• Media
  • Mercoledì 4 maggio 2022

Il grande scoop di Politico

Le modalità con cui ha pubblicato la bozza della Corte Suprema sull’aborto sono considerate «senza precedenti» nel giornalismo americano

Le proteste davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti a Washington (AP Photo/Jacquelyn Martin)
Le proteste davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti a Washington (AP Photo/Jacquelyn Martin)
Caricamento player

Lunedì intorno alle 20.30 di Washington (le 2.30 italiane della notte tra lunedì e martedì) il giornale online Politico ha pubblicato la bozza di una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti attesa per giugno, ottenendo uno dei più grandi scoop giornalistici nella storia recente del paese. Le fughe di notizie sulle decisioni della Corte e dei suoi nove giudici sono rarissime, e ancor più inusuale è la pubblicazione integrale di un documento di questa rilevanza su un caso che è ancora in esame. L’autenticità della bozza è stata poi confermata dal presidente della Corte Suprema, John Roberts.

L’importante notizia contenuta nelle 98 pagine pubblicate da Politico è l’intenzione dei giudici, in un caso sottoposto dallo stato del Mississippi, di ribaltare la sentenza “Roe v. Wade” del 1973, quella che garantisce l’accesso all’interruzione di gravidanza a livello federale: se venisse confermata, la decisione avrebbe conseguenze enormi in tutto il paese e comporterebbe in molti stati americani una restrizione significativa del diritto all’aborto.

Oltre alle grandi preoccupazioni per il fatto in sé, lo scoop di Politico sta attirando molte attenzioni e curiosità per il modo in cui è stato ottenuto, e per i motivi – politici, secondo molti commentatori – che avrebbero spinto la fonte del giornale a violare la segretezza della Corte Suprema.

– Leggi anche: La restrizione del diritto all’aborto negli Stati Uniti è inevitabile?

Politico non ha dato molte indicazioni su come abbia avuto la bozza, scritta dal giudice Samuel Alito, di orientamento conservatore. Nell’articolo si dice che è stata ottenuta da «una persona vicina al procedimento» sul caso del Mississippi, e che questa persona avrebbe fornito ulteriori dettagli per confermarne l’autenticità. Il documento risale a febbraio e si stima che da allora possa essere circolato in un ristretto gruppo di più o meno 40 persone, composto dai nove giudici della Corte e dai loro assistenti.

Solitamente, quando un giornale americano arriva prima di tutti su una notizia, non passa molto tempo prima che altre grandi testate riescano a chiedere alle proprie fonti una conferma indipendente sulla veridicità della stessa notizia, e quindi a pubblicare un proprio articolo sul tema (pur citando il giornale che è arrivato per primo: pratica assai diffusa negli Stati Uniti e praticamente assente in Italia). In questo caso le informazioni ottenute da Politico erano talmente confidenziali che è stato impossibile per qualsiasi altro media d’informazione – compresi i due quotidiani più grandi al mondo, New York Times Washington Post, la più importante agenzia di stampa a livello internazionale, cioè Associated Press, e le maggiori tv americane – ottenere una verifica indipendente della notizia da una fonte che non fosse lo stesso Politico.

L’articolo è stato firmato dai giornalisti Josh Gerstein, che per Politico si occupa solitamente di giustizia, e Alexander Ward, che scrive di sicurezza nazionale. Il New York Times ha parlato di «scoop storico», il Washington Post lo ha definito in modo più prudente «quasi senza precedenti nell’era moderna della Corte Suprema». Altri ancora, come CNN, l’hanno direttamente indicato come «senza precedenti».

Il caso avrà anche enormi conseguenze all’interno della Corte Suprema: SCOTUSblog, un sito che da 20 anni si occupa di informazione e analisi sulla Corte, ha scritto che la fuga di notizie causerà un «terremoto» in termini di «distruzione della fiducia tra i giudici e lo staff». Dopo aver confermato l’autenticità del documento, il presidente John Roberts ha annunciato che sarebbe stata aperta un’indagine per capire come fosse successo.

Citando ancora «una persona vicina alle decisioni della Corte», Politico ha dato notizia delle singole posizioni dei nove giudici: i cinque di orientamento repubblicano (compreso Alito) avrebbero votato per ribaltare la sentenza “Roe v. Wade”, i tre democratici sarebbero stati contrari, mentre non è chiaro cosa avrebbe votato il presidente Roberts.

Le precauzioni di Politico prima e dopo la pubblicazione della notizia sono state molte e assai meticolose. Un portavoce della testata ha detto che alla storia ha lavorato un gruppo molto ristretto di persone e molti dipendenti del giornale hanno confermato di non averne saputo nulla prima che l’articolo fosse pubblicato. Martedì, il giorno dopo la pubblicazione, la direttrice delle risorse umane del giornale, Traci Schweikert, ha inviato una email ai dipendenti per descrivere alcune misure di sicurezza che l’azienda aveva introdotto, come limitare l’accesso a certi piani della redazione. Nel messaggio, riportato dal New York Timeschiedeva la massima attenzione nei confronti di persone estranee che poteva capitare di incontrare per esempio negli ascensori dell’azienda.

Il direttore di Politico, Matt Kaminski, non ha commentato pubblicamente lo scoop: in una nota interna al giornale – firmata con Dafna Linzer, la “executive editor”, un’altra carica di direzione all’interno del giornale – ha solo detto che la pubblicazione è stata decisa dopo «un ampio processo di revisione» e che è stata giustificata dal fatto che «questa conoscenza senza precedenti delle decisioni dei giudici è chiaramente una notizia di grande interesse pubblico».

Oltre alle motivazioni del giornale però ci sono quelle di chi ha fornito le informazioni: dopo la pubblicazione molti commentatori hanno iniziato a speculare sulle possibili motivazioni politiche di chi aveva fatto uscire la notizia, suggerendo che dietro ci fosse l’intenzione di provocare le proteste da parte di chi sostiene il diritto all’aborto e mettere pressione alla Corte prima che prendesse la decisione definitiva.

In effetti dopo la pubblicazione della bozza, moltissime persone si sono riunite per protestare sia davanti alla sede della Corte Suprema a Washington, sia in diverse altre grandi città del paese come New York, Atlanta, Chicago, Denver, Los Angeles e Seattle. Alito, il giudice che ha redatto la bozza, ha detto che le decisioni della Corte non possono essere influenzate dalla «preoccupazione per la reazione del pubblico al nostro lavoro».