Le rivolte sono cominciate alla fine del 2010, in Tunisia, quando alcune persone esasperate dalla povertà e dalle ingiustizie si sono date fuoco in piazza. In un mese e mezzo abbiamo assistito al crollo di due regimi trentennali – quello di Ben Ali in Tunisia e quello di Mubarak in Egitto – e alla diffusione di moti di protesta in altri tredici nazioni. Ecco, quindi, paese per paese, cosa sta succedendo in Medio Oriente e in Nordafrica.
Libia
Le proteste sono iniziate mercoledì scorso nel cosiddetto “giorno della rabbia“, quando una grossa protesta si è svolta contro il regime di Mu’ammar Gheddafi, al potere da 41 anni. La repressione da parte delle forze dell’ordine è stata violentissima: da mercoledì a domenica sono state uccise almeno 250 persone, e i feriti sono centinaia. La maggior parte degli scontri si sono verificati a Bengasi, la seconda città del paese; alcuni testimoni oculari hanno dichiarato alla CNN che i manifestanti hanno preso il controllo della città. Ieri sera il figlio di Gheddafi ha parlato in tv per smentire le voci su una fuga di suo padre e avvisare la popolazione del rischio di una “guerra civile” se le rivolte nel paese continuassero. Nel frattempo le proteste sono arrivate a Tripoli: da stamattina il palazzo del governo è in fiamme.
Bahrein
Dopo giorni di proteste e una sanguinosa repressione, da qualche giorno l’atteggiamento del governo sembra più tranquillo e collaborativo. Sabato l’erede al trono Salman bin Hamad al-Khalifa ha deciso di rimuovere buona parte delle truppe che presidiavano piazza della Perla, il luogo di raccolta dei manifestanti, che in migliaia si sono accampati nuovamente nella piazza e hanno ripreso a dimostrare contro il governo. Domenica il principe Salman ha inoltre invitato al dialogo: sette gruppi di opposizione si sono incontrati per decidere il da farsi. Al momento migliaia di persone si trovano in Piazza della Perla. Chiedono, tra le altre cose, un’indagine sulla morte delle dieci persone uccise durante le proteste e che venga fatta chiarezza sulla scomparsa di centinaia di persone in seguito all’irruzione della polizia in Piazza della Perla lo scorso martedì mattina. Le proteste in Bahrein sono iniziate lunedì scorso. I manifestanti chiedono riforme democratiche e la trasformazione del regno in una monarchia costituzionale.
Iran
In molte città del paese sono riprese le proteste antigovernative e gli scontri tra manifestanti e forze di polizia. Sembra che domenica la polizia abbia sparato nuovamente sulla folla, uccidendo una persona a Teheran e ferendone molte altre. Nella città di Isfahan i manifestanti sono stati picchiati con bastoni, mentre in una piazza vicina si svolgeva una manifestazione pacifica sorvegliata dalle forze dell’ordine. La CNN riporta che domenica circa duecento persone si sono riunite nella piazza centrale della città per protestare contro il governo, ma sono state disperse dalle forze di sicurezza. Secondo alcuni testimoni le proteste sarebbero ancora più grandi di quelle che la scorsa settimana hanno portato alla morte di due persone. Gli scontri sono iniziati lo scorso lunedì, quando migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade di Teheran ispirandosi esplicitamente a quanto accaduto in Tunisia e in Egitto.
Iraq
Ieri alcuni uomini a volto coperto hanno dato fuoco alla sede di una televisione indipendente in Kurdistan. L’attacco è avvenuto mentre centinaia di persone manifestavano nella città di Sulaimaniya, nella regione curda dell’Iraq, in seguito agli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine nei giorni precedenti, che hanno causato un morto e 70 feriti. I manifestanti contestano il presidente del Kurdistan Massoud Barazani e il partito democratico del Kurdistan, che si trova al governo: chiedono la fine della corruzione, il miglioramento della qualità dei servizi di base, la costruzione di muove infrastrutture, e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Yemen
Le proteste sono iniziate il 27 gennaio ispirandosi esplicitamente a quanto accaduto in Tunisia. Migliaia di manifestanti hanno protestato nelle strade della capitale Sana’a contro il governo di Ali Abdullah Saleh, presidente del paese da oltre trent’anni. Dopo giorni di contestazioni, il presidente Saleh ha promesso ai manifestanti che non si sarebbe ricandidato nelle elezioni del 2013. Le proteste però non si sono placate, anzi gli oppositori del governo hanno continuato a protestare per chiedere le immediate dimissioni di Saleh. Da dieci giorni i manifestanti protestano senza sosta e spesso si sono verificati scontri piuttosto violenti tra sostenitori e oppositori del governo.