Catalogo del PD

Claudio Cerasa ha compilato un'enciclopedia sarcastica e verosimile su quello che oggi gira nelle teste di veltroniani, dalemiani, lettiani, prodiani, eccetera

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
04-02-2011 Roma
Politica
Assemblea Nazionale del Partito Democratico
Nella foto Pierluigi Bersani
Photo Roberto Monaldo / LaPresse
04-02-2011 Rome
National Assembly of Democratic Party
In the photo Pierluigi Bersani

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
04-02-2011 Roma
Politica
Assemblea Nazionale del Partito Democratico
Nella foto Pierluigi Bersani

Photo Roberto Monaldo / LaPresse
04-02-2011 Rome
National Assembly of Democratic Party
In the photo Pierluigi Bersani

Oggi Claudio Cerasa sul Foglio, descrive – in modo sarcastico ma verosimile – che cosa pensano in questa fase politica diverse aree del Partito Democratico. Per ogni area c’è un’associazione con un esponente del partito: c’è il “veltroniano”, il “prodiano”, il “renziano”, “il lettiano”, “il bersaniano”, “il dalemiano”, “il bindiano”.

Quello che vi proponiamo in questa pagina è un ritratto, o se volete un’istantanea, di ciò che in questo momento si muove nelle menti e nelle teste di tutte le più significative categorie politiche presenti nel Partito democratico. Insomma: un piccolo catalogo e una piccola enciclopedia di quello che oggi si intende quando sui giornali sentite nominare termini misteriosi, oscuri e spesso indecifrabili come “il veltroniano”, “il renziano”, “il lettiano”, “il dalemiano”, il “bersaniano” , il “bindiano”, il “prodiano”, e così via. Termini che spesso fotografano la semplice appartenenza di questo o quel politico a una determinata corrente di un partito; ma termini che ormai indicano qualcosa di più di una banale militanza correntizia, e che giorno dopo giorno, primarie dopo primarie, scontro dopo scontro, candidatura dopo candidatura, sono diventati sinonimi di alcune vere e proprie categorie dello spirito del mondo democratico. Categorie tutte diverse, e ognuna con le sue inclinazioni, i suoi tic, i suoi tormenti, i suoi legami e le sue simpatie e le sue antipatie ma che oggi non si possono non conoscere se si vuole capire meglio cosa si muove e cosa succede sotto la pellaccia del più grande partito della sinistra italiana.

Il veltroniano
Il veltroniano è combattuto, tormentato, travagliato e a tratti perfino un pochino straziato. Il veltroniano è combattuto perché – pur essendo gagliardamente ed eroicamente superpartes, pur essendo vigorosamente ed energicamente equidistante dal renzismo e dal bersanismo e pur ripetendo notte e giorno e praticamente a memoria la filastrocca che questo-governo-ha-fatto-bene-al-paese e che questo-governo-è-l’unica-salvezza-per-l’Italia, e che questo-presidente-del-consiglio-è-l’unica-certezza-per-il-futuro-del-paese – non riesce a non pensare che forse qui c’è qualcosa che non va. E che, sì, certo, è giusto, giustissimo, dire che Monti è quanto di meglio potesse sperare l’Italia per portare avanti un serio programma di riforme (il veltroniano si commuove ogni volta che sente pronunciare la parola “riforme”) ma che forse è anche una piccola contraddizione in termini se chi un tempo proponeva come esempio per il paese la vocazione maggioritaria, il partito americano, le primarie aperte, il modello del sindaco d’Italia, il premierato forte e le riforme liberali oggi non è schierato in modo aperto e coerente e sincero con il candidato che propone come esempio per il paese la vocazione maggioritaria, il partito americano, le primarie aperte, il modello del sindaco d’Italia, il premierato forte e le riforme liberali (se accanto alla parola “riforme” ascolta anche la parola “liberale”, il veltroniano entra in una specie di estasi mistica). Il veltroniano – che passa molto tempo a presentare e a scrivere libri, a chiedere notizie di Casini e di Riccardi, a discutere di riforma elettorale e di riforme della Banca centrale e a criticare Bersani e D’Alema e Fassina e Orfini per essere diventati tutti a loro modo il simbolo di un partito che doveva essere di centrosinistra e che invece si è trasformato in un ennesimo partitaccio di sinistra – è poi anche combattuto, molto combattuto, perché sotto sotto non sa se può dire la verità al suo vecchio segretario: e insomma ammettere apertamente e senza giri di parole che sì, caro Walter, va bene tutto, va bene Monti, va bene la tecnica, va bene il governissimo, va bene il montismo; però noi intanto, anche se ti vogliamo tanto bene e ti sosteniamo e ti aiutiamo con tutte le nostre forze, noi, caro Walter, non sappiamo come dirtelo, ma tra una cosa e un’altra, scusaci, ma noi una mano al nostro amico Matteo, per scrivere il programma, pensare alle riforme (ah, le riforme) e provare a conquistare lo stesso partito che ancora non capiamo bene per quale ragioni tu hai deciso di mollare, gliela diamo eccome. Epperò, poi, il veltroniano sa che le cose non sono così semplici. Sa che Renzi forse non ce la farà (ma chissà). Sa che comunque il destino del veltronismo oggi fa rima più che mai con la parola montismo e per questo – tra un convegno di Enrico Morando, una tartina con Ettore Scola, una presentazione dell’“Isola delle Rose”, una rievocazione della Bella politica e un convegno con Aldo Cazzullo – sa che la coppia Bersani-D’Alema non potrà mai rappresentare il veltronismo ma sa anche che forse con Bersani-D’Alema candidati a Palazzo Chigi un domani potrebbe essere anche più facile riavere Monti ancora a Palazzo Chigi. E quindi chissà sotto sotto alle primarie il veltroniano – “Who – secondo Wikipedia – in strict terms is generally progressive and modernizer, as opposed to Dalemiani who are more traditional social democrats” – per chi davvero voterà.

(Continua a leggere sul Foglio.it)

foto: Roberto Monaldo / LaPresse