un evento di questo tipo. Sia per un chiaro pericolo di commistione tra giornalismo e interessi commerciali (‘l’investimento nel comparto della difesa non solo rappresenta una priorità per la sicurezza, ma ha anche un impatto significativo sulla transizione green e digitale’, è scritto nella presentazione dell’incontro sul nostro sito: si tratta di giornalismo o pubblicità?), sia per ragioni legate all’identità del nostro giornale, cioè un quotidiano della sinistra legato ai valori della nostra Costituzione, una carta fondativa che ‘ripudia la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti’”.

“L’azienda – ci è stato detto – non era al corrente di questa iniziativa e ha convenuto con noi che si è trattato di un errore, di una leggerezza della concessionaria di pubblicità. Nel farlo, è stato posto il tema della necessità di un maggior controllo editoriale. Per tutte le ragioni sopra esposte chiediamo la rimozione del redazionale in questione, indistinguibile dai contenuti di natura pubblicitaria”.
L’articolo di promozione dell’incontro è rimasto online, con alcune rimozioni. Della polemica ha scritto anche il Fatto, giovedì (il Fatto aveva anche riferito domenica degli insoddisfacenti bilanci del 2023 di GEDI).


domenica 21 Aprile 2024

Di chi è Euronews

Un’ inchiesta collettiva condotta da tre giornali europei ha rivelato che il governo ungherese ha avuto un ruolo rilevante nell’acquisizione della rete televisiva europea Euronews Già nel 2021, quando il fondo di investimento portoghese Alpac Capital aveva acquistato la tv, esisteva il sospetto che Alpac Capital avesse estesi rapporti con l’Ungheria e con persone vicine al primo ministro Viktor Orbán, che negli ultimi anni ha assai indebolito il giornalismo indipendente in Ungheria, costruendo un’efficace macchina di propaganda.
L’inchiesta è stata realizzata dal quotidiano francese Le Monde, il giornale a maggiore diffusione in Francia, dal sito di giornalismo investigativo ungherese Direkt36 e dal settimanale portoghese Expresso: i tre giornali sono riusciti a ricostruire che una «somma significativa dell’operazione da 150 milioni di euro [con cui è stata acquistata Euronews] è stata finanziata dallo Stato ungherese e da soggetti legati al governo».

Euronews nacque nel 1993 da un consorzio di tv europee (tra cui la RAI), ispirandosi al successo dell’epoca della rete statunitense “all news” CNN : ma, dopo una serie di variazioni societarie negli anni successivi, la sua maggioranza era stata acquisita nel 2015 da un ricco imprenditore delle telecomunicazioni egiziano. Oggi si può guardare via satellite o dal suo sito web (o da YouTube) e dichiara circa 145 milioni di spettatori al mese trasmettendo in 17 lingue. Negli ultimi due anni, dal passaggio di proprietà, la sede è passata dalla città francese di Lione alla capitale belga Bruxelles, e sono stati licenziati circa 200 dipendenti su un totale di 478. Da quello che emerge dall’inchiesta circa 45 milioni di euro utili per l’acquisto di Euronews sono arrivati da un fondo ungherese, gestito da una società che in precedenza era controllata dal Ministero delle finanze, a cui si aggiungono «almeno 12,5 milioni di euro versati da una società di comunicazione appartenente a uno stretto collaboratore di Orbán». Altri documenti raccolti nell’indagine suggeriscono che l’acquisizione avesse tra gli obiettivi di «mitigarne l’ideologia di sinistra e la faziosità».

Altre fonti che hanno familiarità con il funzionamento di Euronews però hanno dichiarato a Direkt36 Le Monde di non aver finora visto ingerenze sui contenuti della tv. Una fonte ha spiegato che sarebbe difficile cambiare nettamente la linea editoriale, perché «sarebbe uno scandalo, il canale perderebbe credibilità, gli inserzionisti se ne andrebbero». In questo momento il 44% delle entrate economiche provengono da contratti con l’Unione Europea: sarebbe difficile che le sovvenzioni restassero inalterate se cambiasse drasticamente la linea editoriale o diventasse molto critica con la UE come lo è stato spesso il governo ungherese. La Commissione europea ha detto a Le Monde che un accordo pluriennale (che lo scorso anno valeva 12 milioni di euro) con la rete scadrà a luglio e non sarà prorogato; verrà indetta una nuova gara d’appalto pubblica a cui Euronews potrà partecipare. Tra i documenti ottenuti da Direkt36 alcuni sembrano indicare insoddisfazione per la gestione economica della rete tv e che Euronews starebbe andando «peggio del previsto a causa delle mutate condizioni del mercato (rallentamento economico dell’UE, aumento dell’inflazione, aumento dei tassi di interesse, aumento dei costi salariali, ecc)».


domenica 21 Aprile 2024

Ogni cosa è Angelucci

Secondo un articolo sul Fatto di venerdì la famiglia Angelucci starebbe parlando con Maurizio Belpietro della possibilità di acquistare il quotidiano La Verità, di cui Belpietro è direttore ed editore. Antonio Angelucci, imprenditore con una ricchezza ottenuta nella sanità privata e oggi deputato della Lega, è già editore degli altri maggiori quotidiani di destra GiornaleLibero Tempo, e sta discutendo l’acquisto dell’agenzia AGI con la società ENI che la possiede. L’articolo del Fatto – che fa riferimento solo a incontri tra Belpietro e gli Angelucci – dice che l’eventuale acquisto della Verità non riguarderebbe le testate periodiche che Belpietro ha negli scorsi anni acquisito da Mondadori ( PanoramaDonna Moderna e altre).


domenica 21 Aprile 2024

Abbonarsi o no

Il settore di ricerca e consulenza del Financial Times, “FT Strategies”, ha pubblicato un’analisi sulle abitudini di consumo e le preferenze di informazione italiane, “Navigating italian news”, creata interpellando lo scorso dicembre 2.043 persone con un interesse a essere informate. L’obiettivo principale dell’indagine era di capire la disponibilità dei lettori a spendere per dei contenuti giornalistici a pagamento: un dato generale è che questa disponibilità quasi sempre non prevede di pagare per più di un abbonamento. Altre informazioni sono nel documento che si può scaricare qui.


domenica 21 Aprile 2024

Perugia per tutti

Oggi si conclude a Perugia il Festival del Giornalismo, il più importante convegno pubblico sul tema in Italia, e tra i più importanti e seguiti nel mondo: che ha da sempre un’attenzione alle novità e agli sviluppi contemporanei nel giornalismo assai rara rispetto al dibattito italiano. E infatti la più ricca quota di ospiti è composta da giornalisti, esperti e commentatori internazionali o provenienti da esperienze giornalistiche non tradizionali.
(questo ha generato negli ultimi anni qualche risentimento in alcune testate italiane che si sono sentite trascurate: giovedì il Fatto si era lamentato di non essere stato “invitato”, malgrado il festival non inviti specifiche testate e offra a chiunque di partecipare, incentivando proposte per incontri e speech)


domenica 21 Aprile 2024

Another one bites the dust

Chiuderà Post.news, di cui avevamo parlato al momento della sua creazione, un anno e mezzo fa: una via di mezzo tra un social network e una piattaforma per la distribuzione di contenuti giornalistici basata su micropagamenti per singoli articoli. Progetto su cui ciclicamente tornano delle curiosità che ciclicamente falliscono, quello dei micropagamenti.

“Per ora commenti sono soprattutto scettici : il sistema dei micropagamenti non conviene agli editori rispetto agli abbonamenti, per ragioni intuitive. Gli abbonamenti garantiscono entrate maggiori, garantite a lungo e con continuità, ed è persino dimostrato che molti abbonati ai siti di news continuano a pagare anche a fronte di attività scarse o nulle sui siti in questione. Per essere attraenti per gli editori i micropagamenti non dovrebbero essere troppo micro (pena il rischio Spotify: dove solo quote enormi di streaming offrono compensi validi ai musicisti), ma allora diventerebbero meno interessanti per i lettori che li chiedono, e che tendono a immaginare cifre intorno alle poche decine di centesimi per un articolo”.


domenica 21 Aprile 2024

Il candidato faccia delle ipotesi

Si è tenuta martedì la “139° sessione di esami” per l’ammissione all’ordine dei giornalisti italiano: ovvero la prova scritta, a cui seguirà quella orale per i candidati che saranno ammessi (nella precedente sessione, a ottobre, erano stati 201 su 235: e 195 i promossi dopo gli orali di gennaio). Ai candidati sono state proposte 15 “tracce”, scelte e scritte dalla commissione esaminatrice, su cui scrivere un articolo.

(sulla Stampa Mattia Feltri ha commentato giovedì la scrittura delle tracce da parte dei giornalisti commissari d’esame)


domenica 21 Aprile 2024

Chi può fare a meno di chi

Fa ormai meno notizia la successione di azioni e reazioni in diversi stati tra l’introduzione di nuove legislazioni per far ottenere alle aziende giornalistiche dei soldi da parte di Google e Facebook, e le scelte di Google e Facebook di rinunciare quindi ai contenuti dei giornali e penalizzarli così ulteriormente. Adesso è successo in California, dove Google ha rimosso i link ai contenuti dei giornali per una quota “sperimentale” di utenti.


domenica 21 Aprile 2024

Eco

Un meccanismo frequente nella circolazione delle informazioni sui media italiani ha avuto un esempio chiaro questa settimana. È quello per cui viene riportata come una notizia la pubblicazione su un’autorevole testata straniera di un articolo su vicende italiane: a volte per ragioni di propaganda (quando l’articolo straniero è favorevole o critico a un politico italiano sostenuto dal giornale italiano che lo riprende: vedi il grande uso che si fece dell’Economist contro Berlusconi, o alcune più sbrigative citazioni nei mesi scorsi di articoli internazionali positivi su Giorgia Meloni), altre volte per rallegrare i lettori – con qualche provincialismo – sul fatto che all’estero “si parla dell’Italia”.

La scelta è piuttosto rara (o inesistente) nelle testate dei paesi con cui ci confrontiamo abitualmente: difficile che ci siano attenzioni reciproche per un articolo italiano sul premier britannico o per un commento italiano su una celebrity francese.
Ma il fatto è soprattutto che – a parte eccezioni di analisi più argomentate approfondite – quegli articoli internazionali sono quasi sempre composti a partire dalla lettura dei giornali italiani e delle notizie e opinioni che ospitano.
Nelle settimane scorse alcuni giornali italiani critici col governo Meloni – soprattutto Repubblica – hanno contestato gli approcci del governo alla gestione della Rai. Queste proteste sono state raccontate mercoledì dal quotidiano londinese Guardian in un articolo della sua corrispondente da Roma (con qualche errore e approssimazione). Giovedì Repubblica ha quindi citato l’articolo del Guardian, commentandolo come una conferma alle critiche.


domenica 21 Aprile 2024

Soldi che puzzano

L’attore Hugh Grant ha annunciato di avere a malincuore accettato il risarcimento di “una somma enorme” da parte dell’editore britannico News Group in cambio della rinuncia a una causa che Grant conduce da anni per le invasioni illegali della sua privacy – e di molti altri, ne avevamo scritto qui – da parte del quotidiano Sun. Grant ha scritto che avrebbe preferito concludere la causa dimostrando in tribunale le pratiche illecite del giornale e di una categoria del giornalismo britannico, ma i suoi avvocati gli hanno fatto capire che le spese avrebbero potuto essere enormi. E quindi destinerà il compenso ricevuto alle associazioni impegnate “per rivelare i peggiori eccessi della nostra stampa posseduta da oligarchi” (News Corp è di proprietà del famigerato editore australiano Rupert Murdoch). Finora News Corp ha concordato centinaia di compensi di questo genere per evitare processi.


domenica 21 Aprile 2024

Charlie, l’etica viene dall’alto

Domenica scorsa la famiglia di Ash Good, una donna di 38 anni uccisa a Sydney in una serie di accoltellamenti da parte di un uomo con problemi mentali, ha protestato contro la pubblicazione da parte di giornali e siti di news di foto tratte dai profili social di Good.
La pratica è diffusissima in molti paesi del mondo e anche in Italia, un’evoluzione contemporanea di antiche e deprecabili abitudini del giornalismo soprattutto di cronaca, di ottenere poco lealmente immagini e informazioni sulle vittime. Un articolo sul giornale online americano 
The Conversation si è chiesto quale equilibrio si debba tenere tra l’obiettivo di informare, il rispetto delle vittime e dei loro parenti, e una capacità di distinguere tra ciò che sia di interesse pubblico e cosa sia sacrificabile. Nel Regno Unito il tema è discusso e considerato presso i media più seri, e convive con le pratiche più deprecabili di altre testate. L’articolo di The Conversation segnala che spesso non è la mancanza individuale di scrupoli dei singoli giornalisti a generare i comportamenti più discutibili, ma il contesto generale di pressione e consuetudine in cui lavorano, e i comportamenti a cui vengono indotti. Riflessione preziosa e utile rispetto alle abitudini più deteriori del giornalismo in generale, anche in Italia: senza esentare nessuno dalle responsabilità personali, ma fino a che “lo fanno tutti” e fino a che questo è quello che viene chiesto – e anche insegnato – il rispetto delle persone coinvolte e l’etica giornalistica in generale saranno affidati all’eccezionalità di discernimenti individuali, e non alla regola.

Fine di questo prologo.


domenica 14 Aprile 2024

Il giornalismo ovunque

È iniziato il tour di “Indagini Live”, la serie di eventi pubblici nei teatri nati come sviluppo del podcast del Post “Indagini”, di cui è autore e protagonista il giornalista Stefano Nazzi. Quasi tutte le date sono esaurite, con oltre 22mila biglietti venduti.


domenica 14 Aprile 2024

Per fare il Post

Il Post ha pubblicato quattro nuovi podcast nella sua serie “Per fare il Post” in cui le persone che ci lavorano descrivono e spiegano il proprio lavoro e il modo con cui contribuisce al risultato giornalistico complessivo.

“Da oggi sono disponibili altre quattro puntate, per capire cosa vuol dire correggere il Post con Marco Surace e Cecilia Pigozzi, tutti i modi per raccontare la scienza con Emanuele Menietti, come si scelgono le foto che vediamo con Alessia Mutti e come si parla di libri con Ludovica Lugli”.


domenica 14 Aprile 2024

Un’altra sfiducia, questa settimana

Il direttore del quotidiano sportivo Tuttosport, Guido Vaciago, è stato sfiduciato dalla sua redazione: lo ha confermato un comunicato uscito venerdì sul quotidiano stesso per precisare “notizie false e fuorvianti”.  Vaciago è giornalista di Tuttosport dal 2000 ed è diventato direttore nel 2022: il quotidiano ha sede a Torino ed è noto per la sua maggiore copertura delle squadre di calcio Torino e Juventus.

Attraverso due diverse società editoriali il Gruppo Amodei è l’editore di Tuttosport e del Corriere dello Sport, due dei tre quotidiani sportivi italiani (l’altro e principale è la Gazzetta dello Sport, edita da RCS, l’azienda che possiede, tra le altre cose, il Corriere della Sera e la rivista Oggi). La diffusione dei giornali sportivi, rispetto agli altri quotidiani, può variare maggiormente a seconda del giorno della settimana (il lunedì le vendite sono solitamente più alte dopo le competizioni sportive della domenica) o durante eventi come i campionati, le Olimpiadi o i Mondiali di calcio (per esempio, durante la sospensione dei campionati a causa della pandemia le vendite crollarono): ma come tutto il settore anche i giornali sportivi stanno attraversando da anni una crisi di vendite.

Secondo i dati di ADS (società che certifica e divulga i dati sulla diffusione dei giornali) la Gazzetta dello Sport aveva una diffusione di circa 225 mila copie nel novembre 2013, erano 84 mila nel novembre 2020 (con gli eventi sportivi fermati dalla pandemia) e 150 mila nel novembre 2023; il Corriere dello Sport aveva una diffusione di 122 mila copie nel 2013, 46 mila nel 2020 e 42 mila nel 2023; Tuttosport aveva una diffusione di 96 mila copie nel 2013, 34 mila nel 2020 e 25 mila nel 2023. Le visite al sito di Tuttosport sono significative: a novembre 2023 sono stati registrati oltre 7 milioni di utenti unici, che non sono comunque sufficienti a garantirne la sostenibilità economica. Peraltro, il giornale e il sito sono due testate diverse e hanno due redazioni che collaborano ma sono separate (una a Torino e l’altra a Roma): la redazione del giornale cartaceo si è ridotta nel corso degli ultimi vent’anni, passando da oltre 60 giornalisti alla fine degli anni ‘90 ai 25 di oggi: principalmente per i prepensionamenti e le dimissioni, e negli ultimi 15 anni sono stati assunti soltanto due nuovi giornalisti. Sebbene Tuttosport e il Corriere dello Sport abbiano la medesima proprietà, le due redazioni solitamente non lavorano insieme per realizzare articoli o approfondimenti comuni.

Nel comunicato la redazione di Tuttosport ha spiegato che l’editore – dopo le costanti e ingenti perdite negli anni durante e dopo la pandemia – ha richiesto una notevole riduzione del costo del lavoro «che si aggira intorno al 47%», e che potrebbe essere raggiunta tramite licenziamenti o con tagli agli stipendi dei singoli redattori; oggi la redazione di Tuttosport ha dovuto ridurre del 20% la presenza quotidiana dei dipendenti in redazione attraverso il cosiddetto riposo compensativo (i giornalisti, in questo caso, lavorano cinque giorni anziché sei), e non può accedere agli ammortizzatori sociali e dunque al momento neanche ai prepensionamenti. Questo perché ne ha già usufruito in passato ed esiste un tetto e un lasso di tempo minimo agli stati di crisi che un’azienda editoriale può dichiarare e agli aiuti che lo stato può concedere. In questo contesto, però, il comunicato della redazione spiega che la sfiducia al direttore deriva dal conseguente piano di organizzazione del lavoro, che non è stato ritenuto soddisfacente per riuscire a lavorare in modo sereno e coprire le notizie, gli eventi e i campionati: «A fronte di una riduzione quotidiana dell’organico del 20 per cento (non considerate ferie e malattie) attraverso le iniziative aziendali, la redazione – pur consapevole della crisi che colpisce da tempo l’editoria e la testata – ha chiesto al Direttore come intendesse organizzare la lavorazione quotidiana. Sentito il suo discorso, l’assemblea ha votato la sfiducia».

L’editore ha risposto alla redazione con un suo comunicato sul giornale, spiegando che, dal suo punto di vista, l’argomento più rilevante degli incontri con il Comitato di redazione di Tuttosport (l’organo di rappresentanza sindacale dei giornalisti) riguardava «gli Accordi di secondo livello in essere che, per quanto di nostra conoscenza, rappresentano un “unicum” per rilevanza economica e modalità di corresponsione in tutto il panorama dei quotidiani nazionali». Gli accordi di secondo livello sono una forma di contrattazione aziendale in grado di integrare il contratto collettivo, definito a livello nazionale, con ulteriori benefici (aumento dello stipendio, premi o condizioni di lavoro diverse): sono accordi raggiunti in passato e riguardano una buona parte dei giornalisti che da tanti anni lavorano a Tuttosport. L’editore ha concluso il suo comunicato scrivendo che «l’editoria in generale sta attraversando un grande cambiamento e, in un panorama economico complicato per tutto il Paese e per molte famiglie italiane, l’Editore ha cercato soluzioni più mirate alla tutela dei posti di lavoro che al mantenimento di non comuni elementi variabili della retribuzione».


domenica 14 Aprile 2024

Pacchetti

Quasi tutti i giorni nelle scorse settimane i due maggiori quotidiani hanno ospitato pubblicità delle aziende del gruppo Oniverse (che possiede Intimissimi, Falconeri, Calzedonia, Tezenis, Signorvino, tra le altre cose), in particolare del brand Intimissimi. Sabato Repubblica ha intervistato Matteo Veronesi, responsabile di Intimissimi Uomo e figlio del fondatore dell’azienda. Il Corriere della Sera aveva intervistato il fondatore il mese scorso.


domenica 14 Aprile 2024

Soldi a chi li ha

La newsletter Digital Media Sunday Brunch mandata ogni domenica dalla società DataMediaHub, che si occupa di media e marketing, ha riassunto le cifre dei contributi del “fondo straordinario” per i giornali che il governo ha attribuito per il 2022.

“Il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria ha pubblicato la lista dei gruppi editoriali che hanno ricevuto il contributo straordinario, per l’anno 2022, per le copie vendute nel 2021. Un “bonus” pari a 5 centesimi di euro per ogni copia cartacea di quotidiani e periodici venduta, anche in abbonamento, nell’anno di riferimento.
Le richieste presentate dai vari gruppi erano di gran lunga superiori al tetto stabilito dal governo: quasi 38 milioni di euro, ben dieci in più del limite stabilito. Per questo motivo l’importo erogato è stato rimodulato per rientrare nella spesa di 28 milioni di euro, fissato dall’articolo 3 del Dpcm del 28 settembre 2022.
Sono stati 80 i gruppi editoriali/le testate che hanno fatto richiesta. A molti di questi l’efficacia, l’erogazione, della concessione del contributo è subordinata alla verifica antimafia, che evidentemente non hanno soddisfatto quando è stata presentata la domanda al Dipartimento
[…] vi è una forte concentrazione a favore di pochi delle risorse. Di 80 editori/testate abbiamo elaborato quelle con un contributo superiore ai 200 mila euro. Sono 27, ovvero circa un terzo [33.7%] del totale. A queste, complessivamente vanno 23.8 milioni di euro, ossia l’85% del totale.
Ed ancora, a Cairo, sommando RCS e Cairo Editore, vanno 7,1 milioni. Quindi da solo raccoglie un quarto [25.3%] del totale dei contributi erogati. Ai primi cinque, tutti sopra il milione di euro, vanno quasi 14,1 milioni, pari a più del 50% del totale.
A Caltagirone Editore, sommando le diverse testate di proprietà, vanno più di 1,5 milioni di euro. Al Gruppo di Belpietro, sommando le diverse testate, vanno più di 705 mila euro. Al Gruppo SAE, includendo SAE Sardegna, ne vanno oltre 786 mila. E altro ancora, come il Gruppo Sesaab, che controlla anche la Provincia di Como, o le testate di Angelucci, entrambi sopra il mezzo milione di euro”.


domenica 14 Aprile 2024

Una faccia da Loredana

Invece un utente di Twitter ha notato come a volte i siti dei giornali utilizzino “foto di stock”, prodotte per opportunità promozionali e commerciali per illustrare storie di cronaca o raccontate come vere, ma del tutto incongruenti con quelle immagini.


domenica 14 Aprile 2024

Troppa acqua

Le pratiche di copia-incolla dei testi online a volte generano errori sostanziali decisivi, che fanno letteralmente la differenza. Riferendo il contenuto di una relazione del commissario per la siccità, alcune testate (AnsaEco di Bergamo) hanno citato il numero di “4681 grandi invasi strategici” in Italia: in realtà la relazione da cui è stato tratto il dato parlava più realisticamente di 468 invasi, con una nota 1 in apice.


domenica 14 Aprile 2024

Barbano torna al Messaggero

Il quotidiano romano Il Messaggero avrà un nuovo direttore, Alessandro Barbano. La notizia ha avuto attenzioni e commenti non solo perché il Messaggero è tra i più venduti quotidiani locali ed è il maggiore quotidiano della capitale, ma anche perché Barbano era stato molti anni al Messaggero, diventandone anche vicedirettore, ed era stato poi direttore del Mattino di Napoli – di proprietà dello stesso editore, Caltagirone – venendone allontanato in maniere poco amichevoli. Barbano era appena subentrato a Matteo Renzi come direttore del Riformista.


domenica 14 Aprile 2024

Le edicole di Firenze

All’inizio di aprile la giunta del comune di Firenze (il sindaco è Dario Nardella del Partito Democratico) ha approvato un piano per riorganizzare i chioschi-edicole, piccoli edifici appoggiati al suolo, nel proprio comune: la delibera prevede che i chioschi nel centro storico dovranno avere almeno il 70% della «superficie di vendita» occupato da giornali e riviste e non più del 30% da altri prodotti; da quello che è riuscito a ricostruire Charlie di come si applicherebbe la norma, le edicole (sono esclusi i fondi commerciali) dovranno calcolare la propria superficie di esposizione e distribuire i propri prodotti in modo da rispettare le proporzioni. Il mancato rispetto verrà sanzionato fino alla perdita della concessione del suolo pubblico. La delibera prevede anche che le edicole al di fuori del centro storico potranno avere un lato del proprio chiosco occupato da schermi pubblicitari, guadagnando dalla pubblicità trasmessa.

La decisione è stata presa attraverso una delibera (cioè un atto ufficiale che, in questo caso, esprime la volontà della giunta) degli assessori al commercio Giovanni Bettarini e all’ambiente Andrea Giorgio, che dovrà essere approvata dal consiglio comunale e passare la prossima settimana: la decisione è stata presa in accordo con le principali organizzazioni sindacali dei giornalai. I chioschi lavorano con una concessione di suolo pubblico e un’autorizzazione che ora prevede che la loro attività sia prevalentemente la vendita di giornali, avendo per questo delle agevolazioni specifiche: in questi anni il comune di Firenze ha applicato alcune detrazioni fiscali per gli edicolanti (con sgravi fiscali del 70% fino al 2025), ha previsto la possibilità di attivare servizi anagrafici in convenzione con l’amministrazione comunale per dare alcuni certificati anagrafici (di matrimonio, nascita o certificati di residenza), e garantito la vendita di bevande non alcoliche, “pastigliaggi” (caramelle, cioccolatini, gomme da masticare), biglietti per i mezzi pubblici e per attività culturali e souvenir: prodotti che adesso non dovranno superare il 30% della superficie di vendita. Negli ultimi 15-20 anni in Italia hanno chiuso moltissime delle edicole cosiddette pure, che cioè vendono prevalentemente giornali e riviste, passando da circa 40 mila a 12 mila: la diversificazione dei servizi e dei prodotti venduti nei chioschi è stata quindi una risposta alla crisi irreversibile della vendita dei giornali e delle riviste cartacee. Per il comune di Firenze la recente delibera ha l’obiettivo di «aiutare le edicole che da tempo sono in grave difficoltà» ma vuole «evitare che si trasformino in rivendite di souvenir». Al tempo stesso la delibera ha ricevuto il sostegno e l’apprezzamento degli editori di giornali (il cui presidente, Andrea Riffeser Monti, è editore della Nazione di Firenze).

Charlie ha parlato anche con alcuni edicolanti, tra cui il gestore di un chiosco nel centro storico di Firenze che ha chiesto di rimanere anonimo: «il punto è che le edicole pure sono destinate a estinguersi. Se io dovessi vendere solo giornali avrei già chiuso 15 anni fa, vendendo solo quelli non ci pago neanche l’uso del suolo pubblico: se la delibera diventerà ufficiale non avrò problemi, perché già adesso tutte le mie vetrine sono piene di riviste e giornali, il problema è che puntualmente rendo indietro moltissime copie. In centro a Firenze non ci sono quasi più residenti, è pieno di Airbnb, da quando ho l’edicola sono passato dal vendere quotidianamente 250 copie di Repubblica e 300 della Nazione a venderne oggi rispettivamente 10 e 15 copie, pur rimanendo aperto lo stesso 12 ore al giorno: in questi casi la mia clientela è spesso fatta da persone di 70-80 anni che sono ancora abituate a leggere solo il cartaceo: ovviamente vorrei vendere più giornali, ma più che esporli in vetrina non posso fare. Tengo anche i giornali stranieri per i turisti, ma anche quelli vendono pochissimo, spesso i turisti che vogliono rimanere aggiornati leggono gli articoli online o hanno un abbonamento digitale ai giornali che leggono di solito».


domenica 14 Aprile 2024

Dal Qatar

Il Post ha raccontato storia e attualità di Al Jazeera, che torna protagonista dell’informazione mondiale ogni volta che lo torna il Medio Oriente.

“La rete televisiva del Qatar Al Jazeera è uno dei più importanti network di informazione al mondo e uno dei pochi media internazionali rimasti operativi nella Striscia di Gaza, invasa ormai da mesi dall’esercito israeliano. Da quando è nata nel 1996 è stata al centro di numerose polemiche internazionali, accusata di fare da “megafono” alle ambizioni politiche degli emiri del Qatar, dei movimenti islamisti e talvolta di quelli terroristi. Allo stesso tempo ha guadagnato negli anni un’enorme credibilità e influenza, successi di pubblico e considerazione, confermati da alcuni premi internazionali per gli alti standard giornalistici. La rete è stata indicata come prima espressione di un punto di vista libero da condizionamenti occidentali, ma anche accusata di estrema partigianeria e di raccontare la realtà partendo da visioni parziali e pregiudiziali”.


domenica 14 Aprile 2024

Una settimana interlocutoria per AGI

Sulla vendita dell’agenzia AGI, che ha generato grosse polemiche dentro l’agenzia e nella politica, per via che l’acquirente interessato è il deputato leghista Antonio Angelucci, non ci sono stati particolari sviluppi questa settimana: diverse notizie uscite sui giornali senza particolari verifiche sono state smentite dagli interessati, come quella di un interesse all’acquisto da parte di Mondadori o dell’intenzione di ENI – proprietaria attuale di AGI – di mettere ad asta pubblica l’agenzia. Sabato due articoli sul Fatto e sulla Stampa (il primo con molti dettagli sull’accordo di vendita che ENI e Angelucci avrebbero già concluso) spiegavano che ci potrebbero essere degli ostacoli legati a richieste dell’Unione Europea, e venerdì Angelucci aveva parlato con lo Huffington Post. I giornalisti di AGI hanno di nuovo scioperato giovedì.


domenica 14 Aprile 2024

I quotidiani a febbraio

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di febbraio 2024. Se, come facciamo ogni mese, selezioniamo e aggreghiamo tra le varie voci il dato più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” totale, i risultati sono quelli che seguono: che non tengono conto delle copie distribuite gratuitamente, di quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e di quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Più sotto citiamo poi i dati della diffusione totale, quella in cui invece entra tutto. Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.

Corriere della Sera 167.706 (-5%)
Repubblica 92.802 (-10%)
Stampa 65.806 (-14%)

Sole 24 Ore 54.216 (-8%)
Resto del Carlino 51.954 (-10%)
Messaggero 45.067 (-10%)
Nazione 34.448 (-10%)
Gazzettino 33.608 (-6%)
Fatto 27.245 (-35%)
Dolomiten 27.033 (-7%)
Giornale 26.889 (-5%)
Messaggero Veneto 24.308 (-10%)
Unione Sarda 23.151 (-3%)
Eco di Bergamo 22.136 (-9%)
Verità 21.562 (-19%)
Secolo XIX 20.215 (-15%)
Altri giornali nazionali:
Libero 18.658 (-13%)
Avvenire 15.089 (-5%)
Manifesto 12.947 (+6%)
ItaliaOggi 5.438 (-43%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

Questo mese i numeri sono stati più stabili del solito rispetto al mese precedente (persino con piccole crescite entro l’1% per alcune testate maggiori mese su mese: quelle sopra sono le variazioni anno su anno). La grossa perdita del Fatto si deve soprattutto a un aumento del prezzo del quotidiano in edicola che ha automaticamente determinato un aumento del numero di abbonamenti digitali con uno sconto “maggiore del 70%” (oltre 24mila), classificati quindi al di fuori di questi numeri (ADS divide in tre categorie gli abbonamenti digitali: quelli di fatto gratuiti, venduti a meno del 10% del prezzo del giornale; quelli “scontatissimi”, tra il 10% e il 30%; quelli ritenuti più sostanzialmente “venduti”, a un prezzo superiore al 30%). È utile ricordare che le offerte scontate sono una strategia che mira appunto a coinvolgere più abbonati per cercare poi di trattenerli quando le offerte scadono e i prezzi degli abbonamenti aumentano.
Continua a perdere molto più di tutti la Verità, mentre cresce ancora il Manifesto.

Ma per dare un’idea dell’apparente inesorabilità dei declini medi, a partire dalle quattro testate maggiori, questi sono i dati di diffusione di febbraio 2024 confrontati con quelli di febbraio 2021, tre anni fa, quando avevamo appena iniziato a raccontarli su questa newsletter:
Corriere della Sera 167.706 (196.212)
Repubblica 92.802 (152.180)
Stampa 65.806 (96.621)

Sole 24 Ore 54.216 (74.662)

Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara quasi 40mila, il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 24mila, come detto sopra). Tra parentesi gli abbonamenti guadagnati o persi questo mese.
Corriere della Sera 46.112 (+1.662)
Repubblica 23.982 (-101)
Sole 24 Ore 23.002 (+119)
Stampa 8.169 (-313)
Manifesto 6.550 (+63)
Fatto 6.434 (-39)
Gazzettino 6.038 (-194)

Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono ancora soprattutto del Tirreno (-21%); e poi di nuovo del Giornale di Vicenza (-17%) e dell’ Arena (-17%), entrambi del gruppo Athesis.

Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore un po’ grossolano, mostrate nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui.

Avvenire Manifesto Libero, Dolomiten ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)


domenica 14 Aprile 2024

Il Washington Post sempre malino

A testimonianza di un complessivo periodo di difficoltà del Washington Post, di cui abbiamo parlato spesso nei mesi scorsi, il settimanale suo concittadino City Paper ha notato che il Washington Post ha smesso di condividere i suoi dati sul traffico del sito, che secondo City Paper sarebbe calato del 60% rispetto al 2020, anno però eccezionale per tutti per via della pandemia. Il declino comunque sarebbe piuttosto continuo anche rispetto agli anni successivi.

“According to publicly available data, Post website traffic dropped to 111 million in January 2021, 88 million in April 2021, 68 million in August 2022, 65 million in December 2022, and then hit 58 million in January 2023.
An internal “traffic sheet” obtained from a source with access to the numbers shows 55 million monthly web visits in February 2024, the paper’s lowest in several years. By comparison, the number of Post web visitors is below the New York Times (82 million), USA Today (63 million), and Forbes (60 million). And behind Vox Media, CBS, CNN, FOX, and others—all of which generate more website traffic than traditional print rivals”.

Nel frattempo il Washington Post è stato anche superato dal tabloid New York Post nella diffusione delle copie cartacee negli Stati Uniti: adesso è quarto (dietro anche a Wall Street Journal New York Times).


domenica 14 Aprile 2024

“Gli interessi di chi li possiede”

In tutto questo, giovedì l’editore di Repubblica ha comunicato in una lettera agli azionisti diversi risultati delle aziende del gruppo, con grandi soddisfazioni. Tra le cose che riguardano GEDI le informazioni più concrete – accanto a una serie di dati promozionali ma poco sostanziati – sono:
a) l’infine rivendicato progetto di dismettere tutti i quotidiani locali (finora praticato ma poco comunicato alle redazioni interessate) e di privilegiare Stampa Repubblica come testate nazionali e quindi con maggiori prospettive sul digitale, ambito prioritario non solo come veicolo di prodotti giornalistici ma in generale come presenza dell’azienda, che sta infatti investendo su prodotti di tutt’altro genere;
b) una frase in difesa dei giornali dagli “interessi di chi li possiede”, che non è passata inosservata nel contesto attuale delle polemiche tra redazione di Repubblica e proprietà: «Continuiamo a credere nell’importanza di un giornalismo affidabile e di qualità, specialmente in un mondo in cui a volte è difficile fidarsi di ciò che leggiamo. Questo è fondamentale mentre formiamo le nostre opinioni e, per questa ragione, non dobbiamo mai perdere un giornalismo indipendente, che resti fedele all’identità e ai valori dei giornali e dei lettori a cui si rivolge, e non agli interessi di chi li possiede».

Anche senza dire dell’articolo di Affari e finanza corretto di cui sopra, Repubblica ha occupato le pagine dell’Economia, questa settimana: mercoledì con un articolo celebrativo dei successi dell’azienda Ferrari, di proprietà dell’editore; giovedì con un articolo dedicato all’amministratore delegato di Stellantis in difesa dell’azienda, di proprietà dell’editore; venerdì con la lettera dell’editore sui risultati delle aziende di sua proprietà.


domenica 14 Aprile 2024

Affari e finanze

fNon è passata neanche questa settimana senza una nuova agitazione dentro il quotidiano Repubblica, con ben due comunicati del Comitato di redazione pubblicati sul giornale e persino un voto di sfiducia nei confronti del direttore. E non si è trattato di un aggravamento delle tensioni precedenti, ma di un evento nuovo che ha irritato i giornalisti: il direttore Maurizio Molinari ha infatti deciso di non pubblicare un articolo previsto per l’inserto economico del giornale – quello che si chiama Affari e finanza – e di sostituirlo con un altro in parte ricalcato su quello ma con alcuni passaggi emendati, con un sommario cambiato, e firmato da un altro autore. Il problema è che i passaggi rifiutati, si intuisce senza finora smentite, sono stati rifiutati perché avrebbero potuto infastidire gli interessi dell’editore (il gruppo Exor e la società automobilistica Stellantis), alludendo favorevolmente a un intervento del governo italiano su delicate questioni che riguardano Stellantis. E il secondo problema è che tutto questo è avvenuto ad articolo già impaginato e stampato, con la scelta di mandare al macero decine di migliaia di copie e di ristamparle nella nuova versione.

La redazione ha trovato l’ingerenza, le sue supposte ragioni, e i suoi tempi, insopportabili, e ha indetto un immediato “sciopero delle firme” di 24 ore: durante le quali gli articoli sul sito e sul giornale sono apparsi non firmati (salvo alcuni di quelli dei collaboratori esterni alla redazione). Il Comitato di redazione ha poi messo ai voti una “mozione di sfiducia” nei confronti del direttore, che è stata approvata a maggioranza (164 contro 55, e 35 astenuti): nelle redazioni una mozione di sfiducia verso il direttore non ha nessun valore vincolante, ma crea simbolicamente e praticamente un ineludibile aggravamento delle relazioni tra direzione e redazione (e 90 non favorevoli non sono tra l’altro neanche un grande indicatore di sintonia interna alla redazione stessa).

La vicenda ha avuto un piccolo ma significativo strascico in una polemica dello stesso CdR col quotidiano Il Foglio, che aveva pubblicato mercoledì un editoriale sarcastico nei confronti della protesta a Repubblica. Malgrado i sarcasmi del Foglio contro Repubblica siano nati il giorno dopo la nascita del Foglio (persino con una rubrica dedicata, molti anni fa), in questo nuovo confuso periodo il CdR di Repubblica ha scelto di ribattere con un proprio comunicato risentito pubblicato giovedì sul quotidiano. In mezzo allo scambio sono finiti anche i solidi argomenti contro il finanziamento pubblico incassato dal Foglio a danno dei giornali concorrenti e del libero mercato, quelli assai più fragili contro l’anonimato dell’editoriale del Foglio (una pratica del tutto consueta nel formato degli editoriali in tutto il mondo), e un’ultima nota sul fatto che il Foglio sia riuscito a pubblicare una ulteriore risposta – tramite il suo fondatore – prima ancora che venisse pubblicato il comunicato dei giornalisti di Repubblica.


domenica 14 Aprile 2024

La diversità delle idee

NPR è uno storico e popolare network radiofonico americano, gestito da un’azienda non profit e costituito nel 1971 dal Congresso degli Stati Uniti: viene abitualmente chiamato “la radio pubblica statunitense”, ha una storia particolarissima, e la sua produzione di contenuti giornalistici si è molto allargata al web, in questi anni, e quindi la definizione di “radio” è diventata riduttiva.
Questa settimana è stata protagonista di una animata e delicata discussione interna, che è interessante innanzitutto come esempio della cosa detta nel prologo: l’informazione e discussione pubblica sulle vicende del giornalismo e dei giornali. Quello che infatti è successo è che un giornalista di NPR ha pubblicato su un altro sito delle considerazioni critiche su NPR stessa, che i dirigenti di NPR gli hanno risposto, che NPR ha raccontato la vicenda riportando le diverse posizioni.

Ma la discussione è rilevante soprattutto per il suo contenuto: Uri Berliner ha infatti accusato l’azienda di avere fatto un tale investimento sulla “diversità” nelle redazioni e sul riequilibrio a favore delle minoranze – priorità che in questi anni si sono date tutte le maggiori aziende giornalistiche americane – da avere omologato ulteriormente le “opinioni” all’interno delle redazioni stesse. Il suo articolo è intitolato “Sono a NPR da 25 anni, ecco come abbiamo perso la fiducia dell’America”. La maggiore diversità umana – benvenuta e preziosa, dice Berliner – ha limitato la diversità di idee, e oggi dentro NPR è difficilissimo trovare qualcuno con simpatie conservatrici o verso il partito Repubblicano. NPR (come altre grandi testate giornalistiche nazionali) è accusata da sempre dalle destre di essere partigiana e vicina ai Democratici, e l’intervento di Berliner – che aveva avuto la premura di premettere che lui stesso è un esempio delle idee e formazioni prevalenti all’interno di NPR – è stato molto ripreso strumentalmente dai maggiori critici del network.

Edith Chapin, a capo delle news, ha respinto le accuse di Berliner e ha rivendicato l’importanza del lavoro di riequilibrio di questi anni. Altri commentatori hanno obiettato che a diminuire la quota di persone vicine al partito Repubblicano tra i giornalisti e gli ascoltatori di NPR non sarebbe stato uno spostamento verso posizioni più progressiste di NPR ma uno spostamento verso posizioni più reazionarie e trumpiane del partito Repubblicano.


domenica 14 Aprile 2024

Charlie, giornali contro

In un prologo di Charlie di più di due anni fa parlammo con rammarico – rammarico in parte attenuato dal tentativo di questa newsletter – dell'”assenza in Italia di un lavoro giornalistico di divulgazione sui giornali, che viene svolto invece abitualmente in molta autorevole stampa internazionale. È un peccato perché la domanda c’è e un buon lavoro di reporting potrebbe spiegare molte cose interessanti e utili ai lettori: ma una consuetudine un po’ omertosa e un po’ autopromozionale fa sì che in Italia ci sia poca disponibilità a rendere pubbliche le cose dei giornali o a renderle pubbliche con sincerità, che si tratti dei giornali propri o di quelli altrui”.

Le cose non sono cambiate nel frattempo, se non – apparentemente – in peggio: sui quotidiani italiani si vedono sempre più spesso articoli dedicati sì ai giornali, ma quasi solo nella forma di attacchi ad altre testate sulla base di ragioni di competizione o insofferenza, che finiscono per rendere poco affidabili e credibili i contenuti stessi di quel racconto. Fino a poco fa questo tipo di attacchi polemici era confinato alle testate più partigiane e polemiche per rivendicata scelta (lo stesso Foglio aveva appena criticato la Verità, che aveva quindi risposto al Foglio; il Fatto attacca Repubblica ogni settimana, e sabato se l’è presa col Giornale e un suo giornalista; eccetera), ma il comunicato del CdR di Repubblica (vedi sotto) contro il Foglio ha fatto traboccare il format anche su quel giornale, dando infine inattesa soddisfazione a decenni di critiche e irrisioni quasi quotidiane che – avessero torto o ragione – la vecchia Repubblica aveva sempre dignitosamente ignorato, consapevole del disinteresse dei propri lettori. Se la risposta al poco giornalismo sul giornalismo si sostanzia in infantili esibizioni di indignazione contro altre testate ritiriamo volentieri la domanda. S enza che questo suoni a sua volta come quello che denuncia, per carità: liberi tutti, ognuno si fa il proprio giornalismo come preferisce.

Fine di questo prologo.


domenica 7 Aprile 2024

Mostri

Mercoledì sarà nelle librerie il primo libro pubblicato dal brand Altrecose, creato dal Post in collaborazione con la casa editrice Iperborea: un progetto di “giornalismo nei libri” che si aggiunge ai diversi formati con cui il Post ha esteso in questi anni il proprio lavoro di informazione. “Mostri”, il libro che parla delle riflessioni e del dibattito intorno alla contraddizione tra opere d’arte (o letteratura) e comportamenti dei loro autori, si può già acquistare sul sito del Post.


domenica 7 Aprile 2024

Daniele Protti

Lo scorso 28 marzo è morto a Mantova Daniele Protti, che aveva 78 anni ed era malato da tempo. Era stato direttore del settimanale L’Europeo nella sua versione monografica pubblicata dopo il 2001 e dopo un periodo di chiusura della rivista, e prima aveva lavorato in diverse testate, soprattutto tra quelle del gruppo RCS, accumulando grandi esperienze e competenze nell’ambito dei periodici.


domenica 7 Aprile 2024

Dire Fare

Mercoledì il giornalista Davide Vecchi è diventato il nuovo direttore editoriale dell’agenzia di stampa Dire: ha 49 anni e come giornalista si è occupato prevalentemente di temi politici e di cronaca giudiziaria al Fatto Quotidiano, dove ha lavorato fino al 2018. Fino al 2022 ha lavorato come direttore dei giornali locali del centro Italia che facevano parte della società Gruppo Corriere (che editava, tra gli altri, il Corriere dell’Umbria e il Corriere di Arezzo) che all’epoca erano di proprietà dell’imprenditore della sanità e deputato della Lega Antonio Angelucci; dal 2022 al 2024 Vecchi è stato direttore del quotidiano romano Il Tempo (sempre di proprietà della famiglia Angelucci). La stessa agenzia Dire ha scritto che Vecchi si occuperà «di organizzare eventi e confronti tematici, presenziando a momenti pubblici che vedranno coinvolta la Dire» ; Nico Perrone rimarrà invece all’agenzia come direttore responsabile: il direttore responsabile è una figura obbligatoria per legge e ha ruoli maggiormente operativi in un giornale, mentre il direttore editoriale spesso può definire la linea editoriale e la visione complessiva e può essere più vicino all’editore.

La Dire è una delle principali agenzie di stampa italiane ma sta vivendo un periodo piuttosto tribolato. Nacque nel 1988 come agenzia politico-parlamentare legata al Partito Comunista Italiano ma nel tempo cambiò proprietà e approcci e divenne rapidamente autonoma senza connotazioni politiche (avevamo approfondito maggiormente la sua storia qualche mese fa). Nel 2021 il suo editore, Federico Bianchi di Castelbianco, venne arrestato e poi rinviato a giudizio perché accusato di aver cercato di ottenere aiuti per l’assegnazione di appalti pubblici con denaro e regali a una funzionaria del ministero dell’Istruzione. Dal marzo 2022 il nuovo editore è diventato Stefano Valore di Villanueva de Castellòn, imprenditore e fondatore della società informatica SiliconDev. Dall’ottobre 2021 al settembre 2023 i giornalisti e i dipendenti della Dire hanno lavorato con contratti di solidarietà, cioè con una riduzione di orari lavorativi e stipendi. Il 29 dicembre scorso 14 giornalisti hanno ricevuto una lettera di licenziamento (e una decina sono stati licenziati, su circa 70 giornalisti in redazione); poi, con una mail la sera del 31 dicembre l’agenzia ha annunciato la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione ( durata dal 1 al 26 gennaio ) per altri 17 giornalisti. Quest’ultima decisione deriva probabilmente da una situazione piuttosto contorta attorno all’azienda editrice: semplificando, l’editore Stefano Valore ha giustificato la sospensione dei giornalisti perché erano stati sospesi i contributi pubblici diretti all’agenzia, a causa di un fermo amministrativo disposto dal ministero dell’Istruzione  per il processo del precedente editore Federico Bianchi di Castelbianco, che di conseguenza ha portato la Presidenza del Consiglio ad allinearsi e sospendere i finanziamenti pubblici: il fermo amministrativo è stato revocato a fine gennaio, ma non è chiaro se siano ripresi anche i contributi. Recentemente la Dire ha vinto un bando per i finanziamenti pubblici alle agenzie di stampa e riceverà circa due milioni di euro per i prossimi tre anni.

Da novembre ha lavorato come amministratore della società  l’imprenditore Stefano Pistilli, che in passato è stato vicino all’organizzazione neofascista Forza Nuova, e che si è però dimesso dall’incarico a fine gennaio. La linea editoriale dell’agenzia è comunque rimasta molto simile al passato: ha continuato a occuparsi prevalentemente di notizie parlamentari, politiche, sanità e associazionismo, sebbene abbia dovuto farlo con un numero ridotto di giornalisti: oggi sono circa 60 e sono diminuiti anche i collaboratori. La nomina a direttore di Davide Vecchi è avvenuta nel giorno in cui la redazione aveva indetto un giorno di sciopero nei confronti dell’editore (per la questione dei giornalisti sospesi a gennaio, che hanno però lavorato lo stesso ma venendo retribuiti per 4 giorni di lavoro) e si inserisce in un contesto di polemica vivace dei giornalisti rispetto alle decisioni dell’editore.


domenica 7 Aprile 2024

Vacanze romane

Lo Hollywood Reporter è una testata americana importante e autorevole nello show business, con una storia quasi centenaria: è stata a lungo un quotidiano del settore, poi una dozzina d’anni fa è passata a una frequenza settimanale – e un sito web – con ambizioni di un pubblico più “largo” di appassionati alle notizie dello spettacolo. È pubblicato da una joint venture di società di cui fa parte il grande gruppo editoriale Penske, che possiede anche Variety Rolling Stone, tra le altre.

Nel 2023 sono nate due edizioni pubblicate fuori dagli Stati Uniti: a gennaio in Giappone, Hollywood Reporter Japan, e ad aprile in Italia, Hollywood Reporter Roma. L’edizione italiana è nata da una partnership tra il gruppo Penske e la società Brainstore Media di cui Gian Marco Sandri è l’amministratore delegato. Alla sua nascita la rivista è stata diretta dalla giornalista Concita De Gregorio, che scrive una rubrica fissa su Repubblica ed ha diretto il quotidiano l’ Unità dal 2008 al 2011, fino a quando ha preferito lasciare il ruolo di direttrice lo scorso febbraio: il nuovo direttore è diventato il giornalista e critico cinematografico Boris Sollazzo, che era vicedirettore. La rivista italiana ha avuto finora una prioritaria presenza online, pubblicando tre numeri cartacei e coprendo gli eventi del settore del cinema e dello spettacolo come la Mostra del Cinema di Venezia, la Festa del Cinema di Roma e il Torino Film Festival.

Sul finire dello scorso mese la redazione dello Hollywood Reporter Roma ha pubblicato un comunicato in cui annunciava cinque giorni di sciopero perché «per l’ennesima volta si registra un ritardo molto grave nel pagamento degli stipendi, accrescendo le già immense difficoltà economiche di tutti i redattori e dei collaboratori, e questo nonostante le promesse e gli annunci ribaditi più volte dall’editore di una imminente normalizzazione dei versamenti e di una messa in sicurezza del quadro economico dell’impresa». L’editore Gian Marco Sandri ha risposto dicendo di aver investito «con fondi personali oltre 1,8 milioni di euro per avviare un progetto solido portando a bordo professionalità importanti e scegliendo la forma più importante e tutelata di rapporto di lavoro che è l’assunzione». Ha aggiunto che ci sono stati «ritardi di pagamento di alcuni dei nostri clienti» e «al momento abbiamo un problema di liquidità, lo stiamo affrontando certi di superarlo nelle prossime settimane […]. Prevediamo di andare a regime nel terzo trimestre 2024 dopo aver compiuto un anno di vita». Tre giorni dopo, la redazione ha sospeso lo sciopero «alla luce dell’invio della contabile di alcuni dei bonifici da parte dell’azienda»: il sito specializzato su giornali e giornalismo Professione Reporter ha scritto che le giornaliste e i giornalisti dello Hollywood Reporter Roma non percepivano lo stipendio dallo scorso dicembre.


domenica 7 Aprile 2024

Al Quotidiano del Sud

Giovedì il giornalista Massimo Razzi è diventato direttore responsabile del Quotidiano del Sud, giornale locale diffuso prevalentemente in Calabria e Basilicata. Razzi ha 72 anni, è un giornalista di origini genovesi, ha lavorato molti anni all’ Unità e molti anni in quello che si chiamava gruppo l’Espresso (oggi si chiama GEDI, editore, tra gli altri, di Repubblica e della Stampa): è stato direttore del vecchio “portale” digitale Kataweb e per quasi vent’anni al sito di Repubblica. Con lui è stato nominato come consulente editoriale delle edizioni locali il giornalista Giuseppe Smorto, che ha 66 anni, è originario di Reggio Calabria e ha lavorato per quasi tutta la sua carriera a Repubblica, prima come direttore del sito e poi come vicedirettore del giornale. Razzi, nel suo editoriale di presentazione, ha scritto che il percorso che intende intraprendere per il Quotidiano del Sud si può riassumere «in tre parole: “Parleremo di voi”. […] Ci leggerete, se vorrete, perché queste pagine racconteranno le vostre storie, spiegheranno le questioni che ogni giorno i cittadini calabresi e lucani devono affrontare, cercheranno di affrontare con voi i problemi che questi anni difficili ci accumulano davanti. Qualche esempio? Sanità, lavoro, scuola, infrastrutture sono temi comuni a tutte le regioni del Sud» e anche di «Ponte sullo Stretto per quanto riguarda la Calabria o di scorie nucleari per la Basilicata»”.

Il Quotidiano del Sud ha anche edizioni in Campania e in Puglia. Nel 1995 nacque con il nome Quotidiano della Calabria, prima di fondersi nel 2014 con il Quotidiano della Basilicata e il Corriere dell’Irpinia. Oggi il giornale è di proprietà della Fondazione Mario Dodaro, che controlla la società che lo edita Edizioni Proposta Sud: da qualche anno ha chiesto ottenuto i finanziamenti pubblici all’editoria (nel 2022 ha ricevuto circa 3,6 milioni): i contributi pubblici rappresentano un’entrata economica significativa per il giornale, che in questi anni sta cercando di trovare una sostenibilità economica mentre il numero di copie cartacee vendute continua a diminuire e i ricavi dalla pubblicità sono ancora limitati.

Nel 2019 Roberto Napoletano era diventato il direttore editoriale del Quotidiano del Sud e ha poi creato un’edizione nazionale chiamata L’Altravoce dell’Italia: un quotidiano economico e di opinione che cerca di raccontare i fatti partendo dai punti di vista e interessi delle persone originarie del Sud Italia. Il giornale ha una sua autonomia e si può comprare, oltre che nelle regioni in cui esce il Quotidiano del Sud, anche a Milano, Bologna, Roma, Napoli. Napoletano fu direttore dal 2006 al 2011 del quotidiano locale di Roma il Messaggero e del quotidiano economico finanziario Sole 24 Ore fino al 2017, quando si era autosospeso in seguito a una complicata e notevole storia di inganni sulla diffusione e sui conti del giornale: era stato condannato in primo grado e poi assolto in appello, e ora sono scaduti i termini perché procura e parte civile possano ricorrere contro l’assoluzione e quindi è stato di fatto assolto definitivamente.

L’ organizzazione del Quotidiano del Sud è abbastanza peculiare: il quotidiano L’Altravoce dell’Italia ha un direttore e due vicedirettori, le edizioni regionali hanno un direttore responsabile e due condirettori per la Calabria e la Basilicata; ma la redazione complessiva è piuttosto piccola ed è composta complessivamente da circa 30 giornalisti, che dallo scorso settembre lavorano con una forma di cassa integrazione a rotazione, con una riduzione di orari lavorativi e di stipendi. Le nomine di due giornalisti di lunga esperienza sull’informazione online italiana come Razzi e Smorto sembrano essere legate soprattutto a un maggiore investimento di «energie e risorse verso una transizione digitale non più rinviabile», come scritto dall’editore. Il Quotidiano del Sud non è più iscritto agli enti che certificano la vendita delle copie cartacee o le visite al sito internet: la direzione del giornale ha detto a Charlie che al momento le edizioni cartacee hanno una tiratura di 8-10 mila copie al giorno e circa 20 mila persone accedono al sito ogni giorno (con circa 60 mila pagine visualizzate quotidiane).


domenica 7 Aprile 2024

After Life

“Life, la più famosa rivista di fotogiornalismo al mondo, tornerà a essere pubblicata sia in forma cartacea sia in digitale: le pubblicazioni erano state interrotte nel 2007 mentre il suo ricco archivio è tuttora consultabile sul sito . La decisione, annunciata giovedì 28 marzo, fa parte di un accordo tra Dotdash Meredith – il più grande editore statunitense, che possiede riviste come People, InStyle e Byrdie – e Bedford Media, una start-up fondata nel 2023 dall’imprenditore miliardario Joshua Kushner e da sua moglie, la modella e imprenditrice Karlie Kloss, che è anche amministratrice delegata dell’azienda”.

Lo ha raccontato il Post in un articolo di una settimana fa.


domenica 7 Aprile 2024

P.Q.M.

Il quotidiano Libero ha pubblicato sabato a pagina 14 un estratto del dispositivo di una sentenza di condanna per diffamazione per lo stesso giornale e per il suo ex direttore Maurizio Belpietro (oggi direttore del quotidiano La Verità). È una pratica non infrequente che i giudici di cause civili che ritengono che il risarcimento dei querelanti debba comprendere anche la diffusione delle loro ragioni aggiungano alle disposizioni anche quella della pubblicazione su uno o più giornali della sentenza. Questo avviene soprattutto nelle cause per diffamazione contro un giornale, con l’intento di attenuare le conseguenze della pubblicazione delle notizie ritenute diffamanti e di informare i lettori che lo erano, diffamanti: e quindi i giudici scelgono innanzitutto che la pubblicazione avvenga sul giornale condannato (ma a volte non solo su quello), a spese dei condannati.

In questo caso il giudice della sezione civile del tribunale di Potenza ha dato ragione a Patrizia Todisco, magistrata che si era occupata delle questioni dell’ex Ilva di Taranto, e che per i suoi interventi era stata descritta in un articolo di Libero, il cui titolo era “Patrizia Todisco, gip: la zitella rossa che licenzia 11mila operai Ilva”. Libero e il suo allora direttore Belpietro sono stati condannati al pagamento di un risarcimento di 25mila euro e a un rimborso delle spese sostenute da Todisco di circa 6mila euro. La sentenza è stata pubblicata sbrigativamente anche sul sito del giornale.
Il dato che fa più impressione è che il procedimento con cui – a torto o a ragione: secondo il giudice a ragione – una persona diffamata da un giornale ha ottenuto risposta da un tribunale civile si sia concluso quasi dodici anni dopo il fatto in questione e la denuncia relativa.


domenica 7 Aprile 2024

La qualità non paga

Dalla fine dell’anno scorso il nuovo governo polacco è intervenuto per “normalizzare” la direzione presa dalla tv di stato durante il precedente governo di estrema destra: che aveva imposto nomine e indirizzi faziosi e partigiani, e irrispettosi di un corretto servizio pubblico di informazione.
Le scelte conseguenti hanno sicuramente ottenuto dei risultati in termini di accuratezza e affidabilità giornalistica, ha raccontato ora il Financial Times, ma con un fallimento di pubblico e commerciale: gli ascolti sono diminuiti sensibilmente, e per la prima volta la tv pubblica TVP è stata superata da una sorta di ” Fox News polacca”, TV Republika, che ha rilevato l’impostazione aggressiva e reazionaria adottata dal governo precedente.
(il canale di news più seguito resta TVN24, di proprietà della multinazionale americana Discovery).

“Instead of polarising rants claiming Tusk is a German stooge, state broadcaster TVP now airs conventional news bulletins about domestic and international events. “Some say the news on TVP is now boring, but I would rather call it calm,” said teacher Aneta Ćwieluch. “I prefer peace than this hate towards everyone that was presented while PiS was in power,” she said in reference to the previous government led by the rightwing Law and Justice (PiS) party”.


domenica 7 Aprile 2024

I miei piedi sinistri

C’è stato un buffo incidente fotografico sulla copertina di Sette, il magazine del Corriere della Sera, intorno a una foto di Massimo Sestini, uno dei più esperti e versatili fotografi italiani di attualità e costume.


domenica 7 Aprile 2024

Yes, Virginia

La Virginia è il primo stato statunitense ad avere approvato una legge che indica i giornali solo online come possibili destinatari degli annunci di interesse pubblico come bandi, sentenze, eccetera. La questione è attuale in tutto il mondo (con una recente crisi italiana), perché le regole che nei vari paesi dispongono che informazioni di questo genere siano promosse e pagate dalle istituzioni pubbliche sono di fatto diventate anacronistiche: oggi il web e i social network sono spazi molto più efficaci per raggiungere il maggior numero di persone possibile e in modo più duraturo. Ma molti giornali cartacei si oppongono a un’evoluzione del modello novecentesco perché questo genera ancora preziose quote di investimenti pubblicitari provenienti dagli enti pubblici. Invece in Virginia comincia a cambiare qualcosa col consenso dell’associazione della stampa, che ha appoggiato la legge per dare maggiore sostegno ai giornali locali anche online e favorire la transizione di quelli cartacei.


domenica 7 Aprile 2024

Un piccolo giornale globale

Francesco Gaeta ha raccontato sul Post che quotidiano è l’ Osservatore Romano e come sta cambiando.

“L’Osservatore Romano esce tutti i giorni tranne la domenica, e viene stampato a Nepi, in provincia di Viterbo, in una tipografia di proprietà del Vaticano, e anche in tipografie sparse in altri paesi. Durante la pandemia, proprio la ristrutturazione dei sistemi di stampa di Nepi e le cautele sanitarie connesse sono state all’origine di un fermo delle pubblicazioni durato da marzo a settembre del 2020, fatto mai accaduto che aveva indotto qualcuno a prevedere che non ci sarebbe più stata una versione cartacea. Ma l’Osservatore ha invece poi ripreso le pubblicazioni. Viene “chiuso” ogni giorno in redazione entro le 15 e arriva nelle edicole romane nel tardo pomeriggio, al costo di 2 euro. La principale ragione di questi tempi di lavorazione e pubblicazione è che l’attività ufficiale del Papa – udienze, visite e celebrazioni eucaristiche – si svolge in gran parte durante la mattinata”.


domenica 7 Aprile 2024

The “Ronna McDaniel mess”

MSNBC è un importante canale televisivo – e sito web – statunitense, che appartiene alla rete NBC (che a sua volta è della grande multinazionale delle telecomunicazioni Comcast, che possiede tra le altre cose la Universal Pictures, il gruppo Sky, Dreamworks). MSNBC nacque nel 1996 come ambizioso e precoce progetto di collaborazione tra NBC e Microsoft: poi Microsoft lo abbandonò e la tv rimase a NBC, raccogliendo intanto grosse quote di pubblico americano, e un ruolo di “tv liberal”, con oscillazioni (il pubblico più di destra la accusa spesso di faziosità, paragonandone il ruolo a quello – assai più irrispettoso della realtà – del famigerato canale Fox News).

Ma in MSNBC ci sono state appunto oscillazioni, e nelle settimane passate la rete madre NBC è stata invece accusata di stare cercando un riposizionamento nell’ipotesi di una vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni. In questo contesto è stata una storia molto seguita tra gli addetti ai lavori dell’informazione quella dell’arruolamento come commentatrice, da parte di NBC, dell’ex presidente del Comitato Nazionale del Partito Repubblicano, Ronna McDaniel (con precedenti molto trumpiani e molto anti- MSNBC, e coinvolgimento nelle pratiche per invalidare il voto del 2020), e poi delle polemiche interne conseguenti, e poi del suo conseguente licenziamento. Il presidente di NBCUniversal News ha dichiarato di avere preso atto che la presenza di McDaniel avrebbe minacciato la “coesione dell’azienda”, dopo che diversi tra i giornalisti più famosi avevano protestato per la sua assunzione (assieme a una cospicua parte di pubblico). Adesso a quelle critiche si sono aggiunte, rinnovate, quelle da destra contro la confermata partigianeria della rete. Mentre molti commentatori meno di parte hanno notato il contesto inedito e politicizzato per cui una scelta aziendale è stata sconfitta da una protesta dei giornalisti.


domenica 7 Aprile 2024

Ancora agitazione

In queste due settimane la possibilità di vendita dell’agenzia stampa AGI da parte di ENI (l’azienda petrolifera ed energetica che la possiede) ha continuato a ribollire ma senza che ci siano stati grossi sviluppi. L’acquirente possibile – che secondo ENI avrebbe avanzato autonomamente una proposta – è la famiglia Angelucci, guidata dal deputato leghista Antonio Angelucci, che già possiede i quotidiani LiberoGiornale Tempo, e di cui si è spesso detto abbia anche una tentazione di acquistare Radio Capital dal gruppo GEDI.
Le questioni dibattute sono quindi soprattutto tre: la crescita di ruolo e potere di un gruppo editoriale ricco di testate, per quanto senza una visione di progetto complessiva finora; la condizione di conflitto di interessi per una testata che riceve gran parte dei suoi finanziamenti dalle istituzioni pubbliche e dal governo, e che sarebbe di proprietà di un senatore appartenente alla maggioranza di governo; e la palese partigianeria politica del gruppo editoriale, che con tutta probabilità si estenderebbe anche ad AGI. Di certo AGI non è mai stata esattamente un’agenzia indipendente, data la sua proprietà e l’influenza di ENI nel campo dei media, ma i suoi giornalisti si dicono più inquietati dalle prospettive con gli Angelucci, i cui giornali hanno un rivendicato approccio militante piuttosto che giornalistico.
Il Post ha raccontato più estesamente la storia. La Stampa ha spiegato sabato le implicazioni economiche e di interessi coinvolti.

“Stando alle cifre che circolano da giorni, e che trovano conferma da fonti vicine all’imprenditore privato, i suoi emissari avrebbero trovato una bella sorpresa nei bilanci dell’Agi. Circa 5 milioni di euro verrebbero garantiti dal bando di governo previsto per le agenzie, così suddivisi: poco più di 3 milioni di euro dalla presidenza del Consiglio, e 1,5 milioni di euro dal ministero degli Esteri. A questi vanno aggiunti poco meno di 10 milioni di euro che arrivano direttamente dalla proprietà, cioè da Eni, per la mole di servizi editoriali offerti alla multinazionale. Una clientela che, secondo gli accordi, resterebbe agganciata ad Agi anche con il passaggio ad Angelucci. Ogni calcolo va ovviamente tarato su variabili di imprevedibilità, perché non è detto che Eni, nel futuro anche più prossimo, non voglia diminuire le spese. Come non si sa, con il passaggio a un privato così marcato politicamente, cosa accadrà agli altri 4-5 milioni di euro che sono garantiti da contratti firmati con enti, pubblica amministrazione di livello minore e giornali”.


domenica 7 Aprile 2024

Carta vince

Il percorso di dismissione delle edizioni non americane di Buzzfeed HuffPost (testate che da quattro anni sono della stessa proprietà) ha avuto un nuovo sviluppo con la cessione in licenza dei relativi siti britannici (e di altri associati) al gruppo editoriale del quotidiano Independent, come era stato anticipato poco più di un mese fa. Lo HuffPost UK aveva note difficoltà economiche da diversi mesi. Trenta dipendenti delle diverse testate cedute passeranno a lavorare per il nuovo editore.