E la riforma che taglia il numero dei parlamentari?

Di Maio ha chiesto di approvarla – manca un solo voto – e poi andare a votare: si può fare? Cosa succederebbe?

Il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini alla Camera, Roma 21 novembre 2018 (ANSA/GIUSEPPE LAMI)
Il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini alla Camera, Roma 21 novembre 2018 (ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Il capo del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ha invitato il Parlamento ad approvare la riforma che vuole ridurre il numero dei parlamentari, prima di sfiduciare il governo e andare alle elezioni anticipate. «Votiamo il taglio delle poltrone e poi si va a votare», ha detto. È improbabile che il suo appello venga raccolto, e oggi sembra più un modo per cercare di mettere in cattiva luce la Lega e in generale gli avversari politici del Movimento 5 Stelle, ma vale la pena capire cosa potrebbe succedere.

La riforma costituzionale in questione – che porterebbe i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200 – è stata già approvata in prima lettura, e in seconda lettura solo dal Senato. Ora dovrà essere approvata in seconda lettura dalla Camera, e il voto è previsto per il 9 settembre. Luigi Di Maio ha proposto di anticipare questo voto, ma è una decisione che compete alla conferenza dei capigruppo: che non è stata ancora convocata e si riunirà probabilmente la settimana prossima. Se la riforma dovesse essere approvata anche alla Camera a maggioranza semplice, come è avvenuto in Senato, la riforma sarebbe promulgata dopo tre mesi, durante i quali sarebbe possibile chiedere un referendum popolare. Possono chiedere un referendum un quinto dei membri di una camera o cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali.

Perché questo scenario si realizzi servirebbe innanzitutto anticipare il voto sulla riforma o arrivare al 9 settembre senza che siano state sciolte le camere, circostanza che oggi sembra improbabile, con il governo Conte o con un nuovo governo; e servirebbe che la Lega – o altre forze parlamentari – decidessero di votare quella riforma con il Movimento 5 Stelle, pur sapendo che potrebbe comportare un corposo rinvio del voto. Un’altra cosa che oggi sembra alquanto improbabile: Salvini ha già detto che è uno scenario che non esiste, per esempio.


Ma cosa succederebbe, eventualmente? Potremmo andare a votare per le elezioni politiche prima di quei tre mesi di attesa, eleggendo un ultimo “grosso” Parlamento prima che la riforma “dimagrante” entri in vigore? Potremmo aspettare i tre mesi e poi, se nessuno dovesse chiedere un referendum, votare per le elezioni politiche? Potremmo aspettare quei tre mesi e poi organizzare il referendum, con tutti i suoi tempi, e soltanto dopo andare a votare per le elezioni politiche? La risposta a queste domande è: boh. Non ci sono precedenti e ci sarebbero probabilmente grossi dibattiti tra costituzionalisti. Dipenderebbe in ultima istanza dalla volontà delle principali forze parlamentari e da quella del presidente della Repubblica.

Infine, c’è qualcosa di molto più importante che condizionerà i tempi di questa crisi di governo: la scrittura e l’approvazione della nuova legge di bilancio. Sarà quella decisione a condizionare le altre, probabilmente, e non il contrario.