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  • Martedì 7 dicembre 2010

I dieci fatti più importanti del 2010

L'Atlantic Monthly apre la stagione dei bilanci di fine anno

Arriverà un momento che non ne potremo più, noi e voi, di classifiche, bilanci, riassunti e raccolte sul 2010. Quest’anno poi la cosa è aggravata dal fatto che la fine dell’anno segna anche la fine degli anni Zero, aprendo quindi tutto il dibattito su che-anni-sono-stati e cosa-resterà. Noi ci andiamo piano, astenendoci dalla sociologia, e approfittandone per fare un riassunto delle puntate precedenti: metti che uno si è sintonizzato solo adesso e vuole sapere cos’è successo nel 2010. Ci ha pensato il sito dell’Atlantic, mettendo in fila i dieci fatti più importanti dell’anno che sta per concludersi.

La fine della guerra in Iraq

Sette anni, vari miliardi di dollari, quasi cinquemila soldati morti, un centinaio di migliaia di iracheni morti. Dopo tutto questo, il presidente americano Barack Obama ha messo ufficialmente fine alle operazioni di combattimento in Iraq. Molti soldati sono tornati a casa. Altri cinquanta mila sono ancora lì, ufficialmente per addestrare l’esercito iracheno e ultimare il passaggio di consegne. Il ritiro dall’Iraq era una delle principali promesse fatte da Obama in campagna elettorale, e negli Stati Uniti è stata accolto con sollievo. In Iraq la situazione è meno chiara. Le risposte alla domanda fondamentale – ne è valsa la pena? – si discuteranno per i decenni a venire. Ma non si può negare che oggi la situazione in Iraq è molto migliore rispetto agli anni della guerra settaria e della pulizia etnica, quando sembrava che questo momento di relativa pace non dovesse arrivare mai.

Cose da leggere, sul Post:
– La guerra è finita?
– Il discorso di Obama sull’Iraq
– Cinque luoghi comuni sulla fine della guerra in Iraq

I colloqui di pace tra Israele e Palestina

Il primo settembre Barack Obama e Hillary Clinton hanno organizzato i primi colloqui di pace tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas. Il tema più importante sul tavolo è stato il congelamento degli insediamenti. Israele li ha fermati fino al 26 settembre. Abbas ha avvertito gli Stati Uniti che senza una proroga del congelamento i colloqui si sarebbero conclusi subito. Netanyahu ha offerto una sospensione di sessanta giorni in cambio del riconoscimento dello stato ebraico da parte della Palestina. Abbas ha rifiutato, Netanyahu non ha rinnovato il congelamento. I colloqui si bloccano, a novembre Obama riesce a trovare un accordo. Israele congela la costruzione degli insediamenti per novanta giorni, in cambio di una vendita di armi a Israele per tre miliardi di dollari e della promessa di mettere il veto su qualsiasi tentativo palestinese di ottenere un riconoscimento dell’ONU per il suo stato. Gli osservatori continuano a dividersi tra i cinici e gli speranzosi.

Cose da leggere, sul Post:
– Guida al trattato di pace tra Israele e Palestina
– Come sarà la pace tra Israele e Palestina

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I mondiali di calcio in Sudafrica

La Coppa è stata un’opportunità per una nazione e per un intero continente di catturare l’attenzione del mondo per ragioni positive, cosa che accade molto di rado. Il mondo ha apprezzato la crescita e la risoluzione dei problemi canonicamente associati all’Africa subsahariana. Per il Sudafrica, i mondiali hanno rappresentato il simbolo del loro rinascimento sulla scena globale: il definitivo sdoganamento dopo la fine dell’apartheid e lo smantellamento dell’arsenale nucleare. Il più grande lascito dei mondiali del 2010 potrebbe essere però la vuvuzela, lo strumento “musicale” che ha infestato le partite e che da quest’estate si è ormai diffuso in ogni sport e in ogni continente del pianeta.

Cose da leggere, sul Post:
Le dieci cose che rimarranno di questi mondiali
I dieci gol più belli dei mondiali
Lo speciale Sudafrica 2010

Il regno di Wikileaks

La prima azione di Wikileaks nel 2o10, la diffusione del video “Collateral Murder”, è stata probabilmente la più efficace. Un video mostrava un elicottero Apache degli Stati Uniti che attaccava presunti terroristi che si sarebbero poi rivelati essere civili iracheni con un paio di giornalisti della Reuters. Il video ha suscitato molto risentimento nei confronti dell’esercito americano, facendo di Wikileaks e del suo fondatore, Julian Assange, degli eroi per chiunque avesse opinioni contrarie alla guerra in Iraq. Le successive azioni di Wikileaks hanno diffuso qualche dubbio in più. La pubblicazione di migliaia di file segreti del Pentagono sulle guerre in Afghanistan e in Iraq si sono attirate critiche da parte di tutte le principali organizzazioni umanitarie del mondo. Il Cablegate, la diffusione dei rapporti diplomatici statunitensi, ha aperto un grande dibattito sul significato e sul valore della segretezza per un governo.

Cose da leggere, sul Post:
I dieci più grandi scoop di Wikileaks
I documenti di Wikileaks sull’Afghanistan
I documenti di Wikileaks sull’Iraq
Il “cablegate”, una guida

La crisi del debito in Europa

Quando un paese, un qualsiasi paese, non è in grado di pagare il suo debito, ha un grave problema economico. Quando questo problema coinvolge simultaneamente diverse nazioni europee, le conseguenze rischiano di essere disastrose non solo per quei paesi ma per tutta l’Unione Europea, visto come sono profondamente allacciate tra loro le economie europee. I paesi in crisi – Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda – hanno innescato un domino che ha minacciato anche economie in salute. Fortunatamente l’Unione Europea è anche una rete di protezione: il gruppo ha aiutato e salvato gli stati membri con maggiori difficoltà. In fin dei conti, questa crisi ci ha dato una lezione riguardo i problemi e i vantaggi delle economie collettive. La fine della crisi ci dirà se l’Unione Europea è un esempio da seguire o da evitare.

Cose da leggere, sul Post:
Uno spettro si aggira per l’Europa, sul serio
La notte che salvammo l’euro

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I colloqui di pace con i talebani

Lo scorso gennaio il presidente afghano Karzai ha chiesto ai talebani di partecipare a colloqui per trattare la pace. Questi risposero di no, ma non col consueto impeto. Per mesi si è detto che colloqui riservati fossero già in corso, sempre smentiti. A ottobre gli incontri hanno guadagnato ufficialità quando le forze statunitensi hanno permesso ad alcuni leader talebani di entrare a Kabul per partecipare al negoziato. Sia gli Stati Uniti che l’Afghanistan sperano che il dialogo possa portare alla risoluzione del conflitto. A novembre, però, gli Stati Uniti hanno scoperto che uno dei protagonisti dei colloqui era un impostore. E quindi ci si è chiesti nuovamente se è possibile coinvolgere i talebani in una discussione onesta e proficua.

Cose da leggere, sul Post:
Karzai comincia i colloqui di pace con i talebani?
Il talebano che fingeva di trattare con Karzai

La Cina e la guerra delle valute

Da un lato gli Stati Uniti si sono dati da fare per tirare su la loro economia, dall’altro hanno messo pressione alla Cina per riformare il suo sistema di valute. La Cina compra pacchi di dollari americani e tiene artificialmente basso il valore della sua moneta, così da spingere la propria crescita. La strategia però rende più complicata la ripresa economica negli Stati Uniti. In fin dei conti, però, la questione centrale non è monetaria: è l’aspirazione alla crescita continua della Cina; è l’inestricabile e reciproca dipendenza di economie così grandi, capaci di condizionare il mondo; è come mettere in piedi un sistema di cooperazione e sana competizione tra gli Stati Uniti e la Cina.

Cose da leggere, sul Post:
Cos’è la guerra delle valute
La guerra delle valute spiegata da Romano Prodi

Le alluvioni in Pakistan

Nel momento peggiore delle alluvioni, un quinto del Pakistan era coperto dall’acqua, lasciando sfollati 20 milioni di persone, provocando danni per 43 miliardi di dollari. E non era che l’inizio. Le alluvioni hanno aggravato i molti problemi del Pakistan: la corruzione politica, la guerra civile al confine con l’Afghanistan, l’ascesa del terrorismo. Il governo ha tenuto botta, in qualche modo anche a sorpresa, ma la ripresa è ancora molto lontana. E finora in Pakistan è arrivato solo un quinto dei soccorsi richiesti dall’ONU.

Cose da leggere, sul Post:
L’alluvione in Pakistan, in una fotografia
Perché a nessuno interessa del Pakistan
Il problema con le donazioni al Pakistan

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Il terremoto ad Haiti

Il 12 gennaio un terremoto di scala 7.0 ha scosso Port-au-Prince, la capitale di Haiti. Il più potente terremoto negli ultimi duecento anni, per la zona: ha ucciso 222.570 persone, ne ha ferite 300.000, ne ha lasciate senza un tetto 1.3 milioni. Gli aiuti umanitari hanno inondato il paese, portando cibo, acqua e farmaci. Nonostante questo, 1.3 milioni di haitiani sono ancora senza una casa, e molti di questi vivono in condizioni penose. L’invasione delle ong, insieme alle indubbie conseguenze positive, sta rallentando la ripresa nel paese, minando la sua autonomia. A metà ottobre è scoppiata un’epidemia di colera, che fin qui ha contagiato oltre 80 mila persone, ne ha uccise 1817 ed è stato motivo di scontri fra la popolazione e le forze dell’ONU, accusate di aver portato il virus. Da gennaio a oggi ad Haiti sono stati spesi 732 milioni di dollari. Giovedì scorso l’ONU ha chiesto lo stanziamento di altri 864 milioni di dollari.

Cose da leggere, sul Post:
Haiti, non è cambiato niente
La repubblica delle ong

La successione in Corea del Nord

Quando Kim Jong-Il ereditò il potere da suo padre, nel 1994, molti osservatori sentenziarono che per il paese, uno dei più poveri e militarizzati del mondo, non c’era scelta: aprirsi al mondo o collassare. Oggi sappiamo che le modestissime aperture di Kim non hanno portato da nessuna parte, mentre la militarizzazione ha raggiunto un’intensità senza precedenti, così come il programma di costruzione di armi nucleari e gli abusi sui diritti umani. Quest’anno Kim ha preparato il terreno per la successione a suo nipote, il 26enne Kim Jong-Un. Nel frattempo continuano gli scontri con la Corea del Sud, al quale quest’anno è stato affondato un sottomarino e bombardato un paesino, così, senza alcuna provocazione. Secondo molti si tratta di una strategia per rendere più facile l’arrivo al potere di Kim Jong-Un, le cui conseguenze fuori da Pyongyang sono potenzialmente disastrose.

Cose da leggere, sul Post:
Perché Corea del Nord e Corea del Sud sono già in guerra
In Corea è il momento della successione
La Corea del Nord presenta il suo prossimo leader

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