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  • Mercoledì 6 maggio 2015

I nuovi colloqui sulla Siria

Sono cominciati ieri a Ginevra, con aspettative molto basse e moltissimi problemi: non ci sono i gruppi jihadisti, non c'è Assad

A boy rides his bike in front of destroyed buildings on April 25, 2015 in a rebel-held area of the northern Syrian city of Aleppo. AFP PHOTO / AMC / ZEIN AL-RIFAI (Photo credit should read ZEIN AL-RIFAI/AFP/Getty Images)
A boy rides his bike in front of destroyed buildings on April 25, 2015 in a rebel-held area of the northern Syrian city of Aleppo. AFP PHOTO / AMC / ZEIN AL-RIFAI (Photo credit should read ZEIN AL-RIFAI/AFP/Getty Images)

Martedì 5 maggio sono ricominciati a Ginevra, in Svizzera, i colloqui sulla guerra in Siria. I negoziati, che erano saltati all’inizio del 2014 per il rifiuto del governo siriano a discutere alcune proposte dei ribelli, sono mediati dalle Nazioni Unite. A capo della delegazione dell’ONU c’è l’inviato speciale italo-svedese Staffan de Mistura, già sottosegretario agli Esteri del governo Monti. I colloqui dovrebbero durare per le prossime cinque o sei settimane: sono stati invitati a parteciparci più di 40 gruppi di ribelli, esclusi quelli jihadisti, e i rappresentanti di Iran e Turchia, due dei paesi più coinvolti dalla guerra in Siria.

I colloqui cominciati a Ginevra – che non sono dei veri e propri colloqui di pace, ha detto De Mistura: sono “consultazioni esplorative” – sono molto complicati, per diverse ragioni. Per esempio alcuni gruppi di ribelli si sono arrabbiati perché sono stati invitati i rappresentanti dell’Iran, governo che sostiene attivamente il regime di Assad, soprattutto attraverso le operazioni militari di Hezbollah, gruppo estremista libanese che ha partecipato a diverse azioni di guerra contro i ribelli al confine tra Libano e Siria. C’è poi la questione dell’esclusione dai colloqui dei gruppi jihadisti. Le Nazioni Unite ufficialmente non dialogano con le fazioni jihadiste che combattono in Siria, tra cui lo Stato Islamico (o ISIS), e il Fronte al Nusra, il gruppo che rappresenta al Qaida in Siria (entrambi i gruppi sono considerati “terroristici” dall’ONU). Negli ultimi due anni questi gruppi si sono però dimostrati i meglio attrezzati per combattere il regime siriano di Bashar al Assad e gli altri gruppi di ribelli più moderati.

La guerra in Siria ha avuto diverse fasi da quando, nel 2012, lo schieramento dei ribelli ha cominciato a subire le infiltrazioni di gruppi jihadisti: in un primo momento era stata al Nusra a dominare il fronte dei ribelli. Nel giro di pochi mesi, nell’estate del 2014, una porzione rilevante del territorio siriano e iracheno era stato conquistato dall’ISIS, che rimane ancora oggi la fazione più forte insieme all’esercito di Assad. Da qualche settimana al Nusra ha riconquistato alcune città siriane: la ragione principale sembra essere un rinnovato appoggio di alcuni paesi del Golfo, tra cui l’Arabia Saudita. Come hanno scritto alcuni analisti, è difficile pensare che si possa raggiungere una qualche forma di accordo se si escludono ISIS e al Nusra, due gruppi che insieme controllano più della metà dell’intero territorio della Siria (qui una mappa aggiornata al primo maggio su chi controlla cosa in Siria).

Rispetto all’inizio del 2014, quando si erano tenuti gli ultimi colloqui sulla Siria, è cambiata anche la posizione del regime di Assad. L’esercito siriano ha subito diverse sconfitte militari, sia per l’avanzamento dell’ISIS nell’estate del 2014 sia a causa delle recenti vittorie di alcuni gruppi islamisti, tra cui al Nusra. Mercoledì 6 maggio Assad ha detto: «Oggi stiamo combattendo una guerra, non una battaglia. La guerra non è una battaglia, ma una serie di molte battaglie». Assad si è fatto rivedere in pubblico a Damasco, la capitale della Siria, per la prima volta dopo le sconfitte militari subite dal regime nella provincia nord-occidentale di Idlib. Le sconfitte di cui parla Assad non si riferiscono solo a Idlib, ma anche ad alcuni territori nel sud della Siria che di recente sono stati conquistati dai ribelli. Non è chiaro in che misura il momento di difficoltà del regime possa condizionare l’esito dei colloqui di pace: Assad sembra comunque avere meno forza negoziale rispetto all’inizio del 2014.

Bashar Assad Il presidente siriano Bashar al Assad in una scuola di Damasco, in Siria, il 6 maggio 2015. (SANA via AP)

Le aspettative sui colloqui di Ginevra sono piuttosto basse: De Mistura ha spiegato che l’obiettivo è trovare i temi e gli argomenti su cui negoziare, come per esempio stabilire una tregua in alcune città siriane (esperimento che si è già tentato in alcuni quartieri di alcune città siriane). L’obiettivo di De Mistura è provare a rendere “operativo” il Comunicato di Ginevra del 2012, che proponeva il raggiungimento di un accordo sostenuto internazionalmente relativo alla formazione di un governo di transizione in grado di raccogliere il consenso tra le parti.

La guerra in Siria è cominciata nel marzo 2011 e da allora sono state uccise circa 220mila persone. Moltissime altre sono state costrette a lasciare le loro case e a rifugiarsi nei campi profughi dei paesi confinanti con la Siria. Ad oggi, data la complicata situazione delle forze in campo e i molti fronti di guerra aperti, è difficile immaginare una soluzione per la guerra nel breve periodo.