Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 9 Febbraio 2025
Ripetendo una formula che ha garantito finora buona parte della sostenibilità commerciale del progetto, il Post ha offerto questa settimana ai propri abbonati di acquistare e ricevere tempestivamente a casa – prima dell’uscita in libreria – il tredicesimo numero della sua rivista Cose spiegate bene, dedicato questo mese a storie, spiegazioni e descrizioni di oggetti e manufatti i più diversi.
domenica 9 Febbraio 2025
Ogni mese su Charlie citiamo i risultati di ADS, una società che certifica e pubblica mensilmente i dati relativi alla diffusione dei quotidiani e delle riviste italiane che decidono di esservi iscritte: il Foglio e Domani, per esempio, hanno scelto di non essere conteggiati da ADS. Probabilmente è perché la loro raccolta pubblicitaria è molto limitata e basata su isolate relazioni dirette, e quindi ritengono di non avere bisogno di dati certificati da presentare agli inserzionisti, e al tempo stesso i loro numeri sarebbero probabilmente piuttosto esigui tra le testate nazionali e non una buona comunicazione (abbiamo contattato i responsabili dei due giornali senza ottenere spiegazioni ufficiali).
I dati sulla “diffusione totale” servono infatti agli editori soprattutto come promozione per gli inserzionisti, per aumentare dunque i ricavi pubblicitari.
Su Charlie, però, quando parliamo di come sono andati i giornali ogni mese, non facciamo riferimento alla generica e ampia “diffusione totale”, ma al dato fornito da ADS che consideriamo più rappresentativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, escludendo quindi le copie distribuite gratuitamente, quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera).
Ma oltre agli sconti e alle copie omaggio, le testate possono inserire nei propri numeri anche altre vendite di ambigua definizione. Per esempio, alcuni editori fanno ricorso agli abbinamenti promozionali tra due testate – di solito una locale e una nazionale, non necessariamente dello stesso editore – vendute al costo di una o poco più (a volte sono chiamati “panini”). In questo modo chi compra paga un solo giornale, ma quell’acquisto viene poi comunicato come due copie ad ADS. E la testata “allegata” ottiene anche di raggiungere potenziali lettori nuovi. È una pratica poco apprezzata dai rivenditori : i guadagni degli edicolanti a fronte di questi accordi sono tuttora definiti da un vecchio accordo del 2005, che limita il valore economico di queste iniziative per chi le vende.
Per esempio, la Gazzetta del Mezzogiorno sembra aver beneficiato ultimamente del sistema: nonostante la crisi del giornale, il calo di vendite si è fermato a giugno, cioè da quando la Gazzetta del Mezzogiorno e la Gazzetta dello Sport sono vendute assieme al prezzo di un euro e 70 centesimi.
Nel 2023 invece, in Umbria, tre quotidiani locali – il Corriere dell’Umbria, la Nazione e il Messaggero – furono abbinati rispettivamente alla Gazzetta dello Sport, a Tuttosport e al Corriere dello Sport. Se guardiamo i dati territoriali di ADS – che riportano il numero di copie cartacee dichiarate dai giornali come diffusione, ripartiti per regioni e province –, nello stesso anno la diffusione media in Umbria delle tre testate sportive nazionali era aumentata notevolmente rispetto al 2022: la Gazzetta dello Sport era passata da una media di circa 3600 copie dichiarate a più di 6100, Tuttosport da 1170 a 3930 e il Corriere dello Sport da quasi 2700 a più di 6000.
Un’altra condizione che aiuta la diffusione di alcuni giornali rispetto ad altri è la presenza o meno di canali di distribuzione preferenziali. Per esempio, molte copie dichiarate da Avvenire, che è il quotidiano della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, sono acquistate dalla rete delle organizzazioni e delle strutture ecclesiastiche, che diventano un rivenditore aggiunto che manca al resto delle testate giornalistiche italiane. Queste copie, però, sono specificate da ADS come tali e possono essere più facilmente scorporate dal totale nei dati che Charlie pubblica ogni mese.
domenica 9 Febbraio 2025
Alcuni siti italiani e account sui social network hanno pubblicato di nuovo questa settimana una voce già fatta circolare dagli stessi siti un anno fa, sull’imminente passaggio di Claudio Cerasa, direttore del Foglio, alla direzione del Messaggero, e ancora più avventate ipotesi sulla sua sostituzione al Foglio. Solitamente Charlie non riferisce di questo genere di voci quando non sono circostanziate in nessun modo – le chiacchiere nelle redazioni ne hanno ogni settimana, e il cimitero delle previsioni è affollato – ma lo facciamo ogni tanto solo per ricordare la loro fragilità e ripetitività, a chi ci si imbattesse.
(un altro elemento della routine è che nelle rare occasioni in cui una di queste ipotesi infine si verifichi, dopo anni, qualcuno dirà “l’avevamo detto”: che è come avere pronosticato la vittoria di Trump nel 2020).
domenica 9 Febbraio 2025
Lo scorso giugno descrivemmo su Charlie la crescente inclinazione di una parte del giornalismo italiano a scegliere titolazioni con giochi di parole piuttosto che informative, e le implicazioni relative in termini di perdita del ruolo di informazione giornalistica a favore di quello di intrattenimento: l’abitudine è condivisa solo con i più screditati tabloid di altri paesi, mentre da noi ha contagiato molte testate (compresa la politica: questa settimana la leader del maggiore partito di opposizione non ha fatto notizia per i suoi argomenti critici contro il governo, ma per aver usato l’espressione “presidente del coniglio”).
Vale quindi la pena notare un caso di ulteriore spericolatezza, nella titolazione dell’editoriale del direttore del Fatto, mercoledì.
domenica 9 Febbraio 2025
La società di certificazione ADS, che citiamo ogni mese per i dati di diffusione dei quotidiani, ne fornisce anche per i periodici, settimanali e mensili. Gli ultimi pubblicati sono quelli di novembre 2024 e li abbiamo messi a confronto con quelli di cinque mesi prima, a giugno. I settimanali italiani iscritti ad ADS hanno perso in media il 9% delle copie dichiarate come vendute. Le riviste che hanno perduto più copie sono Sportweek (-21,98%) e soprattutto quelle che si occupano di moda e bellezza, cosiddette, tra cui Grazia (-46,80%), Elle (-22,88%), F (-19,91%) e VanityFair (-17,58%). Il dato è ulteriormente indicativo, visto che nel mese di giugno Grazia aveva pubblicato un numero in meno rispetto a novembre, mentre VanityFair e Elle persino due numeri in meno rispetto a novembre.
Questi sono dati di diffusione “complessiva”, che comprendono anche le copie promozionali e omaggio (più di 72mila per Ell , 41mila per Sportweek , 30mila e 5mila per Donna Moderna e Panorama del gruppo editoriale del quotidiano la Verità : quasi tutte copie digitali), quelle a prezzi scontatissimi (47mila ciascuno per Sette e Io Donna ) o quelle vendute in quantità “multiple” ad aziende o istituzioni.
Naturalmente alcuni settimanali beneficiano rispetto ad altri dell’essere venduti allegati a un quotidiano, come il Venerdì di Repubblica.
domenica 9 Febbraio 2025
Il New York Times ha riferito di avere aggiunto altri 350mila abbonati al suo ricco capitale (11,4 milioni) nell’ultimo trimestre del 2024. Il giornale è in una prolungata fase di successo di lettori e di profitti ( chiude il 2024 con 912 milioni di dollari “in cassa”, erano 709 un anno prima), legata al suo precoce investimento sul prodotto giornalistico online e sugli abbonamenti digitali. Nel suo rapporto sui risultati si dice infatti che i ricavi pubblicitari sono rimasti uguali nel 2024, e che stanno continuando gli abbonati all’edizione cartacea: a conferma che le aziende giornalistiche più in salute nel mondo sono quelle che hanno spostato le proprie priorità dalla carta e dalla pubblicità a internet e agli abbonati.
Circa un terzo degli abbonati digitali (3 milioni e 450 mila) sono abbonati a prodotti definiti “non news”: giochi, sezione di consigli sui prodotti, cucina, audio e sport.
domenica 9 Febbraio 2025
La newsletter Mediastorm ha pubblicato un’interessante sintesi in due tabelle di come siano cambiati dal 2014 al 2023 i ruoli – misurandone la diffusione – di alcuni quotidiani in alcune delle maggiori città italiane. I dati attingono ai consuntivi sulla diffusione dei quotidiani nelle province e nelle regioni di cui avevamo scritto qui.
domenica 9 Febbraio 2025
L’uso delle fotografie da parte dei giornali è finito fuori controllo nei decenni dei social network e di internet: la paternità dei diritti sulle immagini è trascuratissima, e la loro facile circolazione e riproduzione online ha generato un “liberi tutti”, attenuato solo dai rigori etici in alcune redazioni o da un nuovo indotto di “riscossione crediti” da parte di agenzie più o meno serie. La stessa immagine falsa raccontata qui sopra non è stata per giunta attribuita a nessun autore da chi ha scelto di pubblicarla ritenendola vera, e quindi di non pagarla (in alcuni casi veniva citata la insignificante fonte “Twitter”).
Le cose si complicano ulteriormente in molti casi singolari, come quello di una foto della giovane iraniana Mahsa Amini, uccisa dalla polizia religiosa nel 2022 a Teheran. Il tabloid britannico Daily Mail ha ricevuto una richiesta di compenso da parte di un’agenzia che sostiene di avere ottenuto i diritti dell’immagine di Amini (richiesta esigua: 1110 sterline, considerando le perdite subite per la circolazione non autorizzata della foto). Il Daily Mail sostiene però che l’agenzia dovrebbe dimostrare di avere i diritti esclusivi e di essere la fonte unica di diffusione della foto, che il giornale dice di avere trovato ampiamente pubblicata su internet. L’agenzia risponde che citare la fonte da cui avrebbe ricevuto l’immagine può mettere in pericolo quella fonte – trattandosi dell’Iran – e che l’immagine pubblicata dal Daily Mail contiene sullo sfondo una foglia in più, applicata digitalmente dall’agenzia per tracciare chi usasse la sua foto.
domenica 9 Febbraio 2025
Una foto falsa ma suggestiva che mostrava insieme Donald Trump, Elon Musk e Benjamin Netanyahu è stata pubblicata da molti dei maggiori giornali italiani, sulle edizioni cartacee ( Domani, il Fatto, tra gli altri) o sui loro siti, e mostrata in alcuni telegiornali Rai. A farla considerare vera – malgrado una serie di particolari piuttosto visibili che rivelavano fosse artefatta – è stata soprattutto la sua diffusione da parte dell’agenzia Ansa. L’errore è stato notato anche all’estero: qui ne ha parlato BBC News, con esplicito riferimento ai media italiani.
Ansa ha successivamente rimosso la foto e corretto il testo, senza però informare che la foto precedentemente diffusa fosse falsa.
domenica 9 Febbraio 2025
Il sito PressGazette ha intervistato Louis Dreyfus, presidente del Consiglio di amministrazione del gruppo Le Monde, che pubblica Le Monde, il più autorevole e venduto quotidiano francese (raccontato estesamente in uno dei capitoli di Cose spiegate bene sui giornali).
Il giornale ha avuto una grande crescita di abbonati e di ricavi negli ultimi anni, risultato di un deciso spostamento di priorità verso il digitale e di una coerenza nel garantire un prodotto giornalistico di notevole qualità.
Dreyfus dice che Le Monde ha chiuso il 2024 con 660mila abbonamenti, dei quali 580mila digitali. La versione in inglese introdotta due anni fa avrebbe raccolto 12mila abbonati fuori dalla Francia. Il 77% dei ricavi del giornale derivano dai lettori paganti, e più della metà dagli abbonati (la quota degli acquirenti della singola copia in edicola, più costosa, è quindi ancora rilevante). E Le Monde è in attivo da nove anni.
I ricavi degli abbonamenti digitali nel 2024 sono stati di 63 milioni di euro, a fronte di 72 milioni di costi per il personale giornalistico: Dreyfus conta di poterlo pagare completamente con gli abbonamenti digitali nel giro di due anni.
Ma tutta l’intervista contiene altre valutazioni interessanti per capire i successi del giornale.
domenica 9 Febbraio 2025
Lunedì 3 febbraio la redazione del Tirreno, quotidiano di Livorno di proprietà del gruppo SAE, ha votato il proprio gradimento nei confronti del nuovo direttore Cristiano Meoni, dopo che quest’ultimo aveva esposto il suo piano editoriale, come solitamente accade nei primi giorni dall’insediamento di un nuovo direttore: i voti contrari hanno superato quelli favorevoli, 23 contro 18. Risultato abbastanza anomalo per un direttore appena insediato e che non è percepito come un inserimento forzoso dall’esterno ma ha precedenti all’interno della redazione stessa. Ma al Tirreno ci sono da tempo forti insoddisfazioni nei confronti dell’editore e della sua mancanza di strategie (Meoni è il quarto direttore in quattro anni), e secondo le fonti ascoltate da Charlie il voto critico di oltre metà della redazione si deve ai dubbi sulla sua capacità di rassicurare verso nuove direzioni progettuali, al suo percepito allineamento con l’editore e all’assenza nel suo discorso d’insediamento delle questioni relative alla cassa integrazione e alle difficoltà affrontate da giornalisti e poligrafici negli ultimi anni.
La sfiducia nei confronti di un direttore da parte della redazione non ha conseguenze pratiche, ma è sempre un pessimo segnale delle relazioni tra redazione e direttore.
Meoni è diventato direttore del Tirreno dopo la decisione di Cristiano Marcacci di non rinnovare il suo contratto da direttore, in scadenza a gennaio: decisione in cui l’editore SAE sembra avere avuto un ruolo. La sua sostituzione con Meoni non dovrebbe avere avuto nuovi costi, Meoni aveva già un ruolo dirigenziale nel gruppo editoriale. Le dimissioni di Marcacci, al Tirreno dal 1991 e direttore da solo un anno, hanno sorpreso parte della redazione, con cui aveva un discreto rapporto: anche se nei suoi confronti c’era qualche malumore dovuto al fatto che, a novembre, Marcacci aveva comunque fatto stampare il giornale durante uno sciopero dei poligrafici e di una parte cospicua dei suoi giornalisti.
Marcacci, ufficialmente su richiesta di Meoni, rimarrà al Tirreno con il ruolo di vicedirettore (già ricoperto in passato): anche questa è un’anomalia, che un direttore lasci quel ruolo per assumerne uno sempre di dirigenza ma subordinato. Secondo una fonte della redazione ascoltata dal Post, Marcacci sarebbe stato invitato a dimettersi dall’editore con la garanzia di rimanere nell’organico con il ruolo di vicedirettore, grazie a una forma contrattuale irrituale stabilita a suo tempo.
Intanto giovedì le pagine dell’Economia del Corriere della Sera – spesso dedicate alla promozione di aziende o relazioni particolari – avevano pubblicato un articolo celebrativo di Alberto Leonardis, amministratore delegato di SAE. L’articolo non faceva nessuna menzione delle traversie del Tirreno e degli altri quotidiani del gruppo, citando prepensionamenti e cassa integrazione solo come fattori di una soddisfacente riduzione dei costi.
domenica 9 Febbraio 2025
Già nelle scorse settimane la nuova amministrazione Trump aveva annunciato una redistribuzione dei posti assegnati nella sala stampa della Casa Bianca, che limiterà le condizioni e le opportunità dei giornalisti delle testate più famose, e favorirà quelle dei rappresentanti di alcuni “nuovi media”, tutti più simpatizzanti o meno critici con il governo.
Poi si è saputo che il Pentagono toglierà ad alcuni grandi giornali gli spazi che i loro corrispondenti sulle cose militari possono usare all’interno dell’edificio del Pentagono stesso, anche in questo caso facendo spazio ad altri. Tra i “puniti” ci sono il New York Times, NBC News, Politico, NPR, il Washington Post, CNN. Al loro posto avranno degli uffici One America News Network, il tabloid New York Post, Breitbart News e lo Huffpost.
domenica 9 Febbraio 2025
Tra le altre limitazioni, attacchi e repressioni dei giorni scorsi contro alcune testate importanti e autorevoli, da parte dell’amministrazione Trump, c’è stato l’annuncio che gli enti di governo cancelleranno i propri abbonamenti a una serie di giornali, abbonamenti ovviamente preziosi per la raccolta di informazioni da parte degli enti suddetti, compresi quelli dedicati alla sicurezza. Trump e i suoi collaboratori hanno presentato questi abbonamenti come un indebito contributo pubblico ai giornali, accusando in particolare il sito Politico – la più importante e seguita testata dedicata alla politica di Washington e all’amministrazione pubblica – di beneficiare di 8 milioni di dollari. Politico ha risposto con aplomb rispetto alla perdita di quegli abbonamenti e quei ricavi, ma ha contestato una serie di falsità e ha spiegato che si tratta di abbonamenti regolarmente acquistati per l’uso dei dipendenti del governo e che la cifra si riferisce al totale di anni di pagamenti, non di certo a 8 milioni improvvisamente risparmiati.
“It is a professional subscription service used by companies, organizations, and, yes, some government agencies. They subscribe because it makes them better at their jobs — helping them track policy, legislation and regulations in real-time with news, intelligence and a suite of data products. At its core, POLITICO Pro is about transparency and accountability: Shining a light on the work of the agencies, regulators and policymakers throughout our vast federal government. Businesses and entities within the government find it useful as they navigate the chaotic regulatory and legislative landscape. It’s that simple”.
domenica 9 Febbraio 2025
Il caso più grosso nell’attacco da parte di Donald Trump contro i media critici nei suoi confronti è la causa avviata in campagna elettorale contro la rete televisiva CBS News. Trump sostiene da mesi che un normalissimo lavoro di montaggio di un’intervista con Kamala Harris – come viene fatto in qualunque intervista televisiva – sia stata una violazione deliberata e partigiana delle regole del giornalismo, e ha chiesto dieci miliardi di dollari di risarcimento in una causa contro Paramount Global, la grande multinazionale dei media che possiede CBS. La causa è ritenuta da tutti gli esperti del tutto avventata e senza reali possibilità, ma Paramount ha in ballo una fusione con un altro grandissimo gruppo dell’entertainment, Skydance, che richiede un consenso di una commissione del governo. Questa è la ragione riconosciuta apertamente da tutti per cui la maggiore azionista e presidente di Paramount, Shari Redstone, sarebbe incline a un accordo di risarcimento con Trump, piuttosto che opporsi nei tribunali alla sua richiesta e rischiarne le conseguenze per i suoi affari. Nei giorni scorsi CBS News ha diffuso le trascrizioni originali e complete dell’intervista con Harris, che smentiscono la tesi di Trump di un montaggio truffaldino, e dimostrano essersi trattato della pratica consueta in qualunque prodotto televisivo simile. L’intenzione di Redstone di “risarcire” Trump «è semplicemente corruzione», dicono molti commentatori, anche in questo agguerrito riassunto della questione da parte di Jake Tapper, famoso giornalista di CNN.
domenica 9 Febbraio 2025
In questi decenni giornali e giornalisti non hanno dato un buon esempio a proposito dell’uso strumentale e interessato del vittimismo, che ha ultimamente contagiato ogni contesto delle relazioni sociali, dalla politica ai rapporti sentimentali passando soprattutto per i social network. Mentre in molti luoghi del mondo, e persino dell’Italia, giornali e giornalisti rischiano davvero la vita per il loro lavoro, ad altre testate è sufficiente l’irritazione stupida di un politico o una querela senza prospettive per chiedere in prima pagina la protezione del pubblico, definirsi perseguitate, e farne uno strumento di marketing.
Questa premessa è necessaria per venire a un aggiornamento che vi avevamo promesso su cosa stia succedendo negli Stati Uniti fra Donald Trump e i giornali: non è più vittimismo con esagerazioni. Non è più la battaglia del primo mandato di Trump in cui diverse testate ottennero dalla loro opposizione alle politiche del presidente – opposizione benintenzionata e ben motivata – un forte capitale di consensi, lettori, abbonamenti, sostegno. A questo giro Trump li sta andando a prendere uno per uno, e stanno saltando molti strumenti di protezione, compresa la tenacia dei lettori, che appaiono sfiniti dalle vittorie del trumpismo.
I più avveduti tra gli editori – diciamo – avevano cominciato a disciplinarsi nei confronti del nuovo presidente già in campagna elettorale e subito dopo, come avevamo raccontato. Ma non è ancora passato un mese dall’insediamento e negli ultimi giorni Trump ha scatenato una serie di minacce del tutto credibili e una serie ulteriore di iniziative legali che pur nella loro spericolatezza stanno spaventando molti giornali e giornalisti: l’aria che tira – in tutte le sue scelte – è che Trump sia capace di tutto, in ritorsione e intimidazione, e che nella gragnuola di decisioni sovversive delle prime settimane ci sia molto impegno anche per la punizione dei giornali considerati nemici. Qui sotto elenchiamo un po’ dei principali casi recenti, perché il rischio è che a forza di gridare “al lupo” i giornali non siano più credibili nei loro allarmi. Alcuni lo hanno gridato quando non c’era (e ora provano a dire “vi avevamo avvisati”, vecchio trucco dialettico per giustificare notizie che non lo erano), alcuni ci hanno marciato, ma questo non toglie che quello che Trump sta creando è una repressione della libertà di stampa da regime autoritario.
Fine di questo prologo.
domenica 2 Febbraio 2025
I progetti di “formazione” a pagamento sono diventati in questi anni una delle più diffuse fonti accessorie di ricavo per le aziende giornalistiche. I progetti stessi possono essere molto diversi tra loro, e nella loro comunicazione a volte sono presentati come opportunità di sbocchi professionali, altre volte come ulteriori strumenti di informazione dei lettori, altre volte ancora come occasioni di appartenenza a una “community”. Alcuni giornali hanno costruito robuste strutture e solidi business collaterali (il Corriere della Sera su tutti, in Italia), altri si appoggiano a servizi di formazione e istruzione esterni. Tra questi ultimi è arrivato questa settimana il Foglio, che ha presentato un suo progetto in collaborazione con l’università online Pegaso su “Geopolitica e sicurezza globale”, in cui sono garantite “le testimonianze di alcune delle firme del Foglio“.
domenica 2 Febbraio 2025
Il Premio Nonino – uno stimato premio culturale istituito dall’azienda friulana omonima – ha acquistato una pagina promozionale sul Corriere della Sera sabato 25 gennaio. Lunedì 27 il Corriere ha pubblicato un articolo che chiedeva maggiori esenzioni fiscali per il Premio Nonino.
“Non si capisce perché i costi di questa enorme macchina organizzativa non possano essere tutti scaricati al pari delle «sponsorizzazioni a favore di associazioni e società sportive dilettantistiche», che per l’articolo 90 della legge 289 del 2002 «sono interamente deducibili sino all’importo di duecentomila euro come spese di pubblicità». Fare cultura vale meno che fare sport? Ministro Giuli, forse si potrebbe fare qualcosa. Possiamo pensarci?”.
domenica 2 Febbraio 2025
Il Post ha raccontato il caso nato da un nuovo documentario che sostiene che l’attribuzione nota di una delle foto più famose della storia del giornalismo sia in realtà sbagliata.
“La fotografia più rappresentativa della guerra in Vietnam si intitola “The Terror of War”, il terrore della guerra, e ha al centro una bambina nuda che scappa da un bombardamento assieme ad altre persone. Fu scattata l’8 giugno del 1972 nel villaggio di Trang Bang, nel sud del paese, ed è sempre stata attribuita a Nick Ut, un fotografo dell’agenzia di stampa statunitense Associated Press che proprio grazie a quest’immagine impressionante ottenne numerosi riconoscimenti.
Secondo un documentario presentato al Sundance Film Festival, tuttavia, quella che è una delle foto più famose al mondo sarebbe stata scattata da un’altra persona: ne è nato un caso piuttosto discusso fatto di lunghe indagini, ricostruzioni divergenti e smentite”.
domenica 2 Febbraio 2025
Un editoriale sul Foglio ha citato giovedì alcuni esempi tratti dal quotidiano Libero della abituale incoerenza dei quotidiani vicini alla maggioranza di governo (Giornale, Verità, Libero, Tempo), la cui impostazione è radicalmente diversa da quella degli altri quotidiani a maggior diffusione, e orientata a esporre sistematicamente accuse contro l’opposizione e difese e celebrazioni della maggioranza, dando l’impressione di costruire la propria gerarchia di notizie su questo (anche il Fatto, tra i quotidiani maggiori, dà priorità a simili criteri, ma rivolgendo le sue accuse a tutti i partiti e difendendo il M5S).
“La notizia del giorno, per niente simpatica da meritarsi un gioco di parole da secondini di prigione libica, era la richiesta degli arresti domiciliari da parte della procura di Milano nei confronti di due architetti di fama internazionale come Stefano Boeri e Cino Zucchi. Ma siccome ai lettori con la roncola di Libero la parola “architetto” evoca al massimo “l’albero di trenta piani” del Re degli ignoranti Celentano, il tabloid in quota salviniana ha servito loro, in prima pagina, questo elegante titolo: “GABBIO VERTICALE”. Ma scritto tutto maiuscolo, con quei caratteri che una volta si dicevano “di scatola” e che ricordano tanto La Notte di Nino Nutrizio, antesignano di tutti i tabloid di destra cupa e penitenziaria che oggi persino Vannacci troverebbe eccessivamente forcaiolo. E poi un commento decisamente d’alto profilo, da filosofia del diritto: “Testacoda dei giudici. I compagni si arrestano tra loro”. Quindi una buona notizia? Un po’ sotto la linea dell’imbarazzo.
Ma il giorno dopo può andare anche peggio, dal punto di vista logico, per un giornale che il giorno prima sembrava scritto da Almasri. Il giorno dopo, infatti, a finire nelle demenziali grinfie dei pm (anzi qui proprio un procuratore) è stata Giorgia Meloni. E il titolo magicamente diventato: “GOLPE DI TESTA”. Ma sempre coi caratteri di Nino Nutrizio. E il catenaccio, allarmato per le sorti della democrazia: “Indagato mezzo governo”. “Un fatto senza precedenti” scrivono gli amici di Libero con garantismo a prova di bunker di Hamas”.
domenica 2 Febbraio 2025
Una piccola notizia laterale che però contribuisce a una storia che abbiamo spesso raccontato su Charlie: quella dell’impegno del regime cinese a comprare attenzioni e indulgenze presso i mezzi di informazione di mezzo mondo. Ancora due settimane fa avevamo citato le critiche all’ospitalità che un corso dell’Ordine dei giornalisti romano aveva offerto all’ambasciata cinese. Giovedì un reportage di Anna Lombardi da Panama, su Repubblica, ha citato tra le influenze che la Cina sta esercitando in quel paese anche quella sui giornalisti: «Nel frattempo l’ambasciatore Wei Qiang ha imbastito una raffinata operazione di soft power aprendo il primo Istituto Confucio nel paese, sovvenzionando una ferrovia e sponsorizzando corsi per giornalisti».
domenica 2 Febbraio 2025
Due mesi fa il New York Times aveva annunciato la fine del suo rapporto con l’economista Paul Krugman – vincitore del premio Nobel per l’Economia nel 2008 -, che per venticinque anni era stato columnist fisso del giornale, uno dei suoi autori più importanti e seguiti. Già allora erano circolate notizie sul fatto che la separazione non fosse stata serena, ma martedì lo stesso Krugman ha pubblicato la sua lunga versione su come sono andate le cose, accusando i responsabili del giornale di avere avuto negli ultimi anni richieste che avrebbero molto svalutato la sua autorevolezza e limitato la sua libertà. Lo sfogo di Krugman è stato ospitato su The Contrarian, un nuovo progetto giornalistico fatto di newsletter (è un formato, ospitato sulla piattaforma Substack, che ha avuto diversi esempi ultimamente), creato da una nota giornalista uscita polemicamente dal Washington Post, Jennifer Rubin, insieme a un famoso avvocato, commentatore politico ed ex ambasciatore, Norman Eisen.
domenica 2 Febbraio 2025
Sono emersi questa settimana i primi conflitti tra le redazioni e la nuova proprietà dei quotidiani del Nordest che il gruppo GEDI aveva ceduto un anno fa a una società chiamata NEM, a cui partecipano importanti e potenti imprenditori delle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia. I giornalisti delle testate di quest’ultima regione – Piccolo di Trieste e Messaggero Veneto di Udine – hanno pubblicato un comunicato annunciando due giorni di sciopero e protestando per le minori attenzioni riservate ai due quotidiani, e per una serie di inadeguatezze nelle risorse destinate al loro lavoro.
“A preoccupare i giornalisti del Friuli Venezia Giulia sono le linee strategiche del gruppo, cominciando dall’applicazione di un prezzo per copia di 50 centesimi più alto rispetto a quello dei giornali Nem del Veneto. Un modo di sostenere la competizione con la concorrenza in quel territorio a spese tuttavia dei lettori della nostra regione – a esclusione dell’ex provincia di Pordenone –, con un impatto sulle vendite che ha penalizzato in questi mesi Il Piccolo e il Messaggero Veneto, rendendo quasi del tutto vano il lavoro svolto per migliorare gli indicatori di vendita di quelli che erano, e restano, i due principali fornitori di redditività economica del gruppo editoriale.
A più di un anno dall’ingresso di Nem, bisogna ancora rilevare che il supporto tecnologico al lavoro giornalistico è inadeguato, responsabilità questa anche del lungo disarmo della precedente gestione, cui il nuovo editore sta cercando faticosamente di rimediare. Intanto però le giornate in redazione trascorrono fra i problemi: dall’archivio malfunzionante alle interruzioni della rete e dei server, passando per i crash del software Atex, la forte riduzione di personale poligrafico, e la totale assenza per quanto riguarda Il Piccolo, telefoni muti per giorni, falle nel sistema d’impaginazione, orari di apertura al pubblico ridotti per la mancanza di un front office e scarsa attenzione alle condizioni delle sedi di lavoro”.
NEM ha risposto rivendicando gli investimenti fatti e promettendo attenzioni.
“Strategia che Gruppo Nem, rivendicandone a sé responsabilità e prerogativa, sta attuando anche con il continuo confronto con le rappresentanze sindacali per condividere un percorso coerente con la necessità di costruire un gruppo editoriale autorevole, solido, proiettato al futuro”.
domenica 2 Febbraio 2025
In una settimana in cui non ci sono stati maggiori sviluppi nella crisi al Washington Post (crisi di varie tappe negli scorsi mesi), il giornale è stato protagonista comunque di una notizia interessante rispetto alle contraddizioni e complicazioni legate al fatto che il suo proprietario, Jeff Bezos, è il fondatore e proprietario di Amazon, azienda di enormi e capillari interessi e quindi oggetto di quotidiane attenzioni giornalistiche.
Il Washington Post ha infatti richiesto l’accesso ai documenti di un’indagine sulle condizioni di lavoro in una struttura di Amazon dedicata a un servizio di accesso satellitare a internet: l’indagine era stata condotta dal Dipartimento del Lavoro, con cui Amazon aveva già avuto dei conflitti per questo, e adesso ha presentato un’opposizione alla richiesta del Washington Post, sostenendo che nella documentazione ci siano dati personali dei dipendenti e segreti commerciali che non possono essere divulgati.
domenica 2 Febbraio 2025
Il sito di news Fanpage – che assieme al network Citynews è stato uno dei due maggiori successi di traffico tra i nuovi giornali online di questo secolo – ha presentato questa settimana un progetto di abbonamenti. La scelta conferma la necessità di attingere al modello di business degli abbonamenti anche da parte delle testate digitali che più in passato hanno prosperato grazie ai ricavi pubblicitari derivanti da grandi numeri di visite (ricavi in declino da anni), e che finora sono state invece più lente a coinvolgere i lettori in forme di pagamento. Negli ultimi anni si sono decise a farlo, pur con impegni limitati, la stessa Citynews, Open, lo HuffPost, Linkiesta.
Il direttore di Fanpage Francesco Cancellato spiega che il giornale non introdurrà un paywall (proprio perché siti che ancora beneficiano di grandi numeri di traffico non possono permettersi di rischiare di ridurlo, salvo per chi si abbona, e di limitare così la raccolta pubblicitaria).
“Tutto il giornale, tutto quel che sei abituato a leggere ogni giorno di Fanpage rimarrà gratuito, quindi.
A chi ci sosterrà, daremo qualcosa di più. Podcast e newsletter di approfondimento sulle nostre inchieste o sull’attualità ad esempio, a partire dal podcast dentro l’inchiesta Gioventù Meloniana, narrato dalla viva voce della giornalista che si è infiltrata nella giovanile di Fratelli d’Italia, che sarà disponibile a partire dal 27 gennaio. Ma anche la newsletter settimanale sul mondo della scuola che partirà nei prossimi giorni e che accenderà un osservatorio permanente sul mondo dell’istruzione. E ancora, il podcast in cui, ogni sette giorni, risponderò alla domanda di un lettore, cercando di fare chiarezza sull’argomento della settimana. E la rassegna stampa quotidiana del nostro condirettore Adriano Biondi. Ancora: ci saranno altri podcast e newsletter che stiamo preparando e che vedranno la luce nei prossimi mesi, live coi nostri giornalisti, per fare domande o per proporre argomenti d’indagine. E infine, eventi dal vivo che ci porteranno sui territori, per parlare, discutere e divertirci con voi, faccia a faccia.
Quasi dimenticavo: per chi si abbona ci sarà anche qualcosa in meno: la pubblicità, che sparirà completamente dal sito”.
domenica 2 Febbraio 2025
I conflitti legali tra il principe Harry e i tabloid britannici non si sono conclusi con l’accordo di dieci giorni fa attraverso il quale l’editore del Sun aveva risarcito il principe di una grande e imprecisata cifra di sterline e gli aveva chiesto ufficialmente scusa. Già un anno fa Harry aveva ottenuto un risarcimento da un altro tabloid, il Mirror.
Ma c’è ancora una causa in corso con il Daily Mail, sempre rispetto alle vecchie – e assai realistiche – accuse di pratiche illegali nella sorveglianza del principe e di violazioni della privacy. Il processo, che ha tra gli altri querelanti Elton John e l’attrice Liz Hurley, dovrebbe iniziare tra un anno: nei giorni scorsi il giudice incaricato ha ordinato alle parti di ridimensionare i loro progetti di spese nel processo (che influirebbero sugli eventuali risarcimenti).
domenica 2 Febbraio 2025
Pur con tutta la ovvia curiosità per le prospettive e gli sviluppi dell'”intelligenza artificiale”, pur con quel misto di allarme e speranza che vediamo ripetuto in articoli di commento e interviste da due anni – dalla presentazione di ChatGPT -, per quanto riguarda le attività dei giornali al momento lo scenario sembra ancora piuttosto limitato. Gli usi e gli esperimenti sulle “intelligenze artificiali” sono praticamente tutti concentrati sul fare più rapidamente ed economicamente le stesse cose che si facevano già prima, e finora non meglio.
È in generale un momento un po’ fermo per l’innovazione nei contesti del business giornalistico, dopo la grande trasformazione legata agli abbonamenti digitali (ancora da completare per molti), dopo le agitazioni sui “cookie” e sul declino dei ricavi pubblicitari, dopo il bicchiere mezzo pieno (di attenzioni e ascolti) e mezzo vuoto (di ricavi) della crescita dei podcast, dopo la perdita di traffico generato da Google e Facebook. Sarebbe di nuovo ora di inventarsi qualcosa, perché i problemi di sostenibilità e anacronismo dei giornali sono tutt’altro che risolti.
Fine di questo prologo.
domenica 26 Gennaio 2025
Anche ieri sono proseguite le letture opposte dei risultati della squadra di calcio del Torino da parte dei due quotidiani più interessati. Il Torino ha infine vinto in casa e con una partita convincente, ma il quotidiano torinese La Stampa (posseduto dai proprietari della squadra rivale della Juventus) ha descritto anche in questo caso le contestazioni dei tifosi nei confronti del presidente del Torino, Urbano Cairo. Mentre il quotidiano di Urbano Cairo (il Corriere della Sera) non ne ha fatto menzione, dando invece spazio alla soddisfazione del presidente.
Repubblica , della stessa proprietà della Stampa e quotidiano rivale del Corriere della Sera di Cairo, ha citato le contestazioni in una brevissima cronaca della partita.
domenica 26 Gennaio 2025
CNN, la famosa televisione “all news” americana, è in ambasce da alcuni anni, ambasce che hanno preso diverse forme, da una crisi di ascolti, a una perdita di ruolo dopo essere stata una tv molto antitrumpiana, a scandali e polemiche interne. Da un anno e mezzo il nuovo amministratore delegato è Mark Thompson, manager molto noto e stimato nel mondo dei media, che però è apparso finora faticare nel riprogettare le prospettive della rete: giovedì un articolo del New York Times ha raccontato il suo lavoro per spostare ulteriormente le attenzioni di CNN dalla televisione a internet e creare dei formati di abbonamento per i propri servizi. Questa settimana la notizia maggiore in questo senso è stata l’annuncio di 200 licenziamenti di persone in ruoli appunto più legati alla parte televisiva, con un’ipotesi di assumerne circa altrettante da dedicare alle attività digitali.
domenica 26 Gennaio 2025
Il quotidiano spagnolo ha annunciato con una serie di articoli di avere raggiunto i 400mila abbonati: 392 mila sarebbero gli “abbonati digitali” (ovvero ai contenuti del sito, si intende), 29 mila quelli all’edizione quotidiana del giornale, di cui 5mila alla versione digitale. Uno di questi articoli parla di una media di 240 nuovi abbonati al giorno dall’introduzione degli abbonamenti digitali nel 2020, anche se non è indicato un dato altrettanto importante, ovvero di quanti abbonamenti invece scadano ogni giorno senza essere rinnovati: i risultati in termini di abbonamenti vengono abitualmente misurati nel confronto tra queste due cifre. Tra gli altri dati un po’ sommari citati c’è un “raddoppio degli abbonati italiani” negli ultimi due anni (ma non è detto quanti fossero o quanti siano).
Il dato è molto soddisfacente, comunque: ricordando di metterlo nel contesto di un bacino di utenza potenziale molto grande e che supera quello della nazione spagnola.
domenica 26 Gennaio 2025
Lunedì il principale quotidiano francese, Le Monde, ha annunciato in un editoriale che non userà più Twitter (o come si chiama ora) per promuovere i propri contenuti, per rifiuto della partigianeria e delle falsificazioni che sono diventate proprie del social network. Il giorno dopo ha comunicato la stessa decisione un altro importante quotidiano progressista francese, Libération: «La collaborazione con questa piattaforma non è più compatibile con i valori del nostro giornale».
Giovedì un simile annuncio è stato fatto anche dal settimanale italiano Internazionale.
domenica 26 Gennaio 2025
È iniziato un nuovo periodo di grandi investimenti pubblicitari dell’azienda ENI sui quotidiani maggiori, complice la ingente presenza di ENI come sponsor all’imminente festival di Sanremo. Nei giorni passati ENI ha comprato diverse pagine pubblicitarie per promuoverla, mentre parallelamente i brand dell’azienda ottenevano promozione delle loro iniziative e comunicati nelle pagine dell’Economia, sul Corriere della Sera e su Repubblica.
domenica 26 Gennaio 2025
Il sito Professione Reporter ha pubblicato un’analisi piuttosto scettica su come le agenzie di stampa italiane abbiano dato risposta alla richiesta del governo di dotarsi di un “Garante della informazione”.
“Alla redazione dell’Agenzia Ansa dicono che dovrebbe trattarsi d’una donna, non ricordano però il nome. Comunque non l’hanno mai incontrata. All’AdnKronos ne conoscono il nome, quello di Stefano Quondam, professionista che proviene dal Messaggero, oggi in pensione. All’Agi, agenzia di stampa dell’Eni, da mesi in procinto d’esser venduta, sanno che l’incaricato è l’avvocato professor Zeno Zencovich. A La4News, la rete d’imprese formata dopo la riforma del settore da Italpress, MF Newswires, 9Colonne, Agenzia Nova, sanno solo che la figura esiste ma nulla di più. I dettagli di nomina, istituzione e funzioni in gran parte delle redazioni nessuno li conosce”.
domenica 26 Gennaio 2025
La storica rivista italiana per teenager Cioè (il Post l’aveva raccontata qui) ha eliminato il suo tradizionale formato cartaceo “pocket” quindicinale: nel 2025 uscirà in edicola solo con la testata Cioè Max, bimestrale. «Sembra infatti che con questa modalità tecnico editoriale Cioè abbia maggiore visibilità in edicola e ottenga vendite migliori», ha detto il direttore Marco Iafrate al sito CulturaPop.
domenica 26 Gennaio 2025
Il network di siti locali Citynews, che in quindici anni ha aperto 57 testate in altrettante città italiane creando un capitale di traffico online capace di ottimi successi di raccolta pubblicitaria (dal 2024 la sua concessionaria raccoglie anche la pubblicità del Post, disclaimer), ha aperto da questa settimana anche una testata in lingua francese dedicata a Bruxelles, BruxellesToday.
“La startup è affidata al giornalista Dario Prestigiacomo, in Citynews dal 2017, quando, sempre da Bruxelles, contribuisce alla nascita e in seguito coordina il progetto EuropaToday. La redazione è completata da un gruppo di giovani giornalisti: Laetitia Menet, Léa Delaplace, Jamila Saïdi M’Rabet, Jérémie de Weck, Eleonora Mureddu e Margot Houget. «Questo è il primo passo verso l’internazionalizzazione di Citynews che, nei nostri piani, prevede un’ulteriore espansione in Belgio entro la fine dell’anno, con altre aperture»”.
domenica 26 Gennaio 2025
Il sistema dei mezzi di informazione statunitensi tradizionali è ancora in una situazione di grande confusione rispetto a come affrontare la nuova presidenza Trump. Molte aziende sembrano stavolta più impensierite dal potere, dal consenso e dalle minacce di Trump che motivate dal proprio ruolo di “sorveglianza e opposizione al potere”, e gli approcci finora sembrano più prudenti e rispettosi, con condiscendenze che da altre parti sono state accusate di pavidità, e diversi riposizionamenti.
È ancora presto per giudicare, nelle prossime settimane racconteremo le scelte più evidenti delle singole testate. Tra i vari adattamenti concreti è interessante segnalare che l’agenzia Associated Press – titolare delle “regole di stile” più prese a modello nella scrittura editoriale statunitense – ha deciso di adeguarsi alla scelta dell’amministrazione Trump di tornare a chiamare Mount McKinley la montagna più alta degli Stati Uniti, accantonando il suo nome “nativo” Denali che era stato deciso dalla presidenza Obama nel 2015, aderendo alla volontà della maggioranza degli abitanti dell’Alaska, dove si trova la montagna. Associated Press ha invece aggiunto che continuerà a chiamare “Golfo del Messico” quello che Trump ha fatto ribattezzare “Golfo d’America”, spiegando che la scelta sulla sua denominazione è più antica e non riguarda solo gli Stati Uniti.
domenica 26 Gennaio 2025
Il Tirreno , quotidiano di Livorno, ha un nuovo direttore, Cristiano Meoni, che sostituisce Cristiano Marcacci, in carica da un anno. Un laconico comunicato dell’editore – che è sembrato volersi dire spiazzato – ha annunciato che Marcacci ha chiesto di non rinnovare il contratto, ma che resterà al giornale come vicedirettore. Meoni è il quarto direttore del Tirreno in poco più di quattro anni, da quando il giornale è stato acquistato dal gruppo SAE.
domenica 26 Gennaio 2025
Il principe britannico Harry si è accordato all’ultimo momento con il grande gruppo editoriale internazionale di proprietà di Rupert Murdoch che pubblica tra le altre cose il tabloid londinese Sun. Significa che non ci sarà il processo che stava per iniziare in cui il Sun – assieme al settimanale News of the World, poi chiuso – era accusato di una serie di pratiche illegali di sorveglianza e violazione della privacy del principe Harry, nell’ambito di un famoso scandalo che quattordici anni fa aveva travolto molte testate britanniche.
Harry ha ottenuto un risarcimento di cui non è stata comunicata l’entità ma che si è capito che sarà enorme (alcune fonti hanno parlato di oltre dieci milioni di sterline), insieme a una dichiarazione di scuse e di ammissione di colpa da parte dell’editore News UK.
Tra i commenti sull’accordo ci sono naturalmente molte considerazioni sulla “capitolazione” del Sun, ma anche accuse nei confronti di Harry per avere rinunciato a un processo – che avrebbe potuto essere molto costoso e con esiti insicuri – in cui le pratiche scorrette del Sun avrebbero potuto essere esposte pubblicamente, concorrendo a rafforzare le molte altre cause ancora in corso contro il giornale.
Una ricaduta che ha interessato le redazioni americane è che l’annullamento del processo eviterà anche che possano emergere ulteriori informazioni sulle accuse di avere lavorato per insabbiare lo scandalo nei confronti di Will Lewis, che allora era direttore generale di News UK e oggi è amministratore delegato – molto contestato dalla redazione – del Washington Post.
domenica 26 Gennaio 2025
I molti sconvolgimenti mondiali di questi tempi stanno normalizzando molte cose che ci sarebbero sembrate impensabili solo una quindicina d’anni fa, quando i cambiamenti digitali e la politica internazionale sembravano ancora promettere sviluppi di progresso civile, di convivenza e di giustizia in linea con quelli dei sessant’anni precedenti.
I giornali – nelle loro varie forme contemporanee – sono stati travolti sia dalle proprie crisi economiche che dall’incapacità di adeguare le loro letture agli sconvolgimenti suddetti, presi tra due estremi: il cercare di applicare canoni di giudizio e analisi novecenteschi a mondi completamente nuovi – e dunque con esibita meraviglia e incredulità – e l’immergersi nei mondi nuovi con la competenza e contemporaneità che il giornalismo dovrebbe avere, e dunque trattandoli come se fossero “normali”.
In questo frullatore che ha riguardato molti aspetti diversi dell’informazione, sta venendo particolarmente frullata la questione climatica e ambientale, che sembra molto scesa nelle agende e nelle priorità anche dei mezzi di informazione che ne avevano infine intuito sia l’importanza oggettiva che l’interesse per i lettori. Ma quell’interesse – che era sempre stato difficile da ottenere – si è apparentemente smorzato, per ragioni psicologiche, sociologiche e culturali: altre priorità hanno forze molto maggiori per la maggioranza delle persone, e strumentali opposizioni alle preoccupazioni ambientali – nei media, nelle aziende, nella politica – hanno fatto un gran lavoro per screditarle o indebolirle, quelle preoccupazioni.
Il risultato è che, al momento, i rischi ambientali non sono più un argomento maggiore sui giornali, se non nella forma puntuale delle loro singole manifestazioni, l’ultima a Los Angeles: una sorta di sfondo inevitabile a cui ci stiamo abituando, al massimo capace di alimentare le ordinarie e quotidiane partigianerie politiche. La fine del mondo è ancora troppo lontana e lenta per sopravvivere nelle necessità precipitose dell’informazione: sia in quelle di chi l’informazione la produce che in quelle di chi la riceve.
Fine di questo prologo.
domenica 19 Gennaio 2025
Annalisa Cuzzocrea, nota e apprezzata giornalista politica che negli scorsi anni ha avuto anche frequenti visibilità televisive, ha annunciato che tornerà al quotidiano Repubblica dopo tre anni da vicedirettrice alla Stampa (i due giornali appartengono allo stesso gruppo editoriale GEDI), dove era stata invitata dall’allora direttore Massimo Giannini, sostituito un anno fa da Andrea Malaguti.
Invece, un aggiornamento dal periodo delle feste che avevamo colpevolmente dimenticato la settimana scorsa: Paolo Condò, uno dei più esperti e stimati giornalisti sportivi italiani, ha lasciato Repubblica per andare al Corriere della Sera.
domenica 19 Gennaio 2025
L’osservatorio di Charlie sulle contaminazioni delle pagine “giornalistiche” dei quotidiani da parte dei contenuti promozionali delle aziende e degli inserzionisti questa settimana ha registrato la più rara invasione – rispetto alla frequenza con cui avviene per esempio nelle pagine dell’Economia o della Moda – della sezione dei Commenti, sul Sole 24 Ore, di un articolo celebrativo dell’azienda Pirelli e di una propria iniziativa di sponsorizzazione.
“Gli Australian Open «sono un’occasione di visibilità molto rilevante grazie all’attenzione che il tennis riceve a livello globale», ha commentato il Ceo di Pirelli, Andrea Casaluci, nell’annunciare l’accordo siglato con il primo Slam della stagione, di cui l’azienda diventa Official Tyre Partner. «Questa sponsorizzazione contribuirà ad aumentare la conoscenza del nostro marchio in Australia, un mercato con un’alta concentrazione di auto prestige», ha aggiunto.
Certamente l’avere Jannik Sinner numero uno del mondo e campione in carica a Melbourne (con una crescita del 100% anno su anno della copertura televisiva del torneo in Italia, che oggi è tra i primi cinque mercati di riferimento per la manifestazione) ha il suo peso. Le ragioni di questa scelta, va da sé, sono dettate certamente da oggettive valutazioni di marketing e strategie di comunicazione. Tuttavia il tennis è nella storia e nella cultura di Pirelli, capace di intercettare sensibilità e passioni, di leggere quel che si muove nella società e di accompagnare un fenomeno avvalendosi delle voci e degli strumenti più avanzati.
[…] Pirelli, che tra gli anni Settanta e Ottanta ha gradualmente abbandonato il business dei prodotti diversificati (dalle palline da tennis agli impermeabili, dai giocattoli ai battelli) per puntare esclusivamente sulla produzione di pneumatici, torna ora ad affacciarsi sui campi di uno Slam, in altra veste, continuando a credere nello sport”.
domenica 19 Gennaio 2025
È stata la settimana della tradizionale fiera della moda fiorentina che si chiama Pitti Uomo, e che per i due maggiori quotidiani italiani – quelli che raccolgono la grande maggioranza degli investimenti pubblicitari, soprattutto della moda – significa, ogni anno di più, ospitare un grande numero di inserzioni a pagamento da parte di aziende di abbigliamento maschile accanto a pagine dedicate ricche di articoli che promuovono le stesse aziende. Per riuscire a dare soddisfazione a tutte la scelta è di pubblicare soprattutto molte piccole immagini fornite dalle aziende, a volte rappresentanti gli stessi prodotti mostrati nelle pubblicità, con un effetto particolarmente affollato e variopinto.
domenica 19 Gennaio 2025
Sul Foglio di martedì scorso Giulia Pompili – la giornalista che con maggiore competenza e preoccupazione si occupa di questo argomento – ha raccontato un nuovo caso di rischio di influenza indebita del governo e delle aziende cinesi nelle attività dei giornali italiani. Un corso organizzato a Roma in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti “in cui tra le diverse sessioni di “studio” l’ospite d’onore, l’ambasciatore cinese in Italia Jia Guide, offriva “una panoramica della situazione della Cina e dei rapporti con l’Italia””. L’articolo critica l’indulgenza del giornalismo italiano nell’accogliere i rappresentanti di un regime autoritario e liberticida e nel riferire delle sue vicende, regime che perseguita la libertà di stampa e d’opinione: ma è un’indulgenza che – per ragioni di interesse economico soprattutto – si vede anche in altri ambiti di relazioni con l’Italia.
“Perché con la leadership di Xi Jinping il controllo del Partito nei confronti dei media si è rafforzato ulteriormente, e la funzione dei giornali è per lo più quella di pubblicare la propaganda: nel 2023 è stato introdotto in Cina il corso obbligatorio sul “pensiero di Xi Jinping” per gli aspiranti giornalisti, e in ogni occasione il leader riafferma la necessità, per i reporter cinesi, di “rafforzare la propaganda” anche fuori dai confini nazionali. Pechino ci ha provato spesso anche con l’Italia: nel 2019 è stato firmato un contratto fra l’Ansa e l’agenzia di stampa statale Xinhua, poi revocato un anno dopo a seguito di diverse critiche – nell’accordo l’Ansa non doveva far altro che tradurre in italiano la Xinhua, megafono della propaganda di Pechino. Il contratto di Xinhua ora è in essere con l’agenzia italiana Nova. E a quello vanno aggiunti gli accordi di pubblicazione di inserzioni non indicate esplicitamente e allegati, una pratica che in Europa già da tempo molti giornali hanno smesso di seguire. Anche questo giornale ha subìto le intimidazioni di rappresentanti dell’ambasciata della Repubblica popolare in Italia”.
domenica 19 Gennaio 2025
Gli sviluppi di questa settimana al Washington Post – che sta passando un periodo complicato di fallimenti commerciali all’esterno e tensioni interne – sono: che 400 giornalisti hanno firmato una lettera che chiede all’editore Jeff Bezos di andare a parlare con la redazione della situazione; e che la dirigenza dell’azienda sta progettando una nuova “linea” di comunicazione delle priorità del giornale. Sembra che lo slogan “Democracy dies in darkness” sotto la testata – introdotto con la prima elezione di Donald Trump – sarà mantenuto, ma che come indirizzo da trasmettere all’interno si voglia adottare la frase “Riveting storytelling for all of America”, Storie avvincenti per tutta l’America. Lo stesso Bezos, riferisce il New York Times , avrebbe espresso il desiderio che il giornale sia un giornale per tutti, citando come esempio di lettori da raggiungere “i vigili del fuoco di Cleveland”.
Nel frattempo proseguono le uscite dal giornale di giornalisti importanti e stimati: l’ultima annunciata è stata quella di Philip Rucker, capo delle cronache nazionali, al Washington Post da vent’anni.
domenica 19 Gennaio 2025
Sono stati pubblicati i dati ADS* di diffusione dei quotidiani nel mese di novembre 2024.
Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.
Corriere della Sera 158.785 (-6%)
Repubblica 85.000 (-7%)
Stampa 58.912 (-13%)
Sole 24 Ore 51.229 (-6%)
Resto del Carlino 46.782 (-10%)
Messaggero 41.222 (-10%)
Gazzettino 31.306 (-9%)
Nazione 30.830 (-9%)
Dolomiten 26.580 (-5%)
Giornale 25.257 (-8%)
Fatto 25.040 (-38%)
Messaggero Veneto 22.190 (-11%)
Unione Sarda 20.743 (-8%)
Eco di Bergamo 20.233 (-11%)
Verità 19.844 (-7%)
Secolo XIX 19.230 (-8%)
Altri giornali nazionali:
Libero 17.659 (-7%)
Avvenire 14.194 (-3%)
Manifesto 13.147 (+2%)
ItaliaOggi 5.549 (-35%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Novembre è stato un mese migliore del solito (forse anche per l’attenzione intorno alle elezioni statunitensi: un articolo del quotidiano ItaliaOggi cita anche come fattore possibile il “weekend in più” rispetto all’anno precedente), con una perdita annuale media delle prime dieci testate calata di quasi due punti all’8,4%: la si può usare grossolanamente per valutare i risultati di ciascuna relativamente alle altre. In questo senso il Corriere della Sera continua ad andare meglio di tutti tra le testate maggiori (sempre assieme al Sole 24 Ore), ma questo mese per la prima volta da molto tempo anche la perdita di Repubblica è minore della media: novembre è stato il primo mese completo con la nuova direzione di Mario Orfeo.
Continua invece ad andare assai peggio della media la Stampa, mentre ricordiamo che è poco coerente il grande calo annuo del Fatto e lo sarà ancora per un altro mese, per via di una variazione del prezzo di copertina alla fine del 2023 che aveva escluso da questo conteggio – perché a prezzo troppo scontato – una quota degli abbonamenti digitali.
Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara più di 47mila – avendone aggiunti più di 10mila negli ultimi cinque mesi – , il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 27mila, come detto sopra, Repubblica quasi 16mila). Tra parentesi gli abbonamenti guadagnati o persi questo mese, e poi la variazione percentuale rispetto a un anno fa.
Corriere della Sera 45.133 (-50) +4,4%
Sole 24 Ore 22.188 (-9) -3%
Repubblica 21.381 (-85) -7,5%
Manifesto 7.017 (+36) +7,6%
Stampa 6.678 (-2) -23,8%
Fatto 6.346 (+18) -67,8%
Gazzettino 5.701 (+50) -7,9%
Messaggero 5.449 (+62) -8,3%
I dati mensili sono molto alterni per ogni testata, crescono o calano ogni mese, suggerendo una grande volatilità degli abbonamenti di durata mensile, spesso comprati in prova e poi non confermati. Ma come si vede i progressi annuali degli abbonamenti digitali non sono rassicuranti per nessuno salvo che per il Manifesto e per il Corriere della Sera (che però non compensa lontanamente le perdite delle copie cartacee). Il dato del Fatto, come già detto, è imparagonabile ancora per un mese.
Ricordiamo che si parla qui degli abbonamenti alle copie digitali dei quotidiani, non di quelli – solitamente molto più economici – ai contenuti dei loro siti web.
Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra gli altri quotidiani locali meno piccoli le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono questo mese di nuovo della Sicilia (-15%) e del Piccolo di Trieste (-14%).
( Avvenire, Manifesto, Libero, Dolomiten e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
* Come ogni mese, quelli che selezioniamo e aggreghiamo, tra le varie voci, sono i dati più significativi e più paragonabili, piuttosto che la generica “diffusione” totale: quindi escludiamo i dati sulle copie distribuite gratuitamente, su quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e su quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte).
Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore un po’ grossolano, e usate soprattutto come promozione presso gli inserzionisti pubblicitari, mostrate nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il sito Prima Comunicazione, e che trovate qui.
domenica 19 Gennaio 2025
Il sito del tabloid britannico Daily Mirror ha introdotto una pratica che era stata molto considerata nel primo quindicennio del secolo e adesso suona anacronistica, ma ha delle spiegazioni contemporanee: la creazione di obiettivi di visualizzazioni per gli articoli da assegnare ai propri giornalisti. Secondo quello che ha raccontato il sito PressGazette gli obiettivi vanno dalle 250mila al milione di visualizzazioni a seconda dei giornalisti (obiettivi molto alti) e in caso di mancato raggiungimento sarebbero previsti soltanto dei confronti su come migliorare i risultati, ma è anche vero che alcune collaborazioni sono state eliminate proprio perché non facevano sufficiente traffico.
La scelta riflette due tendenze del presente di alcune imprese giornalistiche: una riguarda le non poche testate che non sono riuscite finora a spostare le proprie priorità di business sugli abbonamenti (di solito per insufficiente competitività della propria produzione giornalistica e/o debole legame coi lettori) e quindi continuano a dover investire molto sui declinanti ricavi pubblicitari; l’altra è la necessità di attenuare le perdite di ricavi pubblicitari conseguenti al minor traffico generato da Google e Facebook, che in questi ultimi due anni stanno sempre più riducendo le proprie attenzioni alle news.
Naturalmente è difficile che la qualità dell’informazione benefici della priorità data al traffico e ai click: ma stiamo parlando comunque di un quotidiano appartenente alla categoria dei tabloid britannici, in cui la qualità, l’etica e l’accuratezza non hanno mai governato le scelte. Questa è la homepage del Mirror.
domenica 19 Gennaio 2025
In questi mesi il Washington Post, una delle più note e autorevoli testate giornalistiche del mondo, è protagonista di vicende eccezionali ma anche illuminanti ed esemplari non solo per il sistema dell’informazione – per “il dannato futuro dei giornali” – ma anche in generale per i cambiamenti nelle nostre società. Chi segue Charlie conosce le puntate precedenti, e qui sotto ce ne sono di nuove, ma anticipiamo in questo prologo l’indirizzo che sembra voler prendere la proprietà del giornale secondo un articolo uscito giovedì sul New York Times: ovvero di accantonare la scelta battagliera in difesa della democrazia dell’ultimo decennio, quella che negli Stati Uniti divisi dichiarava chiaramente da che parte stare, in favore di un maggior ecumenismo, rappresentato dallo slogan “Riveting storytelling for all of America”: grossomodo “storie avvincenti per tutta l’America”.
C’è molto da notare in questa formula, a cominciare dall’uso dei termini “riveting” e “storytelling” al posto di qualunque citazione di “giornalismo” o “informazione” o “news”, nel solco di una tendenza contemporanea che muove molti giornali verso la creazione di emozioni e di “narrazioni” per essere competitivi con le dinamiche prevalenti sui social network.
Ma visto da qui, è anche interessante notare come questa storia non suoni nuova: “un giornale meno ideologico”, che parli a tutti, “che non divida il mondo nelle vecchie categorie destra-sinistra”, sono gli annunci con cui Maurizio Molinari presentò i cambiamenti di Repubblica quando ne venne nominato direttore quattro anni fa. Poi sappiamo com’è andata: perdita di giornalisti importanti, grossa perdita di copie vendute, sconfitta nella competizione con la testata concorrente, tensioni nella redazione, tutto infine culminato nella sostituzione del direttore qualche mese fa, e nella faticosa ricerca di una ricostruzione di identità, tuttora con la proprietà poco convinta.
Naturalmente i contesti hanno le loro sensibili differenze, ma le similitudini possono far dire un paio di cose. La prima è che emanciparsi dalle partigianerie correnti in un progetto giornalistico può essere un’ottima e benintenzionata idea se sei credibile, e se sei più credibile dei tuoi concorrenti più forti. E se hai poco da perdere: un conto è proporre un progetto nuovo, assai più difficile è sradicare un’identità e rimpiazzarla con una nuova. Nessuno dei rari successi editoriali di questi anni, ci pare, viene da un ribaltamento del posizionamento di una testata storica.
La seconda è che emanciparsi dalle partigianerie correnti può essere una credibile e benintenzionata idea se avviene quando la tua parte è vincente e sceglie di usare il suo potere per attenuare le partigianerie suddette e dedicarsi a unire: se avviene invece quando la tua parte ha perso, come in entrambi i casi paragonati, il dubbio sul disinteresse e la buona fede – che si tratti di Exor o di Bezos, con le rispettive priorità di relazioni con i governi – diventa inevitabilmente sostanzioso, e spesso confermato dai fatti.
Fine di questo prologo.
domenica 12 Gennaio 2025
Dall’introduzione del suo progetto di abbonamenti, nel 2019, il Post ha scelto di tenere accessibile e gratuito il proprio lavoro primario e originale di informazione, quello del sito e dei suoi contenuti. E di offrire a chi si abbona l’incentivo – e il grato compenso – di ulteriori progetti giornalistici nella forma di podcast e di newsletter. Dall’inizio del 2025 anche la newsletter Charlie – dopo oltre quattro anni in cui si è fatta conoscere e apprezzare da alcune decine di migliaia di persone – entra nell’offerta dedicata ad abbonati e abbonate. Grazie a chi c’era, grazie a chi arriva ogni giorno.
domenica 12 Gennaio 2025
Dal 19 aprile il nuovo direttore responsabile del Post sarà Francesco Costa, che prenderà il ruolo che per quindici anni – ovvero dalla creazione del giornale – ha avuto Luca Sofri. Quest’ultimo continuerà a guidare il più ampio progetto giornalistico del Post con il titolo di direttore editoriale. La scelta è stata raccontata da entrambi qui.
domenica 12 Gennaio 2025
L’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha “comminato la sanzione della censura” al direttore del Giornale Alessandro Sallusti, per un titolo offensivo dedicato allo scrittore Antonio Scurati pubblicato dal quotidiano Libero nel 2022, quando Sallusti dirigeva Libero.
Se ve lo chiedete, la “sanzione della censura” è priva di conseguenze: può portare alla sospensione in caso di reiterazione.
domenica 12 Gennaio 2025
Un altro incidente di scarse verifiche e utilizzo di fonti inaffidabili è capitato ad alcuni quotidiani e siti italiani alla fine dell’anno. È utile per ricordare come i tabloid britannici vadano ripresi con cautela e diffidenza, mentre molte redazioni li usano con frequenza e leggerezza. Repubblica, Messaggero e altri hanno dato notizia di uno spettacolare matrimonio programmato il 28 dicembre ad Aspen da parte di Jeff Bezos, fondatore e proprietario di Amazon, e della sua fidanzata Lauren Sanchez. La notizia era stata data per primo dal quotidiano Daily Mail. Jeff Bezos l’ha smentita dopo poche ore.
Il Daily Mail ha corretto il suo articolo, le testate italiane finora no.