Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 18 Maggio 2025
Venerdì alcuni quotidiani hanno riferito che la famiglia di Chiara Poggi – la ragazza uccisa a Garlasco nel 2007 in un caso di cronaca nera nuovamente discusso in questi giorni – ha intenzione di denunciare alcuni siti e blog per le illazioni offensive pubblicate nei giorni precedenti. I giornali ne hanno scritto con evidente comprensione e con la stessa comprensione la notizia è stata sicuramente accolta da molti lettori e lettrici. Nessuno l’ha chiamata intimidazione, nessuno ha difeso quei siti e blog e il loro diritto di espressione e di cronaca, nessuno ha denunciato l’uso che viene fatto delle querele per costringere al silenzio i querelati. Nessuno, sui quotidiani, ha insomma scritto quello che alcuni quotidiani scrivono con frequenza per reagire e contestare delle denunce di persone che si ritengono diffamate dai loro articoli.
Ed è saggio così, perché le querele e le denunce per diffamazione non possono essere raccontate come una vergogna solo perché colpiscono te: lo sono se sono palesemente infondate, lo sono se il rapporto di forze è sproporzionato, lo sono se le richieste sono esagerate. Lo sono, insomma, nel merito della querela e del contesto. Sarebbe bello che i giornali che reagiscono a quelle contro di loro, di querele, titolassero sul perché hanno ragione, informando chi legge, piuttosto che titolare sul loro essere presunte vittime di attacchi inaccettabili solo perché riguardano loro. La differenza non la fa essere un noto quotidiano o un piccolo blog: la fa se hai scritto cose diffamatorie, secondo la legge, o no.
Fine di questo prologo.
domenica 11 Maggio 2025
Capita tuttora con qualche frequenza che alcuni passaggi di articoli di giornale vengano copiati e incollati identici o quasi in articoli di altri giornali, per fretta, pigrizia o incompetenza. La libertà di studiare e attingere a fonti, letture e informazioni esistenti è naturalmente un elemento del giornalismo, ma il limite condiviso dovrebbe essere comunque l’originalità e la riscrittura degli articoli, insieme alla garanzia della citazione delle idee o delle notizie più rare. Capita anche al Post di trovare paragrafi dei propri articoli ripresi integralmente da altre testate, o con esigue accorte modifiche: la norma è portare pazienza, e a volte far arrivare ai responsabili l’informazione che il plagio è stato notato, senza fare nomi.
Un giornalista del Corriere della Sera, invece, la settimana scorsa ha ritenuto di rendere pubblico sui social network il suo spazientimento per un collega in particolare.
domenica 11 Maggio 2025
Gli accorti approcci della redazione sportiva del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport al racconto delle notizie che riguardano la squadra di calcio del Torino – posseduta dall’editore dei due giornali, Urbano Cairo – hanno conosciuto dei nuovi primati di prudenza e autocensura questa settimana. È successo che in occasione dell’anniversario della strage di Superga – l’evento più drammatico e famoso della storia della squadra – i più agguerriti tifosi del Torino hanno organizzato una manifestazione in città che si è trasformata in una protesta con slogan e striscioni contro il presidente Cairo, contestato ormai da molto tempo. Cairo era stato a Superga prima delle commemorazioni ufficiali, evitando i tifosi e altri cori e aggressività contro di lui e contro la dirigenza.
Giornali e siti di news hanno riportato le contestazioni in articoli e titoli dedicati. Con l’eccezione del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, che si sono concentrati unicamente sull’anniversario e sul coinvolgimento emotivo del presidente.
domenica 11 Maggio 2025
Il Foglio ha inaugurato venerdì un nuovo supplemento mensile dedicato all’Europa (“Il Foglio Europeo”) curato dalla vicedirettrice Paola Peduzzi. Nel presentarlo, il direttore Claudio Cerasa ha ricordato il ruolo e il contributo della banca partner del progetto, confermando un intenso aumento dei risultati ottenuti in questi anni dal giornale nei progetti editoriali sostenuti da sponsor e inserzionisti: «È un’idea che nasce grazie a una partnership nata con Banca Ifis per volontà del suo presidente Ernesto Fürstenberg Fassio».
domenica 11 Maggio 2025
Domenica scorsa avevamo segnalato come un incidente per disattenzione quella che sembrava un’associazione fuori luogo e controproducente tra una pubblicità e una notizia drammatica (nel dettaglio: una pubblicità intorno a delle esplosioni e le pagine su bombardamenti e missili). Ma considerato che la stessa cosa si è ripetuta e su più quotidiani anche questa settimana, è invece probabile che l’inserzionista e i giornali in questione non lo ritengano un problema (sabato poi l’associazione tra le immagini ha preso toni più leggeri).
(a margine, l’inserzionista ha anche ottenuto un articolo su altri suoi prodotti)
domenica 11 Maggio 2025
Le iniziative accessorie dei quotidiani italiani per coinvolgere i lettori in attività collaterali e in contributi economici alla propria sostenibilità si fanno sempre più varie, soprattutto quelle col suggestivo nome di “Academy”. Questa settimana si sono viste le promozioni di un bellicoso viaggio in Iraq con un inviato del Giornale (che segue quello in una più pacificata Sarajevo, promosso con simile drammaticità) e di una “Academy Cane e Gatto” su Repubblica.
“Vogliamo portarvi in Iraq dal 19 al 26 settembre 2025.
Esploriamo le aree del Kurdistan iracheno dove si sono svolti alcuni degli eventi più significativi e drammatici degli ultimi decenni. Fausto Biloslavo vi accompagnerà e condividerà le sue conoscenze, tecniche e storie. Racconterà ai ragazzi come allestire un reportage o un servizio fotografico.
I lavori scritti e fotografici dei partecipanti verranno poi pubblicati su ilGiornale e sui suoi canali social. Al termine del viaggio verrà rilasciato un attestato di partecipazione.
Il prezzo del viaggio è di 3299 € a persona. Nel costo sono inclusi: formazione specializzata con Fausto Biloslavo, volo, pernottamento con trattamento di pensione completa in hotel, bus privato per trasferimenti, guida locale, escursioni, ingressi, tasse e assicurazioni incluse”.

domenica 11 Maggio 2025
Rispetto allo spiazzamento che generò alla sua introduzione su molti siti di news, quasi tre anni fa, ci siamo piuttosto abituati al fastidio del dover acconsentire – nell’accedere ai siti in questione – alla cessione di dati personali di navigazione utili alle promozioni pubblicitarie. È il modo che i siti di tanti giornali – non solo in Italia – hanno trovato per far convivere le richieste del cosiddetto GDPR e le loro necessità legittime di ricavo economico per il loro lavoro: se i lettori leggono gratis, che almeno siano destinatari di pubblicità efficaci e di qualche valore per il giornale.
Non è però stato mai chiarito se questo escamotage sia in effetti rispettoso delle norme sulla privacy: e adesso il Garante per la privacy ha avviato una “consultazione pubblica” per capire se ci possano essere regole e scelte che limitino le controindicazioni.
“L’iniziativa si inserisce nel quadro delle istruttorie già avviate dall’Autorità nei confronti di numerosi editori di giornali che utilizzano tale modalità di business ritenuta controversa sul piano della normativa privacy (Gdpr e direttiva e-privacy), anche dall’Edpb, in particolare sulla possibilità di considerare libero il consenso eventualmente prestato dall’utente. La maggior parte degli interessati, infatti, pur di accedere “gratuitamente” ai contenuti o alle funzionalità e ai servizi offerti, acconsente al trattamento dei propri dati, spesso neppure comprendendo a pieno gli effetti delle proprie scelte.
Allo stesso tempo, l’iniziativa vuole evitare un approccio meramente sanzionatorio da parte dell’Autorità, che rischierebbe di compromettere l’attuale modello di mercato degli editori e degli altri titolari coinvolti senza offrire un a valida alternativa in grado di bilanciare adeguatamente le esigenze economiche dei settori interessati, la libera circolazione dell’informazione e il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali.
La consultazione, rivolta a tutti i portatori di interessi, mira a raccogliere contributi utili a individuare soluzioni tecniche e operative – come modelli alternativi di accesso ai contenuti – in grado di garantire agli utenti il rispetto dei principi di libertà, specificità e consapevolezza del consenso”.
domenica 11 Maggio 2025
La newsletter Mediastorm di Lelio Simi, che si occupa di “media” di varia natura e genere, ha pubblicato una interessante riflessione a proposito delle “rese”, utile a completare le informazioni che condividiamo spesso qui sulla diffusione dei quotidiani cartacei.
“Le copie rese sono l’elemento più importante per valutare l’efficienza del canale distributivo della filiera dei quotidiani. In Italia che, a differenza di altri paesi, non ha mai avuto una solida base di distribuzione tramite abbonamenti, la resa ha un peso decisamente elevato. E che è in aumento ormai da anni nonostante le copie stampate siano sempre meno.
Dal 2020 ADS (che certifica la diffusione dei giornali italiani) nei suoi resoconti non indica più in modo diretto le copie rese, facendo così mancare un dato molto importante al mercato. In realtà però non è difficile da ricavare dal complesso dei dati pubblicati dalla stessa ADS, basta perderci un po’ di tempo, che è quello che ho fatto.
Nel 2024 il volume totale di copie rese (quindi complessivamente quello accumulato nei 12 mesi) dell’aggregato di tutti i quotidiani censiti (60 testate) è stato di 266 milioni unità (ovvero 740mila nel giorno medio) con un peso del 39,5% sulla tiratura, praticamente 2 copie su 5 “tirate” finiscono al macero.
Nel grafico che ho realizzato sono rappresentate tutte le testate individuate, sulle ordinate, dal volume totale delle copie rese nel 2024 e, nelle ascisse, dal loro peso percentuale sulla tiratura.
Come si può facilmente notare i quotidiani che hanno una distribuzione nazionale (e in particolare per quelli che non hanno un “baricentro” distributivo, ovvero un’area geografica che assorbe il 40-50% delle vendite) la resa ha valori superiori al 50% (si stampano più copie che finiscono al macero che non quelle diffuse).
E no, ridurre la tiratura, non migliorerebbe significativamente lo scarto se i problemi a monte della rete distributiva non vengono, almeno in parte, risolti. Anzi con un minor volume di stampato i problemi, e quindi lo scarto, potrebbero aumentare. Il punto è che oggi essere un piccolo quotidiano con una distribuzione nazionale sul canale edicola presenta difficoltà enormi ed infatti per alcuni la scelta è di non distribuire il giornale in alcune aree o regioni”.
Il grafico è interessante da studiare per quanto riguarda entrambi i dati: è probabile per esempio che dove le rese sono in percentuale molto alte ci sia uno sforzo da parte di quella testata di mantenere una distribuzione molto estesa anche nei luoghi di vendite limitate e discontinue.
domenica 11 Maggio 2025
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di marzo 2025.
I dati sono la diffusione media giornaliera*. Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.
Corriere della Sera 161.100 (-5%)
Repubblica 84.733 (-8%)
Stampa 57.410 (-11%)
Sole 24 Ore 50.111 (-8%)
Resto del Carlino 45.804 (-11%)
Messaggero 40.285 (-10%)
Gazzettino 30.700 (-8%)
Nazione 30.121 (-11%)
Fatto 25.286 (-6%)
Dolomiten 25.074 (-9%)
Giornale 24.575 (-8%)
Messaggero Veneto 22.046 (-8%)
Unione Sarda 20.586 (-8%)
Verità 19.824 (-9%)
Eco di Bergamo 18.858 (-12%)
Secolo XIX 18.559 (-8%)
Altri giornali nazionali:
Libero 17.104 (-7%)
Manifesto 14.009 (+8%)
Avvenire 13.957 (-7%)
ItaliaOggi 5.349 (+0%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
La media dei cali percentuali anno su anno delle prime dieci testate a marzo è dell’8,7%. Rispetto a questo dato continua ad andare meglio – ormai stabilmente da alcuni anni – il Corriere della Sera, ma questo mese anche il Fatto, e pure Repubblica e il Sole 24 Ore vanno qualche decimale meglio della media . I due quotidiani maggiori avevano approfittato a marzo di diversi allegati speciali (era stato il mese del “Manifesto di Ventotene” su Repubblica, e della manifestazione romana promossa dal giornale: e anche del suo “restyling” grafico). Alcune testate – non tutte – vanno persino meglio del mese precedente, che però aveva tre giorni in meno. Il Manifesto – che continua ad andare bene, soprattutto con gli abbonamenti digitali – da due mesi ha superato Avvenire. È di nuovo non negativo anche il dato del quotidiano milanese ItaliaOggi, dopo molti mesi di grosso declino.
Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara più di 41mila, il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 28mila, Repubblica 14mila). Le percentuali sono la variazione rispetto a un anno fa, ma questo mese aggiungiamo tra parentesi anche le variazioni degli abbonamenti superscontati di cui abbiamo detto.
Corriere della Sera 47.417 +1,1% (+9,4%)
Sole 24 Ore 21.802 -4,5% (-0,6%)
Repubblica 21.405 -2,5% (-6,3%)
Manifesto 7.160 +7,4%
Stampa 6.734 -6,1% (+7,2%)
Fatto 6.251 -0,7% (+15,5%)
Gazzettino 6.289 -9,1% (+18,6%)
Messaggero 5.717 -8,9% (+10,1%)
Come si vede, con l’eccezione del Manifesto e in una esigua misura del Corriere della Sera, le variazioni annuali sono persino negative. Compensate in quote diverse dalle crescite degli abbonamenti molto scontati: il cui valore è impossibile da sintetizzare, data la varietà delle promozioni e degli sconti. Ci sono in questo dato abbonamenti pagati anche 150 euro come altri in offerte a pochi euro.
Si conferma la tendenza a investire sulla crescita nel numero degli abbonamenti di valore limitato, che generano ricavi contenuti.
Ricordiamo che si parla qui degli abbonamenti alle copie digitali dei quotidiani, non di quelli – solitamente molto più economici – ai contenuti dei loro siti web.
(Avvenire, Manifesto, Libero, Dolomiten e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
* Come ogni mese, quelli che selezioniamo e aggreghiamo, tra le varie voci, sono i dati più significativi e più paragonabili, piuttosto che la generica “diffusione” totale: quindi escludiamo i dati sulle copie distribuite gratuitamente, su quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e su quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte).
Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore un po’ grossolano, e usate soprattutto come promozione presso gli inserzionisti pubblicitari.
domenica 11 Maggio 2025
L’agenzia di stampa americana Associated Press ha pubblicato i risultati della sua indagine rispetto ai dubbi avanzati da un documentario sull’attribuzione di una delle più celebri foto di guerra di tutti i tempi, quella relativa alla guerra in Vietnam e nota come “Napalm girl”. Il rapporto non individua con assoluta certezza chi sia stato l’autore della foto ma conclude che debba rimanere attribuita a Nick Ut, in assenza di prove convincenti che l’autore sia un altro e ritenendo plausibile che l’abbia fatta lui.
domenica 11 Maggio 2025
C’è stato questa settimana un piccolo esempio di ben tre diverse consuetudini dei quotidiani che abbiamo descritto su Charlie altre volte. Una è la tendenza a enfatizzare – un po’ provincialmente – le opinioni pubblicate sulla stampa straniera a proposito dell’Italia, soprattutto a sostegno di simpatie politiche di questa o di quella testata (non sembra succedere l’inverso sui giornali dei paesi con cui l’Italia si paragona). La seconda scelta frequente e sbrigativa sulla stampa italiana è di attribuire genericamente alle testate straniere le opinioni di singoli commentatori o autori ospiti: a volte del tutto occasionali, o persino indipendenti dalle posizioni prevalenti del giornale. La terza tendenza è la disponibilità a riprendere comunicazioni di propaganda dagli staff dei partiti e del governo, senza fare verifiche.
Martedì alcuni siti e giornali vicini al governo Meloni hanno dato risalto a quella che è stata presentata come una esaltazione di Giorgia Meloni stessa sul quotidiano tedesco Die Welt. I titoli erano per esempio “La Welt celebra Meloni” o “Un elogio dalla Germania“, solo per citare le testate maggiori. Anche il Corriere della Sera ha pubblicato un breve articolo attribuendo la posizione alla testata tedesca senza maggiori dettagli (“Secondo Die Welt…”) e riportando i commenti compiaciuti di altri membri della maggioranza di governo.
L’articolo di apprezzamento di Meloni era però di un autore francese, ospite della sezione delle opinioni del giornale, e nessuno dei giornali in questione ha spiegato (avendo probabilmente le redazioni italiane ricevuto segnalazione ed estratti da una fonte governativa) che l’articolo era in realtà uscito sul quotidiano francese Le Figaro due settimane prima, e che la Welt l’aveva soltanto ripreso e tradotto. Rendendo più fragile quindi la tesi che l’elogio fosse un’idea della Welt o che arrivasse persino “dalla Germania”: l’autore ha pubblicato simili apprezzamenti in Francia più volte negli anni passati.
Ma soprattutto, a rivelare la rituale ripetitività propagandistica di tutta quanta la procedura, c’è che quando l’articolo era uscito in Francia, due settimane prima, era già stato similmente riportato (e con gli stessi toni erano stati enfatizzati altri interventi simili e precedenti dello stesso autore). Il Secolo d’Italia, storica testata della destra italiana che ha estesamente illustrato l’autorevolezza dell’autore della versione tedesca, lo aveva già fatto con identiche parole due settimane prima: in quel caso col titolo “Le Figaro incorona Meloni”.
domenica 11 Maggio 2025
Siamo abituati a considerare i libri come prodotti particolari, legati spesso all’informazione e alla trasmissione di “cultura”, ma sono anche quelli dei prodotti commerciali, creati da imprese private con obiettivi di profitto, come molte altre produzioni. Però, appunto per il ruolo particolare che attribuiamo loro (poi a meritarselo è una quota più ridotta dei 70mila libri pubblicati ogni anno, naturalmente), creiamo una contraddizione rispetto alla loro promozione e agli interessi relativi. Pensate solo a come con i libri i rigori della “pubblicità occulta” televisiva vengano rimossi del tutto: i libri e i loro editori – grandi aziende commerciali – ottengono pubblicità e promozioni che sarebbero impensabili e genererebbero proteste e indignazioni se riguardassero altri prodotti (vale anche per il cinema, o per la musica).
Quindi questa newsletter, che si occupa spesso della perdita di credibilità dei giornali rispetto alla copertura giornalistica delle notizie che riguardano aziende o prodotti, è nella stessa contraddittoria indulgenza: è forse inevitabile che un articolo che promuove una nuova uscita conviva con il ricavo ottenuto da quel quotidiano grazie alla pubblicità comprata dall’editore (lo stesso giorno, persino), ed è comunque vero che raramente le segnalazioni di libri sui giornali si permettono eventuali critiche (anche per via della più quotidiana relazione di interesse con le case editrici e i loro uffici stampa, fornitrici di molti contenuti utili ai giornali). Però teniamo presente che con alcuni editori c’è un conflitto di interessi maggiore.
Fine di questo prologo.
domenica 4 Maggio 2025
Repubblica e Corriere della Sera hanno accolto questa settimana una pagina pubblicitaria di una università privata costituita da un testo particolarmente offensivo e sprezzante nei confronti della scuola e dell’università pubblica, e hanno ritenuto che il contenuto non meritasse considerazioni di opportunità o fondatezza.
(due settimane fa il Corriere della Sera aveva rifiutato un’inserzione dell’organizzazione Greenpeace, ritenendone evidentemente inopportuno il contenuto)
domenica 4 Maggio 2025
Il dipartimento per l’informazione e l’editoria del governo italiano ha pubblicato l’elenco dei giornali a cui è stato attribuito – come richiesto dalle singole testate – per l’anno 2023 il diritto al “contributo pubblico diretto”, cioè il finanziamento pubblico che la legge prevede per i giornali che si dichiarino pubblicati da cooperative di giornalisti o da società senza fini di lucro, o che siano espressione di minoranze linguistiche.
Qui sul Post la lista delle testate beneficiarie della nuova quota di contributi.
domenica 4 Maggio 2025
Giovedì il Corriere della Sera ha ritenuto di informare i lettori, con un breve articolo a pagina 25, della “conferma di Dino Muto alla presidenza dell’Ente nazionale della cinofilia italiana”, conservando così un’attenzione unica agli eventi che riguardano una serie di organizzazioni e associazioni che si occupano di animali domestici, in particolare quelle vicine alla deputata Michela Brambilla (oggi nel partito Noi Moderati), molto impegnata su questo fronte e le cui iniziative sono riferite con assiduità dal Corriere della Sera stesso.
Un altro ente a cui il Corriere della Sera riserva proprie uniche attenzioni è la “Fondazione Guido Carli”, alle cui iniziative è formalmente coinvolto l’editore del giornale, Urbano Cairo. In occasione di eventi come quello promosso questa settimana, la fondazione acquista abitualmente uno spazio pubblicitario e ottiene un articolo promozionale.
domenica 4 Maggio 2025
Confermando un’intenzione che era nota da mesi, l’azienda editrice del Sole 24 Ore ha nominato Federico Silvestri nuovo amministratore delegato. Silvestri era finora direttore generale “Media e business” avendo aumentato progressivamente il suo ruolo e i suoi poteri a partire dalle sue responsabilità iniziali a capo della concessionaria pubblicitaria del gruppo.
domenica 4 Maggio 2025
Avevamo raccontato in passato il rapporto privilegiato che può crearsi tra alcune parti politiche e certi giornali, che genera opportunità per ambedue (non parliamo dei più visibili e presenti casi di conflitti di interessi* delle proprietà), come capita con le relazioni con qualunque tipo di fonte: e del vistoso esempio del Corriere della Sera che ha costruito una proficua relazione con il partito di maggioranza al governo, che offre a quel partito una preziosa visibilità dei suoi argomenti sul maggiore quotidiano italiano, e al quotidiano una priorità di accesso ai membri più importanti del governo in carica.
Un caso vistoso si è avuto martedì, quando a tre giorni di distanza dal fatto in questione la presidente del Consiglio ha avuto bisogno di un intervento di “crisis management” rispetto all’ipotesi assai riportata che fosse stata esclusa dagli importanti colloqui internazionali avvenuti a margine del funerale del papa. E ha così offerto al Corriere della Sera un’ampia intervista per diffondere la sua versione, a cui il giornale ha offerto in cambio le pagine due e tre (nel giorno in cui gli altri quotidiani dedicavano quegli spazi al grande blackout spagnolo e portoghese), e un’impostazione che sarà stata probabilmente apprezzata dallo staff della presidenza del Consiglio.
“Quindici giorni di fuoco, che l’hanno vista al centro del mondo in molti ruoli: dal faccia a faccia con Trump alla Casa Bianca, a padrona di casa nell’evento politico, sociale, religioso più imponente degli ultimi anni in Italia: i funerali del Papa. Non ci sono stati inciampi o passi falsi, anzi è andata «benissimo» l’organizzazione che, «voglio farlo sapere agli italiani, ci ha fatto ricevere complimenti da tutti i Paesi i cui rappresentanti hanno partecipato all’evento, che hanno apprezzato il perfetto funzionamento della macchina: grazie a tutti quelli che hanno dato il loro prezioso contributo, le grandi storie sono fatte da mille, piccole mani». Ma Giorgia Meloni preferisce rimanere con i piedi per terra. Se deve darsi un voto «è sei, come sa chiunque mi conosca». Perché «io non sono mai soddisfatta, soprattutto di me. Penso sempre che si debba fare di meglio e di più. Più si sale e più è facile scendere, ce l’ho presente da sempre».
Erano passaggi difficili, in un momento internazionale tesissimo. Ha ricevuto più complimenti che critiche, non le basta?” .
Un’intervista di ancora maggiore disponibilità nei confronti della presidente del Consiglio è stata pubblicata venerdì dall’agenzia Adnkronos (con l’assai infondata definizione di “esclusiva”): in questo caso è opportuno conoscere le tradizioni concilianti con i partiti di destra dell’agenzia, del suo fondatore, e dei suoi ultimi direttori .
* (l’espressione “conflitto di interessi” viene spesso usata con una certa vaghezza e libertà: qui intendiamo il conflitto tra gli interessi privati degli editori e l’interesse giornalistico di una testata, in cui prevalgono i primi).
domenica 4 Maggio 2025
Tra le quotidiane iniziative verbali sopra le righe dell’amministrazione Trump questa settimana c’è stato un attacco contro l’ipotesi che Amazon indicasse sulle sue pagine l’aggravio dei prezzi dei suoi prodotti dovuto ai dazi imposti da Trump. Amazon ha provveduto a negare l’ipotesi, e Trump ha avuto successive parole di elogio per il proprietario Jeff Bezos che gli aveva dato rassicurazioni personali in questo senso, confermando una grande docilità nei confronti della presidenza.
Bezos è anche editore del Washington Post e negli scorsi mesi ci sono state grandi polemiche e scontri per le ingerenze nella libertà del giornale proprio per quello che riguarda l’amministrazione Trump. In questo contesto molti hanno notato come il Washington Post – a differenza di altre testate – abbia titolato il proprio articolo sulla breve polemica non sull’attacco di Trump, ma sul successivo elogio di Bezos.

domenica 4 Maggio 2025
Questa settimana su Repubblica c’è stato un altro piccolo “incidente” di associazione di un’inserzione pubblicitaria a una notizia drammatica, con sovrapposizioni spiacevoli per i lettori e probabilmente non apprezzate dall’inserzionista. È un problema che capita più di frequente sui giornali online – dove il controllo sulle inserzioni è molto più limitato – ma a volte una distrazione può far sfuggire un’osservazione più attenta sulla convivenza dei due tipi di contenuti. In questo caso, gli incendi a Gerusalemme e la pubblicità del nuovo brand di indumenti intimi maschili dell’azienda Intimissimi.
domenica 4 Maggio 2025
La Columbia Journalism Review ha intervistato per una sua newsletter il giornalista americano Ryan Lizza, di cui avevamo scritto la settimana scorsa. Ma adesso citiamo l’intervista per mostrare una peculiare e apprezzabile pratica giornalistica americana: a un certo punto Lizza risponde definendo un altro giornalista, Dylan Byers, «il più stupido reporter con cui abbia mai avuto a che fare» (Lizza ha poi puntualizzato di avere detto “il più stupido e più disonesto”).
E la redazione di CJR ha inserito una propria nota spiegando di avere richiesto un commento a Byers, senza ottenerlo.
Ora immaginate un giornalismo in cui quando un intervistato attacca o insulta qualcuno, a quel qualcuno viene dato diritto di replica o commento.
domenica 4 Maggio 2025
Secondo un articolo del Guardian di lunedì il fondo americano RedBird sarebbe vicino a un’offerta convincente per acquistare un altro grande quotidiano britannico, il Daily Telegraph. La questione della vendita del Telegraph, ricorderanno i lettori di Charlie, va avanti ormai da due anni, con passi avanti e indietro. RedBird vorrebbe superare i limiti posti dal governo britannico alle ingerenze straniere nei media nazionali (limiti nati per via della partecipazione araba al fondo) creando un consorzio di più soci coinvolti.
domenica 4 Maggio 2025
Una ONG con sede a Berlino dedicata alle “libertà civili” in Europa (che a sua volta raduna una serie di ONG in diversi paesi ed è sostenuta dalle Open Society Foundations di George Soros) ha pubblicato un rapporto sul pluralismo a rischio nei mezzi di informazione europei. Nel documento si parla anche dell’Italia, citando diverse situazioni discutibili, e da noi note, rispetto alle libertà e al pluralismo (ma anche indicando come un problema l’individuazione delle reali proprietà dei mezzi di informazione: che invece qui diremmo abbastanza palesi, e anche troppo). Nel riferire in un suo articolo il contenuto del rapporto, il quotidiano britannico Guardian ha dato evidenza nella foto di apertura al caso italiano di Antonio Angelucci, e questo ha dato l’occasione al quotidiano Domani per un editoriale che è tornato a ricordare l’inquietante groviglio di interessi di quello che è insieme l’editore di due maggiori quotidiani nazionali (Libero e Giornale) e di un quotidiano romano (Tempo), il proprietario di un ricco sistema di cliniche private con intense relazioni con le amministrazioni pubbliche, e il deputato di un partito di governo.
domenica 4 Maggio 2025
La notizia della classifica dei paesi del mondo per “libertà di stampa” è una specie di rito annuale, sui giornali: come lo scioglimento del sangue di San Gennaro o il bagno nel Tevere a Capodanno. Tanto che il suo significato e valore sono spesso equivocati, per quanto benintenzionati: si spiega poco, per esempio, che le maggiori minacce considerate per l’Italia sono quelle della criminalità organizzata, e si lascia pensare ai lettori che il problema principale sia invece l’ingerenza della politica; e non si racconta che le analisi compiute dall’organizzazione “Reporter senza frontiere” si basano su rapporti inviati dai giornalisti dei paesi considerati, quindi la classifica si deve a quello che pensano i giornalisti italiani della libertà di stampa in Italia, piuttosto che al giudizio di osservatori esterni. Charlie ne aveva scritto un anno fa, e quelle avvertenze sono tuttora valide.
“il “World press freedom index”, una classifica aggiornata annualmente dei paesi del mondo sulla base di una serie di parametri che, sintetizzati, vogliono misurare la libertà di stampa in ciascun paese. Trattandosi di una classifica è da una parte molto appetibile per i mezzi di informazione, e dall’altra molto schematica e a rischio di interpretazioni sbrigative. In più, è compilata a partire dai giudizi di un’organizzazione privata – per quanto encomiabile nel suo lavoro – e da valutatori particolarmente sensibili ai rischi per la libertà di stampa e quindi tendenti a enfatizzare questi rischi e ogni allarme relativo”.
domenica 4 Maggio 2025
Le trattative tra Donald Trump e la grande multinazionale dei media Paramount Global sulla denuncia del primo contro la seconda continuano ad avere grandi attenzioni negli Stati Uniti: e come avevamo detto una settimana fa si sta confermando l’intenzione di Paramount di darla vinta a Trump, per proteggere un proprio interesse aziendale.
La questione, ricordiamo, è l’accusa di Trump nei confronti del network televisivo CBS News (posseduto da Paramount) di avere manipolato strumentalmente un’intervista alla sua avversaria per la presidenza Kamala Harris. La rete ha risposto – confortata dal giudizio di qualunque esperto di televisione – che si era trattato di un normale e consueto lavoro di montaggio su un’intervista registrata. Il New York Times è tornato questa settimana a definire “priva di fondamento” la causa di Trump, per esempio, facendo nuovamente irritare il presidente.
Ma il fatto è che Paramount Global sta aspettando il via libera del governo statunitense per un’importante operazione di fusione, che porterebbe grandi profitti in particolare per la sua presidente Shari Redstone: accusata da molti osservatori di voler proteggere questi interessi e quindi di acconsentire a un assurdo risarcimento nei confronti di Trump. Il Wall Street Journal ha scritto mercoledì che nelle trattative tra gli avvocati Paramount avrebbe considerato un’offerta fino a venti milioni di dollari, ma le richieste di Trump sarebbero maggiori, e pretenderebbero anche delle scuse pubbliche.
domenica 4 Maggio 2025
Finora non ci sono dati concreti che meritino maggiori approfondimenti, ma uno degli argomenti più universali di questi mesi intorno al “dannato futuro del giornalismo” è diventato il timore che le crisi economiche previste da molti esperti in seguito alle nuove politiche statunitensi sui dazi possano spingere le aziende – come avviene in ogni occasione di crisi – a ridurre gli investimenti pubblicitari. Rischio che naturalmente è visto con ancora maggiore preoccupazione nelle aziende giornalistiche i cui bilanci dipendono maggiormente dalla pubblicità.
domenica 4 Maggio 2025
Il libro che riproduce alcuni messaggi dalle chat dei parlamentari di Fratelli d’Italia, uscito lo scorso febbraio, si avvicina ad aver venduto ventimila copie, aiutato dall’unicità del contenuto e dalle comprensibili curiosità. Al momento della sua pubblicazione ci furono altrettanto comprensibili irritazioni da parte di alcuni protagonisti delle conversazioni (altri evidentemente apprezzarono silenziosamente) nei confronti dell’autore – Giacomo Salvini, giornalista del Fatto – e riflessioni tra giornalisti sulla correttezza dell’operazione: che, ricordiamo, riguardava la riproduzione di conversazioni assai relativamente “private”, essendo avvenute in chat di gruppi a cui partecipavano tra le 50 e le 170 persone.
Ma il lavoro di Salvini – che ha isolato alcuni temi ricorrenti nei sei anni di chat indagate – è un buono spunto per valutare l’uso dei “retroscena” e delle dichiarazioni e commenti quotidiani di cui è fatta la cronaca politica così come è concepita sui media italiani. Diversi degli scambi citati nel libro, infatti, erano stati a suo tempo citati sui quotidiani, generando polemiche di 24 ore, e lasciando rapidamente il posto alla polemica successiva: tutte poco significative, proprio perché passeggere, contraddette immediatamente da altro, semplici battute di una giornata ogni volta molto enfatizzate. Il loro esame a maggior distanza, e soprattutto su una documentazione assai più ricca, ha permesso invece a Salvini di individuare e sostanziare quello che ha avuto maggior continuità e maggiori indizi, nella pratica politica di quel partito (che è soprattutto pratica di comunicazione). Un lavoro giornalistico, ma anche storico. E al lavoro giornalistico un po’ di prospettiva storica – di allargamento dell’obiettivo – farebbe bene, anche nel quotidiano.
Fine di questo prologo.
domenica 27 Aprile 2025
L’organizzazione ambientalista Greenpeace ha comprato uno spazio pubblicitario su alcuni dei pochissimi quotidiani nazionali indipendenti dalle richieste e pressioni di ENI, per denunciare proprio come altri quotidiani non accettino le inserzioni che accusano le responsabilità di ENI nell’aumento del riscaldamento globale e dei problemi del clima.
“Avremmo voluto pubblicare questa inserzione pubblicitaria su uno dei maggiori giornali italiani per denunciare il greenwashing delle aziende inquinanti come ENI, tra i maggiori responsabili del riscaldamento globale, ma la redazione del giornale si è rifiutata.
Eppure sui principali quotidiani italiani ci sono più pubblicità di aziende inquinanti che articoli dedicati alla crisi climatica. E questo spiega perché nelle pagine dei giornali non si parla quasi mai di cause (combustibili fossili) e responsabili (aziende del gas e del petrolio).
Noi amiamo i giornali e crediamo che il buon giornalismo possa avere un ruolo cruciale nella difesa del pianeta, ma di fronte allo strapotere che le compagnie dei combustibili fossili possono esercitare sui media ci sentiamo ingannati. Per salvarci da alluvioni e siccità abbiamo bisogno di un’informazione completa, trasparente e senza censure”.
domenica 27 Aprile 2025
Come Charlie mostra spesso con diversi esempi, c’è una discreta quota degli articoli sui maggiori quotidiani che viene messa in pagina e pubblicata non per valutazioni e criteri di interesse giornalistico ma per accontentare le aziende e gli enti che comprano pubblicità sui quotidiani stessi, e garantire così una quota maggiore di quei ricavi (che, ricordiamo, sono essenziali a garantire la sostenibilità e l’esistenza delle aziende giornalistiche così come sono). Un interlocutore particolare di queste attenzioni sono poi le banche: in parte perché a loro volta le banche sono tra i maggiori acquirenti di pubblicità sui giornali e in parte perché spesso sono anche creditrici delle aziende giornalistiche. Quindi, soprattutto nelle pagine dell’Economia, le banche ottengono sempre spazi disponibili e indulgenti nei confronti delle loro comunicazioni. In alcuni casi poi queste disponibilità si estendono in occasioni eccezionali, e mercoledì il Corriere della Sera ha ritenuto di inserire nelle pagine dell’attualità sulla morte del Papa un box sul “cordoglio” della banca Intesa Sanpaolo, allegando una foto del presidente della banca Carlo Messina e di sua moglie.
domenica 27 Aprile 2025
Donald Trump ha scritto giovedì sul social network Truth Social che si farà intervistare da Jeffrey Goldberg, direttore dell’ Atlantic. L’annuncio è piuttosto notevole perché Goldberg è da anni tra i giornalisti più battaglieri contro Trump, e che quindi Trump ha coperto spesso di insulti e accuse. E in più Goldberg è stato il protagonista e il narratore insieme di una delle storie che più hanno messo in difficoltà l’amministrazione Trump in queste settimane: la rivelazione di come il segretario alla Difesa Pete Hegseth abbia incautamente condiviso dei segreti militari in una chat che includeva lo stesso Goldberg.
Né Goldberg né l’ Atlantic hanno finora confermato la notizia data da Trump.
domenica 27 Aprile 2025
Carlo Verdelli ha ricordato in un tweet il suo sgradevolmente memorabile 23 aprile di cinque anni fa, quando l’editore lo licenziò piuttosto brutalmente da direttore di Repubblica. Verdelli è oggi editorialista del Corriere della Sera, dopo aver lasciato la direzione del settimanale Oggi quasi un anno fa.
domenica 27 Aprile 2025
Una storia pubblicata sui social network all’indomani della morte del Papa ha ottenuto molte curiosità, comprensibilmente: metteva in relazione gli anni della morte dei papi con quelli delle promozioni in una serie superiore della squadra di calcio di Avellino. La relazione però era molto più inesatta di come veniva indicata, e in realtà non è vero che “a ogni morte di papa” l’Avellino venga promosso, né che ogni promozione dell’Avellino sia avvenuta in una stagione in cui era morto un papa.
Molti giornali però l’hanno presa sul serio senza fare indagini o controlli, che sarebbe stato piuttosto facile, in un caso esemplare di rimozione di un passaggio decisivo dell’attività giornalistica: la verifica che le cose che si stanno copiando e pubblicando siano vere.

domenica 27 Aprile 2025
Da qualche anno i libri “allegati” ai quotidiani hanno avuto un ritorno di interesse, e di investimento da parte dei quotidiani stessi, dopo che i loro grandi successi del secolo scorso erano assai declinati per diversi anni. Adesso le offerte sono tante e le più varie, a pagamento o gratuite, con molte diverse pubblicazioni promosse ogni giorno soprattutto sulle pagine dei due quotidiani maggiori, e con evidenti competizioni e tentativi di imitazione. Questa settimana Repubblica ha annunciato una serie di libri a cura dei propri giornalisti dedicati a grandi leader politici internazionali, Putin, Trump e Xi Jinping. Il Corriere della Sera aveva presentato un mese fa una serie molto simile di libri a cura dei propri giornalisti dedicati a Putin, Trump, Musk e Zelensky.

domenica 27 Aprile 2025
L’ex primo ministro britannico Gordon Brown ha scritto sabato sul Guardian di avere ottenuto nuove informazioni che confermerebbero ulteriori accuse contro il gruppo editoriale News Corp dell’imprenditore miliardario Rupert Murdoch e le sue testate, rispetto all’antico ma mai sopito scandalo delle pratiche illecite attuate da quelle testate per ottenere informazioni su molti personaggi famosi e protagonisti della cronaca. Brown ha citato tra le altre cose l’attuale discusso amministratore delegato del Washington Post , Will Lewis, accusando di aver contribuito a insabbiamenti e distruzioni di prove quando era un dirigente dell’azienda britannica, accusa che era tornata molto frequente l’anno scorso in mezzo alle polemiche sul lavoro di Lewis al Washington Post.
Brown ha domandato che nuove inchieste siano aperte contro News Corp alla luce delle rivelazioni nei documenti dei più recenti processi (tra cui quello vinto di fatto dal principe Harry) e delle testimonianze raccolte dallo stesso Brown.
domenica 27 Aprile 2025
La lettera di Gad Lerner che spiegava la fine della sua collaborazione col Fatto, che Charlie ha pubblicato domenica scorsa, è stata ripresa da diversi siti e ha generato commenti e reazioni. E malgrado la lettera fosse stata inviata alla redazione ai primi di aprile, la sua diffusione ha evidentemente spinto il direttore del Fatto a una sua reazione, piuttosto risentita, nella forma di una risposta a una lettera al giornale.
“Caro professore, il suo sdegno è anche il mio. Unito a una buona dose di stupore, tanto più che Gad Lerner nello stesso annuncio mi ringrazia per l’assoluta “libertà di cui ho goduto” in questi cinque anni al “Fatto”, dove ha scritto tutto quello che voleva, spesso in dissenso con il sottoscritto e con le altre firme del giornale. L’altroieri, dopo aver letto quelle parole oltraggiose per tutta la nostra comunità, una giovane collega che ogni giorno sputa sangue e sudore per portare notizie e fornire un servizio onesto ai lettori, spesso sfidando le ire, gli insulti, le querele e le cause civili delle destre al governo, mi ha scritto: “Ma Lerner come si permette?”. Ecco, appunto”.
Giovedì Lerner ha espresso ulteriori critiche nei confronti del Fatto nel corso di una puntata del programma “Piazzapulita” su La7 , e il direttore del Fatto ha ripetuto il suo fastidio nella rubrica delle lettere del quotidiano.
“Caro Giorgio, non so cos’abbia detto Lerner da Formigli: non me ne può importare di meno e, quando c’è Piazzapulita, ho sempre di meglio da fare. Però so cosa ho scritto nella prefazione al libro di Padellaro, che le consiglio (il libro, non la prefazione): “Noi italiani siamo sempre alla mercé dell’uomo forte, ma oggi l’uomo forte non indossa più l’orbace e la camicia nera: veste la grisaglia del ‘tecnico’. Infatti non si sono mai visti tanta adulazione, tanta autocensura e tanto conformismo come sotto i due ‘Supermario’: Monti e Draghi”. Non saper leggere è peggio che non saper scrivere”.
domenica 27 Aprile 2025
C’è una grossa questione in ballo tra Donald Trump e la testata televisiva CBS News, di cui avevamo raccontato qui. Nelle ultime settimane sembrava che CBS fosse tornata a voler essere combattiva nella causa giudiziaria avviata da Trump, ma di nuovo negli ultimi giorni l’impressione di molti commentatori è stata che la presidente Shari Redstone voglia tutelare i propri interessi economici cedendo alle richieste di Trump. E un sintomo di questa indulgenza che ha fatto molta impressione nel mondo del giornalismo americano sono state le dimissioni di Bill Owens, storico produttore del programma di CBS News “60 Minutes”, forse il più famoso nell’ambito del giornalismo televisivo americano. Owens ha scritto alla redazione che “negli ultimi mesi è diventato chiaro che non mi sarebbe stato permesso di guidare lo show come ho sempre fatto, di prendere decisioni indipendenti a partire di cosa è giusto per “60 Minutes” e per il pubblico”.
domenica 27 Aprile 2025
Europa fu un quotidiano italiano che nacque nel 2003 come giornale del partito di centrosinistra che si era chiamato “La Margherita”, e in parte ereditando il ruolo del quotidiano del disciolto partito novecentesco della “Democrazia Cristiana”, il Popolo: ma che sopravvisse fino al 2014, anche dopo la confluenza nel Partito Democratico della Margherita. Con la sua chiusura fu anche smantellato il sito del giornale, e rimossi i suoi contenuti. Ma da un paio di settimane è stata ripristinata la consultazione a tutto l’archivio delle copie quotidiane, con un efficace sistema di ricerca.
domenica 27 Aprile 2025
Una giuria ha dato di nuovo ragione al New York Times, martedì, nel processo in cui il giornale era accusato di diffamazione da Sarah Palin, ex governatrice dell’Alaska e candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Il processo era stato ripetuto dopo l’annullamento per alcune irregolarità nel suo primo svolgimento. L’avvocato del giornale ha detto che la sentenza conferma che “l’editore non può essere considerato punibile per un errore in buona fede”.
La storia, ricordiamo, era questa: “in un editoriale del 2017 il New York Times accusò Palin di avere contribuito a incentivare azioni terroristiche violente contro i membri del parlamento (compreso l’attentato del 2011 contro Gabrielle Giffords), attraverso sue campagne e messaggi descritti in modo errato nell’articolo. Dopo le proteste il giornale corresse l’editoriale, segnalando l’errore in coda, ma Palin presentò lo stesso una denuncia per diffamazione. Durante le udienze di questi giorni stanno emergendo molte questioni significative sul funzionamento dei giornali: la principale è la contraddizione quotidiana tra i tempi immediati di pubblicazione e la necessità di verifiche attente. In quel caso l’editoriale seguiva un nuovo attentato e il giornale ritenne che non potesse essere rimandato, e il difetto di memoria del suo autore non ebbe il tempo di essere verificato e corretto”.
domenica 27 Aprile 2025
Alla fine Google non cambierà praticamente niente sui “cookie”. Era stata la questione di maggiore importanza e preoccupazione negli ambiti della pubblicità digitale – e quindi anche nei giornali online – negli scorsi anni, ma è andata ridimensionandosi e adesso Google si è ritirata ulteriormente. In breve (ma potete leggerne qui): Google aveva presentato quattro anni fa un intervento in difesa della privacy dei propri utenti che avrebbe molto ridotto le capacità di “profilazione” da parte degli inserzionisti pubblicitari e quindi l’efficacia della pubblicità nel raggiungere i destinatari desiderati. Ma la costruzione di un sistema alternativo si è rivelata troppo complicata, anche per le reazioni ricevute, e già l’anno scorso Google aveva annunciato ripensamenti.
domenica 27 Aprile 2025
Questa settimana il comitato di redazione del Sole 24 Ore si è di nuovo irritato con la direzione per una scelta editoriale: la pubblicazione nelle pagine degli editoriali e delle opinioni di una lettera dell’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci che spiegava le sue ragioni rispetto alla sentenza che lo ha condannato a sei anni di carcere (dove si trova adesso) per la responsabilità in un incidente automobilistico del 2013 in cui morirono quaranta persone.
Il Fatto ha dato notizia della protesta condivisa con i giornalisti da parte del comitato di redazione:
“Avevamo chiesto per iscritto al direttore di evitare la pubblicazione di un intervento che ci pare inopportuno sotto più punti di vista. Nella forma innanzitutto, 150 righe nelle quali vengono riproposte dal diretto interessato le ragioni della sua innocenza, senza alcun filtro giornalistico, senza alcun contraddittorio, facendo da impropria cassa di risonanza. Malinteso ci appare poi un eventuale riferimento al garantismo, visto che non ci troviamo di fronte a un indagato e neppure a un imputato, ma a un top manager (con evidente disponibilità della migliore difesa tecnica) condannato definitivamente per gravissimi reati dopo tre gradi di giudizio durati anni. Semmai si può affermare la legittimità del diritto di critica. Anche delle sentenze, certo. Ma meglio sarebbe che non lo esercitasse sul giornale la persona condannata e comunque sempre tenendo ferme due convinzioni: la conoscenza dei fatti e il rispetto delle vittime (e qui ce ne sono 40). Castellucci ha tutto il diritto di non rispondere a domande scomode (lo ha fatto nel processo a Genova, dove ha reso 5 ore di dichiarazioni, dopo essersi rifiutato di rispondere al pm); libero lui di difendersi come meglio crede, liberi noi di non fargli da buca delle lettere”.
domenica 27 Aprile 2025
Ryan Lizza è un importante giornalista americano cinquantenne che si occupa soprattutto di politica. Ha collaborato con diverse testate importanti e dal 2019 scriveva per Politico, il sito che è diventato prima protagonista del giornalismo politico americano, poi ha aperto una versione europea, poi è stato comprato dalla grande multinazionale editoriale tedesca Axel Springer. Su Charlie ci era capitato di citarlo l’anno scorso per una convulsa storia tra il gossip e l’etica giornalista che aveva riguardato la sua ex compagna Olivia Nuzzi. Prima ancora, nel 2017, lui stesso invece era stato accusato di molestie e il New Yorker lo aveva licenziato, mentre altre testate con cui collaborava avevano concluso di non avere ragioni per interrompere il rapporto.
Una settimana fa Lizza ha annunciato che avrebbe lasciato Politico per creare una sua newsletter sulla piattaforma Substack, Telos, spiegando che gli attuali “pericoli per la democrazia” richiedono approcci diversi da quelli di Politico. E nella sua prima newsletter ha messo Politico tra le testate secondo lui troppo accondiscendenti con il presidente Trump.
Una responsabile legale di Politico allora gli ha mandato una mail intimandogli di cancellare quel testo “denigratorio”: lui l’ha pubblicata nella sua newsletter martedì, facendola seguire a una sua risposta polemica e bellicosa che chiede a Politico di ritirare la richiesta.
Naturalmente, fatte salve le ragioni di Lizza, questo inizio è già diventato un formidabile strumento promozionale per la sua nuova newsletter.
domenica 27 Aprile 2025
Una vecchia considerazione che bisogna sempre prendere con le molle, sui giornali, è che ai lettori – noialtri e noialtre – interessi la “qualità”: ovvero un giornalismo accurato, obiettivo, imparziale. Questo è vero, in misure diverse, solo per una parte di noialtri e noialtre. L’altro fattore che influenza grandemente l’apprezzamento per l’informazione è quello identitario: c’è una grande domanda – sempre di più in questi decenni polarizzati e in cui l’affermazione di sé è una pratica così sentita – di giornali e giornalisti che ci confermino nelle nostre opinioni, che ci dicano quello che vogliamo sentire, che ci facciano sentire un’appartenenza spesso definita attraverso quello e quelli che escludiamo, nemici, altro da cui essere diversi.
È la ragione per cui il gradimento del pubblico non è una garanzia di buon giornalismo, e per cui non è vero che i giornali che “dipendono solo dai loro lettori” siano indipendenti: appunto, sono dipendenti da un padrone molto sensibile e molto esigente.
Questo tipo di esigenza, sostiene una recente ricerca americana, è più frequente tra le categorie sociali e umane con meno strumenti economici e culturali, e minor potere (le tre cose vanno spesso d’accordo); e tra i più giovani e quelli che sono abituati a informarsi sui social network. Oltre, naturalmente, a coloro che hanno posizioni politiche più radicali e definite. La ricerca ha chiesto a campioni di vari paesi se preferiscano “ricevere le notizie da fonti senza un particolare punto di vista” o “da fonti che condividano il mio punto di vista”, con le opportune considerazioni sulla sincerità della risposta: in Italia il 57% ha riposto a favore della prima e il 17% a favore della seconda. Numeri abbastanza nella media, anche se quelli dei paesi nordeuropei – che abitualmente consideriamo di maggior progresso civile – hanno quote molto più basse sulla seconda percentuale.
Sono risultati non sorprendenti, ma che è utile definire per realizzare – ancora una volta – che l’impegno maggiore dei giornali che vogliono davvero confermare il proprio ruolo nel migliorare le convivenze e i funzionamenti delle comunità è quello di raggiungere esattamente i potenziali lettori e lettrici meno raggiunti e più lontani, senza venire meno ai propri standard di accuratezza e senza ricorrere a partigianerie che accontentino sempre i soliti destinatari. È difficile, bella scoperta: è difficilissimo. Ma il dannato futuro dei giornali – per un’idea che abbiamo dei giornali – sta lì.
Fine di questo prologo.
domenica 20 Aprile 2025
Il Post ha compiuto quindici anni ieri sera: contestualmente, è diventato ufficiale il cambio di direzione da Luca Sofri a Francesco Costa. Con l’occasione è iniziata la pubblicazione di un podcast in 15 puntate su cosa sono stati questi 15 anni, e per abbonati e abbonate è possibile regalare a chiunque un mese di abbonamento al Post.
domenica 20 Aprile 2025
Il sito Prima Comunicazione ha descritto una serie di nuove nomine al Corriere della Sera, a cominciare da quella di Luciano Ferraro a vicedirettore operativo. La composizione dell'”ufficio centrale” della redazione – quattordici persone – è quindi tutta di uomini, con l’eccezione di Maria Serena Natale, dedicata però alla crescita degli abbonamenti.
domenica 20 Aprile 2025
Il condirettore dell’agenzia di stampa AGI, Paolo Borrometi, ha annunciato le sue dimissioni. L’ AGI – di proprietà della società di combustibili ed energia ENI – è da tempo protagonista di un percorso faticoso: l’anno scorso la redazione e parte della politica avevano fatto una grande resistenza contro le ipotesi di cessione al deputato leghista Antonio Angelucci, proprietario già dei quotidiani Giornale, Libero e Tempo, e l’operazione si era fermata. L’attuale direttrice Rita Lofano è stata sfiduciata un anno fa dalla redazione, ed era stata indicata a quel ruolo dal direttore precedente – Mario Sechi – che è passato negli ultimi anni dal ruolo di portavoce della presidente del Consiglio a quello di direttore dell’agenzia e oggi del quotidiano Libero. Le dimissioni di Borrometi avrebbero a che fare, secondo diverse fonti, con i dissensi con la direttrice stessa.
domenica 20 Aprile 2025
L’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni ha scritto una lettera al Corriere della Sera per definire “del tutto infondato e falso” un articolo pubblicato venerdì a proposito della vendita di una villa in Sardegna di cui gli era attribuita la proprietà. Il Corriere ha però finora scelto di mantenere online l’articolo contestato da Formigoni.
domenica 20 Aprile 2025
Il sito britannico che si occupa di giornali e media che si chiama PressGazette ha posto qualche tempo fa la questione della citazione di presunti “esperti” nei giornali di quel paese, che a verifiche più accurate non sembrano tanto esperti, e la cui consultazione segue percorsi poco chiari. Nelle settimane successive ci sono stati sviluppi e anche il Guardian ha riferito sabato che per esempio molte testate hanno rimosso le citazioni di una presunta esperta dell’università di Oxford ascoltata su Vitamina D e su altri pareri medici o psicologici, che a più accurate indagini è diventata piuttosto sospetta (la sua stessa esistenza lo è diventata).
Un’esperta con lo stesso nome e sulle stesse competenze era stata citata in Italia dalla rivista Grazia lo scorso dicembre, ma può trattarsi di un’omonimia.
La citazione di esperti o enti specializzati spacciati da uffici stampa o agenzie di comunicazione a scopo promozionale sui giornali italiani era stata molto frequente fino a una decina d’anni fa: ma la facilità di fare verifiche su internet l’ha molto attenuata.
domenica 20 Aprile 2025
Lunedì scorso il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista di Aldo Cazzullo al direttore del Giornale Alessandro Sallusti, in promozione del suo nuovo libro. Sallusti ha raccontato nuovamente la storia della fucilazione di suo nonno, comandante militare fascista a Como che aveva ordinato a sua volta la fucilazione di un giovane partigiano, Giancarlo Puecher, medaglia d’oro della Resistenza. Nei giorni successivi la ricostruzione di Sallusti è stata smentita dall’Associazione nazionale partigiani di Como e dalla nipote di Puecher, Orsola Puecher, che già ne aveva scritto quindici anni fa.
domenica 20 Aprile 2025
Gad Lerner, popolare giornalista italiano che aveva interrotto il suo rapporto con Repubblica dopo il contestato cambio di direzione del 2020 ed era stato da allora ospitato dal Fatto, ha scritto alla redazione del Fatto per comunicare la fine della sua collaborazione.
“Voglio ringraziare i colleghi della redazione per questi cinque anni trascorsi insieme. Negli ultimi tempi ho sentito crescere la mia distanza dalla linea del giornale, soprattutto per l’indulgenza – a mio parere – mostrata di fronte all’ascesa delle destre nazionaliste e fascistoidi: da Trump, a Putin fino a casa nostra. Ciò non diminuisce di una virgola il mio apprezzamento per l’indipendenza del giornale e per la sua capacità di dare notizie scomode. Ho ringraziato il direttore per la libertà di cui ho goduto e vi saluto tutti con affetto”.
domenica 20 Aprile 2025
I lettori di questa newsletter hanno familiare il nome della Columbia Journalism Review, una fonte che è capitato di citare sulle questioni giornalistiche americane: è la storica rivista – e da tempo il sito web – della scuola di giornalismo della Columbia University di New York. Il suo direttore è stato per sette anni Kyle Pope, che ha lasciato nel 2023 ed era stato sostituito lo scorso settembre da Sewell Chan, giornalista di 47 anni che aveva lavorato nelle maggiori testate quotidiane statunitensi.
Ma Chan è stato licenziato giovedì dopo appena sette mesi, in seguito alle lamentele sul suo comportamento da parte della redazione: lui si è detto esterrefatto e ha descritto i problemi come singole discussioni con tre redattori, di ordinaria amministrazione.
domenica 20 Aprile 2025
Alcuni soci di minoranza (molto di minoranza) della società Caltagirone Editore hanno chiesto di revocare le cariche più importanti della società in considerazione di quelli che considerano una serie di fallimenti di bilancio e di descrizioni equivoche dei risultati (che chiamano “maquillage di bilancio”).
Caltagirone Editore – società la cui maggioranza è appunto della famiglia Caltagirone, di grandi potere e ricchezza nel settore immobiliare e nella finanza nazionale – possiede i quotidiani Messaggero, Mattino, Gazzettino, Leggo, Nuovo Quotidiano di Puglia e Corriere Adriatico.
“Ci troviamo una pessima gestione del ramo editoriale, con un margine operativo lordo di meno di un milione ed un reddito operativo negativo per diversi milioni, anche senza considerare le svalutazioni monstre delle testate effettuate per l’esercizio 2024. A fronte della riduzione dei ricavi nel 2024 sono invece aumentati sia i costi del personale che gli altri costi di esercizio e ciò risulta ancora più grave considerando che la riduzione dei ricavi è un dato “preannunciato” con largo anticipo al mercato considerando la costante diminuzione delle vendite dei quotidiani e quindi gli amministratori avrebbero dovuto non solo ridurre tali costi, ma anche in percentuale superiore alla riduzione dei ricavi . Questa pessima gestione va avanti da anni. Con l’esercizio 2024 e’ arrivata una catastrofica perdita di 4,5 milioni sul Messaggero. Come prima iniziativa e’ inevitabile la revoca per GIUSTA CAUSA quanto prima del Presidente e dell’Amministratore delegato del Messaggero. L’anno precedente una perdita già drammatica di oltre 2 milioni di euro. Quest’anno raddoppiata. Per il Mattino una perdita di 1,7 milioni. Sono risultati così PESSIMI che non si ritrovano in nessun’altra società del settore quotata”.
La richiesta “di revocare per giusta causa i vertici societari (Presidente dottoressa Caltagirone Azzurra e Vice Presidenti dottor Caltagirone Alessandro e dottor Caltagirone Francesco)” nasce dalla convinzione dei soci di minoranza che la remunerazione delle proprie quote venga danneggiata dalle scelte in questione, privilegiando altri interessi e retribuzioni dei soci di maggioranza.
“dobbiamo vedere un compenso al Presidente Azzurra Caltagirone di 700.000 euro. Una cifra PARI al margine operativo lordo dell’intero Gruppo Caltagirone Editore e superiore addirittura ai dividendi che il Cda vorrebbe proporre ai cinquemila Soci di minoranza”.
I destinatari della richiesta hanno risposto negativamente a tutte le richieste, che saranno discusse nell’assemblea del prossimo 5 maggio.
(Lunedì scorso la questione è stata raccontata in un articolo sul Fatto)