occhi

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La biblioteca ermetica di Rota e Verginelli

«Davanti alla loro collezione di libri, i miei occhi si perdevano in un tripudio di illustrazioni e dettagli visivi: simboli da interpretare, raggi che si diramano, bocche che invitano al silenzio, occhi, triangoli, cuori alati, serpenti, cerchi magici e geometrie sacre, a simboleggiare, a seconda dei casi, immortalità, sapienza, umiltà, desiderio di conoscenza; e poi ancora calcoli numerici e diagrammi, arditi e complessissimi, come a voler fermare l’inafferrabile, su carta, almeno per un momento»

La biblioteca ermetica di Rota e Verginelli

Perché non ricordiamo Gabriella Ferri

«Lei era Roma per me: sorrideva pur essendo triste, gli occhi bistrati e chiarissimi. Il suo corpo mi pareva il corpo della città. Era facile riconoscerla nelle sue canzoni, era evidente che le paillettes e i foulard, gli abiti fuori misura coincidessero con le contraddizioni e la pietas della città. La tragedia della donna che si butta nel Tevere per un amore finito in "Barcarolo romano" racconta lo stesso fiume che abbraccia l’Isola Tiberina e l’ospedale Fatebenefratelli, dove sono nate generazioni di romani. A me sembra che finché Roma è rimasta "india, pigra e furba" come il padre di Gabriella Ferri, lei, come tutte le maschere, non ha avuto bisogno di presentazioni perché il luogo da cui veniva era la sua vera identità. Ma dopo l’inizio e la consacrazione, è arrivata la consapevolezza, il timore di ritrovarsi alla fine di un percorso»

Perché non ricordiamo Gabriella Ferri

Il lupo che ne sa

«Io e Adelaide l’abbiamo visto anche in autunno e quella volta eravamo a piedi. È apparso di colpo, a qualche metro da noi. Sono rimasta raggelata, nel timore e nella meraviglia. Era un esemplare grosso e in carne, forse un maschio. Ci ha fissate con gli occhi gialli e attenti. Ci stava studiando, e chissà cosa ha pensato di noi. Ha idee, il lupo? Si è allontanato calmo ed elegante lungo il bordo indistinto dell’altopiano. Poco più avanti abbiamo trovato la carcassa fresca del capriolo, le costole tutte spolpate. Intatte solo le orecchie, gli occhi cavati»

Il lupo che ne sa