Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 8 Giugno 2025
I referendum di questi giorni sono un buon esempio concreto per tornare a spiegare quello che avevamo descritto due domeniche fa come il dibattito giornalistico più attuale – benché antico – di questi tempi: quello tra un giornalismo più “impegnato”, che dia a chi legge opinioni e idee strutturate e convinte, e abbia una quota di “attivismo”, e un giornalismo più distaccato nelle posizioni ma di maggiore credibilità e minore parzialità nel dare le informazioni necessarie a crearsi delle opinioni. Entrambi gli approcci hanno buone ragioni – se affrontati in buona fede e con correttezza – ed entrambi hanno debolezze.
Il modo con cui sono stati trattati i referendum, dai giornali, è appunto un buon esempio di questa alternativa: ci arriviamo, ma prima bisogna anche dire che è un buon esempio del fatto che neanche questa alternativa è netta, ma che anzi qualunque scelta contiene una quota sia dell’uno che dell’altro modo di intendere il giornalismo.
Da una parte, nelle scorse settimane molti articoli e interventi giornalistici sono stati confezionati e prodotti per aiutare gli elettori e le elettrici a capire le implicazioni del loro voto, qualunque fosse: scelta particolarmente preziosa in questa occasione in cui la materia di quattro referendum è già molto complessa (pensate invece a quando si votò per decidere se in Italia fosse lecito divorziare: tutto piuttosto immediato e chiaro; o al quinto referendum, quello sui tempi di richiesta della cittadinanza: cinque o dieci anni), e la formulazione dei quesiti la complica ancora di più.
Naturalmente anche questo modo di informare ha sempre una dose di soggettività e di parzialità: proprio perché la materia è molto ricca di fattori e contesti, quello che si sceglie di spiegare o no fa una notevole differenza nell’idea che si forma chi legge, o ascolta.
Da un’altra parte, sono stati pubblicati molti articoli dedicati a convincere i destinatari a votare in un modo o in un altro (o persino a non andare a votare): in alcuni casi espliciti fin dal titolo, “Perché votare sì [o no] ai referendum”. Articoli i cui autori, assieme ai giornali che li hanno pubblicati, ritengono che il proprio ruolo sia convincere chi legge della bontà di determinate scelte e azioni.
E anche in questo caso, molti di questi stessi articoli contenevano anch’essi informazioni e spiegazioni a sostegno di quella indicazione, utili a farsi un’idea comunque (stiamo sempre implicando un’accuratezza e affidabilità dei fatti esposti, comunque).
Ecco, le sfumature sono tante e le separazioni mai nette, ma diciamo che i due estremi di queste scelte giornalistiche sono “informare senza prendere posizione” e “suggerire una posizione da prendere”. E non vi sembri più nobile la prima delle due solo per come suona rispettosa: i suoi critici hanno buoni argomenti sul fatto che soprattutto in caso di conseguenze molto importanti la prima rischi di non opporsi o favorire a sufficienza queste conseguenze (i suoi sostenitori sostengono invece che un’informazione completa e credibile è sempre la migliore opposizione a ogni conseguenza indesiderata).
Il caso dei referendum è un buon esempio anche di questa incertezza: considerata la varietà di fattori, cose da considerare, conseguenze possibili, contesti diversi, pochissimi di noi avranno ricevuto dai giornali informazioni sufficienti e sicure sulle conseguenze del proprio voto. “Fidarsi” di quel che suggerisce di fare il proprio giornale può allora essere un’aspettativa comprensibile.
Sempre che si concepisca il voto come strumento di miglioramento del funzionamento democratico delle comunità, e non come affermazione identitaria e partigiana, ma questa è un’altra questione.
Fine di questo prologo.
domenica 1 Giugno 2025
Come ogni anno, il Post ha condiviso con lettori e lettrici, abbonate e abbonati, una sintesi dei propri risultati economici dell’anno precedente.
“Anche quest’anno il Post ha potuto usare queste risorse economiche per far crescere il suo lavoro e la sua offerta giornalistica, provvedendo a nuove assunzioni e avviando nuovi progetti. Gli abbonati e le abbonate del Post sostengono oggi il lavoro di oltre settanta lavoratori e lavoratrici dipendenti, e di una decina di persone che collaborano stabilmente con l’azienda. Tra i primi ci sono più di quaranta giornalisti e giornaliste, oltre metà dei quali lo è diventata al Post, dove in grande maggioranza hanno iniziato e iniziano a lavorare tra i venti e i trent’anni di età”.
domenica 1 Giugno 2025
Una voce senza conferme ufficiali è stata molto ripresa questa settimana, pur mostrandosi molto fragile nell’indicazione delle sue fonti: caso esemplare che mostra l’approccio di alcuni siti e testate a ospitare qualunque notizia che attiri attenzioni senza applicarvi alcuna propria verifica o controllo. La voce era che la proprietà dei quotidiani Libero, Giornale e Tempo (la famiglia Angelucci) fosse intenzionata a un ennesimo rimpasto delle cariche direttive tra i tre quotidiani. Ma la società editrice ha smentito.
“Si tratta di ricostruzioni arbitrarie e infondate, frutto di illazioni senza riscontro. L’Azienda diffida dunque chiunque dal continuare a diffondere tali notizie, lesive dell’immagine delle testate e dei professionisti che vi operano”.
domenica 1 Giugno 2025
Il Corriere della Sera continua a dare uno spazio superiore, rispetto agli altri quotidiani, a tutte le iniziative della deputata del partito “Noi moderati” Michela Brambilla relative agli animali. Venerdì una legge di “inasprimento delle pene” nata su sua iniziativa è stata citata persino in prima pagina, con grande spazio all’interno (le contraddizioni della legge sono state commentate da Mattia Feltri sulla Stampa sabato).
domenica 1 Giugno 2025
Brevemente, per un giorno solo e poi non se ne è parlato più, i quotidiani hanno ripreso venerdì con varie misure di scandalo la notizia delle critiche del Consiglio d’Europa al razzismo presente nelle forze di polizia italiane.
Una identica accusa era stata espressa anche sette mesi fa, con identico scandalo e simili titoli, che questa volta sono stati almeno un po’ ridimensionati in visibilità e tempo dedicato.
domenica 1 Giugno 2025
Mentre restano tesi i rapporti tra la redazione e la proprietà al Tirreno di Livorno, il maggiore quotidiano tra quelli acquisiti in questi anni dall’azienda SAE, SAE stessa ha intanto annunciato la creazione di una nuova testata, questa volta online, dedicata all’informazione sull’Abruzzo, regione originaria del fondatore di SAE (che per un periodo era stato editore del Centro di Pescara) e di parte della sua dirigenza: si chiamerà Abruzzo Daily e sarà diretta da Angelo De Nicola – da poco in pensione dopo decenni all’edizione abruzzese del Messaggero – e Guido Paglia, “in gioventù tra i fondatori della formazione di estrema destra Avanguardia nazionale, poi giornalista del Resto del Carlino, la Nazione, il Giornale, di cui è stato vicedirettore, il Mattino, ex direttore relazioni esterne e rapporti istituzionali alla Rai dal 2002 al 2012″.
domenica 1 Giugno 2025
Malgrado il documento pubblicato dieci giorni fa dai giornalisti della redazione, il Corriere della Sera continua a investire molto sulle doppie pagine di articoli pubblicitari non indicate come tali, e che suggeriscono una scelta della redazione nell’occuparsi di determinati argomenti invece che rivelarne la provenienza dalla concessionaria di pubblicità. Il formato è cresciuto molto in importanza e presenza tra quelli che sostengono i ricavi pubblicitari, ed è presente quasi ogni giorno: venerdì addirittura con quattro pagine complessive, due dedicate all’azienda Deloitte e due a Edison.
domenica 1 Giugno 2025
La scrittrice e critica letteraria Loredana Lipperini ha raccontato sul suo blog un caso che riguarda la cosiddetta “formazione continua” introdotta dall’ Ordine dei giornalisti nel 2014. Le regole prescritte per legge impongono che ogni anno gli iscritti all’Ordine accumulino una quota di “crediti” – dei punti, in sostanza – partecipando a corsi, convegni e iniziative dedicati: tutto nasceva da una buona intenzione di garantire una qualità aggiornata del lavoro giornalistico, ma è stato concretizzato in una necessità di raggiungere il numero di punti richiesto con la minor fatica possibile e nella nascita di un esteso indotto di forniture di punti spesso attraverso contenuti superficiali. Una seccatura di cui liberarsi.
“Dal momento che sono una persona curiosa, e non più iscritta all’ordine da una decina d’anni, sono andata a guardarmi i temi dei corsi di formazione del Lazio, che danno diritto ai relativi crediti.
Gennaio 2024
“100 anni di Italo Calvino. Un talento giornalistico inespresso”. Con tutto l’amore inesauribile per Calvino, non mi sembra che la formazione di un giornalista passi per il “talento inespresso” di Italo.
Marzo 2024
“Comunicare le trasformazioni del lavoro” in collaborazione con il CNEL. Con i saluti di Renato Brunetta.
Ma anche:
“La salvaguardia dei libri, dal Salone Monumentale alla Biblioteca della Camera dei Deputati”. Ora, sulla salvaguardia dei libri ci sarebbe moltissimo da dire, ma ho come la sensazione che non intendiamo la stessa cosa. Andiamo avanti.
Dicembre 2024
“La Biblioteca segreta nella Sala della Crociera al Collegio Romano: la deontologia professionale nel Giornalismo Culturale – esperienze e temi”. Non esattamente sullo stato delle biblioteche italiane, direi. Anche perché, si legge, l’offerta formativa consente “ai colleghi di essere in regola e rispettare l’obbligo di legge e, al contempo, di poter usufruire di preziose occasioni per conoscere siti artistici e culturali di grande valore”. Bellissimo, bravi, bene, avremmo qualche problemino di diversa natura, in materia.
Febbraio 2025
“Roma artista. Come i mass media raccontano la capitale della cultura e i talenti artistici al femminile”. Con tutto l’amore per le pittrici del XVI secolo a Roma, magari, anche qui, avremmo diverse priorità.
Marzo 2025
“Roma, dai Colonna alla grande bellezza”, Relatore di eccezione leggo, “Enrico Vanzina, regista e scrittore iscritto al nostro ordine. Vanzina ha dato vita a un viaggio attraverso ricordi personali, storie, aneddoti e fatti di cronaca che hanno descritto la Capitale e i romani tra vizi e virtù. A fare da cornice le vicende legate allo storico Palazzo Colonna, narrate dal principe Prospero Colonna, gentilissimo padrone di casa di un palazzo che ha segnato la storia di Roma””.
domenica 1 Giugno 2025
Tre anni fa questa newsletter riferì l’acquisto da parte del gruppo editoriale GEDI della società di promozione di “influencer” Stardust, e commentò le opportunità e i rischi di un investimento su prospettive nuove ma distanti da quelle dell’informazione giornalistica.
Venerdì il quotidiano Domani – il cui editore Carlo De Benedetti è l’ex proprietario dell’azienda che oggi si chiama GEDI – ha descritto così gli sviluppi di quell’operazione.
“Il business girava alla grande, almeno a giudicare dai conti della società che sui giornali si era costruita la fama di “fabbrica degli influencer”. Quello che ancora non è chiaro è come sia stato possibile il tracollo descritto nell’ultimo bilancio di Stardust, quello del 2024, il primo esercizio in cui l’azienda è stata gestita da manager nominati da Gedi. A fine marzo, il gruppo editoriale che fa capo alla Exor di John Elkann è dovuto intervenire d’urgenza con un aumento di capitale di 2,6 milioni dopo che il patrimonio netto di Stardust era finito sotto zero, divorato dalle perdite che l’anno scorso sono arrivate a 4,7 milioni su ricavi di 7,7 milioni […] Nel 2024 la gestione è passata nelle mani dei manager targati Gedi ed è partita una pulizia di bilancio che ha fatto emergere perdite milionarie. Tradotto in cifre, questo significa che Stardust è stata valutata 30 milioni nel 2022, quando è stata acquisita la prima partecipazione del 30 per cento. Due anni dopo la controllante Gedi digital ha dovuto svalutare di 8,8 milioni la propria quota dell’89 per cento nella cosiddetta fabbrica degli influencer e ora dovrà investire tempo e denaro per rimettere in carreggiata l’azienda”.
domenica 1 Giugno 2025
I giornalisti di Repubblica hanno approvato un documento che chiede alla direzione del giornale un maggiore impegno non solo sull’informazione che riguarda l’invasione israeliana di Gaza e le stragi conseguenti ma anche verso attività che contribuiscano a una pressione sul governo israeliano per interrompere il suo intervento.
“Le giornaliste e i giornalisti di Repubblica propongono uno sforzo ulteriore, alla direzione del quotidiano e alla categoria tutta, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui crimini che stiamo raccontando con sempre maggiore sgomento, attraverso nuove forme di protesta, partecipazione, inchiesta, sostegno economico ai cronisti palestinesi. Non è mai stato tempo di minimizzare, giustificare o sposare le ragioni delle propagande contrapposte. Repubblica è e resta dalla parte delle vittime dei conflitti, comprese e non ultime quelle del 7 ottobre e gli ostaggi ancora in mano ad Hamas. Questo è il momento di alzare la voce, collettivamente, utilizzando ogni strumento a nostra disposizione”.
Come racconta tra gli altri il Fatto, sull’approvazione del documento ci sono stati ripensamenti e interventi della direzione che hanno spinto alle dimissioni i membri del Comitato di redazione.
“Poco prima delle 18 inizia la votazione del documento ma dai piani alti del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari si muove un vicedirettore – ma probabilmente un altro è stato coinvolto – che si rivolge ai capi di due settori del giornale per coinvolgere il maggior numero di giornalisti. L’obiettivo? Fermare il voto in corso (i due settori hanno inviato una seconda votazione) e, soprattutto, far riaprire l’assemblea. La richiesta arriva al cdr, che giustamente oppone. Il primo componente a lasciare il cdr dopo la giornata convulsa è stato Matteo Pucciarelli. “È stata messa in discussione l’esistenza stessa di un sindacato all’interno di questo giornale – ha scritto – dopo che il testo è stato emendato con la massima disponibilità in alcuni punti su richiesta dei colleghi, si è riaperto il dibattito nei corridoi romani e nelle chat dei delegati sindacali. Un dibattito riaperto in separata sede in primis da pezzi di direzione e da alcuni capiredattori. La richiesta era di riconvocare un’assemblea regolarmente conclusa e con una votazione in corso per cambiare ulteriormente il testo. Penso che i processi di partecipazione siano sacri, inviolabili: l’assemblea è il luogo sovrano dove tutte e tutti sono invitati (non obbligati) a partecipare. Oggi ho scoperto che non è più così. C’è chi preferisce sovvertire il processo, facendo leva sul proprio ruolo. Lo trovo irrispettoso verso chi alle assemblee partecipa, verso chi nelle assemblee si espone esprimendo liberamente il proprio parere, verso i membri del Comitato di redazione””.
domenica 1 Giugno 2025
L’ultimo sviluppo nella discussa trattativa tra Donald Trump e CBS News intorno alla denuncia di Trump – che sostiene che un’intervista con Kamala Harris sia stata manipolata, danneggiandolo – è che CBS News avrebbe offerto 15 milioni di dollari risarcimento, ma Trump ne vorrebbe 25 e soprattutto delle scuse pubbliche, che sarebbero un forte strumento di propaganda per le sue accuse contro i media indipendenti.
Ricordiamo che la denuncia di Trump è ritenuta priva di sostanza e fondamento praticamente da tutti, ma la società che possiede CBS News è preoccupata delle sue ritorsioni rispetto a un importante accordo societario che il governo americano dovrebbe avallare.
domenica 1 Giugno 2025
Un tradizionale incidente giornalistico italiano si è verificato di nuovo anche su qualche importante testata nei giorni scorsi, e rende utile ricordare chi siano John Doe e Jane Doe.

domenica 1 Giugno 2025
La Stampa di Torino sta annunciando un redesign del giornale che sarà introdotto dal 4 giugno. La Stampa appartiene al gruppo editoriale GEDI, di proprietà della famiglia Agnelli-Elkann, assieme al quotidiano Repubblica, al sito di news HuffPost, alle radio Deejay, Capital e M2O.
Per rappresentare i suoi lettori, il giornale ha scelto di investire sulla speranza che possano essercene di giovani e sul dato di fatto che molti siano anziani: trascurando la mezza età.
domenica 1 Giugno 2025
Business Insider è un sito statunitense nato nel 2007 come sito di news di tecnologia, economia e finanza ma era poi diventato più generalista: con un ruolo da protagonista nell’informazione americana del decennio successivo, e nel 2022 ha vinto un premio Pulitzer con un reportage illustrato sul genocidio degli uiguri in Cina (ne esisteva anche una versione italiana edita da GEDI e chiusa nel 2021). Nel 2015 è stato comprato dalla grande multinazionale editoriale tedesca Axel Springer (che possiede i quotidiani Bild e Welt in Germania, e il sito Politico negli Stati Uniti), ma da diversi anni è in una crisi di ruolo e di business con sviluppi mai positivi: la sua sostenibilità economica era molto legata alla visibilità SEO su Google, e la riduzione da parte di Google della promozione di siti di news ha molto compromesso i conti del giornale.
Questa settimana la sua amministratrice delegata ha annunciato una nuova riduzione dei dipendenti senza precedenti per dimensione: il 21% di loro sarà licenziato.
domenica 1 Giugno 2025
L’editore del maggiore quotidiano romano, il Messaggero, ha licenziato dopo solo un anno il direttore Guido Boffo. Le ragioni non sono state comunicate: girano voci di un’insoddisfazione per le sue posizioni critiche su Trump, che però non sembrano realisticamente sufficienti a giustificare una decisione così drastica e inaspettata. L’editore del Messaggero è Franco Caltagirone, 82 anni, imprenditore di grande ricchezza costruita nei settori immobiliare e bancario e di grande potere sulle vicende politiche ed economiche nazionali (protagonista in questi mesi di importanti sviluppi sulle proprietà bancarie italiane): e che ha sempre condizionato molto le scelte del Messaggero, e un anno fa aveva licenziato dopo un periodo ancora più breve il precedente direttore.
Per ora alla direzione del giornale è stato assegnato Massimo Martinelli, già direttore e poi nominato direttore editoriale: come già in passato, molti parlano di un ritorno alla direzione di Roberto Napoletano, oggi direttore del Mattino di Napoli (della stessa proprietà, assieme al Gazzettino di Venezia) e protagonista di un discusso e contestato periodo alla direzione del Sole 24 Ore.
domenica 1 Giugno 2025
La Sicilia, il maggiore quotidiano catanese (nacque nel 1945), è stata ceduta dalla sua storica proprietà a una società di proprietà di Salvatore Palella, che aveva ottenuto attenzioni e visibilità per l’espansione internazionale della sua società di sharing di monopattini, Helbiz. Le attività di Palella e i suoi rapporti a Catania – dove era stato brevemente anche proprietario della squadra di calcio di Acireale, la sua città – avevano ricevuto critiche e accuse (anche sulla stessa Sicilia), contestate dall’interessato e senza conseguenze giudiziarie. Insieme alla Sicilia Palella ha acquisito anche una piccola quota dell’Ansa, la più grande agenzia di stampa italiana, che apparteneva alla stessa società editrice del quotidiano, la Domenico Sanfilippo Editore (DSE).
domenica 1 Giugno 2025
TorinoCronaca è un quotidiano cartaceo e online che ha ricevuto nell’ultimo anno due milioni e duecentomila euro di contributi pubblici, e cifre simili in tutti i sei anni precedenti. È stato creato nel 2002 dall’editore torinese Massimo Massano, oggi 74enne, già parlamentare del partito neofascista MSI e socio dell’ultima versione del settimanale di destra novecentesco che si chiamava Il Borghese. TorinoCronaca – che ha cambiato il suo nome da CronacaQui Torino nel 2020 – in edicola costa solo 60 centesimi e dedica da sempre i suoi spazi e titoli maggiori alla cronaca nera e ai casi di violenza, o a quelli che generano allarme. Nel 2007 provò un’edizione milanese che però fu chiusa nel 2012: una declinazione del sito su Bologna esiste da un anno ma con aggiornamenti molto limitati.
TorinoCronaca riceve i contributi pubblici – come altre testate – grazie al presentare formalmente la sua testata come di proprietà di una società senza scopo di lucro, la “Fondazione Quarto Potere”.
Nel 2022 il Fatto ha pubblicato un articolo su TorinoCronaca citando una serie di presunte precedenti questioni giudiziarie che avrebbero riguardato il suo editore: il quale le ha però negate e ha denunciato per diffamazione l’autore dell’articolo, e per estorsione una persona che avrebbe fornito al Fatto dei documenti indicati dall’editore come falsi. Il processo è in corso a Torino.
domenica 1 Giugno 2025
La riapertura delle indagini sul cosiddetto “delitto di Garlasco” ha creato un’eccitazione straordinaria dei media, in queste settimane: eccitazione che alimenta e rafforza le curiosità del pubblico, che a loro volta – in un circolo vizioso – spingono i giornali e le tv a produrre sempre più contenuti e pagine per soddisfare la curiosità del pubblico. Parallelamente, in una convivenza paradossale, gli stessi giornali ospitano dei severi e preoccupati articoli di commento contro la deriva morbosa dell’eccessiva attenzione sulle indagini e contro i pericoli nei confronti della corretta esecuzione delle indagini stesse e dei processi.
Tra le varie testate grandi e piccole che stanno facendo saltare ogni responsabilità etica rispetto alla drammaticità di storie come questa e alle conseguenze non solo per le persone coinvolte ma anche per gli standard di civiltà condivisi, negli ultimi giorni si è distinto un quotidiano torinese, TorinoCronaca, che ha pubblicato un sondaggio online invitando i lettori a votare su “chi ha ucciso Chiara Poggi”.

domenica 1 Giugno 2025
La radio pubblica statunitense NPR ha denunciato Donald Trump per le sue decisioni di eliminare un’ingente quota di contributi pubblici a una serie di aziende giornalistiche: la denuncia di NPR sostiene – con buoni e realistici argomenti – che gli interventi di Trump violino la Costituzione limitando la libertà di espressione e perché dettati da ritorsioni contro le testate che sono state critiche nei suoi confronti (questo lo dice lo stesso Trump, chiamandole “biased and partisan”).
Venerdì, con simili motivazioni, una denuncia analoga è stata presentata da PBS, la rete di tv pubbliche statunitense.
domenica 1 Giugno 2025
Un prologo piccolo, oggi, per compensare le impegnative questioni esposte più spesso: piccolo, ma esemplare di un’inclinazione all’autoindulgenza da parte di molti giornali e giornalisti, e della debolezza rivelata dal non saper ammettere gli errori, che capitano. Lo mostra l’uso frequentissimo e forzato del termine “refuso”, per riferirsi a errori sostanziali e spesso colpevoli, anche quando vengono ammessi a fronte di contestazioni argomentate. L’enciclopedia Treccani dà questa definizione della parola “refuso”: «In tipografia, errore di composizione o di stampa prodotto dallo scambio o dallo spostamento di una o due lettere, o segni, causato spesso da errata collocazione dei caratteri nella cassa (per quanto riguarda la composizione a mano), o da errore del tastierista o da difetto meccanico (nella composizione a linotype o a monotype). In senso lato, errore tipografico in genere, o anche di fotocomposizione».
Queste sono la misura e la natura di quello che chiamiamo “refuso”: una lettera in più, una in meno, uno scambio di lettere, la svista di un plurale non corretto, eccetera. Errori di altra dimensione e significato sono invece “errori”, o “sbagli”. Sono informazioni sbagliate o false, che siano avvenuti in buona o cattiva fede. Chiamarli “refusi” è un modo autoassolutorio per minimizzarli, e per minimizzare le legittime richieste di chi ne chiede la correzione e le legittime aspettative dei lettori che si attendono informazioni corrette.
Nelle responsabilità di un giornalismo sicuro di fare del suo meglio c’è anche la capacità di ammettere e definire correttamente le misure e conseguenze dei propri errori e di chiamarli col loro nome.
Fine di questo prologo piccolo.
domenica 25 Maggio 2025
Il sito di news sugli argomenti dell’alimentazione che si chiama Il Fatto Alimentare ha vinto una causa contro l’azienda produttrice dell’acqua San Benedetto, che lo aveva denunciato per aver riferito di uno spot criticato da molti e dall’Istituto per l’autodisciplina pubblicitaria. Un commento sul Fatto Alimentare dice:
“Siamo di fronte a un caso che potrebbe rientrare nel capitolo delle liti temerarie, con una richiesta di risarcimento spropositata e infondata, che comporta un notevole dispendio di risorse per qualsiasi sito di giornalisti indipendenti. Si tratta di una strategia che appare mirata più a intimidire che a ottenere giustizia. Lo scopo dell’intero iter giudiziario non sembra quello di difendere l’immagine dell’azienda, ma spingere Il Fatto Alimentare ad abbassare i toni, a evitare di scrivere certe notizie anche se corrette. Scontrarsi con un colosso che ha chiuso l’ultimo bilancio con un fatturato di un miliardo di euro (nonostante il ‘danno d’immagine’ lamentato per i nostri articoli) è una sfida molto complicata per una piccola testata […] Qualche numero chiarisce la sproporzione fra i due soggetti. I danni richiesti dall’azienda equivalgono a circa dieci anni di bilancio del Fatto Alimentare, mentre le spese legali da sostenere per difendersi, secondo i parametri del tariffario forense, per una richiesta di danni di 1,5 milioni, potrebbero arrivare a 40-50 mila euro. Il meccanismo è semplice quanto efficace: ti faccio una causa milionaria, ti costringo a sostenere costi legali altissimi, e spero che tu decida di smettere di scrivere“.
domenica 25 Maggio 2025
Giovedì il Corriere della Sera ha ospitato un articolo dedicato al compleanno del suo editore, Urbano Cairo, e a un’intervista radiofonica che lo aveva celebrato. La Gazzetta dello Sport – della stessa proprietà – ha riferito i vivaci festeggiamenti ancora più estesamente. Sabato il Corriere della Sera ha dedicato un nuovo articolo all’intervento di Cairo a un festival.
Un anno fa il Comitato di redazione del Corriere aveva chiesto al direttore “di intervenire sulla sovraesposizione mediatica dell’editore Urbano Cairo sulle pagine del Corriere della Sera. Riteniamo che tale frequente presenza possa nuocere all’immagine del giornale ed esporlo a critiche gratuite”.

domenica 25 Maggio 2025
La Gazzetta di Mantova è ritenuto il quotidiano più antico del mondo tuttora pubblicato, essendo stata creata con questo nome nel 1664. Due anni fa è stata ceduta dal gruppo GEDI ad Athesis, la società che possiede anche l’ Arena di Verona, il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi. Secondo gli ultimi dati ADS la sua diffusione è di 10mila copie, con un calo del 9% rispetto a un anno fa, nella media dei quotidiani. Martedì il giornale ha annunciato il suo nuovo direttore, Corrado Binacchi, 53 anni, in redazione da molti anni. Il direttore uscente, Massimo Mamoli, prenderà il ruolo di direttore editoriale.
domenica 25 Maggio 2025
Un anno fa segnalammo una particolare polemica tra una tribù amazzonica e il New York Times: adesso c’è uno sviluppo legale.
“La scorsa estate decine di testate del mondo ripresero un articolo del New York Times in cui il giornalista Jack Nicas raccontava le conseguenze, positive e negative, dell’arrivo della connessione a internet nel villaggio brasiliano in cui vivono i Marubo, una popolazione indigena di circa duemila persone a lungo isolata dal resto del mondo. In gran parte di questi articoli, i Marubo furono descritti come tecnologicamente inetti e, soprattutto, dipendenti dalla pornografia, per via di un travisamento di un passaggio secondario del reportage di Nicas.
Ora, i Marubo hanno citato in giudizio il New York Times per diffamazione, chiedendo un risarcimento di 180 milioni di dollari (equivalenti a 158 milioni di euro) per danni reputazionali dovuti da quell’articolo”.
domenica 25 Maggio 2025
La questione della vendita del quotidiano britannico Daily Telegraph, che si trascina da due anni anche su questa newsletter, sembra essere arrivata a uno sviluppo decisivo, come spiega il Post.
“Venerdì il quotidiano britannico Telegraph ha annunciato che è stato raggiunto un accordo preliminare per la vendita del giornale al fondo di investimento statunitense RedBird Capital Partners. Il Telegraph è uno dei principali giornali conservatori britannici, molto letto e influente tra l’elettorato tory. Da due anni si trovava di fatto senza un vero proprietario: nel 2023 era stato messo all’asta per guai finanziari dei precedenti proprietari ed era stato acquistato dalla RedBird IMI, una joint venture fra RedBird Capital Partners e la società International Media Investments. Quest’ultima è una società di Abu Dhabi controllata dallo sceicco Mansour bin Zayed al-Nahyan, che è anche il vicepresidente degli Emirati Arabi Uniti”.
domenica 25 Maggio 2025
Una direzione di sostenibilità in cui sembrano voler provare ad andare le proprietà di alcuni quotidiani locali in difficoltà è quella di ibridare sensibilmente le priorità giornalistiche con attività di comunicazione più commerciale. La stessa società SAE, assai citata in questa newsletter oggi, si è creata per aggregare un gruppo di quotidiani e poi ha acquisito un anno fa una quota di un’azienda di comunicazione per “realizzare un grande polo indipendente della comunicazione integrata a capitale italiano”.
Un’intenzione simile è stata attribuita alla società editrice Athesis dai giornalisti dell’ Arena di Verona, che hanno dichiarato lo “stato di agitazione” e minacciato scioperi “dopo che l’ad Andrea Pietro Faltracco ha presentato al comitato di redazione il piano industriale dell’intero Gruppo Athesis, cui appartiene lo storico quotidiano scaligero. Un piano che di fatto intende cambiare l’essenza stessa della testata – trasformandola in “media and communication company – e che l’assemblea dei giornalisti, convocata nell’immediato, ha giudicato inaccettabile affidando al cdr un pacchetto di cinque giorni di sciopero.
Ora è tutto nelle mani del direttore Massimo Mamoli il quale, a oltre tre anni dal suo insediamento, non ha ancora definito un piano editoriale ma si è impegnato a produrre entro lunedì 26 maggio almeno un documento che confermi che l’Arena e è rimane un giornale al servizio del territorio, che fa innanzi tutto cronaca, informazione professionale con notizie originali fondate e verificate nel rispetto del contratto di lavoro e delle regole deontologiche”.
domenica 25 Maggio 2025
Il Foglio ha pubblicato venerdì una riflessione ricca di spunti di Massimo Lugli – cronista di nera su Repubblica per quarant’anni – sull’intensificarsi delle attenzioni dei giornali e del pubblico sulla cronaca nera, e sulle sue conseguenze.
“Ma il problema non è una giustizia ormai diventata avanspettacolo, più che spettacolo. Il problema è quanto piace, quanto tira, quanto aumenta le vendite, quanto incrementa l’audience. Chi scrive è reduce, nel ruolo di invitato speciale (sic) da una conferenza di serissimi, compassatissimi rotariani che si sono sgargarozzati un’ora e passa di riepilogo dei più grandi casi di nera dagli anni Sessanta a ieri pomeriggio con l’entusiasmo di un quattordicenne in un pornoshop. E mica solo loro. Austeri professori, vezzosi intellettuali, scrittrici malinconiche, artisti impegnati coltivano in silenzio la passione per sangue e manette come una sorta di vizio segreto. Chi tira tardi davanti a Bruno Vespa non vede l’ora che la finiscano con le cavolate su Trump e l’Ucraina per godersi l’avvocatone dai capelli cotonati che punta il dito sull’indagato stile Marco Tullio Cicerone con le Catilinarie. Una star.
Sì, vabbè, ma la domanda resta. Perché il crime ci seduce e ci intriga? Forse per lo stesso, perverso meccanismo che fa rallentare le auto della fila opposta quando c’è un incidente con morti e feriti in autostrada? Forse una sorta di catarsi (per carità non chiedete alla Bruzzone che ce lo spiega in tre o quattro ore)? O magari il vecchio assioma meglio a lui (lei) che a me? Perché quando osservi le disgrazie altrui dalla finestra o dalla televisione, in qualche modo, ti senti invulnerabile. I drammi accadono, certo, ma agli altri, quindi mettiamoci comodi e godiamoci gli sviluppi dell’ultima ora.
La passione per la nera, ovviamente, non è nuova, e per fortuna visto che altrimenti avrei dovuto fare un altro mestiere. Quello che è cambiato è la virulenza delle opinioni che poi, a ben pensarci, è la stessa dei social. “Ma stai zitto, imbecille”, è una delle frasi più gentili che mi scrivono su Facebook praticamente dopo ogni ospitata seguita da. “Ma ’sto cretino lo paghiamo coi nostri soldi?”. Colgo l’occasione per ribadire alla gentile signora che dalle tivù non prendo un centesimo e, del resto, nessuno me lo offre. Dirò cavolate ma le dico gratis, chiusa parentesi”.
domenica 25 Maggio 2025
Il New York Times ha pubblicato un ritratto delle imprese di Kara Swisher, una delle più apprezzate e autorevoli esperte americane delle trasformazioni digitali di questi decenni, che ha attraversato diversi progetti giornalistici e dal 2018 è titolare di un podcast di grande seguito, per il quale ha appena chiuso un accordo con la società Vox Media che secondo il New York Times dovrebbe rendere a lei e al suo co-conduttore Scott Galloway 70 milioni di dollari in quattro anni.
“Ms. Swisher’s path to celebrity — a power broker who name-drops other power brokers — has taken her from The Washington Post to The Wall Street Journal to The New York Times, where she was an opinion columnist and host of a podcast called “Sway.”
Along the way, she co-founded two media businesses, AllThingsD and Recode; published three books; survived a mini-stroke; raised a family; and harbored few regrets. (Here’s one: “I was too nice to Elon for too long,” Ms. Swisher said of Elon Musk, the Tesla chief executive.)
She also learned a fundamental truth about herself: She does not want to be an employee, nor does she want to employ anyone. She wore a sweater to a White House Correspondents’ Association dinner party that warned people, or perhaps boasted, “I’m not for everyone.”
“Every day I get to decide what I do,” she said, “and it’s not dependent on anybody””.
domenica 25 Maggio 2025
SAE è l’azienda creata dall’imprenditore Alberto Leonardis per acquistare e aggregare una serie di quotidiani locali un tempo appartenenti al gruppo GEDI (i cosiddetti quotidiani “Finegil” del precedente “gruppo Espresso”): oggi sono il Tirreno di Livorno, la Nuova Sardegna di Sassari, la Gazzetta di Modena, la Nuova Ferrara, la Gazzetta di Reggio e la Provincia Pavese. Adesso la società ha acquistato la testata Paese Sera, che fu quella di un popolare quotidiano romano chiuso nel 1983, e poi protagonista di fragili tentativi di resurrezione. Un articolo del quotidiano ItaliaOggi spiega che “l’intenzione di SAE è presentare in edicola il nuovo Paese Sera con un doppio dorso insieme ai quotidiani già editi dal gruppo” e che “La foliazione sarà di 16 pagine, quindi con un taglio di approfondimento, e la redazione sarà composta da una decina di giornalisti, oltre a una serie di firme note come collaboratori in via di costituzione. Il direttore è ancora da definire mentre per la raccolta pubblicitaria è confermata la concessionaria Manzoni del gruppo Gedi- Repubblica“.
domenica 25 Maggio 2025
Sulla questione della pubblicità “occulta” sul Corriere della Sera è il caso di fare una distinzione, forse necessaria considerato il commento pubblicato in prima pagina sul Giornale l’indomani: nel quale si sostiene esserci una contraddizione tra il documento pubblicato e le molte promozioni delle attività del Corriere della Sera sulle pagine del giornale.
“Poi però, sfogliando il Corriere, abbiamo trovato: un articolo sull’editore, Urbano Cairo, il quale dice che andrà a votare ai referendum; la pubblicità di due festival organizzati dal Corriere; due pezzi firmati sui Viaggi del Corriere; due pagine interamente dedicate ad eventi collaterali del Giro d’Italia, organizzato dal Corriere; una grande recensione di un libro scritto da una firma del Corriere e pubblicato da Solferino editore, cioè il Corriere; un pezzo sull’iniziativa «Le 75 web lezioni del Corriere», videolezioni rivolte agli studenti per prepararsi alla Maturità, per seguire le quali occorre abbonarsi al Corriere; un articolo sul festival della tv di Dogliani inaugurato da Umberto Cairo [sic] , l’editore del Corriere. Ah. C’era anche una pagina sull’Academy del giornalismo del Corriere. Dove i giornalisti del Corriere insegnano a fare un’informazione libera e indipendente”.
Il commento del Giornale – forse con qualche interessata malevolenza – confonde appunto questioni differenti. L’anomalia della promozione personale dell’editore è sì una consuetudine del Corriere della Sera che non ha dimensioni uguali sugli altri quotidiani, e di cui Charlie ha scritto spesso, ed è una limitazione di indipendenza: ma non c’entra con quella discussa dal documento della redazione, relativa alla pubblicità di brand e aziende. Mentre la promozione delle attività, dei prodotti, degli eventi, del Corriere della Sera e della sua azienda sono una cosa ancora diversa – legittima, necessaria e comprensibile, e trasparente – da quella delle aziende inserzioniste (lo stesso Giornale , poche pagine dopo il commento critico, promuove proprie simili iniziative).
domenica 25 Maggio 2025
Un secondo lungo comunicato è stato pubblicato invece sul quotidiano giovedì da parte dei “giornalisti e le giornaliste del Corriere della Sera“, a proposito dell’attualissimo tema delle commistioni tra lavoro giornalistico e promozioni pubblicitarie, che al Corriere della Sera è particolarmente delicato data la cospicua quota di investimenti pubblicitari che il giornale è in grado di raccogliere.
Il comunicato presenta un documento in dieci punti molto rigorosi sull’indisponibilità a consentire che la promozione di prodotti e aziende sia ospitata sul giornale attraverso articoli giornalistici o in spazi non chiaramente identificati come pubblicitari, alludendo evidentemente a conflitti esistenti: “[I giornalisti e le giornaliste] Non lasciano condizionare la propria attività dalle pressioni provenienti da esponenti del marketing aziendale e della pubblicità (che in alcun modo possono relazionarsi direttamente con i redattori): dalla richiesta di visionare gli articoli prima della pubblicazione alle interviste imposte”.
Non è chiaro come questa dichiarazione potrà convivere con i frequenti inserimenti di contenuti promozionali non dichiarati sulle pagine del Corriere della Sera, e se la si debba considerare la premessa di un cambiamento o una dissociazione (per tutti i quattro giorni successivi il giornale ha ospitato le pagine pubblicitarie denominate “Eventi”, non segnalate come tali).
domenica 25 Maggio 2025
Il Comitato di redazione del Corriere della Sera ha pubblicato martedì un comunicato per protestare contro i ritardi nei pagamenti dei collaboratori: con accuse piuttosto esplicite alla gestione da parte dell’editore Urbano Cairo, di cui è nota una grande attenzione al contenimento dei costi.
“Nel giorno dello stacco dei dividendi agli azionisti, oltre 22 milioni di euro solo al presidente di Rcs MediaGroup Urbano Cairo, il Cdr del «Corriere della Sera» per l’ennesima volta è chiamato a denunciare pubblicamente ritardi nei pagamenti ai collaboratori della testata, sia quelli a co.co.co sia quelli con partita Iva. È inaccettabile che i lavoratori più fragili del sistema Corriere – e al contempo essenziali per la produzione quotidiana del giornale – continuino a subire disagi per mancanze non imputabili a loro.
Da quando il presidente Cairo ha assunto la guida del gruppo, l’accentramento delle decisioni amministrative ha finito per rallentare drasticamente l’iter dei pagamenti. Da alcuni anni si verificano ritardi nei compensi per i collaboratori pagati a pezzo, che ricordiamo in molti casi non superano i dieci euro lordi. In passato ci sono state fornite vaghe motivazioni tecniche.
Oggi il problema si ripresenta e non sono arrivate nemmeno le spiegazioni.
Diversi collaboratori non hanno ancora ricevuto i pagamenti, scaduti
contrattualmente il 30 aprile, relativi agli articoli pubblicati a febbraio. Nonostante le richieste del Cdr non è arrivata nessuna comunicazione ufficiale e nessuna spiegazione. Non è stata fatta nemmeno alcuna previsione di quando i pagamenti verranno effettuati. Non solo: tra pochi giorni andranno in scadenza anche i compensi per il mese di marzo e a questo punto non è chiaro se verranno onorati nei tempi dovuti”.
L’editore ha aggiunto una sua risposta, specificando che i compensi citati sarebbero “mediamente superiori al mercato editoriale”:
” Il Comitato di Redazione ha ricevuto nelle sedi opportune i chiarimenti tecnici sul tema del pagamento dei collaboratori. Una macchina complessa e articolata come quella del «Corriere della Sera», che ha un numero elevato di collaboratori, comporta tempi di controllo e di verifica adeguati.
I collaboratori sono pagati sulla base dei contratti in essere, con importi
mediamente superiori al mercato editoriale anche in riferimento all’attuale contesto di trasformazione”.
domenica 25 Maggio 2025
Si è dimessa Wendy McMahon, la presidente di CBS News, che è uno dei maggiori network televisivi americani ed è protagonista di una contesa con Donald Trump di cui abbiamo scritto spesso nei mesi scorsi. Le dimissioni di McMahon sono state lette come un altro episodio di dissenso nei confronti delle scelte dell’azienda, che secondo molte accuse si starebbe facendo intimidire da Trump: McMahon aveva difeso il programma “60 Minutes” e il suo produttore Bill Owens, che aveva lasciato poche settimane fa. Altri commenti hanno però riferito di insoddisfazioni dell’azienda nei confronti dei risultati ottenuti da McMahon.
domenica 25 Maggio 2025
Il quotidiano Libero ha proseguito per tutta la settimana la sua contraddittoria campagna contro i finanziamenti pubblici destinati al cinema, accusando registi e attori dei film che ne sono destinatari, e che nelle settimane passate avevano avuto delle polemiche con il governo di cui Libero è sostenitore (l’editore di Libero è un parlamentare della maggioranza). La campagna è contraddittoria perché come dicemmo domenica scorsa Libero è a sua volta destinatario di ingenti quote di contributi pubblici (33 milioni negli ultimi sette anni), e questo non ha mai trattenuto il giornale dal criticare alcuni governi in carica, quando non erano sostenuti dal proprio editore.
(La validità dei criteri di assegnazione dei contributi a Libero è peraltro discutibile e discussa, proprio perché ha una proprietà imprenditoriale, ammessa sulle pagine dello stesso giornale, e la definizione “senza fini di lucro” della sua struttura è soltanto strumentale).
Venerdì, in uno degli articoli quotidiani sull’argomento, l’autore della successione di accuse contro i finanziamenti pubblici al cinema si è risolto a citare ai lettori la contraddizione, in un inciso finale poco risolutivo: “un miliardo l’anno al cinema è tanto, specie se paragonato ai fondi per l’editoria, che sono su per giù il 25% di quelli concessi alla compagnia di giro di Germano e soci”. Sabato Libero ha pubblicato una lunga lista di presunti compensi di registi “pagati dai contribuenti”: ma sono ovviamente pagati dai contribuenti anche i compensi dei giornalisti di Libero.
domenica 25 Maggio 2025
La redazione del Tirreno – il quotidiano di Livorno di proprietà del gruppo editoriale SAE – è stata posta sotto la tutela legale di un avvocato dall’Associazione Stampa Toscana e dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana. È successo dopo l’approvazione, da parte dell’assemblea di redazione, di un documento che denuncia il comportamento dell’editore negli ultimi mesi e l’esito del più recente confronto tra l’editore e il comitato di redazione.
Il rapporto tra SAE e i giornalisti del Tirreno è teso da tempo. I pagamenti sono fatti spesso in ritardo – non sono ritardi cadenzati, ma proprio casuali e spesso ingiustificati – e l’alto numero di giornalisti in cassa integrazione ha aumentato il carico e le ore di lavoro di quelli rimasti: alla società editrice è poi contestata la mancanza di visione e di progetto – e anche di competenza – sulle prospettive del giornale.
Per cercare di diminuire almeno le casse integrazione e avviare qualche prepensionamento, due giorni fa il cdr ha avuto una riunione con i rappresentanti di SAE, che è stata un disastro: l’editore ha rifiutato qualsiasi accordo con il cdr, dicendo di non avere la disponibilità economica per diminuire la cassa integrazione e si è giustificato con delle frasi che, secondo la redazione, sono state infelici e, in parte, minatorie. I rappresentanti di SAE, per colmo, hanno paragonato la maternità di una giornalista alla gestazione di un elefante (che è solitamente molto lunga), generando un comunicato indignato e agguerrito da parte della redazione, che rifiuta ogni nuovo confronto con l’attuale management.
“Di chi sarà domani la colpa della perdita di copie e credibilità? Dei giornalisti fannulloni o di manager che gettano discredito sulla testata con frasi sessiste e medievali durante una vertenza? La storia e le ambizioni di questa testata possono permettersi al vertice dell’azienda manager di questo tipo?”
Anche la stessa affermazione che SAE non abbia risorse economiche, secondo i giornalisti del Tirreno, è ingiustificata: SAE ha appena comprato i giornali Paese Sera e la Provincia Pavese .
Il Tirreno è però un giornale che sta davvero andando male – con perdite di diffusione superiori alla media dei quotidiani, e nessun investimento progettuale sul web – e nemmeno al suo interno sembra esserci un’idea concreta per il rilancio del giornale.
domenica 25 Maggio 2025
La sezione che si chiama Intelligencer del sito del New York Magazine (apprezzata rivista di cultura e società newyorkese, fondata nel 1968) ha pubblicato un lungo articolo sulla sezione delle opinioni del New York Times, raccontandone la grande crescita negli ultimi anni (ci lavorano quasi duecento persone) e il ruolo della direttrice Kathleen Kingsbury, in carica dopo il licenziamento di James Bennet in una fase di grandi tensioni interne al giornale.
domenica 25 Maggio 2025
Nel business dei giornali online e dei siti di news c’è una certa attesa rispetto all’annuncio che Google sta cominciando a introdurre il suo servizio Google Discover anche su desktop: Google Discover è una sezione di titoli di news personalizzabile, che Google introdusse per concedere un compenso ai maggiori editori giornalistici e attenuare le loro insistenze per retribuzioni maggiori e più capillari, motivate con l’uso dei loro contenuti sulle altre pagine di Google. Ma col tempo Discover ha preso un ruolo non più insignificante nella promozione degli articoli, scelti dai suoi algoritmi con criteri spesso inafferrabili. Soprattutto se valutato nel contesto della progressiva riduzione di visibilità delle news nelle pagine di ricerca su Google.
Che gli spazi di Google Discover inizino a comparire sulle pagine di ricerca di Google su desktop avrebbe in teoria un impatto limitato: l’uso del mobile è enormemente preponderante da parte degli utenti e dei lettori. Ma è vero che la visualizzazione delle pagine su desktop ha un valore pubblicitario maggiore (per maggiore visibilità e numero delle inserzioni). Il maggior traffico potrebbe quindi essere una buona notizia per i bilanci dei siti di news: meno per la qualità dell’informazione, come ogni fattore che spinga i giornali online a dare priorità ai contenuti che generano maggior traffico secondo gli algoritmi delle piattaforme, e a produrre quantità piuttosto che qualità.
domenica 25 Maggio 2025
Il dibattito probabilmente più interessante tra i tanti che riguardano i destini dei grandi giornali internazionali in questi anni è quello tra due opinioni e tendenze opposte rispetto ai tempi difficili per le democrazie e per le convivenze: entrambe le opinioni hanno buone ragioni, e questo rende il dibattito interessante, a differenza di altri in cui è più facile schierarsi. Una ritiene che il giornalismo debba proteggere certi valori democratici e liberali condivisi non facendosi travolgere dalle faziosità, partigianerie e divisioni che crescono ovunque, e mantenendosi modello di correttezza, credibilità e servizio al bene comune. L’altra sostiene che le minacce eccezionali ai principi che ritenevamo condivisi e ai sistemi democratici abbiano bisogno di difese e impegni eccezionali, e prese di posizione chiare e manifeste, a costo di esibire uno schieramento. La prima sembra una corretta posizione di principio e tutela dei principi, la seconda sembra una necessaria scelta di efficacia; la prima può sembrare più debole, la seconda può sembrare venir meno ai principi.
Ma c’è anche una simile contrapposizione di scelte, tra i giornali, che non deve essere confusa con questa, e che ha ragioni commerciali piuttosto che etiche: è quella che il direttore del Corriere della Sera ha descritto in un intervento al Salone del Libro di Torino con l’espressione “giornalismo intruppato”, che Luciano Fontana ha spiegato essere prevalente ma da cui lui vuole tenere fuori il Corriere : «Chi non prende posizioni forti ideologiche allora è connivente ed è un venduto, questa è una cosa che mi fa molto soffrire». Il riferimento è al fatto che effettivamente, in misure diverse, quasi tutti i quotidiani italiani maggiori sono più quotidiani “d’opinione” che “di informazione” (e in diversi casi “di propaganda): Corriere della Sera e Sole 24 Ore fanno moderatamente eccezione, affidando l’orientamento dei propri lettori a messaggi meno espliciti; Stampa e Repubblica lo sono in una forma vistosa ma composta nella forma; Fatto, Giornale, Libero e Verità più aggressivamente e con rivendicata esibizione di una “linea da dettare” ogni giorno, versione contemporanea degli organi di partito.
Dove il partito, di questi tempi, è diventata per tutti la sostenibilità economica, e quindi il consenso dei preziosi lettori paganti e abbonati da una parte, e quello dei propri preziosi editori dall’altra (poi c’è la pubblicità, che orienta altri tipi di opinioni, sugli acquisti e sulle spese): sono le tre dipendenze di cui parlammo qui, e che influiscono sulle scelte di tutti. Anche dei giornali apparentemente “non intruppati”, scelta a sua volta influenzata da una lettura diversa di queste dipendenze: c’è una parte di pubblico che le proprie opinioni le vuole leggere meno urlate. È per questo che il confronto sul ruolo del giornalismo descritto all’inizio di questo prologo è poco vivace, da noi: perché le necessità commerciali – legate alla soddisfazione delle partigianerie identitarie di cui siamo vittime tutti – prevalgono su quelle etiche.
Fine di questo lungo prologo.
domenica 18 Maggio 2025
Il Post ha annunciato il nuovo podcast settimanale di Francesco Costa, che è stato per quattro anni l’autore di uno dei podcast giornalistici più noti in Italia – “Morning” – prima di lasciarne pochi mesi fa la conduzione a Nicola Ghittoni per diventare direttore del Post al posto di Luca Sofri (ora direttore editoriale). “Wilson”, il nuovo podcast, inizierà il 29 maggio.
domenica 18 Maggio 2025
Tra le molte abituali contiguità tra le pagine di moda e lusso del Corriere della Sera e gli inserzionisti pubblicitari, visibili ogni sabato nell’inserto “Liberi tutti”, questa settimana citiamo l’articolo di quasi un’intera pagina dedicato a un orologio del brand Chanel: orologio per la cui promozione Chanel aveva comprato una pagina pubblicitaria sul Corriere pubblicata all’inizio della settimana.
domenica 18 Maggio 2025
Questa settimana il quotidiano Repubblica ha offerto articoli e immagini al proprio editore, John Elkann, per tre giorni su sette; e un quarto all’azienda principale del suo editore. Uno, due, tre e quattro.
domenica 18 Maggio 2025
La newsletter DigitalMente ha riassunto nel suo numero di oggi i risultati del primo trimestre delle aziende editrici del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore , presentati la scorsa settimana.
“Nel breve periodo dunque buoni risultati complessivamente per il Gruppo editoriale di Via Solferino, ma se si amplia lo sguardo tornando più indietro nel tempo il panorama cambia nettamente.
Rispetto al 1° trimestre del 2018 i ricavi calano di oltre un quinto [- 21.6%]. I ricavi editoriali registrano una flessione del 27.7% e quelli pubblicitari calano del 29.3%. Di questi i ricavi da adv online, al di là delle oscillazioni, non mostrano una crescita significativa nel tempo, e restano al di sotto del massimo raggiunto nei primi tre mesi del 2022.
Unica nota veramente positiva il calo dell’indebitamento finanziario che si riduce significativamente nel tempo, seppure sia in crescita anno su anno. Anche se nel 2024 RCS ha ricevuto oltre 20 milioni di euro di contributi statali che dovrebbero essere destinati a sostenere l’impresa. Non a garantire agli azionisti un dividendo”.
domenica 18 Maggio 2025
C’è stato un nuovo sviluppo nella questione dell’attribuzione della famosa foto del 1972 della bambina vietnamita in fuga dal napalm: dopo che l’agenzia Associated Press aveva concluso di non modificarla, l’autorevole fondazione World Press Photo ha invece deciso di sospenderla.
domenica 18 Maggio 2025
Ancora di più in questi decenni di crisi per le riviste, molte di quelle di moda mettono letteralmente in vendita molte delle loro pagine “redazionali” (ovvero non quelle palesemente pubblicitarie), offrendo articoli e immagini ad aziende e brand. Le aspettative di lettori e lettrici delle riviste di moda non sono particolarmente alte quanto a “indipendenza”, e la funzione di catalogo di immagini e prodotti è comunque apprezzata: ma rimane comunque un non detto e un’ambiguità sull’autonomia delle redazioni nello scegliere quali prodotti mostrare e proporre. In questo non detto sta una grande quantità di spazi e pagine che le riviste offrono ai brand contattandoli direttamente con tariffari dedicati e adattati alla misura degli spazi e dei trattamenti.
domenica 18 Maggio 2025
Il sito Professione Reporter ha riferito due recenti contese tra le redazioni del Corriere della Sera e l’azienda che pubblica il giornale. Una riguarda i giornalisti della redazione romana, che sostengono da tempo che il loro lavoro non sia valorizzato e sostenuto adeguatamente; l’altra invece è a proposito dei “premi” attribuiti ai giornalisti in base ai risultati ottenuti nel 2024, e permette di conoscere alcuni di questi risultati e i meccanismi di condivisione degli utili con i dipendenti (l’azienda ha potuto assegnare anche buoni dividendi agli azionisti, quest’anno).
“Giornaliste e giornalisti del Corriere della Sera otterranno con la mensilità di giugno 698 euro di “premio di risultato” per l’anno 2024. Poteva essere di 1.000 euro, ma uno dei tre obiettivi stabiliti nell’accordo con l’Azienda non è stato raggiunto, quello che riguarda le copie di carta vendute: il Corriere ha chiuso l’anno 2024 con una media giornaliera di 111.000 copie vendute in edicola, in calo di circa 14.000 rispetto all’anno precedente, dato che segna il peggior risultato degli ultimi anni. Il numero per far scattare il premo andava da 113mila a 117mila copie.
Il premio era costruito su tre obiettivi: copie cartacee, abbonamenti digitali, utenti unici. Ciascun obiettivo dava diritto a una quota del premio, proporzionale al grado di raggiungimento dell’obiettivo stesso.
Gli abbonamenti digitali hanno raggiunto l’85% del target (685.000 abbonati al 31 dicembre 2024), mentre l’obiettivo utenti unici ha toccato il 91% (4.582.000 utenti medi mensili). Le due voci, tradotte in cifre, valgono rispettivamente 425 e 273 euro, per un totale di 698 euro.
Non è stato invece raggiunto l’obiettivo fissato sulle copie cartacee.
L’azienda – ha spiegato il Comitato di redazione ai colleghi – ha riconosciuto che questo calo non è imputabile ai giornalisti e alla qualità del giornale – ma alla progressiva scomparsa delle edicole, dovuta alla contrazione delle vendite degli altri quotidiani.
Di fronte a un obiettivo condizionato da fattori esterni alla redazione, e di fronte all’impegno della redazione su tantissimi fronti come l’organizzazione di eventi, i viaggi e le iniziative varie, il Cdr ha chiesto all’azienda di riconoscere comunque l’intero premio previsto dall’accordo, portando la cifra complessiva a 1.000 euro. Anche come segnale della volontà di avviare un percorso per compensare gli stipendi più bassi. L’Azienda ha però respinto nettamente questa proposta”.
domenica 18 Maggio 2025
È interessante mettere in relazione con quanto avevamo scritto la settimana scorsa, a proposito della disponibilità di alcune redazioni ad accogliere le comunicazioni propagandistiche che arrivano dal governo italiano senza indagarle, un divertente articolo del Washington Post di sabato. L’articolo è intitolato “Come produrre una statistica per un comunicato stampa della Casa Bianca”, e spiega la totale infondatezza di alcuni dati fatti circolare dallo staff del presidente Trump dopo la sua visita in Arabia Saudita, e ripresi da molte testate (anche, con molte varietà, italiane): per ottenere le enormi quantità di soldi descritte come risultato dei contratti firmati da Trump, dice l’articolo, bisogna inserire nei conti una creativa varietà di ipotesi, auspicate conseguenze, indotti di indotti di indotti: “L’obiettivo è avere un numero per i titoli. Nessuno andrà a controllare tra dieci anni se una sola di tutte queste cose sarà davvero successa”.
domenica 18 Maggio 2025
Il quotidiano ItaliaOggi è tornato sull’ argomento dei libri allegati ai quotidiani, fonte di ricavo accessoria che – dopo un ritorno generale di interesse negli ultimi cinque anni – è da qualche tempo ulteriormente sfruttata, in particolare da Repubblica e Corriere della Sera. Con sensibili differenze tra le offerte di libri gratuiti o a pagamento.
“Comunque andrà a finire con i libri allegati gratuitamente (che tecnicamente si definiscono attività promozionali a supporto delle vendite di un giornale), rimane pure il business degli allegati a pagamento (solo questi per la precisione sono veri e propri collaterali). Resta un mercato di rilievo, seppur con dimensioni molto più piccole e dai margini di crescita molto più contenuti rispetto al passato, intorno almeno a tutto il primo decennio e oltre degli Anni Duemila. Eppure nel caso di Gedi, per esempio, si tratta sempre di un business che riguarda 1,5-2 milioni di titoli venduti in media l’anno. Per Rcs rappresentano più di una trentina di collane realizzate ogni anno. A differenza di quelli gratuiti, il mercato è costituito in generale da libri che si vogliono conservare a lungo. Si vendono soprattutto a gennaio e a settembre, cavalcando un po’ i buoni propositi di approfondimento dei due periodi considerati gli «inizi d’anno» […]
per Repubblica il Manifesto di Ventotene, per esempio, in concomitanza con la manifestazione di piazza e il dibattito politico, ha portato oltre 40 mila copie in più sul totale di quelle vendute in edicola […] Per il Corriere della Sera, tra gli altri, la conferma arriva col libro su Donald Trump di Federico Rampini che ha registrato oltre il 30% abbondante in più nelle vendite in edicola (in tutto 113 mila copie, sempre nel giorno medio Ads). Ma non tutti i libretti free raggiungono queste quote e al break-even servono, rispettivamente, almeno 15-20 mila copie d’incremento e un +20-25% (partendo da diffusioni complessive significative, appannaggio non di tutti i giornali). Raggiungere il pareggio, dunque, non è scontato. Anche per questo motivo i libretti free non si possono definire una reale leva economica per gli editori. Nondimeno, considerando l’incremento storico dei prezzi dei giornali in edicola, ogni copia venduta in più porta con sé una marginalità mediamente più alta”.
domenica 18 Maggio 2025
È diventato ormai un format giornalistico che vale la pena registrare: il murale su un fatto della politica, spesso con accezioni umoristiche, “comparso” o “spuntato” su un muro di Roma (dove si trovano più fotografi e cronisti politici) e che i quotidiani usano per illustrare e vivacizzare le loro pagine della politica. Il meccanismo è soddisfacente per tutti: l’artista autore o autrice del murale sa che dedicandosi ai protagonisti della politica o ai temi dell’attualità otterrà questa visibilità, le redazioni hanno immagini che rimpiazzino le noiose foto dei politici, e il contenuto ammicca e coinvolge i lettori. Anche in questo – come per esempio nelle titolazioni coi giochi di parole, o spiritose – il ruolo del giornale si discosta un po’ da quello di informazione verso un modo più di intrattenimento per ottenere l’attenzione di chi legge.
(poi, il format successivo, complici le stupidità altrui, è “imbrattato il murale”: e anche qui gli imbrattatori contano sulla speculare visibilità del gesto)
domenica 18 Maggio 2025
Il quotidiano Libero ha attaccato sabato con un articolo in prima pagina l’attore Elio Germano, protagonista nei giorni scorsi di una polemica con il ministro della Cultura dell’attuale governo italiano, governo sostenuto da una maggioranza a cui Libero si mostra vicino ogni giorno: la proprietà di Libero è di un parlamentare della maggioranza, e il direttore del giornale è l’ex portavoce della presidente del Consiglio.
L’attacco di Libero contro Germano lo accusava di avere partecipato a film che negli ultimi anni hanno ricevuto contributi pubblici: “Milioni di contributi dallo stato. Soldi a pioggia per i film di Elio Germano”: secondo i conti di Libero, quindici film con Germano prodotti negli ultimi sette anni hanno ricevuto 23 milioni di fondi pubblici. Quello che Libero non spiega però ai propri lettori – che sarebbero probabilmente interessati alla comprensione di questi funzionamenti – è che il giornale stesso è la quarta testata per quantità di contributi pubblici ricevuti in base alle leggi sull’editoria: cinque milioni e mezzo nell’ultimo anno e oltre 30 milioni negli ultimi sette anni.
domenica 18 Maggio 2025
Il settimanale americano New Yorker ha pubblicato un lungo articolo di ricostruzione e reportage sulla svolta degli scorsi mesi nelle relazioni di Jeff Bezos, fondatore e proprietario di Amazon, con uno dei più autorevoli quotidiani del mondo, il Washington Post, che Bezos aveva acquistato nel 2013.