Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 23 Gennaio 2022
Il sito britannico di informazione sui media PressGazette ha compilato una classifica delle testate giornalistiche anglofone con più follower su Instagram, e ha parlato coi responsabili della rete televisiva BBC del loro primato in questa classifica (20,3 milioni).
Il rapporto dei giornali con Instagram è complicato e oggetto di riflessioni da anni: considerate le limitazioni di Instagram nel portare traffico sui siti web, e quindi ricavi pubblicitari o abbonamenti, l’obiettivo della presenza su Instagram è stato convertito verso le opportunità di raggiungere comunque con i propri contenuti e la propria identità delle quote molto grandi di lettori, che in cospicua parte frequentano meno i siti web e in cospicua parte sono giovani. E trovare dei modi indiretti di portare questi lettori ad apprezzare le testate giornalistiche e la loro offerta, per avvicinarli a un potenziale coinvolgimento maggiore anche fuori da Instagram. Oppure, in alcuni casi, sfruttare il seguito su Instagram per produrre contenuti promozionali – per sé o per terzi – che si traducano in ricavi.
Il capo dei social di BBC, Jeremy Skeet – spiegando perché invece non ritiene TikTok un social network adatto per le ambizioni di BBC – ha detto a PressGazette che gli approcci più efficaci per ottenere il loro risultato su Instagram sono stati quattro:
– concentrarsi specificamente sul tipo di audience
– pubblicare con regolarità
– creare più contenuti esplicativi, soprattutto rispetto al Covid-19
– e usare contenuti di testo nello spazio delle immagini
Tra le testate italiane, invece, i numeri di follower su Instagram sono questi.
Fanpage 1,7 milioni
Repubblica 1,6 milioni
Corriere della Sera 1,2 milioni
Tgcom24 1 milione
Sky tg24 894mila
Gazzetta dello sport 851mila
Ansa 837mila
Sole 24 Ore 668mila
Il Post 533mila
Tuttosport 516mila
Stampa 466mila
Fatto 359mila
HuffPost 274mila
Open 198mila
Messaggero 194mila
TPI 167mila
RaiNews 151mila
Manifesto 85mila
Verità 75mila
Domani 72mila
Libero 70mila
Foglio 63mila
domenica 23 Gennaio 2022
La possibilità di obiettare o di smentire un articolo di un giornale, da parte di un “interessato”, è ciclicamente oggetto di curiosità e discussioni da parte dei lettori, e a volte di richieste di regole più insistenti: nella pratica, però, nessuna opportunità di “replica” è mai sufficiente a compensare i danni causati da eventuali informazioni sbagliate, sia alle persone coinvolte, sia più in generale alla corretta informazione dei lettori. È una delle ragioni per cui raramente gli “interessati” si dedicano a scrivere ai giornali le loro correzioni o smentite, che – se vengono pubblicate – finiscono in spazi poco visibili e spesso creano presso i lettori estranei l’effetto di capricci risibili e sproporzionati. Un’altra ragione è che le ragioni di chi obietta e corregge sono spesso demolite da laconiche e supponenti risposte del giornale stesso: una specie di “ultima parola” che spesso non entra nel merito ma suona semplicemente “tanto fa lo stesso”.
È un esempio di maggior correttezza lo spazio assai frequente che il quotidiano Domani dedica a lettere di questo genere, intitolate “Diritto di replica”: e a cui il giornale risponde quasi sempre argomentando, o a volte non risponde, convenendo implicitamente che le correzioni ricevute siano fondate e accettate (addirittura ammetterlo esplicitamente non è praticamente mai capitato nella storia dei quotidiani di carta, salvo quando viene presentato come una correzione autonoma del giornale).
domenica 23 Gennaio 2022
Dopo il piano di incentivi all’uscita attivato alla fine dell’anno scorso, l’azienda del Sole 24 Ore ha concordato con la redazione del giornale 29 pensionamenti anticipati nei prossimi due anni per i giornalisti di oltre 62 anni.
domenica 23 Gennaio 2022
Carlo Verdelli, il giornalista italiano con la più ricca e varia quota di direzioni importanti nel curriculum, diventerà da febbraio direttore del settimanale Oggi, che appartiene al gruppo RCS, l’editore del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, gruppo con cui Verdelli ha avuto il più prolungato rapporto della sua carriera: negli ultimi due anni, dopo essere stato licenziato dalla direzione di Repubblica in seguito all’acquisizione del gruppo editoriale GEDI da una nuova proprietà, Verdelli era tornato al Corriere della Sera come commentatore.
Oggi ha dichiarato per il mese di novembre 158mila copie settimanali pagate contro le 176mila del suo concorrente, Gente (pubblicato dall’editore Hearst).
Verdelli prenderà il posto di Umberto Brindani, che dirigeva Oggi dal 2010 e prima era stato condirettore di Panorama e direttore di Gente, Chi e Sorrisi e canzoni: le modalità della sostituzione sono state misteriosamente sbrigative e brusche, e la stessa redazione di Oggi ha protestato con l’editore.
domenica 23 Gennaio 2022
Chicago è la terza città più popolosa degli Stati Uniti, con quasi tre milioni di abitanti: i suoi quotidiani sono ritenuti “giornali locali”, come abbiamo detto altre volte, ma servono una quota di lettori molto grande. Il principale, il Chicago Tribune, ha una diffusione di 200mila copie e ha avuto ultimamente preoccupanti traversie di proprietà; il secondo, il Chicago Sun-Times (100mila copie di diffusione), ha concluso questa settimana le operazioni di cessione a una più rassicurante non profit che già possiede una radio, che avevamo anticipato qualche mese fa.
domenica 23 Gennaio 2022
Nelle settimane scorse sui giornali si è parlato di una tensione tra la piattaforma di video DAZN, le reti televisive, le associazioni di pubblicitari, intorno ai sistemi di rilevazione degli abbonati e degli spettatori: che è un tema delicatissimo, perché l’omogeneità dei dati è quello su cui si basa la concorrenza nell’ottenere investimenti pubblicitari. Venerdì l’Autorità garante per le comunicazioni ha detto la sua, indirizzando appunto tutti i coinvolti verso scelte che definiscano più esattamente la raccolta degli “indici di ascolto”. La decisione, secondo il Sole 24 Ore, potrebbe avere delle ricadute anche sull’arenato piano di rendere più coerenti tra loro i dati delle reti televisive, dei siti web e dei giornali, di cui parlammo un anno e mezzo fa, e che è diventato necessario da quando questi tre tipi di “contenitori di pubblicità” sconfinano ognuno nel campo degli altri (le tv sono sul web, i giornali anche, i siti web producono video, eccetera).
domenica 23 Gennaio 2022
Tra le conseguenze della crisi dei giornali c’è la sempre minore possibilità per le aziende editoriali di assumere giornalisti con contratti stabili – contratti nati in tempi molto migliori per i giornali e oggi molto costosi. Una conseguenza è una grande differenza tra le condizioni contrattuali e retributive di giornalisti che godono di contratti solidi e ben pagati ottenuti in tempi migliori, e quelle dei più giovani che a contratti equivalenti raramente possono accedere e che però continuano a investire in grandi numeri su progetti di carriere giornalistiche. Un’altra conseguenza è che per continuare a pubblicare un grande numero di articoli (anzi, con il web un numero maggiore) e per continuare a coprire molte aree di interesse, i giornali si avvalgono di numerosi collaboratori esterni, più o meno assidui, che vengono pagati “a pezzo”. Con quali tariffe è una questione citata spesso con indignazione, perché i giornalisti non dipendenti (o freelance), che in Italia sono oltre 44mila, sono i più precari della categoria: in molti casi sono costretti a inseguire molte collaborazioni incerte con diversi giornali per mettere insieme uno stipendio, e per scrivere certi articoli devono sostenere autonomamente spese che non sono giustificate dalla paga prevista. Questo stato di precarietà e necessità si riflette poi spesso sulla qualità del lavoro e di ciò che i giornali pubblicano.
Charlie ha condotto una piccola incompleta indagine su quali siano i compensi per i collaboratori dei principali quotidiani italiani. Nel leggere le informazioni, che sono basate su decine di testimonianze, bisogna comunque tenere in conto che solo alcuni giornali hanno delle quote fisse che applicano a tutti i collaboratori, mentre in altri casi gli accordi possono variare da persona a persona (ci sono poi limitati casi particolari di collaboratori di maggior fama e attrattiva, che non sempre hanno un contratto ma che fanno storia e compenso a sé). La retribuzione può cambiare in base all’ambito di competenza (sport, cultura, cronaca) o in base alla lunghezza dell’articolo, che si misura in battute: la “battuta” è ogni tipo di carattere digitato (spazi compresi). Gli articoli scritti per i quotidiani cartacei vengono pagati molto più di quelli sulle versioni online degli stessi giornali; i compensi per gli articoli sulle pagine locali sono minori rispetto a quelli per gli articoli sulle pagine nazionali. Molti collaboratori hanno un “tetto mensile” di pezzi che non possono superare, altri ne hanno uno minimo, in modo da garantirsi una specie di stipendio fisso su cui poter contare. E soprattutto, tutte queste cifre sono crollate drasticamente rispetto al periodo che si è esaurito nei primi anni di questo millennio, quando simili collaborazioni potevano contare su compensi da cento euro in su.
Compensi lordi per un articolo, secondo diverse testimonianze e informazioni raccolte:
Corriere della Sera: meno di 1.000 battute 10 euro; tra 1.000 e 2.500 battute 20 euro; tra 2.501 e 3.600 battute 35 euro; oltre 3.600 battute 50 euro. I compensi sono più alti per gli articoli pubblicati negli inserti (Corriere Economia, Corriere Salute, Corriere Motori, eccetera) e nella sezione di cultura, e più bassi nelle edizioni locali del giornale (circa la metà di quelli scritti sopra, nella maggior parte dei casi).
Corriere.it: 15 euro per un articolo di solo testo.
Repubblica: i compensi variano molto a seconda degli accordi presi con il singolo giornalista. Si va da 20 euro per i pezzi più brevi a 60/70 euro per quelli che superano le 3.600 battute. Come per il Corriere, i compensi possono essere più alti per pezzi pubblicati in alcune sezioni specifiche, come la cultura.
Repubblica.it: i compensi sono molto variabili. Due esempi più o meno agli estremi sono 10/20 euro per un articolo di sport, 50 euro per uno nella sezione salute.
La Stampa: per i collaboratori che scrivono di cronaca o sport, fino a 1.260 battute 15 euro, più di 1.260 battute 30 euro. Nella sezione cultura si arriva a 60 euro per una recensione e a 120 euro per un’intervista. Sul sito, a differenza di altri giornali, è applicato il criterio del compenso crescente sulla base della lunghezza.
Il Fatto Quotidiano: colonnini/brevi 30 euro; tagli bassi (cioè gli articoli nella parte bassa della pagina) 50 euro; articoli di apertura di una pagina 70 euro; articoli oltre le 5.000 battute 90 euro.
Ilfattoquotidiano.it: 30 euro.
Quotidiano nazionale (Il Resto del Carlino, Il Giorno e La Nazione): fino a 275 battute 50 centesimi; da 276 a 825 battute 2 euro; da 826 a 2.200 battute 6 euro; oltre 2.200 battute 9 euro. Se si scrivono più di 80 pezzi in un mese, dall’81esimo tutti i pezzi vengono pagati al massimo 2 euro. Una fotografia pubblicata nel pezzo viene pagata 2 euro, ma dalla 51esima fotografia pubblicata il compenso è 50 centesimi per ognuna.
Online: da 276 a 825 battute 2 euro; da 826 a 2.200 battute 3 euro; oltre 2.200 battute 4 euro. Dopo i 40 pezzi mensili, ogni pezzo viene pagato 1 euro. Una fotografia pubblicata viene pagata 1 euro e 50, 1 euro se inserita in una fotogallery, 50 centesimi dopo la 40esima foto pubblicata.
Il Messaggero: nella sezione di moda tra 13 e 26 euro; nella sezione di sport, per pezzi oltre le 3.500 battute 20 euro sulle pagine dell’edizione locale romana, 39 euro su quelle nazionali.
Ilmessaggero.it: 7 euro.
Il Foglio: meno di 6.000 battute 60 euro; più di 6.000 battute 90 euro.
Ilfoglio.it: 60 euro.
Il Giornale: per un articolo in cronaca di Milano o nazionale 50 euro (ma ci sono collaboratori che hanno accordi diversi, con compensi sia più alti che più bassi).
Libero: alcuni contratti prevedono per un articolo di apertura 56 euro, per un taglio basso 45 euro. Altri partono da 35 euro per le aperture e arrivano a 12 o 9 euro per notizie brevi sulla cronaca locale. Nella sezione sport si va da 17 a 28 euro.
Domani: meno di 3.500 battute 70 euro; tra 3.500 e 6.500 battute 90 euro; tra 6.500 e 13mila battute 150 euro; oltre 13.000 battute 250 euro.
La Gazzetta dello Sport: tra gli 8 e i 28 euro (ma ci sono collaboratori “storici” che hanno accordi migliori).
Gazzetta.it: 14 euro.
Tuttosport: meno di 1.200 battute 10 euro; più di 1.200 battute 20 euro.
domenica 23 Gennaio 2022
La responsabile della “audience research” dell’Atlantic ha pubblicato su Medium un lungo resoconto del lavoro che il giornale fa nel cercare di comprendere e soddisfare le principali richieste dei lettori: specificando che l’individuazione di queste richieste non esaurisce naturalmente il lavoro del giornale né la sua autonomia e responsabilità su ciò di cui si occupa, ma che capirle aiuta a stabilire delle priorità nella confezione del sito e nel modo in cui le storie vengono proposte.
L’Atlantic è un illustre e autorevole storico mensile statunitense (il nome originale completo è Atlantic Monthly) che ha saputo spostarsi precocemente sul web e che ha avuto grossissime crescite di abbonamenti negli ultimi due anni. Oggi è uno dei migliori contenitori di articoli di qualità americani, tra quelli che non coprono il ciclo di news delle 24 ore e che hanno maggiori similitudini con i contenuti e gli approfondimenti dei “magazine”. Qualche anno fa la sua maggioranza è stata comprata da una società di Laurene Powell Jobs, vedova di Steve Jobs.
Nell’articolo su Medium vengono presentati cinque principali “bisogni” dei lettori rispetto ai contenuti dell’Atlantic.

Ovvero:
– datemi maggior chiarezza e contesto
– aiutatemi a scoprire idee nuove
– mettete in discussione le mie opinioni
– datemi delle distrazioni che abbiano un valore
– fatemi conoscere autori di talento
domenica 23 Gennaio 2022
Solo per chi abbia curiosità più da nerd, se no passate avanti: ADS certifica – su indicazioni dei singoli editori – la diffusione e la vendita delle copie dei giornali, cartacee e digitali. Non sono quindi compresi, e non sono conteggiati da nessun ente terzo, gli abbonamenti ai contenuti dei siti degli stessi giornali.
Prendiamo come esempio il Corriere della Sera, che dichiara ad ADS 183mila copie vendute individuali (non acquistate in blocchi da aziende o enti), sia cartacee che digitali, sia in singole copie che in abbonamento. Quelle indicate come copie digitali possono essere acquistate solo attraverso un abbonamento, e sono 78mila.
Per natura di quest’ultimo dato, quindi, è comprensibile che sia praticamente identico (lo scostamento di poche decine non sappiamo spiegarlo ma stiamo approfondendo) a quello delle copie digitali dei suoi supplementi, che si ottengono solo abbonandosi al quotidiano. 78mila per IoDonna e 78 mila per Sette: a cui si sommano altre 16-18mila copie comunicate come “copie digitali abbinate agli abbonamenti cartacei”.
Le 168mila copie cartacee dichiarate da IoDonna, invece, mostrano che il sabato il Corriere vende di più del giorno medio, di cui comunica 148mila copie: idem per il venerdì, che l’allegato Sette porta a 153mila copie.
Infine, il dato sugli abbonamenti alle copie digitali (78mila copie) indica per sottrazione dalla cifra di 380mila abbonati (questa però non soggetta a verifiche di garanzia, e annunciata autonomamente dal Corriere) che gli abbonamenti ai soli contenuti del sito web siano 300mila: le definizioni di questi abbonati poi sono ancora più articolate e misteriose, date le tantissime offerte, varietà e sconti degli abbonamenti digitali, e le poche informazioni fornite dall’editore su cosa conteggi come “abbonati”.
domenica 23 Gennaio 2022
I dati di diffusione certificati dall’ente ADS (che applica dei criteri di verifica sulle comunicazioni che arrivano dalle testate) che riguardano i periodici hanno qualche criterio di analisi diverso da quelli che usiamo di solito per i quotidiani. Per i settimanali, in particolare, tra le testate più diffuse ce ne sono diverse che sono supplementi dei quotidiani, e che quindi raggiungono i lettori a prezzi molto bassi e attraverso il canale preferenziale dell’abbinamento al quotidiano. Un’altra cosa che bisogna considerare è che alcune testate indicano un grande numero di copie omaggio e promozionali, diffuse gratuitamente, quindi i dati che riportiamo sono quelli delle copie “pagate”. Questi sono i settimanali che superano ancora le centomila copie, tra parentesi c’è la differenza rispetto al dato di un anno prima, novembre 2020.
Sorrisi e canzoni 386.643 (-4%) Mondadori
DiPiù 317.607 (-12%) Cairo
TeleSette 283.888 (-5%) Universo
IoDonna 250.404 (9%) RCS
Sette 236.294 (non indicato) RCS
Il Venerdì 215.955 (-2%) GEDI
Famiglia Cristiana 192.713 (-5%) San Paolo
Gente 176.039 (-15%) Hearst
Oggi 157.832 (-11%) RCS
DiPiù TV 156.732 (-11%) Cairo
D 154.471(-15%) GEDI
L’Espresso 152.203 (-32%) GEDI
Settimanale Nuovo 144.280 (-13%) Cairo
Intimità 118.187 (-7%) DB
Guida Tv Nuova 106.625 (-8%) Mondadori
Diva e donna 103.029 (-18%) Cairo
Alcune altre testate:
Donna moderna 95.960 (-22%) Mondadori
Chi 90.156 (-16%) Mondadori
F 82.157 (-18%) Cairo
Grazia 74.767 (-28%) Mondadori
Elle 63.835 (-23%) Hearst
Vanity fair 62.806 (-14%) Condé Nast
Panorama 43.125 (-24%) La Verità
Confidenze 33.163 (-16%) La Verità
In corsivo sono le riviste che escono allegate a un quotidiano: i loro numeri comprendono tra le 48mila e le 96mila copie digitali che sono incluse negli abbonamenti digitali sottoscritti alle testate di riferimento, e che spiegano in buona parte la loro maggior “tenuta” rispetto a un anno fa (IoDonna comunica 94mila copie digitali, per esempio).
Come si vede, quasi tutte hanno dei forti declini, assai superiori a quelli dei quotidiani: il settore dei periodici è quello nella crisi maggiore da quasi vent’anni, e ci sono state chiusure (soprattutto nei mensili) e ridimensionamenti e revisioni. Qui avevamo indicato i cali di diffusione rispetto al 2015, per esempio.
Altre cose: Panorama ha 31mila abbonamenti, e vende in edicola solo 10mila copie; Famiglia Cristiana ha ben 94mila abbonamenti; Vanity Fair distribuisce ben 90mila copie promozionali e omaggio, Elle 69mila.
domenica 23 Gennaio 2022
Il governo britannico ha annunciato l’intenzione di bloccare per due anni il prezzo del canone alla BBC – la rete televisiva pubblica divenuta in questi decenni anche una delle più importanti testate di informazione online del mondo – per eliminarlo del tutto nel 2027. Il prezzo del canone televisivo oggi è di 159 euro, e non sarà quindi aggiornato all’inflazione come di norma. Ma soprattutto l’annuncio mette in discussione la forma stessa della BBC, spingendola a costruire un modello di sostenibilità nuovo e diverso: la scelta del governo Johnson è stata messa molto in relazione con le tensioni che il partito Conservatore ha avuto con l’informazione BBC negli anni passati e tuttora, e i ripetuti tentativi di repressione delle sue autonomie.
domenica 23 Gennaio 2022
Il sito americano Politico ha raccolto una serie di “previsioni” su giornali e giornalismo tra diversi esperti e osservatori dei media, in occasione del proprio 15mo compleanno: chiedendo loro come si immaginino l’informazione tra altri 15 anni. L’ipotesi che affiora con maggiore frequenza tra i vari pareri è che sempre di più si creerà una separazione tra un’informazione di qualità che raggiungerà un’élite capace di distinguerla e di pagarla, e un’informazione più confusa, ibridata da altro, inaffidabile, di cui saranno oggetto masse di destinatari meno privilegiate e con meno strumenti culturali ed economici. Tema di cui parlavamo ancora la settimana scorsa, e che naturalmente ha enormi implicazioni sociali e politiche rispetto a tutto quello che possiamo prevedere sarà il 2037.
domenica 16 Gennaio 2022
Il Post ha inaugurato un nuovo podcast settimanale dedicato a “spiegare bene” la politica, con il vicedirettore Francesco Costa e la giornalista di Bloomberg Chiara Albanese. La prima puntata è inevitabilmente ma preziosamente dedicata all’elezione del Presidente della Repubblica.
domenica 16 Gennaio 2022
Il Dipartimento del governo per l’editoria e l’informazione ha pubblicato giovedì la lista dei contributi pubblici diretti ai giornali che saranno distribuiti come “seconda rata del 2020”. Sono quote già note, che completano l’erogazione totale per l’anno del 2020: come vengono distribuite è descritto qui, mentre qui sono spiegate le ragioni “cencelliane” per cui sopravvivono malgrado gli assegnatari non diano nessuna garanzia di informazione affidabile e di servizio pubblico, e malgrado si crei una distorsione della concorrenza non motivata tra chi riceve i contributi e chi no. I maggiori beneficiari per il 2020 (in tutto sono 108 per un totale di circa 66 milioni di euro):
Dolomiten 6.176.996,03 euro
Famiglia cristiana 6.000.000 euro
Libero quotidiano 5.467.110,28 euro
Avvenire 5.422.492,61 euro
Italia oggi 4.062.533,95 euro
Il quotidiano del Sud 3.696.160,87 euro
Il manifesto 3.105.166,35 euro
Corriere Romagna 2.218.356,97 euro
Cronacaqui.it 2.207.300,07 euro
Il Foglio 1.866.457,98 euro
Editoriale Oggi 1.629.932,66 euro
Primorski dnevnik 1.666.668,08 euro
Il Cittadino 1.424.098,80 euro
Cronache di (Libra editrice) 1.259.956,77 euro
Quotidiano di Sicilia 1.246.874,54 euro
Neue Südtiroler Tageszeitung 1.066.035,49 euro
– I contributi pubblici e il Manifesto
– I contributi pubblici al Secolo d’Italia
– Libero e la violazione della regola
domenica 16 Gennaio 2022
Gannett è l’editore di giornali più grande degli Stati Uniti: la sua sede è in Virginia, poco fuori Washington, e possiede una delle pochissime testate nazionali, USA Today, e 250 altre di grandi e piccole città che stanno tutte affrontando traversie, tagli e chiusure. Dal 5 marzo, ha annunciato l’editore questa settimana, più della metà di queste non pubblicherà più l’edizione cartacea del sabato ma si limiterà a quella digitale.
domenica 16 Gennaio 2022
I dati di diffusione dei quotidiani italiani a novembre che abbiamo descritto sopra hanno dato soddisfazioni alla Verità, e generato litigi e capricci tra le testate rivali, che hanno una lunga storia comune. Il direttore della Verità Maurizio Belpietro ha celebrato con un articolo il risultato, che come diffusione complessiva vede la Verità sotto di appena 256 copie al Giornale: il dato che ha ritenuto di considerare è però quello del “totale delle copie pagate” che dà alla Verità 647 copie in più del Giornale (che dichiara una quota maggiore di copie omaggio). È un dato che comprende anche le copie digitali scontatissime (pagate meno del 30% del prezzo) che per la Verità sono 3.941 e per il Giornale sono 52, e fanno la differenza: si capisce perché Belpietro abbia voluto scegliere tra tutti quel numero per dire che il proprio è “il primo quotidiano del centrodestra”. E approfittare per mandare soprattutto un messaggio agli inserzionisti: “Un dato che, ove confermato nei prossimi mesi, avrebbe conseguenze potenzialmente rilevanti nel mercato editoriale e della raccolta pubblicitaria”. Ovvero: sapete da chi venire d’ora in poi se volete raggiungere più lettori.
Scelta che non è piaciuta ad Augusto Minzolini, direttore del Giornale, che si è rifatto al dato della diffusione più pratico per i suoi interessi: “il calcolo delle copie cartacee e digitali è sbagliato, perché ci sono ancora almeno 300 copie di differenza tra Il Giornale e quest’altro quotidiano (molte di più in edicola, ma tant’è…), almeno stando alle fonti ufficiali di riferimento – i dati pubblicati da Prima Comunicazione, tanto per intenderci – e ci sarebbero molti altri perché, ma è meglio soprassedere per non tediare il lettore”.
Belpietro ha voluto avere un’ultima parola venerdì, a proposito dei due dati diversi: “c’è un equivoco: noi ci riferivamo alle copie (cartacee e digitali) vendute. Per quelle regalate, in effetti, al Giornale sono sempre i numeri uno”.
domenica 16 Gennaio 2022
Due quotidiani, il Fatto e la Verità, hanno insistito ancora molto questa settimana sull’inchiesta che accusa il gruppo GEDI – editore di Repubblica e Stampa, tra le altre cose – di avere falsificato negli anni passati (quando la sua proprietà era ancora della famiglia De Benedetti, prima che venisse ceduto a quella Agnelli-Elkann) alcune pratiche amministrative per poter accedere a benefici fiscali e contabili da parte dell’INPS relativi a pensionamenti e rapporti di lavoro coi suoi dipendenti. La novità rispetto alla settimana scorsa è che Fatto e Verità hanno ricevuto le carte dell’inchiesta comprese alcune “intercettazioni” (ma vengono citate anche registrazioni in un ristorante, quelle che si chiamano “ambientali”) di conversazioni degli allora responsabili del gruppo editoriale, e le hanno pubblicate: sono più confuse e da contestualizzare anche del consueto, ma l’accusa riterrebbe che siano un elemento forte a proprio favore. Uno dei citati nelle carte (ma chi sia indagato non è spiegato) è diventato nel frattempo dirigente del personale al Sole 24 Ore dove, dice ancora il Fatto, si sta occupando di altri prepensionamenti e pensionamenti (nell’ambito di un esteso piano di riduzione di costi e persone in quel giornale, che comprende anche la cassa integrazione). L’inchiesta, ricordiamo, ha accuse simili anche per il gruppo RCS a proposito del Corriere della Sera.
domenica 16 Gennaio 2022
L’uso di articoli dalla stampa straniera sui giornali italiani è un tema con sfumature e complessità, diventato molto visibile nei tempi dell’informazione online: un po’ perché l’accesso a contenuti interessanti e preziosi è diventato facile e continuo, un po’ perché i lettori hanno molte occasioni di verifica e svelamento delle fonti originali. Le sfumature e complessità si devono al fatto che da una parte ciò che racconta la stampa straniera è materiale da notizie e articoli, importante da essere raccontato ai lettori italiani, e in questo non c’è niente di male; dall’altra, correttezza e completezza richiedono che ciò che racconta la stampa straniera sia presentato in quanto tale. Quando un giornalista di una testata italiana usa un articolo straniero come idea per scrivere di un tema, e usa ciò che quell’articolo scrive come fonte quasi unica e prevalente del proprio (anche semplicemente perché non ce ne sono altre), l’approccio corretto sarebbe di dirlo esplicitamente: “un articolo sul Wall Street Journal di martedì ha raccontato che”, eccetera. E il lavoro del giornalista italiano dovrebbe essere di confezionare il racconto arricchendolo di contesti, indicazioni, spiegazioni utili al lettore italiano, riassumendo il contenuto dell’articolo originale.
Questo non avviene sempre e le mancanze maggiori riguardano appunto la citazione della fonte e l’eccessiva fedeltà non solo al contenuto originale ma alla stessa scrittura dell’articolo a cui si attinge. I casi sono tra l’altro facilmente individuabili e individuati, data la confidenza attuale dei lettori con molte fonti internazionali: uno è stato citato il mese scorso su Twitter e riguarda il Corriere della Sera e il New York Times.
domenica 16 Gennaio 2022
HuffPost, che non si può più chiamare “edizione italiana” del noto sito di news americano da che è diventato una testata autonoma di proprietà intera del gruppo GEDI, ha annunciato cambiamenti a partire da mercoledì prossimo sia per l’organizzazione del sito che per il suo modello di business. Quest’ultima cosa, che anticipammo allora, è molto interessante perché HuffPost – che è diretto da Mattia Feltri – era rimasto uno dei pochissimi siti di news maggiori a non fare ricorso a un contributo dei lettori, nella forma di abbonamenti, paywall o simili. Condizione diventata insostenibile col declino drammatico dei ricavi pubblicitari da parte dei giornali digitali.
“Tutta questa qualità ha un valore. Ed è giusto e normale che questo valore in qualche modo venga riconosciuto. Per i contenuti originali infatti sarà necessario sottoscrivere un abbonamento. Ci saranno diversi articoli e blog che potranno continuare a essere letti gratuitamente ma la parte più pregiata della nostra produzione passerà a pagamento. Questa è una vera rivoluzione per un giornale che è sempre stato free ma è anche una scelta ineluttabile per come sta evolvendo il mercato editoriale”.
Contemporaneamente, anche HuffPost sarà indirizzato verso una maggiore attrattiva per gli inserzionisti pubblicitari attraverso la costruzione di sezioni “verticali”, come GEDI sta facendo da alcuni mesi con le redazioni di Stampa e Repubblica, in grande collaborazione con la propria concessionaria di pubblicità nel lavoro sui cosiddetti “hub”.
“Continueremo poi con l’idea – fortunata e apprezzata dai lettori – di “verticalizzare” l’informazione e cioè mettere in piedi sezioni del sito che trattano un particolare argomento in profondità e in tutti i suoi aspetti”.
domenica 16 Gennaio 2022
La multinazionale tedesca dell’editoria Axel Springer ha scelto una nuova amministratrice delegata per Politico, l’importante sito americano di politica (che a suo tempo generò una versione europea) che Axel Springer ha acquisito l’anno scorso, tra polemiche e preoccupazioni. A capo di Politico ci sarà Goli Sheikholeslami, che negli ultimi due anni ha guidato WNYC, la radio pubblica di New York.
domenica 16 Gennaio 2022
C’è stato un incidente con le parole crociate del New York Times, esemplare di quanto i giochi stiano diventando una sezione di straordinaria attrattiva per l’interesse dei lettori e per la loro disponibilità a pagare abbonamenti: il New York Times è quello che ci ha investito di più (questa settimana ha annunciato una specie di stage destinato a categorie meno rappresentate nella produzione dei cruciverba), ma molte altre testate internazionali si stanno muovendo a partire dal suo esempio.
L’incidente in realtà sta dentro a una questione di “correttezza ambientale”: il giornale ha pubblicato una correzione alla definizione di un suo cruciverba – definizione che era stata decisa dal responsabile dei giochi in contrasto con il parere della creatrice del cruciverba – dopo le proteste online di alcuni lettori. La definizione chiedeva una fonte di energia “più verde” e la risposta era “carbone pulito”: il dibattito sul “carbone pulito” negli Stati Uniti è stato vivacissimo negli anni passati, con polemiche e strumentalizzazioni, e la definizione del cruciverba ha irritato molti solutori. L’autrice 75enne ha poi spiegato che la sua definizione originale diceva “un discutibile termine per una fonte di energia più verde” e che il giornale l’aveva tagliata, in un lavoro di editing che non è inconsueto, resistendo alle sue obiezioni.
domenica 16 Gennaio 2022
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani a novembre. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
copie pagate, o scontate, o gratuite;
copie in abbonamento, o in vendita singola;
copie cartacee, o digitali;
copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui, da cui si vedono questo perdite diverse rispetto al mese precedente da parte di quasi tutti i quotidiani nazionali, con miglioramenti solo per il Sole 24 Ore e la Verità (entrambi per il secondo mese di seguito) e in misura minore per Nazione e Resto del Carlino: e i cali maggiori a Repubblica, Messaggero, e di nuovo ad Avvenire. Le perdite di Repubblica e Stampa, i quotidiani maggiori del gruppo GEDI, li portano di nuovo ai loro minimi storici su questi dati: il primo molto vicino a scendere sotto le 150mila copie e il secondo vicino a scendere sotto le 100mila.
Più chiaro e omogeneo è il quadro se si guarda il confronto con l’anno precedente, che ancora una volta mostra solo perdite per quasi tutti, di nuovo con la vistosissima eccezione della Verità che è cresciuta del 19% in un anno (staccando ormai di molto il suo rivale Libero e raggiungendo il Giornale) e quella più modesta del Messaggero, che guadagna il quasi il 2%. A perdere di più sono ancora i quotidiani GEDI, ma anche il Quotidiano Nazionale (la testata che ha le tre declinazioni locali della Nazione, del Resto del Carlino e del Giorno), e perde ben il 23% delle copie il Giornale. Tutte tendenze uguali a quelle del mese passato.
Anche questo mese c’è un altro dato più indicativo della generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e di quelle acquistate da “terzi”, per avere un dato relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare il giornale. Con questo risultato, e perdite maggiori per Corriere e Repubblica, rispetto a ottobre:
Corriere della Sera 183.486
Repubblica 134.944
Stampa 88.745
Sole 24 Ore 67.751
Resto del Carlino 66.065
Messaggero 56.936
Fatto 47.760
Nazione 44.533
Gazzettino 39.670
Giornale 33.602
Altri giornali nazionali:
Verità 30.369
Libero 20.175
Avvenire 17.090
Manifesto 12.787
ItaliaOggi 10.215
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS)
Quanto invece alle altre copie comunicate dalle testate come “diffusione”, le cose notevoli – che spiegano le discrepanze tra i due conti – sono:
– Corriere e Sole 24 Ore hanno una quota molto alta di copie digitali scontate oltre il 70%: 43mila e 34mila, dietro di loro c’è Repubblica con 10mila.
– il numero di copie cartacee vendute dal Fatto è per il terzo mese inferiore a quello delle copie digitali (per queste ultime il Fatto è terzo dopo Corriere e Repubblica, se si tolgono quelle scontatissime).
– il Manifesto rimane ottavo per copie digitali (ne indica più del Giornale e della Gazzetta dello Sport), pur essendo 46mo nel totale.
– Avvenire comunica ben 62mila copie “multiple pagate da terzi”, attribuibili in buona parte alla rete delle strutture cattoliche.
– anche il Sole 24 Ore ne indica una quota eccezionale, quasi 22mila (4mila più di ottobre, 8mila più di settembre), in gran parte digitali.
– delle 23mila copie dichiarate da ItaliaOggi, più della metà sono copie “promozionali e omaggio” o con sconti superiori al 70%.
– gli altri quotidiani che dichiarano più copie omaggio sono ancora Avvenire, Messaggero, S
– i giornali che conteggiano oltre 5mila copie “digitali abbinate agli abbonamenti cartacei” sono Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Stampa e Avvenire.
(Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)
domenica 16 Gennaio 2022
Negli Stati Uniti, intanto, sono stati resi pubblici alcuni documenti di un’indagine iniziata un anno fa che sostiene che Google abbia imbrogliato per anni siti ed editori sul valore delle inserzioni all’interno del suo network di gestione della pubblicità online, il più importante e potente del mondo, da cui dipende una rilevante quota di entrate per i giornali digitali. L’ipotesi, negata da Google, è che l’azienda abbia influenzato arbitrariamente il sistema di “aste” con cui vengono vendute e comprate in tempo reale le inserzioni, aumentandone i costi o privilegiando risultati a proprio favore, e danneggiando i siti destinatari delle inserzioni.
L’inchiesta pone una questione che sta dentro il tema generale e difficilissimo da superare per cui Google è diventato sia la piattaforma quasi monopolistica di una serie di attività pubbliche ed economiche, che uno dei concorrenti nell’uso commerciale di quella piattaforma.
domenica 16 Gennaio 2022
L’autorità federale tedesca che si occupa di concorrenza ha avviato un’indagine per chiarire se l’accordo di Google con molti giornali online che si chiama Google Showcase violi appunto la concorrenza nell’offrire promozione maggiore alle testate coinvolte, e nei termini sul compenso del copyright. Showcase è quel progetto con cui Google compensa moltissimi gruppi editoriali e giornali in tutto il mondo, ottenendo in cambio che questi accantonino le proprie richieste di risarcimenti maggiori per l’uso dei propri contenuti da parte di Google: che si traduce, come evidenza superficiale, in uno spazio di promozione all’interno di Google News.
Questa settimana l’autorità ha comunicato che Google ha acconsentito ad alcuni interventi sul progetto Showcase per venire incontro alle richieste, e che le indagini e consultazioni proseguiranno (per Google è indolore modificare i modi con cui gli spazi di Showcase vengono presentati, da che la sua priorità sono gli accordi economici e contrattuali con le testate che scongiurino altre pretese).
domenica 16 Gennaio 2022
La complicata discussione sulla necessità di finanziare con soldi dello stato il servizio pubblico svolto dai mezzi di informazione, ha come principale argomento a favore l’incapacità – negli ultimi due decenni – dei mezzi di informazione privati di sostenersi economicamente e continuare a svolgere questo servizio (il principale argomento contro è che non è possibile vincolare i finanziamenti a una qualità condivisa e assoluta del servizio). Ma c’è un altro argomento, che questa settimana è stato di nuovo ricordato negli Stati Uniti, dopo che Ben Smith e Justin Smith hanno annunciato il loro progetto di un giornale online come destinato a élite culturali e sociali. Ne parlammo in una delle prime newsletter di Charlie:
“C’è un articolo interessante e inquietante sul bimestrale americano Current Affairs che spiega come a peggiorare il problema della diffusione di informazioni false, di propaganda, non verificate, si aggiunga quella che in realtà è negli ultimi anni diventata la prospettiva più preziosa per la sopravvivenza dell’informazione di qualità: ovvero tornare a fare pagare i lettori.
Il risultato indesiderato dello spostamento verso le formule di abbonamento è che oggi la gran parte dei giornali più autorevoli e affidabili si possono leggere solo, o in gran parte, pagando: mentre intorno rimane gratis a disposizione di tutti un’enorme quantità di informazioni mediocri, false, pericolose.
L’articolo è intitolato “La verità è a pagamento, ma le bugie sono gratis””.
Dell’altro argomento ha scritto il sito Axios, raccogliendo pareri preoccupati sul fatto che l’informazione di qualità rischi di diventare un servizio per chi se la può permettere, lasciando le maggioranze con minori risorse economiche e minore istruzione a fonti di informazione mediocri: e che questo ancora di più la assimili a quei “servizi pubblici” (l’istruzione, i trasporti, la sanità) che lo stato è abituato ad assicurare ai suoi cittadini, finanziandoli. Resta il problema di come finanziare una “buona” informazione e distinguerla da quella che non lo è.
Un’alternativa non praticabile da tutti – i modelli sono molto diversi tra loro per natura e dimensione – è quella che segnalammo allora su Charlie.
“La terza via, ma di cui non è ovviamente garantito il successo per tutti (è legata a un investimento molto intenso e dedicato al rapporto di fiducia e complicità coi lettori) è quella adottata dal Guardian – e dal Post, incidentalmente – che ha costruito un sistema di “abbonamenti” senza paywall: in cui gli abbonati sostengono il giornale senza esservi costretti e senza che gli articoli – e la possibilità di essere meglio informati – siano preclusi agli altri lettori”.
domenica 16 Gennaio 2022
C’è stato un discreto dibattito in Francia intorno a un’intervista di domenica scorsa al cantante belga Stromae – che ha pubblicato un nuovo disco che sta già andando fortissimo in tutta Europa – al telegiornale del canale televisivo TF1. Stromae era ospite in studio e la giornalista gli ha fatto domande per due minuti, ma all’ultima di queste lui ha “risposto” cantando la sua canzone (che parla di depressione e suicidio) senza soluzione di continuità con l’intervista, in un’esibizione preparata che la giornalista ha salutato con gratitudine congedandolo dopo che l’aveva conclusa.
L’effetto è stato in effetti spiazzante e originale, e ha ottenuto il risultato desiderato di attenzione e promozione; ma tra i commentatori dei giornali ci sono state critiche e perplessità su un programma di news che ha abdicato al suo ruolo di responsabile dell’informazione, per dare spazio a un’autonoma pubblicità di un prodotto, in questo caso un disco in uscita. Le obiezioni, hanno detto altri, possono essere interessanti per discutere dei rischi di sbilanciamento del cosiddetto “infotainment”, ovvero l’equilibrio di priorità tra informazione e intrattenimento: ma è uno sbilanciamento che è già avvenuto da un pezzo, e se soltanto la giornalista avesse concluso l’intervista annunciando un’esibizione di Stromae che nel frattempo avesse raggiunto un pianoforte, nessuno si sarebbe meravigliato: succede ed è successo. L’intervista “cantata” ha spiazzato soprattutto per l’immagine poco familiare dell’ospite in giacca e cravatta alla scrivania che inaspettatamente inizia a cantare in risposta a una domanda. Non un’anomalia insignificante ma neanche così diversa da quello che accade in molti articoli e pagine di giornale in cui il “product placement” convive con la notizia.
TF1 ha rivendicato la bontà dell’idea e si è detta fiera di averla avuta.
domenica 16 Gennaio 2022
La competizione tra le maggiori testate giornalistiche internazionali sul digitale è diventata globale da un pezzo: le sue evidenze puntuali più vistose sono state il primato di traffico a livello mondiale del sito del tabloid britannico Daily Mail; l’allontanamento del quotidiano Guardian, anch’esso londinese, dal semplice radicamento britannico; le recenti ambizioni del Washington Post di estendere la sua copertura e il suo “lettorato” internazionale; solo per fare alcuni esempi. I giornali online vantano molto le loro quote di lettori residenti in paesi diversi dal proprio, e la principale direzione per chi vuole superare i rischi di saturazione dei propri mercati è il resto del mondo. Però.
Però parliamo di mercati anglofoni e testate anglofone.
I giornali online italiani sono tagliati fuori da questa opportunità di crescita e competizione (ancora di più di quelli in lingua spagnola, o anche francese). Ne sono anche protetti, perché il mercato più ristretto crea minore competizione, certo. Ma c’è un modo per avere ambizioni maggiori e non rassegnarsi a questo tetto? Difficile: anni fa alcune testate italiane provarono online esperimenti di pagine e articoli in inglese, sperando di beneficiare del proprio primato sugli argomenti italiani (lo fece in una manciata di occasioni anche il Post) ma con risultati insignificanti proprio perché l’impegno era inadeguato. Alcuni cercano di estendere il rapporto con gli italiani e gli italofoni all’estero, ma è un mercato assai limitato comunque. Sapendo che la società Exor controlla sia l’Economist che Repubblica, per fare un altro esempio, è facile immaginare la sproporzione di priorità che voglia dare a un prodotto competitivo a livello mondiale con uno che può essere letto solo dagli italiani. Probabilmente è una questione insuperabile, ma è utile averla presente quando si riflette sulle prospettive dell’informazione italiana in relazione a quello che succede nel resto del mondo.
domenica 9 Gennaio 2022
Come dicemmo pochi mesi fa, il “giornalismo d’inchiesta” in Italia esiste e la notizia della sua pretesa morte è esagerata. Quello che però si può dire è che il giornalismo d’inchiesta italiano ha quasi sempre due tratti che non fanno bene ai suoi risultati e alla sua affidabilità: uno è il formulare la tesi (non l’ipotesi) a monte, ed essere inevitabilmente influenzato dalla ricerca della sua conferma; l’altro è concentrarsi sulla ricerca e sull’indicazione di cattivi, responsabili, bersagli dell’indignazione del lettore. Queste due priorità (dimostrare la tesi, indicare il colpevole) prevalgono spesso sulla più preziosa descrizione dei fatti e sull’analisi delle loro complesse ragioni, e sulla capacità di adattare il racconto alle scoperte e alla realtà. Il termine “inchiesta” fa associare questo tipo di giornalismo a quello di un pubblico ministero, ma dovrebbe essere una cosa decisamente diversa: l’intenzione di raccontare storie e dinamiche sconosciute, a prescindere da accuse e condanne; e ce ne sono tante, di storie e dinamiche sconosciute e impreviste. Conoscerle e capire perché avvengono – e spiegarlo – è più utile che indignarsi e prenderne le distanze.
domenica 9 Gennaio 2022
Venerdì prossimo Luca Sofri, peraltro direttore del Post, parlerà a Rovereto del secondo numero della rivista Cose spiegate bene e del suo ruolo nel progetto di informazione del Post.
domenica 9 Gennaio 2022
Il Post ha pubblicato la sua annuale galleria/antologia che racconta – su scale diverse – l’anno passato come è stato mostrato sulle prime pagine dei quotidiani italiani.
domenica 9 Gennaio 2022
Il sito di news Linkiesta ha pubblicato un’anticipazione del suo bilancio del 2021 per annunciare che sarà in “piccolo attivo”, per la prima volta nei suoi undici anni di vita: il risultato inedito si deve a una serie di nuovi modelli di ricavo aggiunti negli ultimi tre anni a quello iniziale che era basato interamente sulla pubblicità online, e che non era mai stato sufficiente a coprire i costi: tra i nuovi ricavi decisivi ci sono gli eventi pubblici sponsorizzati e la pubblicità raccolta per le diverse pubblicazioni cartacee; e in misura minore la vendita delle suddette pubblicazioni e le iscrizioni al “club dei lettori” del giornale.
domenica 9 Gennaio 2022
I quotidiani Repubblica e Stampa hanno pubblicato in prima pagina, giovedì, esaltanti interviste con l’amministratore delegato della società automobilistica Stellantis: il cui azionista di maggioranza è la holding Exor, che possiede Giano Holding che a sua volta possiede GEDI, ovvero l’editore delle stesse Repubblica e Stampa (la notizia di una partnership tra Stellantis e Amazon, oggetto delle interviste, era più brevemente nelle pagine di economia anche di altri quotidiani).
Mercoledì Repubblica ha pubblicato un articolo sull’arresto in Spagna di un latitante “scovato dopo 20 anni grazie a Google Maps”, secondo il titolo e l’articolo: nei fatti il riconoscimento non è avvenuto “grazie a Google Maps” (non sarebbe stato possibile: è stato riconosciuto e “scovato” in una foto su Facebook dopo che le indagini erano già indirizzate, e successivamente un uomo irriconoscibile che potrebbe essere lui è stato individuato in un’immagine di Google Street View) e il titolo era una forzatura suggestiva: simili titoli sono stati usati poi da altri siti di news che hanno ripreso l’articolo di Repubblica.
L’indomani Repubblica ha ospitato una pubblicità di Google Maps (nell’ambito di una campagna che nei giorni scorsi è stata promossa anche sulle radio dello stesso gruppo editoriale, e su altri media).
domenica 9 Gennaio 2022
Due quotidiani – la Verità e il Fatto – hanno raccontato con più articoli questa settimana una inchiesta giudiziaria contro le società editrici di Repubblica e Corriere della Sera rispetto a un’accusa di truffa nei confronti dell’ente previdenziale INPS: secondo quello che viene descritto negli articoli, le rispettive aziende avrebbero usufruito, senza averne diritto, di agevolazioni per dichiarare stati di crisi e favorire prepensionamenti e riduzioni dell’organico. I magistrati che indagano su GEDI – l’editore di Repubblica e Stampa – hanno chiesto il sequestro di 30 milioni di euro. L’ex presidente di INPS, Tito Boeri, ha confermato di avere a suo tempo avviato un’indagine interna, rispondendo polemicamente al Fatto sulle accuse nei suoi confronti evocate dagli stessi articoli.
domenica 9 Gennaio 2022
Negli ultimi due anni del New York Times sono stati descritti i successi in termini di crescita, qualità e numero di abbonamenti, ma anche i problemi e i conflitti all’interno della redazione e dell’azienda su alcune scelte del giornale. Una parte della storia è la distanza di approcci tra una “vecchia guardia” e una nuova generazione di non solo giornalisti che è entrata al giornale; e tra “i panni sporchi si lavano in famiglia” (o anche “parliamone in pochi”) e le abitudini contemporanee di confronto esteso e pubblico su tutto, allargato a tutti.
Questa settimana il sito Off the record ha raccontato di come la direzione abbia deciso di intervenire sull’uso della piattaforma di comunicazioni interne Slack (usata da molte aziende in tutto il mondo, compreso il Post) chiudendo alcuni canali di espressione e critica fuori dal controllo dell’azienda e sostituendoli con altri più “gestiti”.
Intanto, contro il New York Times è in corso un’indagine per le accuse che siano stati violati dei diritti sindacali da parte dell’azienda, che avrebbe cercato di disincentivare dei dipendenti da attività a favore del sindacato.
domenica 9 Gennaio 2022
Il quotidiano Domani ha pubblicato un articolo sul tema dei “micropagamenti” per i giornali, ovvero l’opportunità per i lettori di acquistare copie singole o addirittura singoli articoli, che è spesso evocata dai lettori interessati, ma che le aziende editoriali valutano non conveniente (ne avevamo scritto qui e qui).
“Insomma, la sensazione è che non siano i micropagamenti a compromettere la sostenibilità di queste piattaforme: sono proprio gli utenti a non essere interessati agli “Spotify delle news”. Per quale ragione? Probabilmente, perché il successo di Spotify o di Netflix è legato al fatto che gli utenti sono abituati a cercare attivamente la musica o le serie tv che gli interessano.
Il percorso è invece inverso per quanto riguarda l’informazione online, da cui i lettori (occasionali) vengono spesso raggiunti quasi casualmente: sui social, su WhatsApp, in seguito a una ricerca su Google e altro ancora.
Gli articoli, a differenza di musica e serie tv, sono qualcosa in cui la maggior parte dei lettori incappa accidentalmente, mentre i lettori più assidui preferiscono abbonarsi alla singola rivista da cui si sentono più rappresentati. È probabilmente per questo che piattaforme come Blendle o Apple News+ non riescono a sfondare”.
domenica 9 Gennaio 2022
Nel giro di pochi giorni due importanti quotidiani europei hanno annunciato pubblicamente di avere raggiunto la soddisfacente quota di 500mila abbonati, o clienti. Il 21 dicembre lo ha fatto il quotidiano Le Monde – che ha avuto una grande crescita durante la pandemia grazie all’aumentata domanda per un’informazione accurata e affidabile – con un articolo dettagliato, ricco di dati e sviluppi: 414mila sono gli abbonati digitali, 87mila quelli al quotidiano di carta, a cui si aggiungono appena 30mila copie cartacee vendute ogni giorno (anche se il rapporto dei ricavi è 25%, 20% e 23%, a dimostrare che gli abbonamenti digitali sono venduti a prezzi molto inferiori rispetto a quelli cartacei, e a quelli in edicola). Il risultato del 2021 è meno esaltante di quanto sperato alla fine del 2020, quando c’era stata la vera crescita eccezionale e gli abbonati erano diventati 450mila, ma l’obiettivo di un milione di abbonati per la fine del 2025 è stato confermato. Il giornale dichiara comunque già un risultato molto raro tra i grandi quotidiani internazionali, ovvero l’abbondante prevalenza dei ricavi da abbonamenti e vendite (68%) rispetto a quelli della pubblicità (23%).
La settimana successiva la stessa quota è stata dichiarata raggiunta anche dal Corriere della Sera, seppure con informazioni e dettagli meno approfonditi: ma nel caso del Corriere la cifra comprende anche un assai maggiore numero di copie di carta vendute mediamente ogni giorno, con un numero di abbonati che arriva quindi a 380 mila.
“Nel corso del 2021, sul digitale, il Corriere della Sera ha aumentato del 23% il numero dei suoi abbonati digitali, passando da 308 mila a 380 mila. Un dato notevole, specie se paragonato a quello di 24 mesi fa, quando gli abbonamenti digitali erano 170mila.
Se si tiene in conto che, sempre nel 2021, e sempre in media, ogni giorno sono state vendute 173mila copie cartacee (dato Ads che include le copie consegnate porta a porta, che hanno diritto anche alla versione digitale), il totale di lettori che giornalmente hanno deciso di dare fiducia – con un acquisto in edicola o un abbonamento digitale — al Corriere supera quota 550mila”.
Ricordiamo che nel caso del Corriere e dei quotidiani italiani – a differenza di quanto avviene con le edizioni cartacee e digitali – non esiste una certificazione terza e ufficiale degli abbonamenti al sito, né un’indicazione affidabile delle quote di abbonamenti omaggio o fortemente scontati: i dati sono quindi comunicati dagli interessati e non mostrano il valore di questi abbonamenti in termini di ricavi reali.
domenica 9 Gennaio 2022
Il quotidiano Repubblica ha comunicato un aumento del prezzo del giornale da 2,50 a 3 euro nei giorni di sabato e domenica, quando è in vendita con una varietà di supplementi. Secondo il sito Professione Reporter ci sarebbero state proteste da parte dei lettori sufficienti a suggerire al direttore del giornale un’autocritica rispetto all’inadeguata spiegazione della scelta.
“«Forse avremmo dovuto avvertire i lettori e spiegare perché». Parole del direttore de la Repubblica Maurizio Molinari nel corso della riunione di redazione del 3 gennaio 2022″.
domenica 9 Gennaio 2022
Il Post ha spiegato come funziona il flusso della pubblicità “programmatic” sui siti web e come mai a volte gli utenti si trovano davanti dei banner che ritengono disdicevoli.
“Per metterla ancora in un altro modo, il banner che vedete su una pagina del Post, se è “programmatic” (ovvero non è nella quota minore di inserzioni venduta invece dalla concessionaria pubblicitaria del Post) non appartiene a quella pagina del Post: compare lì per ciascuno di noi nel momento in cui apriamo quella pagina, in base a quello che il browser sa di ciascuno di noi in base a quello che abbiamo fatto online, e probabilmente la troveremo anche in altri siti che visiteremo. Per il Post è solo uno spazio vuoto”.
domenica 9 Gennaio 2022
Ormai lo conoscete tutti, è stato spesso citato in questa newsletter. È uno dei giornalisti americani più famosi tra quelli emersi in questo secolo nella nuova informazione digitale: ha 45 anni, è stato a Politico (sito di politica innovativo e di gran successo), ha fatto il direttore di Buzzfeed (sito di enorme successo e che ha molto influenzato le scelte dell’informazione online) e da due anni era al New York Times, dove è diventato probabilmente il più importante tra i giornalisti che si occupano di media e giornalismo, creando scoop e risultati con le sue analisi e rivelazioni.
Ma questa settimana il Wall Street Journal ha anticipato la notizia – poi ripresa e confermata dallo stesso New York Times – che Smith cambierà di nuovo lavoro per creare da capo un altro progetto giornalistico insieme al suo cognonimo Justin Smith, finora capo del gruppo editoriale Bloomberg, annunciandolo con toni molto ambiziosi come destinato a lettori “di educazione universitaria e di lingua inglese”: indicazione che ha generato molti commenti e critiche, ma ha anche posto pubblicamente la questione generale del ruolo dell’informazione nell’animare le scelte e il dibattito tra i ceti più istruiti, consapevoli, poliglotti e curiosi, o piuttosto nel dedicarsi alla formazione e istruzione dei lettori meno informati.
domenica 9 Gennaio 2022
E al Manifesto, ad Avvenire, a ItaliaOggi e agli altri quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti: ne avevamo scritto qui, questa settimana un articolo di Domani ha approfondito l’argomento.
“In pratica i 22 milioni circa di italiani che ogni anno pagano i novanta euro del canone Rai finanziano a loro insaputa con cinque euro a testa anche televisioni locali private che non vedranno mai, radio di cui ignorano l’esistenza e giornali nei confronti dei quali nutrono come minimo indifferenza”.
domenica 9 Gennaio 2022
Wired è un’illustre testata dedicata a tecnologia e innovazione, che fu una specie di “bibbia” su questi temi nei decenni delle rivoluzioni digitali a cavallo del millennio: la sua edizione originale, pubblicata dall’editore Condé Nast, è americana, ma ce ne sono declinazioni in altri paesi (in Italia esce dal 2009, oggi è una rivista trimestrale, un sito web e un progetto di eventi pubblici). Anche Wired, come tutte le riviste, e avendo perduto la sua avanguardia sugli argomenti suddetti, è in difficoltà e in cerca di nuovo senso da alcuni anni: e lunedì, all’interno di un progetto di integrazione tra le sue varie edizioni iniziato dieci mesi fa con la nomina di un nuovo direttore, ha annunciato l’unificazione dei suoi due siti in lingua inglese, quello britannico e quello americano.
domenica 9 Gennaio 2022
NewsGuard è un progetto americano di verifica dell’accuratezza e della trasparenza dei siti di informazione, che negli anni scorsi ha iniziato a coprire molti altri paesi del mondo con un suo sistema di “pagelle” basato su diversi criteri di giudizio: i risultati sono discontinui, per la fragilità di alcuni di questi criteri, e spesso le sue certificazioni si limitano ad aggiungersi alle altre che le testate tradizionali usano per attribuirsi patenti di credibilità non sempre fondate. Più convincenti sono i report meno schematici e più argomentati, come quelli sugli inserzionisti che sostengono i siti di disinformazione, o come la lista dei più influenti siti di disinformazione in Italia pubblicata a fine anno.
“1.Ilprimatonazionale.it, il sito del Primato Nazionale, una rivista mensile collegata al movimento neofascista CasaPound che pubblica frequentemente contenuti falsi e fuorvianti.
2.Byoblu.com, il video blog di Claudio Messora, che ha pubblicato informazioni false e non comprovate su temi legati alla salute, inclusa la pandemia di coronavirus del 2020.
3.Databaseitalia.it, un sito di notizie che ha pubblicato contenuti falsi sulla pandemia di coronavirus del 2020 e su altri argomenti. Il sito pubblica anche teorie del complotto di QAnon.
4.Lantidiplomatico.it, un sito di estrema sinistra che si occupa di notizie internazionali e spesso pubblica contenuti falsi.
5.Scenarieconomici.it, un sito con un orientamento di destra che ha pubblicato notizie false e fuorvianti e che non rivela la sua proprietà da parte di un membro del Parlamento europeo”.
domenica 9 Gennaio 2022
Oggi ci sarà molto New York Times, in questa newsletter. La prima notizia, pubblicata molto anche sui giornali italiani perché sostanziale e associata alla sonante cifra di “550 milioni”, è che il New York Times ha comprato il sito di informazione sportiva The Athletic, concludendo una trattativa che era in corso da tempo tra progressi e rinunce. The Athletic esiste dal 2016 e nacque subito con intenzioni ambiziose, coinvolgendo centinaia di giornalisti nella copertura locale degli sport maggiori su tutto il territorio degli Stati Uniti (poi si dedicò anche al calcio europeo e al Regno Unito). L’acquisto da parte del New York Times è stato molto commentato perché con la cifra è stata comprata un’azienda che è tuttora in perdita, ma che ha 1,2 milioni di abbonati (tutti i contenuti sono a pagamento), mostrando quanto stiano diventando importanti gli investimenti – per chi può permetterseli – su promettenti capitali di abbonati paganti. Altri commenti hanno riguardato la nemesi per cui un giornale tradizionale avrebbe “conquistato” un nuovo progetto digitale piuttosto che il contrario, ma sono commenti che dimenticano sempre che il New York Times non è “un giornale tradizionale”: è il New York Times, una testata unica per qualità e potere (che si alimentano l’un l’altra), senza paragoni, prima per distacco da sempre, e usarlo come modello di cose che avverranno anche altrove è quasi sempre ingenuo.
domenica 19 Dicembre 2021
Condé Nast è il grande editore internazionale di magazine che in Italia ha una grossa presenza con le edizioni locali di Vogue, Vanity Fair, Wired, GQ, AD, Traveller e con la Cucina italiana. Tutti i brand soffrono da tempo della generale crisi dei periodici: alcuni hanno trovato sostenibilità accessorie (eventi, formazione) che hanno tolto centralità alle riviste di carta; ma soprattutto le maggiori, che furono potenze commerciali eccezionali, sono in grosse crisi e l’editore sta intervenendo con drastiche revisioni in tutta Europa e anche in Italia. Questa settimana i giornalisti del gruppo hanno protestato contro la prospettiva di licenziamento di altre due loro colleghe.
domenica 19 Dicembre 2021
Secondo un articolo del Wall Street Journal, il Washington Post sarebbe – insieme al sito Politico – la testata più preoccupata tra le molte americane che stanno vivendo un declino di attenzioni e abbonati da quando Donald Trump non è più presidente degli Stati Uniti. Gli abbonati al Washington Post – i cui successi e ritorni a ruolo di protagonista nell’informazione americana sono stati molto celebrati in questi anni – sarebbero scesi da tre milioni a gennaio a 2,7 milioni a ottobre. La necessità ora è diversificare gli argomenti attraenti, emancipandosi dalla dipendenza dalla politica: cercando anche in questo caso di imitare il New York Times che deve il grosso dei suoi nuovi abbonati nel 2021 alle sezioni dedicate ai giochi e alla gastronomia.
domenica 19 Dicembre 2021
Ha meno fama, ma anche la scelta annuale dell’Economist del “paese dell’anno” rientra tra i rituali di marketing di un giornale come “la persona dell’anno” di Time, la classifica dei miliardari di Forbes, eccetera. Quest’anno il rito ha avuto maggiori attenzioni da noi perché l’Economist ha scelto l’Italia, avendo il giornale immaginabili sintonie con la guida del governo da parte di Mario Draghi.
L’Economist è un settimanale londinese di lunga storia e grande autorevolezza (fu fondato nel 1843), noto per il suo lavoro divulgativo sull’attualità internazionale e le sue posizioni di liberismo economico che uniscono una fiducia nel sistema capitalistico di libero mercato a indirizzi progressisti su molti temi politici. Pubblica quasi soltanto articoli non firmati e omogenei nella scrittura e nell’impostazione; ha un grande pubblico di lettori abbonati in tutto il mondo di età media piuttosto alta e finora non ha investito molto in una sua identità e ruolo online; e dal 2015 il suo maggiore azionista è Exor, la società della famiglia Agnelli-Elkann che possiede anche il gruppo GEDI, l’editore di Repubblica e Stampa in Italia. La direttrice dell’Economist dal 2015 è Zanny Minton Beddoes, 54 anni, giornalista esperta di economia che è al giornale da 27 anni.
domenica 19 Dicembre 2021
Due chiari esempi alternativi e opposti, dai quotidiani di questa settimana, di pagine pubblicitarie costituite da contenuti di testo mimetizzate graficamente con quelli del giornale: una acquistata da Banca Mediolanum sul Foglio con indicazione evidente che si tratta di “pubblicità” e “informazione pubblicitaria”, l’altra (che sono due) acquistata da Sky sul Corriere della Sera senza nessuna indicazione della sua natura per chi legge.
domenica 19 Dicembre 2021
Al gruppo GEDI c’è soddisfazione per i risultati pubblicitari degli “hub”, ovvero gli spazi tematici creati trasversalmente tra Repubblica e Stampa, e tra carta e digitale, che riguardano tecnologia, moda, sostenibilità, gastronomia e salute: gli inserzionisti pubblicitari chiedono spazi in cui raggiungere un pubblico più “profilato” e interessato agli argomenti relativi, e che possano ospitare anche contenuti redazionali legati alle aspettative degli inserzionisti stessi in maniera più mimetica. La scelta pare funzionare, stando ai ricavi di questi primi mesi, proprio perché buona parte di questi progetti è governata dalle proposte della concessionaria pubblicitaria.
Nel frattempo venerdì il quotidiano Domani ha pubblicato un inserto occasionale sulla moda, evidentemente con la stessa prospettiva (le aziende di moda in particolare sono abituate a contesti e contenuti dedicati) di raccolta pubblicitaria: l’inserto godeva di due pagine pubblicitarie del marchio Moncler. Il progetto di Domani somiglia però più a quello che ha già provato a fare il Foglio (con la moda, ma anche con le auto e con la salute), ovvero creare dei contenuti di maggiore originalità e indipendenza sui temi in questione, sperando di intercettare inserzionisti di minori pretese sul contenuto (che non è facile per niente, soprattutto nel viziato business della moda, abituato a grandi condiscendenze giornalistiche).
domenica 19 Dicembre 2021
Ne avevamo scritto nelle scorse settimane: la famiglia Rothermere ha riacquistato tutte le quote del tabloid britannico Daily Mail di cui è da sempre maggiore azionista (un visconte Rothermere ne fu cofondatore nel 1896) e ha così estratto la società editrice dalla quotazione in borsa.