La Lega vuole sfiduciare il suo governo

Venerdì c'è stata una mozione di sfiducia presentata al Senato, lunedì si decide il calendario dei lavori

Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini. (ANSA/GIUSEPPE LAMI)
Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini. (ANSA/GIUSEPPE LAMI)

La Lega ha presentato una mozione di sfiducia contro il governo, avviando l’iter che dovrebbe portare alla formalizzazione della crisi di governo: ieri sera, il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva infatti annunciato di voler far saltare la maggioranza con il Movimento 5 Stelle, chiedendo che si vada alle elezioni anticipate. Di fatto, Salvini ha messo fine a questo governo e – forse – a questa legislatura, dopo settimane di crescenti litigi tra Lega e M5S.

Salvini, che era entrato nel governo da alleato di minoranza ma ne è presto diventato il politico di maggior rilievo e popolarità, ha detto che è «inutile andare avanti a colpi di NO e di litigi» e che, dopo un passaggio parlamentare, sarà necessario ridare «velocemente la parola agli elettori». I suoi alleati di governo del M5S hanno detto di essere pronti alle elezioni, così come hanno fatto i principali partiti di opposizione: ma decidere cosa succederà ora non spetta direttamente a loro. Sarà infatti il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a stabilire quali saranno i prossimi passaggi.

Questo liveblog non sarà più aggiornato: di seguito, gli aggiornamenti di oggi. I prossimi li trovate sul Post.

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17.31 – Siete pronti per un’altra campagna elettorale? Come dite? Non è mai finita? Non avete tutti i torti.

17.13 – C’è un post di Davide Casaleggio – l’amministratore delegato della società di consulenza che controlla il Movimento 5 Stelle – che dice allo stesso tempo che le elezioni in autunno sono molto pericolose e che bisogna votare il prima possibile.

16.55 – Matteo Salvini ha detto ai giornalisti a Termoli: «Non si è deciso nulla se correremo da soli. Abbiamo un’idea di Italia per i prossimi cinque anni che sottoporremo a chi la condivide con noi».

16.32 – Ragionando teoricamente, ci sono maggioranze alternative a quella M5S-Lega, in questo Parlamento? Una sarebbe quella M5S-PD, e come ricordate se ne parlò molto nel 2018 durante la lunga e concitata fase di formazione del governo. Un’altra è quella che in queste ore viene chiamata “coalizione Ursula”, perché sarebbe composta dai partiti che al Parlamento europeo hanno votato a favore della nomina di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione: PD, M5S e Forza Italia. È un’ipotesi oggi irrealistica, a sentire le leadership di questi partiti, ma Lorenzo Pregliasco di YouTrend ne ha parlato col Foglio per ragionare su questa ipotesi.

“Tutti questi tre partiti hanno validi motivi per non andare al voto. Il Pd perché ha gruppi in maggioranza non zingarettiani, e se si andasse a voto anticipato potrebbero essere sacrificati, dal momento che le liste le farà Zingaretti. L’attuale rappresentanza parlamentare dei Cinque stelle, invece, è molto vasta, difficilmente i loro parlamentari saranno entusiasti di affrontare un voto che molto probabilmente taglierà di molto i loro numeri. Mentre Forza Italia accetterebbe di entrare nella coalizione per lo stesso motivo: in caso di elezioni infatti non è detto che il partito di Berlusconi verrebbe coinvolto in una coalizione di centrodestra, ormai sempre più salvinizzato. Inoltre almeno una parte degli attuali eletti di Forza Italia molto difficilmente tornerebbe in Parlamento in caso di elezioni anticipate”.

Bisogna tenere conto del fatto che politicamente questi tre partiti sono su posizioni molto distanti. Senza contare che la riforma sul taglio del numero dei parlamentari comprimerebbe la rappresentanza di tutte le forze politiche in caso di elezioni. “La coalizione Ursula può essere anche un’arma negoziale. Una coalizione che escluda la Lega potrebbe ad esempio mettere mano alla legge elettorale, cambiarla in senso più proporzionale di quanto non sia oggi e questo limiterebbe molto le opzioni politiche di Salvini”, dice Pregliasco. “L’arma numero uno di Salvini oggi è il Rosatellum che assegna un terzo dei seggi con collegi uninominali. Le nostre simulazioni su YouTrend per Agi sono piuttosto chiare nel descrivere una maggioranza schiacciante, tenendo conto degli attuali sondaggi, sia nel caso di una coalizione di centrodestra, che di una maggioranza con Lega e Fratelli d’Italia”.

16.20 – Ansa dice che Mattarella è partito per la Maddalena, in Sardegna, «per qualche giorno di relax in attesa degli sviluppi della situazione politica».

16.00 – La campagna elettorale sembra essere già cominciata – non era mai finita, direbbe qualcuno – e lo si vede anche dall’ultimo post su Facebook del M5S, in cui presenta la Lega come partito che va “a braccetto” con il PD (infilandoci dentro anche George Soros).

15.45 – Ieri sera, poche ore prima che parlassimo tutti d’altro, BuzzFeed News aveva pubblicato un nuovo capitolo dell’inchiesta sui presunti finanziamenti illegali della Russia alla Lega. Insieme al sito di giornalismo investigativo Bellingcat, il sito ha scoperto che Gianluca Savoini, l’amico e consigliere del leader della Lega Matteo Salvini, aveva viaggiato verso la Russia decine di volte prima dell’ormai famoso incontro del 18 ottobre 2018 all’hotel Metropol di Mosca. Trovate tutte le novità qui.

La nuova indagine di BuzzFeed sui viaggi di Gianluca Savoini in Russia

15.15 – Repubblica scrive che il M5S sta valutando la possibilità di convocare la Camera in via straordinaria prima della sfiducia al governo per votare la riforma sul taglio dei parlamentari. In teoria potrebbe farcela: serve che lo chieda un terzo di deputati, e il M5S ne ha sei in più di un terzo. Salvini ha detto che non vuole votare la riforma, ma si riferiva allo scenario in cui il voto avrebbe ritardato la crisi di governo: non è chiaro cosa farebbe la Lega se la riforma fosse votata senza allungare i tempi.

15.00 – Su Facebook, Di Maio ha nuovamente chiesto a Salvini di votare la riforma che taglierà il numero di parlamentari prima di andare al voto. Salvini ha già detto che non lo vuole fare.

14.45 – Questa mattina il direttore del Foglio Claudio Cerasa ha spiegato qualche retroscena della crisi di governo in corso, confermando quanto scritto sui giornali nelle scorse settimane. Da tempo una parte della Lega chiedeva a Salvini di rompere con il M5S, perché il momento era particolarmente propizio per andare a votare: la Lega va molto forte nei sondaggi, il M5S va male e il PD non sta molto meglio. Secondo Cerasa, Mattarella aveva fatto sapere che se si fosse arrivati alla crisi entro il 20 luglio si sarebbe andati in fretta verso nuove elezioni già a settembre.

Come sappiamo però le cose sono andate diversamente: Salvini ha deciso di posticipare la crisi, probabilmente per approvare il “decreto sicurezza bis”, una misura importante per il suo consenso. Questo però ha ristretto i tempi per convocare nuove elezioni, facendoli sovrapporre all’iter di approvazione della legge di bilancio: non è detto che questo basti per convincere Mattarella a cercare di posticipare le elezioni ai primi mesi del 2020, ma di sicuro rende questa ipotesi quantomeno possibile. Secondo il Foglio, però, Zingaretti ha garantito personalmente a Salvini che il PD non appoggerà un altro governo in questa legislatura. Senza i voti del PD e della Lega, salvo coalizioni molto improbabili (tipo M5S più Forza Italia), non c’è una maggioranza in parlamento, e perciò un governo tecnico formato per rimanere in carica qualche mese non otterrebbe la fiducia.

Bisogna tenere presente però che siamo pur sempre nel campo dei retroscena, e la politica italiana recente ci ha insegnato che tutto può cambiare: è ancora troppo presto per escludere totalmente un governo tecnico e dare per certe le elezioni quest’autunno.

14.00 – C’è una questione interessante, esposta dal deputato del PD Stefano Ceccanti, che è anche professore di diritto parlamentare e costituzionale alla Sapienza. Le mozioni di sfiducia non possono essere discusse prima di tre giorni dalla presentazione: quindi in teoria quella presentata dalla Lega potrebbe essere votata la settimana prossima. Ma non è l’unica mozione di sfiducia pendente: tempo fa, infatti, il PD ne aveva presentata una contro Salvini, alla Camera, il cui voto è stato calendarizzato per settembre. Secondo Ceccanti, quella mozione di sfiducia ha la precedenza su quella della Lega, essendo stata presentata prima.

Quello che dice Ceccanti, in pratica, è che se Salvini vuole parlamentarizzare la crisi nei prossimi giorni, prima la mozione di sfiducia del PD dovrebbe essere ritirata: del resto ormai è sostanzialmente inutile, e lo stesso Zingaretti ieri l’ha definita «superata». È probabile quindi che succeda qualcosa del genere, oppure che sia Conte a chiedere la fiducia in Parlamento (per poi non ottenerla, visto che la Lega ha ritirato il sostegno).

13.45 – La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati ha convocato la conferenza dei capigruppo per lunedì prossimo, nel pomeriggio: è necessario per decidere di riaprire in anticipo il Senato, che altrimenti sarebbe rimasto chiuso fino al 10 settembre. Ci si aspetta che Fico faccia lo stesso per la Camera, e che i parlamentari siano convocati per la settimana successiva.

13.20 – È uscito il testo della mozione di sfiducia depositata al Senato dalla Lega:

Il Senato, premesso che: l’esame in aula delle mozioni riguardanti la TAV ha suggellato una situazione di forti differenze di vedute, tra le due forze di maggioranza, su un tema fondamentale per la crescita del paese come lo sviluppo delle infrastrutture;  
tenuto conto che: il Presidente del Consiglio non era presente in aula, nel momento delle votazioni sulle citate mozioni, per ribadire l’indirizzo favorevole alla realizzazione dell’opera che egli stesso aveva dichiarato pochi giorni prima nell’altro ramo del Parlamento e si è verificata la situazione paradossale che ha visto due membri del governo presenti esprimere due pareri contrastanti; preso atto che: le stesse divergenze si sono registrate su altri temi prioritari dell’agenda di governo quali la giustizia, l’autonomia e le misure della prossima manovra economica; visto l’articolo 94 della Costituzione e visto l’articolo 161 del Regolamento del Senato della Repubblica, esprime la propria sfiducia al Governo presieduto dal Prof. Giuseppe Conte.

12.47 – Matteo Salvini è a Termoli (Campobasso) dove ha tenuto un breve discorso, ribadendo che «dopo questo governo ci sono solo le elezioni». Ha poi ripetuto di avere deciso di sfiduciare Conte dopo aver concluso che fossero più i litigi nella coalizione di governo che le cose positive che si potessero portare avanti.

12.40 – Renzi dice che Salvini ha fatto «l’errore politico della vita».

12.30 – Salvini confida evidentemente in un ottimo risultato alle prossime elezioni:

Chiedo agli italiani, se ne hanno la voglia, di darmi pieni poteri per fare quello che abbiamo promesso di fare fino in fondo, senza rallentamenti e senza palle al piede. […] Siamo in democrazia, chi sceglie Salvini sa cosa sceglie.

Matteo Salvini dice che vuole “pieni poteri”

12.05 – Chi è probabilmente molto soddisfatta di come si sono messe le cose è Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che in un video ha detto di essere contenta che la Lega si sia resa conto che non si poteva «dare all’Italia le riforme di cui ha bisogno con Di Maio, Fico e Toninelli». Dalle nuove elezioni può uscire «un governo capace di difendere i confini italiani, l’economia, le imprese e chi crea lavoro», dice Meloni, e «Fratelli d’Italia è pronta».

11.55 – E se si andasse a votare ora?
L’agenzia YouTrend ha preparato per AGI un po’ di ipotesi su quello che potrebbe succedere se si andasse ipoteticamente al voto adesso. La cosa da tenere presente è che alla Camera la maggioranza è di 316 seggi, al Senato di 161 seggi. Gli ultimi sondaggi considerati da YouTrend risalgono a fine luglio, e sono i seguenti: Lega – 36,8%; PD – 21,7%; M5S – 17,6%; Forza Italia – 7,3%; Fratelli d’Italia – 6,4%.

• Se le coalizioni fossero le stesse delle elezioni 2018, il centrodestra unito (Lega, FI e FdI) otterrebbe 416 seggi alla Camera e 210 al Senato: cioè una maggioranza larghissima, molto più ampia di quella ottenuta per esempio da Silvio Berlusconi nel 2001. Il PD otterrebbe 119 deputati e 57 senatori, secondo questa stima, il M5S 81 deputati e 40 senatori.

• Se la Lega si presentasse da sola, non otterrebbe la maggioranza, perché i migliori sondaggi la danno sotto al 37 per cento dei voti.

• Se la Lega si alleasse solo con FdI, secondo i sondaggi attuali i due partiti otterrebbero una maggioranza netta, anche se inferiore a quella del primo scenario: 353 deputati e 181 senatori.

11.40 – Nella storia della Repubblica, non si è mai andati a votare in autunno per le elezioni politiche, come succederebbe se le camere fossero sciolte nelle prossime settimane, come sembra. L’ultima volta successe nel 1919, quando si votò il 23 novembre.

11.30 – La questione della riforma del numero dei parlamentari
È un altro dei temi di cui si parla in riferimento ai tempi della crisi. Riassunto: manca un solo voto, alla Camera, previsto per il 9 settembre; ridurrebbe i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200; essendo un ddl costituzionale, dopo l’approvazione a maggioranza semplice potrebbe essere sottoposta a un referendum, se lo chiederanno un quinto dei membri di una camera o cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. Di Maio ha chiesto che la Camera voti la riforma, e che soltanto dopo si vada a votare.

E quindi? Sembra molto improbabile che la riforma sia approvata, perché vorrebbe dire anticipare il voto o arrivare fino al 9 settembre senza sciogliere le camere: e in ogni caso, la Lega dovrebbe approvarla, e non sembra succederà. Salvini lo ha già escluso categoricamente. I giornali infatti oggi suggeriscono che la riforma stessa sia stata uno dei motivi che ha portato Salvini ad accelerare la crisi, proprio per evitare di doverla votare.

E la riforma che taglia il numero dei parlamentari?

11.25 – La Lega ha presentato una mozione di sfiducia a Conte al Senato.

 

11.15 – E il PD?
Ieri il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti ha detto che a questo punto «c’è solo il voto», escludendo quindi la possibilità – suggerita dai giornali – secondo cui il partito potrebbe sostenere un governo con il M5S, magari con l’attuale presidente della Camera Roberto Fico come presidente del Consiglio. Zingaretti ha anche chiesto all’ex segretario Matteo Renzi di «dare una mano» per le elezioni.

Come sempre, però, è difficile prevedere cosa succederà nel PD, a partire da chi sarà il candidato a presidente del Consiglio del partito. A questo proposito, ieri Zingaretti ha detto che «sceglieremo insieme l’uomo o la donna più in grado di sconfiggere Salvini». Alcuni giornali intanto prevedono che Renzi se ne possa andare e che ci possa essere una scissione, un’ipotesi ormai diventata parte del paesaggio quando si parla del PD. Per quel che vale, in un’intervista a Repubblica di oggi il renziano Roberto Giachetti ha escluso questa possibilità.

11.00 – I due mandati dei parlamentari del M5S
La fine anticipata della legislatura pone un’ulteriore questione, perlomeno per il M5S. Il partito di Di Maio infatti prevede che i propri parlamentari possano rimanere in carica per un massimo di due mandati. Vorrebbe dire che un sacco di deputati e senatori del M5S, inclusi alcuni dei suoi esponenti più prominenti, compreso lo stesso Di Maio, non potrebbero ricandidarsi. È possibile che il M5S cambi questa regola, come peraltro ha fatto da poco con il famoso “mandato zero” dei consiglieri comunali; Alessandro Di Battista, che peraltro non essendosi candidato alle ultime elezioni ha ancora un mandato da spendere, aveva ipotizzato in passato che la regola potrebbe essere aggirata non contando una legislatura interrotta dopo poco tempo. Alle elezioni del 2018 il M5S ha eletto tantissimi parlamentari – 338 in tutto – e sui giornali si parla da tempo delle loro preoccupazioni di non essere rieletti: non solo perché forse molti non potrebbero ricandidarsi, ma anche perché i cali nei sondaggi del M5S lasciano immaginare che al prossimo giro gli eletti saranno molti di meno.

10.45 – Se si dovesse andare a votare a fine ottobre, cioè tra meno di 80 giorni, la legislatura in corso potrebbe diventare la più breve della storia della Repubblica Italiana, escludendo l’assemblea costituente. Se il giorno delle elezioni fosse il 27 ottobre, la legislatura in corso finirebbe per durare circa 600 giorni, ipotizzando un insediamento delle camere per la metà di novembre.

10.15 – La questione dell’IVA, spiegata bene

Fin da quando si sono fatte le prime speculazioni su una possibile caduta del governo, si è parlato del fatto che c’è un problema da risolvere entro la fine dell’anno: l’aumento dell’IVA. In breve: nella legge di bilancio del 2019 (approvata quindi l’anno scorso) c’è una “clausola di salvaguardia” concordata con l’Unione Europea che prevede che, da gennaio 2020, l’IVA – cioè l’imposta sul valore aggiunto – passi dal 22 al 25,2 per cento (e quella agevolata dal 10 al 13 per cento). Il governo può evitare quest’aumento inserendo nella legge di bilancio per il 2020 una serie di misure che sostanzialmente trovino il modo di recuperare i soldi – circa 23 miliardi di euro – in altri modi, con tagli e altri tipi di tassazioni. La clausola, in pratica, è una garanzia per l’UE sul fatto l’Italia quei soldi li otterrà, in un modo o nell’altro: e sono soldi che servono a una cosa fondamentale, e cioè contenere il rapporto tra debito pubblico e PIL.

Il problema è che i tempi in cui il governo dovrebbe trovare la soluzione per impedire l’aumento dell’IVA si sovrappongono a quelli delle possibili elezioni. Le date ipotizzate per il voto sono il 20 o il 27 ottobre o il 3 novembre, a seconda di quante settimane saranno necessarie per sciogliere le camere. Entro il 15 ottobre, però, il governo dovrà inviare all’UE la nota di aggiornamento al Def, che serve a comunicare le previsioni sull’andamento dell’economia italiana, e a spiegare quali misure si intendono prendere: l’UE commenterà poi la nota nei giorni seguenti. Entro il 21 ottobre, invece, deve arrivare alle camere la legge di bilancio, da approvare entro il 31 dicembre. Il governo potrebbe approvare un decreto per posticipare l’innesco della clausola, ma senza la non scontata approvazione dell’UE potrebbero esserci conseguenze molto serie, tipo la procedura d’infrazione.

È evidente, comunque, che a preparare e presentare la legge di bilancio dovrebbe essere il vecchio governo, perché anche nel caso migliore quello nuovo non riuscirà a insediarsi prima di novembre inoltrato. E qui si pone il problema: che governo ci sarà ad ottobre? Sarà il governo Conte, rimasto in carica per gli affari correnti? Oppure sarà un governo tecnico, simile a quello – mancato – di Carlo Cottarelli nel 2018, formato per traghettare l’Italia alle elezioni?

Il punto è che, ovviamente, nessuno vuole far parte del governo che farà aumentare l’IVA, una misura che sarà percepita concretamente da tutti gli italiani e che renderà impopolare chiunque sia al potere. Un eventuale nuovo governo uscito dalle elezioni di fine ottobre avrà poco più di un mese per approvare una legge di bilancio che eviti l’aumento dell’IVA: un compito molto difficile. Se non riuscisse ad approvare la legge di bilancio in tempo, oltre a scattare la clausola di salvaguardia, si andrebbe anche in esercizio provvisorio, uno strumento complicato e temuto da tutti i governi, che sostanzialmente impone per un massimo di quattro mesi delle limitazioni alla spesa pubblica. Per questo si sta parlando di altre possibilità, e cioè che un eventuale governo tecnico rimanga in carica più a lungo, in modo da sbrigare interamente la pratica della legge di bilancio.

10.00 – Qua c’è la versione lunga del discorso sui tempi della crisi che facevamo poco fa.

Cosa succede adesso

9.45 – Una cosa importante che si è capita ieri: Salvini vorrebbe le dimissioni di Conte, che però ha detto chiaramente di voler “parlamentarizzare” la crisi, cioè vuole essere sfiduciato dal Parlamento. A questo punto si devono capire le tempistiche, visto che la prossima settimana è quella di Ferragosto: Salvini ieri sera ha insistito sul fatto che i parlamentari in vacanza devono tornare a Roma, e che quelli leghisti saranno pronti da lunedì. A seconda di quando riceverà la sfiducia Conte si potrà iniziare a fare gli altri conti: quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrà sciogliere le camere, e soprattutto quando potranno tenersi le nuove elezioni. La prima data utile dovrebbe essere il 13 ottobre, ma ad oggi sembra molto improbabile che si riesca a fare in tempo.

9.15 – Due brevi riassunti delle puntate precedenti per capire come siamo arrivati alla crisi di oggi: uno per chi ha perso dei pezzi grossi, uno per chi si è soltanto distratto un po’ ad agosto.

partendo da lontano: da mesi i rapporti tra Lega e M5S si sono deteriorati, soprattutto dopo le elezioni europee di fine maggio, in cui i rapporti di forza tra i due partiti si erano ribaltati con il partito di Salvini che aveva raddoppiato i voti, e quello di Di Maio che li aveva dimezzati. Da lì in avanti ci sono stati vari motivi di frizione tra i due partiti. Per dirne alcuni: la riforma delle autonomie, quella della giustizia, la flat tax voluta dalla Lega, l’elezione di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione europea, arrivata con i voti del M5S, l’inchiesta sul sottosegretario Armando Siri e quella sui presunti finanziamenti russi alla Lega, i litigi sugli sbarchi dei migranti.

• le cose di questi ultimi giorni: il voto di mercoledì sulla TAV è stato però il vero casus belli, che ha provocato concretamente la crisi. In breve: il M5S aveva presentato al Senato una mozione non vincolante per chiedere al Parlamento di bloccare i lavori per la linea ferroviaria Torino-Lione, da sempre osteggiata dal M5S e voluta invece dalla Lega. Non era una mozione con vere ambizioni concrete, anche perché lo stesso Conte aveva detto che ormai la TAV si sarebbe fatta. Ma il M5S si era ritrovato nella posizione di far parte del governo che avrebbe dato l’approvazione definitiva all’opera, dopo anni in cui aveva investito molto impegno politico sulla campagna NO TAV: con la mozione ha quindi provato a scaricare le responsabilità sul Parlamento, per poter poi dire di aver fatto tutto il possibile per impedirla.

La mozione è stata respinta come previsto, con la Lega che ha votato contro insieme alle opposizioni (PD, FI, FdI). Non è chiaro quanto Di Maio se lo aspettasse, ma Salvini ne ha approfittato per far saltare il banco: ha usato il la spaccatura della maggioranza sul voto sulla TAV come pretesto, annunciando improvvisamente che il dissenso nel governo era troppo per continuare. Sono mesi che ciclicamente si parla di una possibile crisi di governo, soprattutto da dopo le elezioni europee, ma fino a pochi giorni fa sembrava più probabile un semplice rimpasto, con la sostituzione di alcuni ministri del M5S – Danilo Toninelli, Elisabetta Trenta e Giovanni Tria – con personaggi vicini alla Lega. Le cose sono cambiate molto rapidamente nella giornata di giovedì, quando è diventato chiaro che Salvini voleva davvero far cadere il governo.

8.45 – Intanto lo spread, cioè la differenza di rendimento tra i titoli di stato decennali italiani e quelli tedeschi, è salito a 232 punti, dopo che ieri era a 209. Sono comunque ancora livelli più bassi di quelli toccati lo scorso inverno.

8.40 – Per concludere quello che hanno detto ieri i protagonisti del governo, la conferenza stampa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. È apparso visibilmente infastidito dal modo in cui Salvini ha gestito la crisi, spiegando da subito chiaramente che Salvini gli ha «espresso la volontà di tornare a votare, per capitalizzare il consenso di cui il partito [la Lega] attualmente gode». Ha parlato di «crisi da lui innescata», sostenendo di volerla rendere «la più trasparente della storia repubblicana», spiegando il procedimento con cui sarà “parlamentarizzata”.

«Questo governo ha sempre parlato poco e lavorato molto. Questo governo non era in spiaggia: era ogni giorno nelle sedi istituzionali a lavorare dal mattino alla sera nel rispetto degli italiani», ha detto Conte nell’ultima frecciata a Salvini.


8.35 – E questo invece è quello che ha detto ieri sera l’altro vice presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, leader del Movimento 5 Stelle e fino a poco fa principale alleato di Salvini. In collegamento con il TG1, Di Maio ha esordito commentando che «i fatti sono molto chiari: Salvini ha fatto cadere il governo che aveva fermato gli sbarchi in Italia», citando come primo merito del governo una delle politiche più direttamente associate a Salvini (e peraltro dicendo una cosa notoriamente falsa: gli sbarchi non si sono interrotti).

Di Maio ha poi accusato Salvini di aver «messo i sondaggi e i suoi interessi davanti all’interesse del paese», e di essere tornato a Roma per far cadere il governo «dopo aver passato due settimane in spiaggia. Ha poi parlato dando per scontate le elezioni a ottobre, anticipando che «ci sarà un governo che si insedierà a dicembre e che non avrà il tempo di fare la legge di bilancio e questo probabilmente farà aumentare l’IVA».

8.15 – Il messaggio con cui Matteo Salvini ieri ha di fatto aperto la crisi di governo.

Inutile andare avanti a colpi di NO e di litigi, come nelle ultime settimane, gli Italiani hanno bisogno di certezze e di un governo che faccia, non di “Signor No”. Non vogliamo poltrone o ministri in più, non vogliamo rimpasti o governi tecnici: dopo questo governo (che ha fatto tante cose buone) ci sono solo le elezioni. L’ho ribadito oggi al Presidente Conte: andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza, come evidente dal voto sulla Tav e dai ripetuti insulti a me e alla Lega da parte degli “alleati”, e restituiamo velocemente la parola agli elettori. Le vacanze non possono essere una scusa per perdere tempo e i parlamentari (a meno che non vogliano a tutti i costi salvare la poltrona) possono tornare a lavorare la settimana prossima, come fanno milioni di Italiani

In serata poi Salvini ha parlato a Pescara.


8.09 – La crisi di governo sulle prime pagine dei giornali di oggi. Salvini “licenzia” Conte, secondo la Stampa; Salvini “sfiducia” Conte, secondo il Corriere. Repubblica con più sintesi: “Basta così”. Ma ci sono anche scelte più creative, tra “cimitero” e “torta in faccia“.