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  • Martedì 3 maggio 2022

La Corte Suprema degli Stati Uniti sembra intenzionata a limitare il diritto all’aborto

Secondo una bozza diffusa da Politico, avrebbe deciso di ribaltare la storica sentenza Roe v. Wade, che lo garantisce a livello federale

Un gruppo di manifestanti in favore del diritto all'aborto davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti, lunedì 2 maggio (AP Photo/ Alex Brandon)
Un gruppo di manifestanti in favore del diritto all'aborto davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti, lunedì 2 maggio (AP Photo/ Alex Brandon)
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La prima bozza dell’attesissima decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti su un importante caso che riguarda il diritto all’aborto sembra indicare che i giudici abbiano deciso di ribaltare la sentenza che dal 1973 garantisce l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza a livello federale, conosciuta come sentenza “Roe v. Wade”. Nella bozza, diffusa in esclusiva lunedì da Politico, il giudice Samuel Alito, di orientamento conservatore, scrive per conto della Corte che la sentenza «è stata vergognosamente sbagliata fin dall’inizio» e che pertanto dovrebbe essere rigettata.

Martedì John G. Roberts, che presiede la Corte suprema, ha confermato l’autenticità della bozza e ha aggiunto che verrà aperta un’indagine sulla sua diffusione.

La decisione definitiva della Corte è attesa per il prossimo giugno: se sarà quella anticipata permetterebbe agli stati di vietare l’aborto. Le conseguenze principali sarebbero soprattutto per gli stati americani più conservatori, che negli ultimi anni avevano già limitato notevolmente l’accesso all’aborto e che potrebbero decidere di vietarlo del tutto, privando così milioni di donne dell’unico strumento legale che tutela il loro diritto di abortire.

La Corte Suprema degli Stati Uniti è l’organo giudiziario più alto in grado del paese ed è composta da nove giudici, attualmente sei di orientamento conservatore e tre progressista. Il caso su cui si deve esprimere è considerato il più importante degli ultimi decenni sul tema e riguarda la richiesta dello stato del Mississippi di riconoscere la propria legge sull’aborto, che vieta l’interruzione di gravidanza dopo 15 settimane di gestazione nella maggior parte dei casi.

Negli Stati Uniti l’aborto è legale a livello federale grazie alla storica sentenza “Roe v. Wade” del 1973, ma non c’è una legge unica che ne regola le modalità in ciascuno stato. La “Roe v. Wade” è stata confermata in varie occasioni proprio dalla Corte Suprema e un’ulteriore sentenza del 1992 stabilisce il diritto ad abortire fino al momento in cui il feto può sopravvivere da solo fuori dall’utero, generalmente considerato attorno alle 24 settimane. La legge del Mississippi è in contrasto con queste sentenze: ora lo stato sta chiedendo alla Corte Suprema di respingerle e ribaltarle, sostenendo inoltre che ciascuno stato debba essere libero di decidere se e quando vietare l’aborto.

Nella bozza della Corte si legge tra le altre cose che «è il momento che si presti attenzione alla Costituzione e che si rimandi la questione dell’aborto ai rappresentanti eletti dalle persone».

È la prima volta in tempi recenti che una bozza di una decisione della Corte viene diffusa pubblicamente mentre un caso è ancora sotto esame (Politico ha scritto di averla ricevuta da una persona al corrente del procedimento relativo al caso del Mississippi assieme ad altri dettagli e indicazioni che ne proverebbero l’autenticità). Il documento risale a febbraio, un periodo successivo alle prime discussioni sul caso, in cui i giudici avevano fatto capire di essere disposti ad accogliere le richieste del Mississippi.

Non costituisce necessariamente la decisione finale, ma il fatto che Alito vi riporti il “parere della Corte” suggerisce che la maggioranza dei giudici sia comunque d’accordo.

Che negli Stati Uniti l’aborto sia legale grazie a una sentenza e non a una legge rende questa questione assai dibattuta e contestata da movimenti antiabortisti particolarmente forti.

Fino a qualche anno fa la strategia degli antiabortisti era meno radicale, e tendenzialmente gli stati di orientamento conservatore avevano cercato di ostacolare l’accesso all’aborto solo rendendolo molto più complicato (spesso riuscendoci). Dal 2018, però, l’approccio aveva iniziato a cambiare, e molti stati avevano iniziato a introdurre leggi sempre più stringenti contando sull’appoggio della Corte Suprema, che grazie alla nomina di tre giudici conservatori da parte dell’ex presidente statunitense Donald Trump aveva spostato i propri equilibri molto a destra.

I giudici della Corte avrebbero potuto rifiutarsi di discutere il caso del Mississippi, citando la sentenza Roe v. Wade come precedente, ma il fatto che non l’abbiano fatto sarebbe un’ulteriore prova che buona parte di loro sarebbe disposta a rivederla. Molto probabilmente la diffusione della bozza intensificherà ancora di più il dibattito nell’opinione pubblica.

Se i giudici decideranno effettivamente di ribaltare la sentenza Roe v. Wade potrebbero esserci grosse conseguenze per moltissimi stati degli Stati Uniti. Anche se le previsioni dei vari istituti americani che si occupano di salute riproduttiva variano leggermente, si stima che l’aborto diventerebbe illegale in circa la metà di loro, tra cui Alabama, Texas, Oklahoma e appunto Mississippi, alcuni di quelli in cui già ora è permesso in pochissimi casi. Ma soprattutto – in mancanza di una legge federale che al momento non sembra in discussione – diventerebbe una materia completamente soggetta alle scelte politiche dei singoli stati, per cui negli anni il diritto all’aborto potrebbe cambiare in continuazione da stato a stato in base agli orientamenti dei governi locali.

– Leggi anche: Il caso che potrebbe ribaltare il diritto sull’aborto negli Stati Uniti