La legge che vieta quasi completamente l’aborto in Alabama
Anche in caso di incesto o stupro: se firmata dalla governatrice sarà probabilmente sospesa da un tribunale, ma è proprio quello che vogliono i Repubblicani
Il Senato dell’Alabama ha approvato un disegno di legge che vieta l’aborto in tutto lo stato, anche nei casi di stupro e incesto: se entrerà in vigore, sarà la più dura misura fra quelle che attualmente restringono l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) negli Stati Uniti. Approvata dalla maggioranza Repubblicana, deve ancora essere firmata dalla governatrice Kay Ivey, a sua volta Repubblicana: se anche dovesse entrare in vigore, verrà quasi certamente sospesa in breve tempo da un tribunale. Ma è proprio questo lo scopo dei Repubblicani: portare il caso fino alla Corte Suprema, per provare a cambiare le leggi federali sull’aborto.
La legge approvata dal Senato dell’Alabama prevede che una donna possa abortire solo nel caso in cui la gravidanza metta a repentaglio la sua vita. I medici che proveranno a praticare un’operazione del genere rischieranno di essere condannati a 10 anni di carcere; a 99 anni se ne porteranno una a termine. Hanno votato a favore del disegno di legge, già approvato dalla Camera dei rappresentanti dello stato, 25 senatori, contro sei contrari. Durante la discussione al Congresso dello stato, un comitato del Senato aveva aggiunto un emendamento che includeva la possibilità di aborto in caso di stupro o incesto, che però è stato stralciato.
I gruppi di attivisti “pro-choice”, cioè sostenitori dei diritti riproduttivi delle donne, hanno detto che contesteranno la legge in tribunale ritenendola incostituzionale: i sostenitori del divieto di aborto sono convinti – con buone ragioni – che i tribunali di livello più basso la bocceranno, ma appello dopo appello il piano dei Repubblicani è di far arrivare la questione alla Corte Suprema. Dopo la nomina del giudice Brett Kavanaugh, infatti, la speranza dei Repubblicani più di destra e più vicini all’integralismo cristiano è che ci siano delle possibilità che sia messa in discussione la “Roe v. Wade”, la sentenza del 1973 che legalizzò l’aborto in tutti gli Stati Uniti. Attualmente i giudici di orientamento conservatore alla Corte Suprema sono 5 su 9.
Solo nell’ultimo anno, 16 dei 50 stati americani hanno introdotto delle misure per restringere l’accesso all’aborto. L’ultimo era stato la Georgia, dove la scorsa settimana era stata approvata una legge che vieta l’aborto quando è possibile rilevare il “battito cardiaco” del feto, cioè dopo le sei settimane. Un periodo, cioè, entro il quale molte donne non sanno nemmeno di essere incinte. L’espressione “battito cardiaco”, considerata strumentale dagli oppositori della legge, è poi impropria: a sei settimane l’embrione pulsa, ma non ha un organo cardiaco vero e proprio.