La questione che più condizionerà l’andamento della crisi di governo

È quella della legge di bilancio, che ha scadenze precise, da cui dipende anche l'aumento dell'IVA

Il ministro dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria (ANSA/ UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI/ FILIPPO ATTILI)
Il ministro dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria (ANSA/ UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI/ FILIPPO ATTILI)

Una delle moltissime variabili che influirà sull’evoluzione della crisi di governo riguarda la scrittura e approvazione della nuova legge di bilancio, col rischio che porti a un aumento automatico dell’IVA su tutti i prodotti.

Non è un caso, infatti, se nella nostra memoria ricordiamo soprattutto elezioni politiche tenute in inverno o in primavera: in Italia si può votare tutto l’anno, non ci sono “finestre” per tenere le elezioni politiche, ma non tutti i momenti sono uguali. Durante l’estate e l’autunno siamo in piena sessione di bilancio, cioè quel momento dell’anno in cui bisogna decidere i piani economici triennali del paese e quando è quindi molto importante avere un parlamento e un governo nel pieno delle loro funzioni.

Le scadenze
Il governo deve presentare entro il 27 settembre la nota di aggiornamento del DEF, il documento con cui indica i suoi piani economici triennali. Le disposizioni contenute nel DEF – che sono ancora modificabili – sono quelle da cui dipende gran parte della legge di bilancio, la legge che di fatto permette allo Stato di spendere i soldi pubblici e stabilisce come. Un piano più approfondito, il Documento programmatico di bilancio, va inviato alla Commissione europea entro il 15 ottobre. La legge di bilancio deve poi essere presentata in Parlamento entro il 20 ottobre, e approvata entro il 31 dicembre.

Sono scadenze fisse e ineludibili?
Nì. Un ritardo di qualche giorno sull’approvazione del DEF non è necessariamente un problema, e il governo potrebbe chiedere alla Commissione europea un rinvio del termine per inviare il Documento programmatico di bilancio. Allo stesso modo, già l’anno scorso il governo Conte non riuscì a mandare la legge di bilancio in Parlamento entro il 20 ottobre. Esiste però una vera scadenza ineludibile, a meno di fare danni: la nuova legge di bilancio deve essere approvata dal Parlamento entro il 31 dicembre. Su questo non si scappa.

Cosa succede se non ce la facciamo? Due cose.

L’esercizio provvisorio
La prima è che l’Italia entrerebbe nel cosiddetto “esercizio provvisorio”, regolato dall’articolo 81 della Costituzione: «L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi». Se non si approva una legge di bilancio, quindi, il Parlamento deve comunque approvare una legge per dare il via all’esercizio provvisorio: non c’è nessuna procedura automatica che si può eseguire senza voto delle Camere. Inoltre questo esercizio provvisorio non può durare più di quattro mesi, al termine dei quali la vera legge di bilancio deve essere approvata. Durante quei mesi, le spese e gli introiti dello Stato sarebbero regolati dalla legge approvata per l’esercizio provvisorio, con l’autorizzazione a spendere ogni mese un dodicesimo di quanto autorizzato.

Quindi nessun problema?
Beh, insomma. Il timore è che facendo ricorso a questo strumento il paese si dimostri particolarmente instabile e inaffidabile, e fornisca agli investitori e ai partner internazionali un’immagine di precarietà e mancanza di serietà che rischi di rendere molto più caro il finanziamento delle nostre spese (cioè far aumentare il famoso spread e scendere il valore dei titoli di stato) e più complicate le trattative internazionali. Già in queste ore lo spread è cresciuto molto: e lo spread che si alza vuol dire, in soldoni, più soldi da pagare in interessi, più difficoltà nel contenere il debito pubblico, meno risorse.

E poi c’è la seconda cosa.

L’aumento dell’IVA
Durante le trattative con la Commissione europea per l’ultima legge di bilancio, che prevedeva una grossa spesa in deficit per misure come il sussidio di disoccupazione chiamato “reddito di cittadinanza” e il taglio temporaneo dell’età pensionabile chiamato “quota 100”, il governo Conte si impegnò a ridurre il deficit nei prossimi anni facendo scattare automaticamente una serie di aumenti dell’IVA se nel corso del 2019 e del 2020 non fossero stati realizzati una certa quantità di tagli o di aumenti delle entrate.

Questi impegni si chiamano in gergo “clausole di salvaguardia” e sono stati utilizzati ampiamente da tutti gli ultimi governi, a partire da quello Berlusconi nel 2011, ma non quanto il governo Conte: bisogna trovare 23 miliardi di euro entro la fine dell’anno, altrimenti da gennaio l’IVA crescerà dal 22 al 25,2 per l’aliquota ordinaria e dal 10 al 13 per cento per l’aliquota agevolata. In pratica aumenterebbero i prezzi di quasi tutti i prodotti.

Non possiamo chiedere una proroga?
No, perché la clausola di salvaguardia a questo punto non riguarda più la Commissione europea: fa parte della legge di bilancio approvata alla fine del 2018. È una legge dello Stato italiano, insomma. Per cambiarla bisogna approvare una nuova legge: in teoria la nuova legge di bilancio, che potrebbe reperire altrove quei 23 miliardi – aumenti di altre tasse, tagli ai servizi, etc – oppure potrebbe decidere di lasciare aumentare l’IVA ma compensare quegli aumenti in altri modi nell’ambito di una più ampia riforma fiscale. Ma serve una legge.

Ci sono altri modi di sfangarla?
In teoria il governo potrebbe approvare un decreto legge per sospendere le clausole di salvaguardia, ma andrebbe sottoposto al parere della Commissione Europea che con ogni probabilità non sarebbe per niente d’accordo, visto che vorrebbe dire venir meno agli impegni presi. Se dovessimo decidere di tirare dritto comunque, andremmo incontro a una procedura d’infrazione (e a ulteriori nervosismi dei mercati internazionali e delle agenzie di rating, visto che sarebbe una grande dimostrazione di inaffidabilità).

Quale governo dovrebbe occuparsene?
Questo dipenderà dai tempi e dall’evoluzione che avrà questa crisi di governo. Al momento gli scenari possibili – successivi alla sfiducia del governo Conte – sono due: che si vada a votare il prima possibile, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, o che si vada a votare dopo l’approvazione della legge di bilancio, quindi all’inizio del 2020.

Nel primo caso, la legge di bilancio andrebbe scritta dal governo che nascerebbe dopo le elezioni, che però non farebbe in tempo: si insedierebbe nel migliore dei casi a dicembre inoltrato. L’aumento dell’IVA potrebbe scattare per poi eventualmente essere annullato con l’approvazione della legge di bilancio durante l’esercizio provvisorio. Nel secondo caso la legge di bilancio andrebbe scritta dal governo Conte – che resterebbe in carica per il disbrigo degli affari correnti – oppure da un eventuale governo “tecnico” o “neutrale” che il presidente della Repubblica potrebbe proporre proprio per evitare gli scenari peggiori.

Il punto è che, ovviamente, nessuno vuole far parte del governo che farà aumentare l’IVA, una misura che sarà percepita concretamente da tutti gli italiani e che renderà impopolare chiunque sia al potere: per questo molti analisti e osservatori politici sostengono che i sacrifici che saranno imposti dalla clausola di salvaguardia – o dalle misure necessarie per evitarla – siano uno dei motivi che hanno fatto precipitare la situazione tra il Movimento 5 Stelle e la Lega, e portato la Lega a decidere di ritirare il suo sostegno al governo Conte.