Trump vuole che gli Stati Uniti prendano il controllo della Striscia di Gaza
E che i palestinesi vadano via: lo ha detto al termine di un incontro con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, causando da subito grosse critiche

Donald Trump ha proposto che gli Stati Uniti prendano il controllo della Striscia di Gaza, come soluzione della guerra iniziata dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Trump ha detto che gli Stati Uniti «possiederanno» quella porzione di territorio e che i palestinesi che vi abitano saranno «spostati altrove».
Lo ha detto al termine di un incontro a Washington con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, causando da subito grandi critiche in tutto il mondo. Trump ha detto che, in base al suo piano, l’intera popolazione palestinese verrebbe spostata in paesi arabi confinanti. Ha detto che gli Stati Uniti ne sarebbero pienamente responsabili e che la trasformerebbero in un località turistica (l’ha chiamata la «Riviera del Medio Oriente»), rimuovendo le bombe e ricostruendo l’area. Non ha spiegato come nella pratica vorrebbe realizzare questo piano, né come costringerebbe la popolazione di Gaza ad andarsene.
Per motivare il suo piano Trump ha sostenuto che i palestinesi vogliano ritornare nelle loro case a Gaza solo per «mancanza di un’alternativa», ma che non c’è un reale motivo per cui lo facciano visto che «lì la vita per loro è come un inferno». Trump ha detto che Gaza è un cumulo di macerie e che i palestinesi non dovrebbero tornarci: «Troveremo uno o più bei posti dove stiano, e dove accetteranno di trasferirsi». Questi «posti» dovrebbero essere nei paesi vicini, Egitto e Giordania principalmente, che si erano già opposti all’idea di ospitare profughi palestinesi: «Dicono che non accetteranno, ma io dico che lo faranno», ha ribadito Trump.
È un piano che ridurrebbe al minimo le già poche possibilità di pace e stabilizzazione nel Medio Oriente e di formare uno stato palestinese autonomo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania nel prossimo futuro, eventualità a cui da sempre si oppone Netanyahu, che ha in Trump uno dei suoi principali alleati internazionali.
L’idea di Trump prevede quindi un trasferimento forzato di circa due milioni di palestinesi. Nel 1948, prima e durante la guerra che Israele combatté con diversi paesi arabi, circa 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case, in quello che viene considerato l’evento più traumatico della loro storia: cioè la “Nakba”, “catastrofe” in arabo. Un trasferimento forzato violerebbe la quarta Convenzione di Ginevra, uno dei trattati fondanti del diritto internazionale, che sia Israele che gli Stati Uniti hanno ratificato.
La proposta di Trump è stata subito molto criticata dai paesi arabi e non solo. Il governo dell’Arabia Saudita, paese che ha un ruolo centrale negli equilibri politici nel Golfo Persico e che Trump considera come molto “vicino”, ha fatto sapere che rifiuta qualsiasi tentativo di spostare i palestinesi dalla loro terra. Anche tra i politici statunitensi la proposta di Trump è stata accolta con molto stupore, sia tra i Democratici che l’hanno da subito contestata sia tra alcuni Repubblicani, il partito del presidente. Alla fine della conferenza stampa di Trump e Netanyahu ci sono state anche manifestazioni di protesta fuori dalla Casa Bianca da parte di sostenitori del popolo palestinese.
L’annuncio di Trump costituisce anche un cambio radicale nella politica di disimpegno dal Medio Oriente con cui aveva iniziato il suo primo mandato, quando aveva più volte criticato l’impegno delle precedenti amministrazioni nell’area. Trump non ha citato alcuna autorità che giustificherebbe un possesso statunitense della Striscia di Gaza. In queste prime settimane di mandato ha mostrato una volontà che alcuni media statunitensi hanno definito «imperialista», minacciando di «riprendersi» lo Stretto di Panama, chiedendo al Canada di diventare il 51° stato americano e mostrando ambizioni di controllo sulla Groenlandia. Trump non ha escluso che soldati statunitensi possano essere mandati a controllare Gaza: «Se sarà necessario, lo faremo».
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto di essere favorevole al progetto, definito come «qualcosa che può cambiare la storia» e nella conferenza stampa congiunta ha elogiato ripetutamente Trump, definendolo il «più grande alleato di Israele». Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha definito il piano di Trump «ridicolo e assurdo» e il gruppo, che controlla la Striscia di Gaza, ha ribadito che si opporrà a ogni soluzione che non preveda la fine dell’occupazione dell’area. L’annuncio di Trump sembra destinato a complicare ulteriormente le già difficili trattative per la seconda fase del cessate il fuoco nella Striscia, iniziate ieri, che dovrebbero portare alla liberazione di tutti gli ostaggi e al ritiro dell’esercito israeliano da Gaza.