Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 13 Luglio 2025

Outpost

Il Post ha spedito giovedì per la prima volta la nuova newsletter del suo inviato di guerra Daniele Raineri, Outpost. Che è un’idea anomala di newsletter sia per il contenuto – un racconto più personale e diaristico dell’esperienza dell’inviato, rispetto agli articoli pubblicati sul Post – che per la frequenza, dipendente dalle occasioni e dall’imprevedibilità degli eventi e degli spostamenti.


domenica 13 Luglio 2025

Stronzate in prima pagina

Quello di Repubblica di mercoledì potrebbe essere un primato storico, ma su cui confessiamo di non avere fatto verifiche accurate. È la prima volta che compare la parola “stronzate” sulla prima pagina di uno dei quotidiani italiani maggiori? (il Corriere ha ritenuto di tradurre più pudicamente “bullshit” con “cavolate”: la questione è stata affrontata da Fabio Luppino sullo HuffPost).


domenica 13 Luglio 2025

Live forever

Le agenzie fotografiche britanniche hanno annunciato un boicottaggio dei prossimi concerti del tour di reunion degli Oasis, dopo che il management della band aveva imposto loro di poter usare le foto fatte ai concerti soltanto per un anno (una prima richiesta era stata di un mese).


domenica 13 Luglio 2025

Parliamoci di Bibbiano

Giovedì la sentenza di primo grado ha di fatto smontato le accuse sui presunti illeciti affidamenti di bambini che vennero chiamati “il caso Bibbiano”, assolvendo tutti gli imputati dei reati relativi (ci sono state tre condanne per accuse laterali). Già altre sentenze avevano negato altre accuse. Alcuni quotidiani hanno commentato la sproporzione tra le risultanze finali del processo e il modo in cui giornali, televisioni e alcune parti politiche promossero come certe le accuse all’inizio delle indagini. Questi sono alcuni esempi delle prime pagine dei quotidiani in alcuni giorni del 2020.


domenica 13 Luglio 2025

Fantasmi per fiaschi

Lunedì scorso il quotidiano La Verità ha dovuto pubblicare ancora un’altra smentita rispetto ai suoi articoli sui “film fantasma” (che fantasma non lo erano) che hanno ricevuto contributi pubblici.


domenica 13 Luglio 2025

Un altro se ne va al Washington Post, slamming doors

C’è stato un altro episodio della cronologia di guai al Washington Post seguiti alla politica di interventi censori della proprietà e della dirigenza dell’azienda, iniziata alla vigilia della vittoria elettorale di Donald Trump, lo scorso ottobre. L’opinionista Joe Davidson, che aveva una rubrica fissa sul giornale da diciassette anni (e con cui collaborava da venti), ha spiegato su Facebook molto polemicamente le ragioni della sua scelta di lasciare il giornale, annunciata più sinteticamente dieci giorni prima. Davidson ha raccontato che una sua rubrica severa contro gli “attacchi alla libertà di pensiero e di espressione” da parte di Trump era stata bloccata perché “troppo opinionated”, con una logica che non era mai esistita nella storia del giornale. Le sue successive rubriche hanno ricevuto altre obiezioni.

“Come columnist, non posso accettare questo livello di costrizione. Una rubrica senza commenti fa di me un columnist senza column […] Lascio il Post ma solo come giornalista. Molte persone hanno comprensibilmente cancellato i loro abbonamenti per protestare contro le scelte di Bezos che hanno danneggiato l’integrità del giornale. Io continuerò a essere abbonato, e a leggere e sostenere il lavoro tuttora eccellente dei giornalisti del quotidiano e del sito”.

Nel frattempo l’amministratore delegato dell’azienda Will Lewis ha diffuso un invito per i giornalisti che non si sentano adeguati ai cambiamenti in corso, e a quelli che verranno, a lasciare il giornale attraverso un minaccioso e ricattatorio “programma di separazione volontaria”.


domenica 13 Luglio 2025

SAE rimescola ancora

La società SAE ha annunciato le nuove nomine di direttori in alcuni dei suoi quotidiani, che erano state anticipate informalmente nelle settimane scorse. SAE, breve promemoria, è l’editrice di un gruppo di quotidiani locali acquistati in più riprese dalla precedente proprietà, il gruppo GEDI. Tra questi c’è il Tirreno di Livorno, dove la redazione espone da tempo forti critiche sugli interventi di riduzione dei costi e di personale e sulla mancanza di una strategia chiara da parte di SAE. Adesso, mentre al Tirreno continuano a esserci agitazioni dopo una nuova inversione di direttori e dopo la chiusura della redazione di Viareggio, SAE ha intanto comunicato che a dirigere la Nuova Sardegna di Sassari andrà Luciano Tancredi, che era stato uno dei molti direttori del Tirreno in questi anni, e ha avuto ruoli continuati all’interno della società: al suo posto come direttore editoriale è stato nominato Antonio Di Rosa, che fu direttore del Secolo XIX di Genova e della Gazzetta dello Sport, e aveva diretto la Nuova Sardegna fino al 2023. Giacomo Bedeschi, che è stato fino a oggi direttore della Nuova Sardegna, va a fare il condirettore della Provincia Pavese, l’ultimo acquisto di SAE.


domenica 13 Luglio 2025

I quotidiani a maggio

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di maggio 2025.
I dati sono la diffusione media giornaliera*. Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.

Corriere della Sera 159.231 (-3%)
Repubblica 81.861 (-10%)
Stampa 57.265 (-8%)

Sole 24 Ore 49.401 (-8%)
Resto del Carlino 45.584 (-10%)
Messaggero 40.097 (-9%)
Gazzettino 30.133 (-8%)
Nazione 28.906 (-13%)
Dolomiten 25.216 (-9%)
Giornale 24.442 (-7%)
Fatto 24.254 (-10%)
Messaggero Veneto 21.954 (-8%)
Unione Sarda 20.102 (-9%)
Verità 19.113 (-9%)
Secolo XIX 18.839 (-9%)
Eco di Bergamo 18.391 (-17%)
Altri giornali nazionali:
Libero 16.657 (-8%)
Avvenire 14.465 (-1%)
Manifesto 13.880 (+1%)
ItaliaOggi 4.794 (-16%)
(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

La media dei cali percentuali anno su anno delle prime quindici testate a maggio è tornata a essere dell’8,7%, dopo un mese un po’ migliore. Rispetto a questo dato continua quindi ad andare assai meglio – ormai stabilmente da alcuni anni – il Corriere della Sera ( che questo mese ha avuto cospicue perdite sulle copie cartacee, compensate in parte da una crescita degli abbonamenti digitali), mentre a maggio Repubblica è tornata a superare la media annuale delle perdite. Vanno ancora male i quotidiani del gruppo Monrif ( Nazione Resto del Carlino ), che ha anche il Giorno, a sua volta in calo dell’11%. Mentre nel suo piccolo il Manifesto continua a fare eccezione, con crescite piccole ma costanti. Invece il quotidiano ItaliaOggi è tornato a grosse perdite dopo un periodo di sollievo.
Fuori da queste posizioni, si nota molto il +14,5% rispetto all’anno scorso del Mattino, quotidiano napoletano, nel mese in cui il Napoli ha vinto il suo quarto campionato di Serie A.

Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara più di 40mila, il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 28mila, Repubblica quasi 16mila). Le percentuali sono la variazione rispetto a un anno fa, e quelle tra parentesi sono invece le variazioni degli abbonamenti superscontati di cui abbiamo detto.
Corriere della Sera 48.265 +3,8% (+8,8%)
Sole 24 Ore 21.522 -3,7% (-0,9%)
Repubblica 19.343 -9,3% (+1%)
Manifesto 7.384 -2,3% (non offre abbonamenti superscontati)
Stampa 6.852 +3,1% (-5,7%)
Fatto 6.340 -1% (+16,3%)
Gazzettino 5.626 -8,3% (+14,6%)
Messaggero 5.337 -8,6% (+8,9%)

Pur nell’ambito di crescite piccole e lontane dal compensare le perdite di copie cartacee, anche qui va meglio di tutti il Corriere della Sera, a cui questo mese si aggiunge con un dato positivo solo la Stampa. Le perdite annuali persino degli abbonamenti digitali sono compensate in alcuni casi dalle crescite degli abbonamenti molto scontati: il cui valore è impossibile da sintetizzare, data la varietà delle promozioni e degli sconti: ci sono in questo dato abbonamenti pagati anche 150 euro come altri in offerte a pochi euro.
Si conferma la tendenza a investire sulla crescita nel numero degli abbonamenti di valore più limitato, che generano ricavi contenuti ma che potrebbero creare un valore maggiore sul lungo periodo: a patto di poter sostenere i costi di un investimento con pochi ricavi immediati. È particolarmente buono il dato del Fatto, che da mesi sta facendo crescere i suoi abbonamenti scontati (che comunque non raggiungono i prezzi quasi inesistenti di altri giornali, e un ricavo lo generano).
Ricordiamo che si parla qui degli abbonamenti alle copie digitali dei quotidiani, non di quelli – solitamente molto più economici – ai contenuti dei loro siti web.

AvvenireManifestoLibero, Dolomiten ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)

Come ogni mese, quelli che selezioniamo e aggreghiamo, tra le varie voci, sono i dati più significativi e più paragonabili, piuttosto che la generica “diffusione” totale: quindi escludiamo i dati sulle copie distribuite gratuitamente, su quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e su quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte).

Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore un po’ grossolano, e usate soprattutto come promozione presso gli inserzionisti pubblicitari, mostrate nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il sito Prima Comunicazione , e che trovate qui.


domenica 13 Luglio 2025

Lo Spiegel al venerdì

Lo Spiegel è un illustre settimanale tedesco di attualità e inchieste, con una tradizione di accuratezza e fact-checking: è stato fondato nel 1947 e dichiara tuttora più di seicentomila copie vendute, avendo nel frattempo spostato molto del suo lavoro anche sul sito web. Nei suoi primi decenni il giorno di pubblicazione fu spostato più volte, ma poi fu stabilito al lunedì per cinquant’anni, fino al 2015. Con un cambiamento quindi “epocale” per i suoi lettori, nel 2015 fu spostata la sua uscita al sabato, ritenendo che la disponibilità del fine settimana fosse un maggiore incentivo alla lettura e all’acquisto, e per limitare la concorrenza delle edizioni domenicali dei quotidiani. Adesso c’è un anticipo ulteriore, annunciato già alla fine dell’anno scorso: da due numeri lo Spiegel viene messo in vendita al venerdì (e pubblicato in versione digitale il pomeriggio precedente), per ragioni di maggior efficienza di distribuzione e di consegna agli abbonati, e ancora di maggiore anticipo sul weekend e rispetto ad altre concorrenze (la stessa scelta era stata fatta l’anno scorso dal settimanale Focus).


domenica 13 Luglio 2025

GEDI ottiene molti soldi da Meta

L’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha stabilito il compenso che Meta (la società che possiede Facebook, Instagram e Whatsapp) dovrà pagare all’azienda giornalistica GEDI per i ricavi ottenuti grazie alla pubblicazione su Facebook dei quotidiani GEDI: RepubblicaStampa Secolo XIX. La cifra non è stata riferita ufficialmente, ma è indicata da diverse fonti come tra i nove i dieci milioni di euro, cifra piuttosto cospicua. La decisione dell’Agcom si deve al mancato accordo tra le parti, che avevano fatto proposte molto lontane tra loro (l’accordo tra le parti è il percorso più frequente per definire questo che si chiama “equo compenso“). Il provvedimento non è stato unanime, una dei commissari ha votato contro (criticando i criteri piuttosto inafferrabili sulla base dei quali è stato calcolato il valore del compenso): e ci saranno ricorsi e altri interventi legali in ambito europeo e italiano prima che la questione sia chiusa in questo senso.


domenica 13 Luglio 2025

Il caso Mamdani al New York Times

C’è stata questa settimana una vivace polemica americana intorno a un articolo del New York Times: polemica interessante sia perché riguarda il giornale più importante del mondo, sia perché ha implicazioni sul giornalismo più in generale.
Qualcuno si è impadronito di un database di candidature alla Columbia University di New York dei decenni passati, e ha offerto al New York Times (e ad altri, pare) i documenti della candidatura del 2009 di Zohran Mamdani. Mamdani è diventato famoso nel mondo e ammirato e temuto negli Stati Uniti dopo avere vinto le primarie Democratiche a sindaco di New York con una campagna considerata molto di sinistra. Ha 33 anni e nel 2009 aveva appena finito il liceo: la sua candidatura alla Columbia University non avrebbe avuto seguito.

Dai documenti relativi, verificati dal New York Times che ne ha riferito in un articolo del 3 luglio, risulta che Mamdani abbia riempito i moduli che lo richiedono identificandosi sia come “asian” che come “african american”, e spuntando le caselle relative. Mamdani è nato in Uganda, dove la sua famiglia ha vissuto fino ai suoi cinque anni prima di trasferirsi per altri due in Sudafrica, e infine negli Stati Uniti. Sua madre è indiana, suo padre è ugandese nato in India da genitori indiani. Tutta la campagna elettorale di Mamdani e la sua descrizione di se stesso fanno riferimento al suo essere di orgine indiana e musulmano. Indicarsi anche come “african american” gli avrebbe dato maggiori possibilità di accettazione alla Columbia per via delle facilitazioni allora concesse alle minoranze razziali. E la rivelazione di questa scelta, a 18 anni, adesso gli sta attirando accuse – da parte dei suoi interessati avversari elettorali – di avere cercato di imbrogliare, per di più approfittando di una comunità discriminata che non è la sua.
Al New York Times Mamdani ha spiegato di avere ritenuto che le due indicazioni fossero il modo migliore per dare conto della sua particolare condizione di “indiano-ugandese” e di “americano nato in Africa”.

Le critiche nei confronti della scelta del New York Times di pubblicare un articolo su questa “notizia” sono state fatte soprattutto da sinistra, da chi ritiene che il New York Times abbia posizioni pregiudiziali contro Mamdani (in un suo endorsement-non-endorsement il giornale aveva molto criticato l’inesperienza di Mamdani suggerendo di non votarlo) e da chi accusa da tempo il giornale di voler raggiungere lettori e lettrici non progressisti prendendo occasionali posizioni meno allineate con le opinioni dei “liberal”. E per la prima volta dopo tanto tempo si sono mostrate critiche di questo genere anche dall’interno della redazione, che il direttore Joe Kahn aveva tacitato dopo il suo insediamento nel 2022.

Ma ci sono state soprattutto critiche sulle scelte giornalistiche: la prima è sulla “notiziabilità” di un’informazione come questa e sulla promozione sproporzionata data a un argomento politico di piccola o inesistente misura, secondo i critici. La seconda è sull’utilizzo di informazioni provenienti da un furto di dati: in altri casi precedenti i più seri giornali americani avevano scelto di non divulgare documenti di origine simile. La terza obiezione riguarda la valutazione delle motivazioni della fonte: i documenti sono stati diffusi in giro e al New York Times da un famigerato razzista molto attivo sui social network e con una sua newsletter, e l’articolo non lo spiegava. Anzi, l’articolo non lo citava per nome, come a voler proteggere la fonte, ma ne indicava lo pseudonimo con cui è noto su internet. Tra i molti che hanno criticato l’articolo c’è stata anche Margaret Sullivan, stimata esperta di informazione ed etica giornalistica che scrive sul Guardian ed è stata “public editor” del New York Times.

Il New York Times si è difeso con alcuni interventi sui social network e con un articolo che ha dato conto delle critiche: sostenendo che le informazioni su Mamdani siano di interesse pubblico a partire dalla sua candidatura a sindaco. Il sito Semafor ha spiegato anche che il New York Times avrebbe temuto che lo “scoop” potesse essere pubblicato da altri.


domenica 13 Luglio 2025

Charlie, chi informa gli italiani

Se chi legge questa newsletter non avesse da subito attenzioni e competenze verso il sistema dell’informazione maggiori della media, finisce per averle presto. Ma “là fuori” la stragrande maggioranza delle persone forma la propria conoscenza della realtà e di quello che succede molto sbrigativamente e senza dedicarci il tempo, la cautela e la competenza necessari a distinguere l’affidabilità delle informazioni in cui si imbatte. Per ragioni del tutto comprensibili e innocenti, prima di tutte la disponibilità di tempo, seconda la poca formazione critica trasmessa dagli stessi mezzi di informazione e dagli apparati e istituzioni delegati alla trasmissione del sapere (scuole, politica, istituzioni pubbliche).
In questo contesto, quando si parla qui della sostenibilità e del ruolo delle maggiori e più note testate giornalistiche, bisogna anche avere presente l’esistenza e il potere di un sottobosco vastissimo di produzione di informazioni ingannevoli, false, fuorvianti, o anche semplicemente “distraenti” in termini di priorità. Che agiscono solo con l’obiettivo di ottenere un numero di clic che aumenti i propri ricavi pubblicitari. Abbiamo ricordato altre volte il livello scadentissimo delle scelte di informazione fatte da alcuni “portali” di grossi provider (Libero, Tiscali, Msn…), per approfittare degli utenti che usano i loro servizi e visitano i loro siti a forza di titolazioni suggestive e accordi con discutibili siti di news.
Ma sotto ancora questa scadente offerta esiste una rete di siti mediocri costruiti con pochissimo sforzo e risorse che mettono in circolazione notizie e titolazioni palesemente false (ricordiamo sempre che nella maggior parte dei casi sul web ci si limita a leggere i titoli), costruite per attrarre le attenzioni o le preoccupazioni di chi ci si imbatta attraverso le ricerche su Google o sui social network. Al momento di scrivere questo prologo, per esempio, una ricerca su Google del nome dello storico Alessandro Barbero offre tra i primi risultati l’incidente di un suo omonimo in Piemonte ma soprattutto quest’altro titolo: “Alessandro Barbero non ce l’ha fatta: addio al re della storia italiana | Fan in lacrime, organizzata la veglia”. Il sito che lo ha pubblicato si chiama 
PiemonteTopNews e appartiene a un network di cui il sito “anti bufale” Butac si è occupato spesso: lo linkiamo perché la sua consultazione è istruttiva su un metodo micidiale di invenzione di titolazioni fuorvianti e preoccupanti sugli argomenti più diversi (““Il vitello tonnato è vietato categoricamente” | Passata l’ordinanza: muore la tradizione più antica d’Italia”).
Un sondaggio recente ha sostenuto che sei americani su dieci (tra un bacino già selezionato di “elettori registrati”) cerchino “attivamente” di informarsi: gli altri quattro dichiarano di “essere raggiunti” dalle notizie, soprattutto tramite i social network. Servirebbero molte pagine per descrivere tutte le sfumature di informazione di bassa o nessuna qualità che contribuiscono qui da noi a occupare la conoscenza della realtà da parte di un popolo di sessanta milioni di persone. Ma anche averlo presente, con occasionali promemoria, un po’ aiuta.

Fine di questo prologo.


domenica 6 Luglio 2025

Live in Milan

Rispondendo volentieri alle richieste di molti iscritti a questa newsletter, il Post ha pubblicato in un podcast la registrazione della conversazione tra Luca Sofri e Ben Smith alla Triennale di Milano, nell’incontro organizzato dieci giorni fa da Charlie stessa.


domenica 6 Luglio 2025

La Verità sui fantasmi

I quotidiani vicini ai partiti di centrodestra stanno continuando la loro campagna contro i finanziamenti pubblici a produzioni cinematografiche che avrebbero avuto poca concretezza, decisi dai governi precedenti a questo (vedi il prologo, per il contesto di queste campagne). Ne avevamo scritto a proposito della contraddizione tra queste obiezioni e il ricevere contributi pubblici assai maggiori, nel caso del quotidiano Libero. Questa settimana è stata invece la Verità a ricevere irritate contestazioni dalle produzioni di alcuni film che il giornale aveva definito “fantasma”, e che invece sono stati regolarmente girati con cast e registi importanti e distribuzioni adeguate. Uno di questi – ha spiegato alla Verità il suo produttore – è un film con George Clooney e Adam Sandler. Rispondendo a un’altra lamentela simile, la Verità ha prima dovuto ammettere che un altro film sia “un film autentico” e che “film fantasma” sia un’espressione “che può dare adito a fraintendimenti” creata in non meglio precisati “ambienti ministeriali”; e poi riprodurre altre smentite in un nuovo articolo.


domenica 6 Luglio 2025

So’ greche

Un articolo in prima pagina sul Foglio di venerdì è tornato a diffondere ipotesi di vendita del gruppo editoriale GEDI (che possiede i quotidiani Repubblica Stampa, tra le altre cose) e di una peculiare prospettiva greca: ma lo stesso articolo sembrava attribuire pochissima consistenza alla prospettiva stessa.

“La ricerca del partner internazionale è un puro fiore all’occhiello per Exor? Non del tutto, Elkann ha favorito l’accordo con OpenAI, una “partnership strategica” per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, aprendosi alla nuova frontiera dell’informazione. Ma è difficile per un gruppo estero entrare in modo così evidente nel mondo chiuso dei media italiani. E non è all’orizzonte nemmeno una operazione simile a quella tedesca con lo storico gruppo Springer, che ha ceduto al fondo americano Kkr gli annunci e le attività collegate, per mantenere nelle mani della famiglia i giornali bandiera Bild e  Welt. Ma in Germania la crisi della stampa è meno pesante: nella patria di Gutenberg giornali e libri tengono ancora”.

L’evocazione della ricerca di un compratore ha comunque messo in allarme le redazioni delle testate del gruppo GEDI, che hanno pubblicato già venerdì (e sabato sui quotidiani) un breve comunicato preoccupato.

“Con una nota del portavoce di Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann, che controlla il gruppo editoriale Gedi, interviene oggi sulle ripetute e insistenti indiscrezioni di una trattativa avanzata per la cessione del gruppo. La sua precisazione però non rassicura affatto i giornalisti di Repubblica, La Stampa, Gedivisual, Huffington post, Radio Deejay, Radio Capital e Sentinella del Canavese.
Sostenere infatti che “in questi anni non è stato dato seguito a numerose manifestazioni di interesse” è un fatto che non smentisce che, allo stato, non vi siano trattative in corso.
Il Coordinamento dei comitati di redazione delle testate Gedi chiede pertanto alla proprietà una chiara assunzione di responsabilità sul reale interesse a cedere in tutto o in parte testate Gedi e a disimpegnarsi da un gruppo editoriale che rappresenta un pilastro del sistema democratico di informazione in questo Paese”.


domenica 6 Luglio 2025

Tutti contenti

Questa settimana è stata presentata su Repubblica una nuova iniziativa di “certificazione della qualità” da parte dell'”Istituto tedesco Qualità e Finanza” di cui avevamo scritto ancora di recente. In questo caso l’offerta è per le aziende che vogliano vedere pubblicizzati i propri risultati di crescita in una sezione dedicata di Repubblica con l’enfatica definizione di “Campione della crescita”. Il sito dedicato spiega che la partecipazione è gratuita ma che “le aziende presenti nella classifica che vorranno utilizzare il sigillo di qualità “Campioni della crescita 2026”, dovranno sottoscrivere un contratto di licenza d’uso del marchio” e che “l’indagine si finanzia con la vendita delle license fee abbinate ai marchi di certificazione ITQF”.
Il sistema di sostenibilità economica è efficiente per tutti: le aziende pagano ITQF per usare nella propria promozione un bollino azzurro, promozione accolta a pagamento su quotidiani come Repubblica che ne trae ricavi pubblicitari, e le aziende possono presentarsi come titolari di ammirevoli risultati.


domenica 6 Luglio 2025

“Sito della città”

Nella sua sezione settimanale dedicata a Roma, il Foglio ha pubblicato giovedì un articolo sul ruolo assunto dal sito di news RomaToday nell’informazione che riguarda la città. RomaToday appartiene al network di siti locali Citynews, che il Post aveva raccontato qui nel 2022 (disclaimer: dal 2023 la concessionaria pubblicitaria di Citynews è diventata responsabile della vendita degli spazi pubblicitari sul Post).


domenica 6 Luglio 2025

Il fantasma del bus

Le rubriche delle lettere sui quotidiani sono un formato su cui una volta dovremmo intervistare a lungo i titolari e farci almeno dieci newsletter, per la quantità di storie, accadimenti e pratiche, legati alla loro costruzione e confezione, che rimangono ignoti ai lettori. Questa settimana Giangiacomo Schiavi, che ne cura una sulla sezione milanese del Corriere della Sera, è tornato a rivelare con spazientimento (ne aveva già scritto in passato) l’insistenza da primato di un lettore in particolare.

“Ho deciso di pubblicare una volta ancora la lettera di un cittadino che in passato ho chiamato «il fantasma del bus»: un misterioso segnalatore di disagi sulla linea Atm che si nasconde dietro mille alias, assumendo identità inverosimili, spacciandosi come portavoce di inesistenti comitati pendolari. La sua perseveranza sta raggiungendo le 5 mila lettere al Corriere in poco più di dieci anni, un primato poco eguagliabile, considerando che ogni lettera è scritta a mano, francobollata e spedita via Posta.
Se ci legge, visto che ogni giorno ci fa recapitare una sua lettera, gli farà piacere sapere che c’è un premio alla sua battaglia per i diritti dei pendolari, un panettone d’oro che non può essere consegnato senza la sua apparizione in carne ed ossa. Quanto alla 973 e alla 54, accorciate o rimodulate, fanno parte del suo repertorio fisso… La M4 nonostante il successo, non deve piacergli troppo”.


domenica 6 Luglio 2025

Chiude Sardinia Post

“Dopo quasi 13 anni Sardinia Post cessa le pubblicazioni”, spiega l’articolo del direttore Manuel Scordo sul sito del giornale online che si è costruito in questo tempo un cospicuo ruolo e una estesa visibilità nell’informazione sulla regione della Sardegna.

“Il Tribunale ha incaricato un liquidatore che ha deciso, visto il carico di debiti pregressi, l’immediata cessazione delle pubblicazioni per non accumularne di nuovi. Questo non vuol dire che la testata sia morta per sempre, ma che in questo momento non ci sono le condizioni per andare avanti.
Cosa accadrà? È l’interrogativo che ci siamo posti anche noi. Per il momento saremo licenziati e la testata sarà “congelata”, ne sarà stabilito il valore e sarà messa in liquidazione. A quel punto qualcuno potrebbe farsi avanti per acquistarla, senza doversi sobbarcare i debiti pregressi. Questa forse è l’ipotesi più rosea, ma i tempi saranno comunque lunghi”.

L’articolo cita la comunicazione dell’editore ICO 2006 che riassume i problemi che si erano creati.

“Le difficoltà iniziate durante la pandemia e proseguite con la crisi del socio unico di allora della ICO 2006 srl, la Onorato Armatori srl, che ha determinato una riduzione di quasi il 50% dei ricavi, sembrava fossero state superate con il passaggio delle quote nel 2021 a una nuova compagine, ma a distanza di soli 18 mesi anche il socio di maggioranza relativa subentrato, la Defendini Logistica srl di Roma è entrato in una situazione di crisi aziendale irreversibile. Perdendo il supporto del socio di maggioranza, gli amministratori e i soci della Ico avevano trovato comunque una soluzione di continuità aziendale siglando, a fine 2023, un accordo con Sae Sardegna spa (editrice de La Nuova Sardegna), e concedendo in affitto il ramo d’azienda editoriale, con un diritto di acquisto per Sae subordinato al deposito (e all’accoglimento ndr), nel giugno 2024, di un accordo di ristrutturazione dei debiti e di un piano attestato ex art. 57 e 63 del codice della crisi di impresa, con richiesta di omologa presso tribunale di Cagliari. Il 16 gennaio 2025 il Tribunale di Cagliari non omologava il piano depositato e gli amministratori della Ico 2006 srl, senza soluzioni alternative, avviavano le pratiche per la liquidazione”.

Sardinia Post era stato fondato nell’ottobre del 2012 dall’editore ICO 2006 s.r.l., che allora era controllato dall’armatore Vincenzo Onorato, proprietario della compagnia di navigazione Moby Lines. Il primo direttore fu Giovanni Maria Bellu, ex inviato di Repubblica ed ex condirettore dell’ Unità . Iniziò a pubblicare anche una versione cartacea bimestrale, che veniva distribuita non solo in edicola, ma anche a bordo delle navi di Onorato. Nel 2018 Bellu si dimise in seguito a un confronto con l’editore, che voleva un giornale meno progressista. Con Bellu – che fu sostituito da Guido Paglia, che era stato vicedirettore del Giornale – se ne andarono anche diversi giornalisti. Ma i maggiori problemi arrivarono dopo il Covid, quando la società di Onorato entrò in crisi e il giornale perse il 50% dei ricavi. Le uniche entrate erano quelle pubblicitarie, di cui però il giornale si era sempre curato molto poco, e i debiti crebbero.

A fine 2023, quando il debito ammontava a 600mila euro e un nuovo socio entrato nel 2021 aveva avuto a sua volta una grave crisiSardinia Post riuscì a continuare le pubblicazioni (con ormai solo tre giornalisti) perché l’editore l’aveva affittata a SAE Sardegna (una società del gruppo SAE, che possiede i quotidiani Nuova SardegnaTirrenoGazzetta di ModenaGazzetta di ReggioNuova Ferrara Provincia Pavese ). L’accordo tra SAE e ICO prevedeva che SAE avrebbe potuto anche comprare il giornale, se fosse stato approvato dal tribunale il piano di risanamento dei debiti dell’azienda, presentato nel giugno del 2024 al tribunale di Cagliari. Quello stesso mese Paglia si dimise da direttore e in redazione rimasero in tre giornalisti.

Il piano di risanamento prevedeva che SAE Sardegna avrebbe acquistato Sardinia Post per circa 250-300mila euro (coprendo circa la metà del debito del giornale); il resto del debito sarebbe stato pagato a rate, mentre ICO 2006 sarebbe diventata la concessionaria pubblicitaria del giornale. Nonostante quasi tutti i creditori del giornale fossero favorevoli al piano, il 16 gennaio 2025 il tribunale di Cagliari non l’ha omologato, a causa dell’opposizione dell’Agenzia delle Entrate (il creditore più importante di tutti).
E a gennaio SAE Sardegna ha comunicato a Sardinia Post che non avrebbe più affittato il giornale (a un costo di 10mila euro al mese), rendendo così impossibile anche un ricorso contro la decisione del tribunale. Dal 31 gennaio all’1 luglio nella redazione di Sardinia Post hanno lavorato in due: Andrea Tramonte e il direttore Manuel Scordo, che aveva assunto il ruolo da gennaio.


domenica 6 Luglio 2025

Riconoscersi umilmente in Giorgia Meloni

Massimo Martinelli è nuovamente il direttore del quotidiano romano il Messaggero da un mese. L’editore Caltagirone ha licenziato due direttori in un anno e reintegrato “ad interim” Martinelli, che era già stato temporaneamente direttore del giornale. In molti hanno spiegato i due licenziamenti con un’insoddisfazione dell’editore per alcune posizioni del giornale non abbastanza disponibili nei confronti dell’attuale governo, ma non sono state date ragioni ufficiali. Quel che è certo è che venerdì il direttore Martinelli ha partecipato a un incontro pubblico assieme ad Arianna Meloni – dirigente del partito e sorella della presidente del Consiglio – nell’ambito di un festival organizzato dal partito Fratelli d’Italia, e ha detto tra le altre cose (qui il video a 1:05:00): «Qual è la ricetta di Giorgia Meloni? Non voglio fare un paragone irriverente, quindi prendetelo per quello che è. È un po’ quello che noi facciamo al Messaggero tutti i giorni. Io quando ascolto Giorgia Meloni nel mio piccolo, umilmente, mi riconosco. Perché Giorgia Meloni parla a tutti, parla al popolo [applausi]. Arianna Meloni ha iniziato il suo intervento con una parola chiave, che è coerenza. La gente normale apprezza la coerenza. Capisce se un leader dice una cosa a seconda delle circostanze e poi cambia idea. Giorgia Meloni non cambia idea, rappresenta un problema per qualsiasi leader mondiale, ma soprattutto ha un linguaggio semplice. Io al giornale cerco di applicare la stessa ricetta […] Giorgia Meloni si occupa sapientemente, magistralmente, di trattare i temi alti, ma guarda la gente comune. E questo suo guardare la gente comune, questa sua coerenza, questa sua capacità di sfidare le leadership, questa sua quasi irriverenza nei confronti di un certo tipo di cultura salottiera, piace».

Sabato mattina il quotidiano Domani ha pubblicato un articolo sulle proprietà e sugli interessi dell’editore del Messaggero, Franco Caltagirone, evidenziando come nel caso dei giornali ci siano sostanziose perdite che Domani ritiene accettabili in nome dell’uso dei suddetti giornali come strumento di promozione degli altri interessi del gruppo Caltagirone.


domenica 6 Luglio 2025

“Basic journalism”

La direttrice dell’Intelligence dell’amministrazione Trump, Tulsi Gabbard, ha attaccato una giornalista del Washington Post accusandola di avere contattato responsabili del suo dipartimento senza passare dall’ufficio stampa, e di non essersi identificata come giornalista del Washington Post per ottenere informazioni.
Il direttore del Washington Post, Matt Murray, ha risposto altrettanto aggressivamente difendendo la giornalista e rivendicando il ruolo dei reporter nel cercare informazioni di interesse pubblico senza limitarsi alle comunicazioni degli uffici stampa: «Sono le basi del giornalismo».


domenica 6 Luglio 2025

Gli integratori sono quasi inutili

Lunedì Repubblica ha pubblicato una rara e quindi più ammirevole occasione di indipendenza da alcuni inserzionisti pubblicitari che investono sul giornale, ospitando un’intervista al noto scienziato Silvio Garattini, la cui sintesi – già dal titolo – era “gli integratori sono inutili”. Pubblicità di vari integratori compaiono spesso su molti quotidiani e su Repubblicaanche quello stesso lunedì.


domenica 6 Luglio 2025

Ancora peggio al Tirreno

La crisi al Tirreno, su cui Charlie ha dato frequenti aggiornamenti, diventa sempre più grave. La redazione del quotidiano di Livorno, che è la principale testata locale di tutta la costa toscana, è in conflitto con la proprietà fin da poco dopo la sua acquisizione: l’editore è la società SAE, che si è creata per rilevare negli ultimi anni una serie di testate locali già appartenenti al gruppo GEDI tra cui il Tirreno. Ma la redazione del Tirreno contesta un approccio che sembra costituito soltanto da riduzioni dei costi e nessuna visione articolata sulle prospettive del giornale, che perde copie in quantità superiori alla media. L’editore ha cambiato direttore cinque volte in quattro anni.
Il confronto ha avuto toni molto polemici, e sabato la redazione ha deciso uno sciopero contro la decisione di chiudere la redazione di Viareggio, per cui oggi il giornale non sarà nelle edicole.

La situazione è stata commentata con desolazione su Facebook da Roberto Bernabò, che fu direttore del Tirreno prima di passare a occuparsi dello sviluppo digitale al Sole 24 Ore e oggi al gruppo Class.

“Di sicuro, e lo dico con piena convinzione per le esperienze fatte nella mia vita post Tirreno , questo editore ha fatto proclami acquisizioni e scelte sostenute da una visione così povera del futuro dell’editoria come poche altre volte mi è capitato di vedere e studiare non in Italia ma nel mondo. Così sta spingendo al collasso un quotidiano che – lo sottolineo con orgoglio e al tempo stesso grande tristezza – ha fatto la storia del giornalismo locale italiano”.


domenica 6 Luglio 2025

Il dannato presente del giornalismo e CBS News

La notizia maggiore tra i media americani questa settimana è stata una notizia a lungo temuta da chi è preoccupato per l’indipendenza del giornalismo di quel paese dalle prepotenze della sua attuale presidenza: la grande società Paramount Global ha accettato di pagare un compenso di sedici milioni di dollari a Donald Trump in cambio del ritiro della denuncia contro la rete televisiva CBS News, posseduta da Paramount Global.
Trump aveva accusato CBS News di avere manipolato un’intervista con Kamala Harris, sua avversaria alle elezioni presidenziali del 2024, con lo scopo e il risultato di danneggiarlo. CBS News aveva sostenuto che quelli a cui si riferiva Trump fossero consueti interventi di montaggio, identici a quelli che si fanno per ogni intervista registrata del genere, e la pubblicazione delle trascrizioni originali aveva dimostrato l’assenza di deliberate censure. La denuncia di Trump era stata definita priva di fondamento dalla maggior parte degli esperti di media televisivi e di questioni legali.

Ma la forza di Trump è un’altra, ed è quella che sta esercitando in molti contesti dal suo insediamento: quella datagli dal potere della presidenza a cui è stato eletto dalla maggior parte dei votanti statunitensi. E in questo caso Paramount Global si è trovata a dipendere dalle decisioni del governo rispetto a un’operazione societaria imminente di enorme importanza per il gruppo e per le sue difficoltà economiche. Malgrado le richieste pubbliche provenienti da più parti perché non cedesse a questo ricatto – la parola suona forte, ma questo è, letteralmente – la principale azionista del gruppo, la presidente Shari Redstone, ha deciso di proteggere i propri interessi economici e di ottenere l’assenso governativo alla fusione in programma con la società cinematografica Skydance.
Al costo di accettare un intervento che di fatto consente a Donald Trump di dichiarare confermate le sue ragioni (malgrado l’accordo non preveda delle scuse da parte di CBS News, come aveva chiesto Trump), e che sancisce la dipendenza del giornalismo di CBS News dal potere politico.


domenica 6 Luglio 2025

Charlie, salvare i giornali ma non il giornalismo

Tre degli otto quotidiani nazionali a maggiore diffusione meritano un paio di pensieri laici dedicati alle loro scelte e al loro ruolo nella diffusione di informazioni in Italia. Sono quelli che, apertamente e rivendicandolo, dedicano la gran parte del proprio impegno giornalistico a sostenere e difendere la maggioranza di centrodestra attualmente al governo. Fra i tre ci sono forti legami e relazioni: due sono di proprietà di un deputato della stessa maggioranza (che ne ha comprato uno dalla famiglia dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi), il terzo è stato fondato ed è posseduto da un ex direttore degli altri due.

Benché, come detto, siano il sesto, settimo e ottavo quotidiano nazionale per diffusione, il totale delle loro copie quotidiane supera di poco quello della Stampa da sola, ed è lontano da quello di Repubblica . Ma la loro influenza va assai oltre il numero di copie: i tre giornali producono ogni giorno buona parte dei contenuti usati a scopo di propaganda dai partiti di governo, dai loro parlamentari, dai loro account sui social network, dalle trasmissioni televisive più vicine alla maggioranza stessa (sia sulla Rai di controllo politico che sulle reti tuttora della famiglia dell’ex presidente del Consiglio: famiglia che sostiene economicamente uno dei partiti della maggioranza).

A loro volta, questi contenuti sono una scelta commerciale e strategica particolare: è infatti un po’ fuorviante l’espressione che abbiamo usato qui sopra, ” sostenere e difendere la maggioranza di centrodestra”. Il criterio di composizione di gran parte delle pagine dei tre quotidiani (soprattutto le prime pagine, ma anche quelle di sezioni impensate) è infatti quello di individuare formulazioni spregiative e accuse di ogni genere nei confronti di un gran numero di declinazioni di un’idea grossolana di “sinistra”: scegliendo per questo tutta una creativa serie di varianti linguistiche per attribuire ogni nefandezza immaginabile a una massa indistinta di persone “di sinistra”, radunata in un unico grande disegno ai danni dei lettori e delle lettrici di quei giornali. “I compagni”, “i rossi”, ma poi “l’ideologia verde”, “l’ideologia gender” (“ideologia”, che vuol dire sistema di pensieri, è una parola di cui è stato stravolto il senso in direzione negativa), i “woke”, “le toghe rosse”, i “buonisti”, “le coop”, “i progressisti” e naturalmente “il PD”, “Elly”, “i dem”, persino “il soviet”, e molti singoli personaggi (donne, in gran parte) esibiti al disprezzo dei lettori e delle lettrici. E come ultima possibilità, una generica terza persona plurale priva di soggetto evocativa di traffici e complotti.

Questo criterio prevale su ogni altro, ed è una “linea” analoga e speculare a quelle, derise nel secolo scorso, dei giornali di partito: accusati di costruire acrobatiche formulazioni per difendere qualunque scelta del partito di riferimento. Ma è analoga e speculare per una ragione: ed è che il meccanismo identitario che mira demagogicamente a compiacere il pubblico – oggi prioritario in ogni comunicazione e promozione, in politica e nelle aziende giornalistiche – ha come strumento vincente l’indicazione di un nemico verso cui creare e indirizzare risentimenti e indignazioni, dando a tutti noi ragioni di insoddisfazione e capri espiatori verso cui sfogare quell’insoddisfazione (un quarto quotidiano, il quinto per diffusione, adotta gli stessi criteri demagogico-commerciali, ma indicando nemici in tutto l’arco costituzionale a eccezione del M5S).

La domanda, per questa newsletter è (accantonando le eventuali valutazioni morali ed etiche su questa idea di giornalismo): è una strategia che paga? I dati dicono che le testate in questione hanno perdite di copie annuali nella media nazionale: il che significa che il criterio suddetto ottiene consensi proporzionati ai posizionamenti meno bellicosi adottati da altre testate per compiacere i propri lettori, o a più tradizionali scelte di informazione dei lettori. Mentre è visibile che la prossimità al governo e al suo potere abbia portato ai quotidiani che lo sostengono quote inedite di provvidenziali investimenti pubblicitari, anche da aziende che prima guardavano gli eccessi di quei giornali con circospezione e cautela.

Fine di questo prologo.


domenica 29 Giugno 2025

Ben Smith, bene

Questa newsletter ha organizzato con soddisfazione giovedì scorso il suo primo evento pubblico, ospitando il direttore del sito di news americano Semafor, Ben Smith, per una conversazione con il direttore editoriale del Post Luca Sofri alla Triennale di Milano. Grazie molte alle oltre trecento persone che hanno partecipato, e a tutti gli abbonati e le abbonate del Post che ci aiutano a costruire progetti e iniziative nuove. Continueremo.


domenica 29 Giugno 2025

Concordia di interessi

Giovedì la pagina 30 del quotidiano Repubblica era dedicata all’azienda di automobili dell’editore di Repubblica, la pagina 38 era dedicata alla squadra di calcio dell’editore di Repubblica e la pagina 41 era dedicata alla barca a vela dell’editore di Repubblica.


domenica 29 Giugno 2025

Mentana si diverte

Ci sono state delle agitazioni online e offline a partire da un sibillino post su Instagram del direttore del telegiornale di La7, Enrico Mentana, che parlava di “capire quando è il momento di staccare” a proposito dei suoi 15 anni in quel ruolo. Mentana non ha risposto alle richieste di maggior chiarezza su quella che a molti è sembrata un’ipotesi di dimissioni, lasciando circolare voci e pettegolezzi su sue tensioni con la rete o con suoi colleghi. Che hanno suggerito alla rete di smentire tutto. Infine Mentana è tornato sulla questione su Instagram, sempre con formule un po’ ambigue: l’ultima, sabato pomeriggio, è stata «non ho mai scritto né detto che vado da qualche altra parte!!».


domenica 29 Giugno 2025

Un giudice a Lipsia

Un giudice a Lipsia ha ritenuto inammissibile il divieto di pubblicazione imposto un anno fa dal ministero dell’Interno tedesco a una rivista di estrema destra, Compact.


domenica 29 Giugno 2025

I conti del Fatto

Durante la settimana è stata molto ripresa sui social network una sospettosa analisi del quotidiano il Riformista sui conti della società SEIF, che pubblica il quotidiano il Fatto. I due quotidiani si scambiano accuse e insulti quasi quotidianamente (di nuovo oggi il Fatto si accanisce contro il Riformista a proposito di una sentenza di condanna del suo editore). Il direttore del Fatto è intervenuto venerdì sul giornale per spiegare con sarcasmo a cosa si riferissero le cifre contestate.


domenica 29 Giugno 2025

Prosit

I prodotti e il titolare dell’azienda vinicola Aneri hanno sempre particolari attenzioni sui quotidiani milanesi in cui l’azienda compra spesso pagine pubblicitarie, dal Corriere della Sera Libero al Giornale. Venerdì il Corriere della Sera ha ospitato un box su una bottiglia di vino della suddetta azienda – con abbondanza di dettagli promozionali – offerta a Jeff Bezos in occasione del suo matrimonio veneziano. La bottiglia è stata di nuovo citata l’indomani sul giornale in un’intervista al sindaco di Venezia.


domenica 29 Giugno 2025

Smettere

Nella pagina delle rubriche di Repubblica di solito è quella di Michele Serra che esprime delle opinioni in contraddizione con scelte giornalistiche prese in altre pagine del giornale. Ma a volte si permette di farlo anche Francesco Merlo, che risponde alle lettere dei lettori (alcuni lettori compaiono con frequenza quasi quotidiana, come in questo caso). Sabato Merlo è stato ulteriormente lapidario – con una certa libertà d’uso del pronome maschile “gli” – nei confronti della “cronaca nera”, oggetto di crescenti attenzioni sui quotidiani nazionali.


domenica 29 Giugno 2025

Fosche previsioni

Il magazine americano Atlantic ha pubblicato un allarmato articolo sulla velocità con cui una quota di lettori stanno spostando le loro fonti di informazioni dai siti di news ai servizi di intelligenza artificiale, e di come questo minacci le già precarie economie delle aziende giornalistiche e degli editori di libri.

“Not all publishers are at equal risk: Those that primarily rely on general-interest readers who come in from search engines and social media may be in worse shape than specialized publishers with dedicated subscribers. Yet no one is totally safe”.


domenica 29 Giugno 2025

Annotations al Washington Post

Un articolo del New York Times ha rivelato un nuovo progetto del Washington Post, che – come avevamo spiegato già la settimana scorsa – sta cercando di uscire dalle sue molte crisi investendo su idee nuove di una certa originalità. L’ultima è di consentire alle fonti citate nei suoi articoli di pubblicare dei commenti – “annotare” -immediatamente accessibili attraverso dei menu contestuali all’interno del testo: in modo che chiunque venga citato possa integrare o dire la sua intorno alle sue parole come sono riportate. L’obiettivo non è tanto di un arricchimento del contenuto quanto il tentativo più generale di mantenere più a lungo i lettori sulle pagine del Washington Post offrendo loro altre ragioni di lettura. I primi esperimenti saranno fatti sugli articoli che riguardano il clima, e secondo il New York Times avranno bisogno di un attento e impegnativo lavoro di verifica e di moderazione.


domenica 29 Giugno 2025

Gli amici cinesi

C’è un nuovo accordo tra un’agenzia di stampa italiana e una testata di informazione statale cinese, ovvero una struttura che fa capo a un governo autoritario e liberticida, e che esercita un proverbiale controllo sulla diffusione delle informazioni e un esteso lavoro di propaganda presso gran parte dei paesi del mondo, investendoci grandi finanziamenti.
Questa settimana è l’agenzia Italpress ad avere presentato un accordo con la società video CCTV+, posseduta dal gruppo editoriale e televisivo CCTV: alla presenza del vice ministro del Dipartimento della Propaganda della Repubblica Popolare Cinese e del ministro dell’Istruzione italiano Giuseppe Valditara. Un articolo del Guardian del 2018 descriveva simili accordi conclusi da CCTV come volti a “servire i fini ideologici” del partito comunista cinese. “Un’antica arma nell’arsenale di repressione cinese”, è la definizione di un rapporto di Freedom House. Molti suoi interventi censori e falsificatori sono stati rivelati negli anni passati.
I diversi accordi conclusi da CCTV con varie istituzioni italiane sono ogni volta presentati come un’occasione di promuovere contenuti e informazioni sull’Italia presso il pubblico cinese. Secondo l’articolo del Guardian, nei casi precedenti di accordi con paesi africani presentati con le stesse parole, “piuttosto che raccontare la storia locale, l’obiettivo principale è sembrato essere la promozione della forza cinese, della sua generosità e della sua centralità nelle vicende internazionali”.


domenica 29 Giugno 2025

“Fine di un’era”

Non c’è bisogno di Charlie perché lo sappiate, ma Anna Wintour lascerà la direzione di Vogue, dopo 37 anni.

“Dal 2020 Wintour è anche la direttrice globale di Condé Nast e in quanto tale controlla quasi tutte le testate del gruppo con la sola eccezione del New Yorker, diretto da David Remnick. Una volta che non sarà più direttrice di Vogue America (editor in chief, in inglese) non sarà sostituita da una persona a cui sarà assegnato lo stesso titolo (che non esisterà più), ma da un head of editorial content, letteralmente “capo del contenuto editoriale”, che starà direttamente sotto Wintour. Le cose funzionavano già così per le edizioni internazionali di Vogue, compreso Vogue Italia, la cui head of editorial content è Francesca Ragazzi.
Anche se Wintour continuerà di fatto ad avere il ruolo dirigenziale più importante a livello editoriale sia all’interno di Condé Nast che di Vogue la notizia sul suo lasciare l’incarico di direttrice editoriale della rivista ha avuto grande risonanza, per la sua storia in questo ruolo” .


domenica 29 Giugno 2025

Caltagirone e Class, sviluppi

Per ora si è arrestata la crescita di potere e ruolo di Franco Caltagirone – editore del Messaggero, del Mattino e del Gazzettino, e persona importantissima negli ambiti finanziari e immobiliari italiani – all’interno dell’azienda Class Editori, che pubblica i quotidiani MF-Milano Finanza ItaliaOggi. All’assemblea degli azionisti di giovedì Caltagirone non è riuscito a far eleggere nessuno dei suoi rappresentanti, né nel consiglio di amministrazione né nel collegio sindacale.


domenica 29 Giugno 2025

Cinque, o quattro

Il Tirreno è lo storico quotidiano di Livorno, che è la testata locale più letta su tutta la costa toscana (nella parte interna della regione prevale la Nazione di Firenze). Il giornale è in un grosso declino di diffusione – superiore a quello medio dei quotidiani locali – e in una grossa crisi di prospettive: soprattutto dal 2020, quando la precedente proprietà del gruppo GEDI lo vendette assieme ad altri quotidiani locali a una società appositamente costituita da alcuni imprenditori, SAE. A SAE la redazione del Tirreno contesta da tempo una mancanza di visione sul futuro del giornale, e una serie di iniziative poco accorte nel sostenerlo e nelle relazioni coi giornalisti. Tra queste, una serie di cambi di direzione che sono stati i più vistosi sintomi di questi limiti. L’ultimo è stato a gennaio, col quarto direttore in quattro anni, al quale la redazione non ha poi dato un voto di fiducia. Ma ancora un mese fa c’era stata una nuova dura protesta della redazione contro la proprietà.

La notizia di questa settimana è che il Tirreno ha già un quinto direttore: che però è un quarto direttore, perché dopo cinque mesi si è già dimesso Cristiano Meoni ma SAE ha scelto per ora di rimpiazzarlo reintegrando nel ruolo Cristiano Marcacci, che lo aveva lasciato a Meoni a gennaio. L’azienda non ha comunicato altro che “ragioni personali”, ma in redazione si parla di divergenze tra Meoni e l’azienda stessa sulle scelte di ulteriori riduzioni dell’impegno sul Tirreno. E circolano ipotesi di ulteriori rimescolamenti di direttori tra le altre testate locali di SAE: Gazzetta di ReggioGazzetta di ModenaNuova FerraraNuova SardegnaProvincia Pavese. SAE ha da poco annunciato anche l’intenzione di ricostruire un giornale con la storica testata di Paese Sera.


domenica 29 Giugno 2025

Quel che succede negli stadi

L’anno scorso c’era stata una questione – non nuova – rispetto a una presunta censura operata dalla Lega Serie A, che detiene i diritti della partite di calcio di Serie A, rispetto a un fatto avvenuto sugli spalti di uno stadio degno di essere riferito e di interesse pubblico. Le cui immagini non erano state rese disponibili ai mezzi di informazione.
In seguito alle proteste di alcune organizzazioni giornalistiche, l’Agcom aveva aperto un’istruttoria, concludendo che non ci fossero state in realtà limitazioni in quel caso ma che fosse necessario affrontare l’argomento: questa settimana è stata annunciata una delibera che indica le condizioni per cui le immagini di questi contesti debbano essere rese accessibili.

“Il provvedimento definisce le tipologie di immagini che devono essere messe a disposizione degli operatori della comunicazione accreditati e le modalità di richiesta. In base alla delibera devono essere rese disponibili anche le immagini relative alle proteste dei tesserati, incidenti sugli spalti, contenuti discriminatori o contrari all’ordine pubblico, episodi controversi di gioco e invasioni di campo. Gli operatori potranno richiedere tali immagini entro un’ora dalla fine dell’evento” .


domenica 29 Giugno 2025

Welcome to the jungle

Seguendo una tendenza che aveva già visto simili scelte da parte delle maggiori piattaforme social, Google ha comunicato (un po’ di nascosto, comprensibilmente) la rinuncia al più importante programma di fact-checking sulla diffusione di contenuti sul suo motore di ricerca, ClaimReview. Secondo Google “la rimozione contribuirà a semplificare la pagina dei risultati e a concentrarci su altre esperienze più utili e ampiamente utilizzate”. La newsletter Indicator ha raccolto qualche parere sulla decisione di Google.


domenica 29 Giugno 2025

Charlie, chi giornalismo fa

Questa è una newsletter sul dannato futuro dei giornali, e del giornalismo. Che ha molto a che fare col lavoro dei giornalisti, ma non solo con quello: “giornalista è chi giornalista fa”, direbbe Forrest Gump, e il ruolo del giornalismo nella diffusione di conoscenze utile a far convivere più serenamente le nostre comunità – di qualunque scala, fino a quella planetaria – non è sostenuto solo da chi definisca “giornalista” la sua professione o ne riceva uno stipendio (e non è sostenuto solo da chi appartenga a un ordine professionale). La bontà di un lavoro giornalistico prescinde da tutto questo.
Ne ha fatto un buon esempio una newsletter della 
Columbia Journalism Review, che adottiamo in questo prologo:

“Come chiamate qualcuno che non è un giornalista ma tratta i propri argomenti meglio della gran parte dei giornalisti di quel campo? Beh, al diavolo, diciamo che Steve Vladeck è un giornalista.
Di norma è un professore al Law Center dell’università di Georgetown. E dal suo curriculum non risulta lavori in redazioni, anche se qualche volta appare su 
CNN come commentatore. Ma per nostra fortuna scrive una newsletter, One First, che è una lettura obbligata sulle questioni legali, soprattutto su quelle relative alle decisioni e ai lavori della Corte Suprema.
[…] Ci sono molti bravi reporter che seguono la Corte Suprema, là fuori, ma pochi di loro sono all’altezza delle analisi puntuali e delle prontezze di Vladeck”.

Chiamatele come volete, ma sono molte le persone che contribuiscono al futuro del giornalismo.

Fine di questo prologo.


domenica 22 Giugno 2025

Dirselo di persona

Sarà il prossimo giovedì il primo evento dal vivo organizzato da questa newsletter: Ben Smith, direttore del sito di news americano Semafor, parlerà con Luca Sofri, direttore editoriale del Post, alla Triennale di Milano. L’ingresso è libero su prenotazione.


domenica 22 Giugno 2025

THR Roma svuotato

Ad aprile l’Associazione Stampa Romana aveva comunicato la liquidazione generale (una procedura che sancisce di fatto il fallimento di un’impresa) di Brainstore Media s.r.l., cioè della società editrice dello Hollywood Reporter Roma.

The Hollywood Reporter è un’antica e autorevole testata statunitense dedicata al mondo dello spettacolo: nel 2023 Brainstore ne ottenne la licenza, cioè l’uso della testata, e nell’aprile dello stesso anno ne avviò un’edizione italiana. Già l’anno scorso si parlava di un possibile fallimento: la direttrice, Concita De Gregorio, si era dimessa dopo pochi mesi, i giornalisti venivano pagati in ritardo e l’edizione cartacea non veniva più stampata regolarmente. Questi problemi sono continuati fino a pochi mesi fa, quando la casa editrice è stata messa, appunto, in liquidazione.

Ma nonostante la liquidazione il sito dell’edizione romana continua a pubblicare articoli, anche se in modo irregolare. In homepage le notizie pubblicate dopo l’avvio della liquidazione sono ormai tutte traduzioni o adattamenti di articoli dall’edizione americana, una pratica già adottata parzialmente in precedenza, o articoli dei mesi scorsi. La sezione “Ultime Notizie”, poi, ripropone perlopiù articoli vecchi. I profili social, invece, restano attivi e pubblicano anche dei contenuti originali.
La direzione di THR Roma non ha risposto alle richieste di Charlie di maggiori informazioni.


domenica 22 Giugno 2025

Attenzioni

Il Corriere della Sera continua ad avere attenzioni uniche per le iniziative o dichiarazioni della deputata di “Noi moderati” Michela Brambilla (anche di sua sorella Federica, nei mesi scorsi), e sabato ha riferito del suo intervento sull’uccisione di un gatto randagio a Trapani.


domenica 22 Giugno 2025

Qualità a pagamento

Charlie aveva raccontato in passato la pratica pubblicitaria gestita da società che elargiscono “certificazioni di qualità” ad aziende che pagano per ottenerle, e per vedere poi comunicate sui giornali quelle certificazioni. Le società di certificazione ne ottengono un business, le aziende certificate ne ottengono pubblicità e lustro, i giornali ne ottengono investimenti pubblicitari.
Nelle ultime settimane ne sono capitati sui quotidiani nuovi esempi, ed è quindi utile ricordare queste dinamiche, governate da interessi economici legittimi, ma in cui la certificazione di “presunta qualità” dipende appunto da priorità commerciali (la proliferazione di categorie e sottocategorie permette di offrire a moltissime aziende coinvolte un risultato da pubblicizzare).
Le testate del gruppo GEDI, per esempio, stanno promuovendo una classifica di “ospedali di eccellenza” creata in collaborazione con lo stesso “Istituto tedesco Qualità e Finanza” che produce classifiche simili in molti settori (“tedesco” è sempre un aggettivo convincente), e che ha già offerto ad alcuni ospedali articoli di promozione su altri quotidiani.


domenica 22 Giugno 2025

Dalla parte del potere in India

Durante i giorni dei bombardamenti fra India e Pakistan, a inizio maggio, l’informazione televisiva indiana ha mostrato il suo lato più estremo, abbracciando in modo acritico l’ipernazionalismo in toni trionfalistici. Sulle maggiori televisioni in quei giorni sono state annunciate una serie di notizie enormi e totalmente false, come l’arresto del capo dell’esercito pakistano, presunto preludio di un colpo di stato; l’ingresso di forze armate di terra indiane in Pakistan; la distruzione di varie città pakistane: il tutto accompagnato da immagini provenienti in realtà da altri luoghi di guerra, come Gaza o il Sudan, e da grafiche bellicistiche.
I media indiani in questi anni si sono allineati perlopiù alla retorica e alla narrativa del governo nazionalista e induista del Bharatiya Janata Party (BJP) di Narendra Modi, che governa dal 2014. Anant Nath, direttore del mensile di giornalismo d’inchiesta e approfondimento Caravan (uno dei pochi ancora critici col governo), dice che le aziende editoriali lo hanno fatto sia per opportunità che per timore. Ci sono state in questi anni ricorrenti intimidazioni, con accuse di sedizione e attacco alla sicurezza e all’unità nazionale, ma anche inchieste giudiziarie legate a presunte irregolarità economiche (un metodo usato anche per gli oppositori politici). Altre volte giornali e televisioni hanno proceduto ad autocensurarsi, o hanno fatto scelte basate su calcoli commerciali. Le televisioni competono per l’ampio pubblico di ispirazione conservatrice e nazionalista, i giornali dipendono spesso dalle inserzioni pubblicitarie del governo, nazionale o statale: «Lo Stato ha un budget enorme, non paragonabile a quello di nessuna azienda, per fare pubblicità sui giornali. Basta sfogliare un quotidiano per vederlo».

Anche sull’ Indian Express, uno dei meno compromessi, in un giorno normale almeno il 70 per cento delle pubblicità è pagato da fonti istituzionali. Anche quando non ci sono arresti dimostrativi (soprattutto dei giornalisti meno tutelati, che operano sui social media) o lunghe cause legali dai costi altissimi, solo il rischio di perdere quelle pubblicità per notizie sgradite «basta per restare allineati». Altre volte, dice Nath, c’è anche un’adesione ideologica al progetto di Modi e del BJP: «La gran parte degli editori è di centro o di destra e convinta della necessità di uno stato non laico, ma induista». Caravan ha una lunga storia (nacque nel 1940, chiuse nel 1988, ha riaperto nel 2009), fa parte di un’azienda editoriale indipendente e oltre al mensile cartaceo ha un sito con paywall, ad abbonamento.


domenica 22 Giugno 2025

La verità.

A Genova è stata aperta un’indagine sul consigliere comunale ed ex assessore Sergio Gambino, di Fratelli d’Italia. A Gambino sono state rivolte varie accuse tra cui quella di aver diffuso, durante l’ultima campagna elettorale per le elezioni amministrative della città, documenti riservati e l’informazione falsa che Silvia Salis, poi eletta sindaca di Genova, avrebbe investito una persona con la propria auto passando sulle strisce pedonali e ignorando il semaforo rosso. Secondo la documentazione dell’incidente invece il semaforo era verde e rosso per i pedoni, quindi anche per la persona che attraversava.

La notizia falsa sul semaforo rosso era stata diffusa con grande spazio sul quotidiano La Verità : e malgrado le smentite immediate, era stata riproposta dal giornale nei giorni successivi. La versione web dell’articolo iniziale è tuttora online e non corretta.


domenica 22 Giugno 2025

Some changes

Invece al Washington Post succederà una cosa piccola, vista da qui, ma significativa per i suoi lettori abituali, ed esemplare dei molti cambiamenti in corso. Come molte altri quotidiani statunitensi, il Washington Post di carta si vende come una serie di “inserti” consegnati ai lettori l’uno dentro l’altro (e tutti dentro le pagine della testata nazionale principale) e dedicati a diversi argomenti: alcuni sono quotidiani, altri escono in specifici giorni della settimana. Ma il direttore del giornale Matt Murray ha comunicato agli abbonati che da questo lunedì saranno aggregati insieme l’inserto dedicato alla cronaca locale di Washington, DC, quello dello Sport, e quello di “costume” che si chiama Style.
L’inserto Business era stato integrato nelle pagine principali nel 2009.


domenica 22 Giugno 2025

Sentiremo parlare dell’Atlantic

Quello che una volta veniva chiamato “il mensile” americano Atlantic – e oggi è soprattutto “il giornale online” Atlantic – continua a investire molto sulla crescita del proprio ruolo nell’informazione americana. Questa settimana è stato molto commentato l’investimento su nuovi autori e opinionisti di robusto curriculum, a cui il giornale ha offerto stipendi notevoli. Al tempo stesso l’ Atlantic ha presentato una propria nuova offerta di giochi, per cercare di essere attraente e competitivo sul settore di interessi che ha contribuito in grande misura alle crescite di questi anni del New York Times.

L’ Atlantic è pubblicato da una società di proprietà di Laurene Powell Jobs, vedova del fondatore di Apple Steve Jobs.


domenica 22 Giugno 2025

Tutto è Caltagirone

La storia dell’interesse di Franco Caltagirone nel gruppo editoriale Class, che avevamo citato la settimana scorsa, sta avendo degli ulteriori sviluppi.
Riassunto: Caltagirone, 82 anni, è l’editore dei quotidiani MessaggeroMattinoGazzettino Corriere Adriatico, oltre che un imprenditore di eccezionali ricchezze e potere “costruiti” intorno al settore immobiliare, e un protagonista delle più importanti vicende bancarie e finanziarie italiane, ancora di più in questi mesi. Class Editori è una piccola ma rilevante azienda di prodotti giornalistici e finanziari fondata dal suo attuale vicepresidente e maggiore azionista, Paolo Panerai, 79 anni: possiede i quotidiani MF Milano Finanza ItaliaOggi, la tv Class CNBC, e altre testate, e ha un’influenza nel mondo della finanza maggiore della sua notorietà pubblica (influenza ricambiata: il gruppo ha sensibili dipendenze dalla banche creditrici).
Nelle scorse settimane Caltagirone ha mostrato di voler acquisire quote di Class Editori e di volerne influenzare le scelte. Panerai, i cui giornali (e lui stesso) sono stati spesso critici delle iniziative finanziarie di Caltagirone e del suo uso strumentale dei giornali che possiede, ha risposto con un editoriale su ItaliaOggi e su MF sconsigliando sarcasticamente Caltagirone di proseguire in questo senso. Non tutti si dicono convinti della sua sincerità, e alcune ipotesi sono che Panerai possa invece beneficiare dall’ingresso di un socio forte e ricco come Caltagirone, considerati i bilanci non rassicuranti di Class (il valore delle azioni di Class è già cresciuto sensibilmente da quando si è saputo dell’interesse di Caltagirone).
Giovedì la Consob ha invece comunicato che la quota di azioni di Class acquisita da Caltagirone è cresciuta ulteriormente fino a superare il 5%. La settimana prossima ci sarà un’assemblea degli azionisti per rinnovare gli organi dirigenti.