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  • Mercoledì 30 aprile 2025

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Come sono andati i primi 100 giorni del secondo mandato presidenziale di Donald Trump, che sono sembrati centomila

Il presidente statunitense Donald Trump a un comizio in North Carolina, nell'ottobre del 2024 (REUTERS/Carlos Barria)
Il presidente statunitense Donald Trump a un comizio in North Carolina, nell'ottobre del 2024 (REUTERS/Carlos Barria)
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Il 19 gennaio, il giorno prima dell’inizio del suo secondo mandato, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump disse a un comizio che il paese avrebbe presto avuto «il miglior primo giorno, la più grande prima settimana, e i più straordinari primi 100 giorni di qualsiasi presidenza nella storia americana». Trump è noto per la sua irruenza, ma le moltissime decisioni prese in circa tre mesi hanno causato parecchio sconcerto: e molti dei primati che ha ottenuto effettivamente nei primi 100 giorni del suo mandato, che finiscono oggi, sono tutt’altro che positivi.

Trump ha limitato le capacità del governo federale, licenziando decine di migliaia di persone e smantellando intere agenzie e dipartimenti. Ha espulso centinaia di persone migranti, molte delle quali erano arrivate negli Stati Uniti con un permesso umanitario e senza dar loro il diritto a difendersi, fino a sfiorare una crisi costituzionale; ha arrestato studenti e tagliato fondi alle università che non hanno ubbidito alle sue richieste; ha imposto e poi sospeso dazi esorbitanti che hanno fatto crollare per giorni le borse e posto le condizioni per un grande aumento dei prezzi.

Ci sono anche cose che Trump non ha fatto: non è andato nemmeno vicino a risolvere le guerre in corso in Ucraina e nella Striscia di Gaza, che aveva promesso di risolvere in pochissimo tempo, nonostante vari tentativi e qualche proposta molto problematica. Tante delle azioni che ha intrapreso sono passate da ordini esecutivi, provvedimenti presidenziali dall’impatto limitato che ha usato come nessun altro, e che per questo sono stati spesso bloccati e sospesi dai tribunali perdendo efficacia.

Gli ordini esecutivi firmati dai vari presidenti nei primi 100 giorni del loro mandato. Si vede bene come Trump abbia usato questo strumento in modo nettamente maggiore rispetto ai suoi predecessori. Fonte: Axios

Non è un caso se non siete riusciti a stare dietro a tutti questi sviluppi: il caos fa parte della strategia comunicativa di Trump, che vuole stordire i media con una serie infinita di notizie, dichiarazioni e annunci, in modo da creare polemiche e dare l’impressione di fare più di quanto faccia davvero. Sull’immigrazione, per esempio, l’amministrazione Trump ha espulso fin qui meno migranti irregolari di quanti ne aveva espulsi l’amministrazione Biden: ma lo ha fatto in modo particolarmente spettacolare e crudele, ostentando una retorica dura e in alcuni casi apertamente razzista. L’attività legislativa poi è praticamente ferma, nonostante i Repubblicani abbiano la maggioranza sia alla Camera che al Senato: niente di quello che ha fatto Trump fin qui è stato fatto con dei testi di legge.

Il giudizio dell’elettorato sembra piuttosto negativo. La media dei sondaggi sulla popolarità di Trump è intorno al 44 per cento, la più bassa per un presidente dopo 100 giorni dagli anni Cinquanta, e ci sono sondaggi che lo danno anche sotto la soglia del 40 per cento di cittadini che ne approvano l’operato.

Trump fa il giuramento per l’inizio del suo secondo mandato, il 20 gennaio 2025 (Saul Loeb/Pool photo via AP)

Le decisioni assunte da Trump sono state facilitate dalla fragilità di pressoché ogni forma di opposizione. Il Partito Repubblicano, di cui è leader, controlla entrambi i rami del Congresso. Il Partito Democratico sta cercando con molta fatica di riorganizzarsi, dopo una sconfitta che ha mostrato il giudizio degli americani sulla scarsa qualità della sua attività di governo e quanto molte delle sue idee siano impopolari. Inoltre, a differenza del suo primo mandato, Trump si è circondato di persone a lui fedeli, che almeno pubblicamente appoggiano ed elogiano ogni sua decisione; la corrente del Partito Repubblicano che lo aveva osteggiato negli anni è stata resa irrilevante, innanzitutto per volontà stessa degli elettori Repubblicani.

Molte decisioni di politica interna sono state assunte dal noto imprenditore Elon Musk, che Trump ha messo a capo del Dipartimento per l’efficienza del governo (DOGE). Dicendo di voler eliminare spese ritenute inutili, Musk ha avviato una campagna di riorganizzazione che ha coinvolto tutte le agenzie federali: oltre 120mila persone sono state licenziate e complessivamente i provvedimenti potrebbero coinvolgere il 12 per cento di tutta la forza lavoro. Alcune agenzie sono state completamente smantellate, come lo USAID, che forniva aiuti umanitari e assistenza per lo sviluppo in decine di paesi in tutto il mondo. I risparmi per il governo federale sono stati però minimi, se non inesistenti.

La spesa complessiva dall’insediamento di Trump, comparata allo stesso periodo del 2023 e del 2024, quando il presidente era Joe Biden. Dal 20 gennaio 2025 l’amministrazione Trump ha speso 154 miliardi di dollari in più rispetto all’amministrazione Biden (Fonte: Wall Street Journal)

Trump ha anche tenuto fede alle molte promesse fatte in campagna elettorale sulla necessità di ridurre i flussi migratori verso gli Stati Uniti: ha aumentato i controlli sul confine con il Messico, ed effettivamente gli ingressi irregolari di migranti sono diminuiti drasticamente. Centinaia di persone venezuelane con regolari permessi di soggiorno sono state accusate di far parte di una banda criminale, spesso senza presentare prove; sono state espulse dagli Stati Uniti senza aver avuto modo di difendersi e mandate in una prigione di massima sicurezza a El Salvador, decisione che è stata contestata dai tribunali federali (ma che è stata eseguita, e i ricorsi richiederanno anni prima di completare il loro iter).

– Leggi anche: Cosa ha raccontato il senatore che ha incontrato l’uomo ingiustamente espulso a El Salvador

Lo scontro tra amministrazione e tribunali si è visto anche in altre occasioni, dato che molte decisioni del governo sono state bloccate o sospese dai giudici, creando enorme confusione per le persone coinvolte. Tutto questo sta portando gli Stati Uniti vicini a una crisi costituzionale: l’amministrazione Trump sta cercando di allargare il più possibile i poteri presidenziali, scontrandosi apertamente con le altre istituzioni che dovrebbero tenerli sotto controllo.

Per quanto grave, non è sorprendente: a inizio febbraio il vicepresidente J.D. Vance aveva detto chiaramente che «i giudici non possono controllare i poteri legittimi del governo».

Alcuni dei detenuti del CECOT, il carcere di massima sicurezza a El Salvador dove sono state portate anche persone espulse dagli Stati Uniti (Ufficio stampa della presidenza di El Salvador via AP)

I primi mesi di mandato di Trump hanno avuto conseguenze anche in politica estera. Durante la campagna elettorale, Trump aveva ripetuto più volte che una volta entrato in carica avrebbe messo fine alle guerre in corso in Ucraina e nella Striscia di Gaza «in un solo giorno». Dopo 100 giorni, siamo ancora ben lontani.

Trump ha avviato negoziati separati con Russia e Ucraina, mostrandosi interessato a chiudere la guerra a prescindere da torti, ragioni e responsabilità: questa volontà si è tradotta in forti pressioni sull’Ucraina perché si arrenda, più che sulla Russia perché si ritiri. Uno dei momenti più discussi è stato il disastroso colloquio di fine febbraio alla Casa Bianca tra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L’Ucraina ha accettato un cessate il fuoco, anche a seguito di queste pressioni, mentre la Russia ha sempre preso tempo; i colloqui non stanno andando da nessuna parte e gli Stati Uniti stanno minacciando di sospenderli se non ci saranno presto dei progressi.

Oltre che al presidente russo Vladimir Putin, Trump è sempre stato molto vicino anche al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. A inizio febbraio Trump disse che gli Stati Uniti dovrebbero prendere il controllo della Striscia di Gaza e trasformarla in una sorta di resort turistico, espellendo i due milioni di palestinesi che ci vivono: una proposta enormemente problematica da tutti i punti di vista, equiparata a un atto di pulizia etnica e criticata da praticamente tutti, tranne che da Netanyahu. Ma anche di quello non si è fatto nulla.

Il giorno prima dell’insediamento di Trump, il 19 gennaio, era entrato in vigore un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. I combattimenti sono stati sospesi e Hamas ha rilasciato 33 ostaggi in cambio di centinaia di detenuti palestinesi. Il cessate il fuoco è durato circa due mesi, fino a metà marzo, quando l’esercito israeliano ha ripreso a bombardare e occupare la Striscia: Trump ha continuato a sostenere Israele anche dopo la ripresa degli attacchi. Negli ultimi mesi gli Stati Uniti hanno anche condotto varie operazioni militari in Yemen, contro decine di obiettivi legati agli Houthi (una milizia sciita sostenuta dall’Iran). I dettagli di uno di questi attacchi sono stati condivisi per sbaglio in una chat dove era presente anche un giornalista, creando un grosso scandalo.

Trump e Zelensky nello Studio Ovale, il 28 febbraio 2025 (AP Photo/Mstyslav Chernov)

Trump ha mantenuto la retorica ostile e minacciosa che aveva già usato durante la campagna elettorale nei confronti del resto del mondo, in particolare degli alleati degli Stati Uniti: continua a ripetere di voler annettere il Canada e prendere il controllo della Groenlandia e del canale di Panama e ha criticato spesso anche l’Unione Europea, accusandola di non spendere abbastanza per la difesa e approfittare ingiustamente del sostegno statunitense. Questo sta portando l’Europa a riarmarsi e a cercare alternative alla collaborazione con gli Stati Uniti, considerati un alleato non più affidabile. È un cambiamento notevole nei loro rapporti, solitamente cordiali e collaborativi.

Il calo di credibilità degli Stati Uniti – che si vede anche nel turismo, crollato negli ultimi mesi – è stato confermato nelle ultime settimane dalla crisi finanziaria e commerciale causata dai dazi, per i quali Trump ha sempre avuto un interesse particolare: crede che avere un deficit nella bilancia commerciale (ossia esportare meno di quello che si importa) sia un segnale di debolezza, e vede i dazi come uno strumento per sanare questo squilibrio. È una convinzione che non ha alcun fondamento.

– Leggi anche: Dieci giorni di dazi, che sembrano molti di più

A inizio aprile Trump ha annunciato dazi altissimi verso molti paesi, poi nel giro di pochi giorni li ha sospesi tutti con l’eccezione della Cina, contro la quale sono ancora in vigore dazi esorbitanti del 145 per cento. Questi annunci repentini e imprevedibili hanno fatto crollare per giorni i mercati finanziari. L’idea di Trump era che, per evitare i dazi, tutti i paesi avrebbero chiesto («supplicato», come ripete spesso lui) agli Stati Uniti di fare accordi. Non sta succedendo: finora non è stato concluso alcun accordo, e non è nemmeno chiaro esattamente quali negoziati siano in corso.

Wall Street, la sede della borsa di New York (AP Photo/Yuki Iwamura)

– Leggi anche: Fin qui la strategia di Trump sui dazi non sta funzionando

Infine, in questi tre mesi Trump ha attaccato le istituzioni e i soggetti che considera suoi avversari, per esempio le università che negli Stati Uniti hanno storicamente docenti e approcci molto di sinistra. L’amministrazione ha avviato una campagna per influenzare le loro attività e avvicinarle alla linea della sua amministrazione. Alcuni atenei hanno accettato di modificare programmi e criteri di ammissione o assunzione, pur di non perdere milioni di dollari in fondi federali. Per ora Harvard è stata l’unica a opporsi.

Trump sta anche smantellando tutti i programmi governativi su inclusione e diversità, che pensa abbiano esagerato nei loro obiettivi, e ha limitato soprattutto i diritti delle persone trans; ha provato a far chiudere Voice of America, una storica emittente pubblica che è controllata dal governo ma mantiene comunque un alto grado di indipendenza editoriale (la decisione è stata bloccata da un giudice). Ha ritirato gli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (cosa che diventerà effettiva nel 2026) e dagli accordi di Parigi sul clima. Ha anche dato la grazia a centinaia di persone coinvolte nell’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021. Alla fine del suo secondo mandato mancano 1.361 giorni.