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  • Giovedì 15 maggio 2025

Tutti i negoziati falliti sulla guerra in Ucraina

Oggi russi e ucraini si incontrano per le prime trattative dirette dal 2022, dopo mesi di passi falsi, tattiche, proposte e pressioni americane

Foto del primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro polacco Donald Tusk e il cancelliere tedesco Friedrich Merz mentre telefonano al presidente americano Donald Trump da Kiev (AP Photo/Mstyslav Chernov)
Da sinistra, il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro polacco Donald Tusk e il cancelliere tedesco Friedrich Merz telefonano al presidente americano Donald Trump da Kiev (AP Photo/Mstyslav Chernov)
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Giovedì una delegazione dell’Ucraina e una della Russia si vedono a Istanbul, in Turchia, per negoziare la fine della guerra. Per tre giorni si era parlato della possibilità che all’incontro fossero presenti il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, quello russo Vladimir Putin e anche quello statunitense Donald Trump, ma questo scenario di alto livello non si è realizzato. 

Le grandi aspettative create e poi svanite sull’incontro di Istanbul sono soltanto il capitolo più recente di una campagna piena di colpi di scena e di caos intrapresa da Trump negli ultimi tre mesi per essere riconosciuto come un mediatore di grande successo e ottenere la pace in Ucraina.

Trump aveva cominciato questa sua personale campagna il 12 febbraio con una telefonata a Putin ed era sembrato che volesse negoziare direttamente con il leader russo senza coinvolgere gli ucraini – sebbene poi avesse fatto anche una telefonata a Zelensky. 

Durante la campagna elettorale il presidente statunitense aveva detto di essere in grado di arrivare alla pace in Ucraina nel giro di ventiquattr’ore, ma si trattava appunto di una dichiarazione da comizio, da non prendere in modo letterale, anche se ripetuta 53 volte.

Il presidente ucraino Zelensky aveva tentato di rientrare con un ruolo diretto nei negoziati e aveva offerto a Trump concessioni minerarie importanti in cambio di cosiddette «garanzie di sicurezza»: gli Stati Uniti avrebbero avuto contratti favorevoli, soprattutto sui minerali utili e rari dell’Ucraina, ma in cambio avrebbero garantito all’Ucraina una qualche forma di protezione contro la Russia. Era una proposta che circolava sin da settembre del 2024. 

Il piano di Zelensky era fallito in modo sensazionale. Prima Trump aveva detto che le ricchezze del sottosuolo ucraino sarebbero state da considerare come un risarcimento per tutti gli aiuti militari mandati dagli Stati Uniti all’Ucraina negli ultimi tre anni. Poi quando a fine febbraio Zelensky era andato in visita a Washington per firmare un accordo e aveva menzionato le garanzie di sicurezza davanti a Trump e al suo vice J.D. Vance, era scoppiato un litigio davanti alle telecamere. Il presidente ucraino, trattato da ingrato, era stato cacciato dalla Casa Bianca e l’accordo non era stato firmato. Inoltre Trump aveva sospeso per qualche giorno gli aiuti militari e la condivisione delle informazioni d’intelligence con gli ucraini

Con i russi il tono di Trump era diverso, propositivo invece che minaccioso: l’offerta del presidente statunitense a Putin se avesse accettato di negoziare in modo costruttivo era quella di alleggerire le sanzioni economiche imposte contro la Russia a partire dal 2014, anno dell’annessione illegale della Crimea. 

Dopo l’umiliazione di Washington, nel giro di due settimane gli ucraini erano riusciti a farsi trattare di nuovo come interlocutori dagli Stati Uniti. Zelensky aveva fatto pubblico atto di contrizione sui social e l’11 marzo ai negoziati di Gedda in Arabia Saudita la sua delegazione aveva accettato la proposta statunitense di cominciare un cessate il fuoco di trenta giorni con la Russia, senza porre condizioni. I negoziatori ucraini si erano presentati in abiti molto formali, per cancellare uno degli argomenti di attrito con Trump alla Casa Bianca: che i vestiti militareschi di Zelensky, da lui indossati in onore dei soldati ucraini nelle trincee, fossero un segno di poco rispetto per il presidente. 

La proposta ucraina e americana alla Russia era di trenta giorni senza sparare, come misura per dimostrare la volontà reale di fare la pace. Putin aveva rifiutato, ma ucraini e russi avevano trovato un accordo su un cessate il fuoco specifico: avevano smesso per trenta giorni di bombardare le rispettive infrastrutture dell’energia. 

Quel cessate il fuoco minore tra marzo e aprile era stato un capitolo interessante. Gli ucraini avevano smesso di usare i droni a lungo raggio per distruggere le raffinerie e gli oleodotti in Russia e i russi avevano smesso di prendere di mira con missili e droni le centrali elettriche ucraine. Ma al termine dei trenta giorni avevano ripreso come prima.

Durante i negoziati, i bombardamenti russi contro le città ucraine erano continuati con intensità brutale. Il 13 aprile un missile russo aveva ucciso 34 passanti nella città di Sumy, alcuni di ritorno dalla celebrazione cristiana della domenica delle palme. Trump, irritato dall’indifferenza della Russia ai suoi messaggi concilianti, aveva cominciato a rivolgersi a Putin con un tono più duro. Aveva cominciato a parlare di aggiungere sanzioni e in particolare di sanzioni secondarie, quindi di sanzioni che colpirebbero non soltanto la Russia (quelle sono le primarie) ma tutti i paesi che vogliono avere rapporti commerciali con la Russia. 

Il risultato del tono minaccioso di Trump era stato che il presidente russo aveva offerto all’Ucraina un cessate il fuoco di tre giorni a cavallo del 9 maggio, giorno di festa solenne in Russia perché dedicato alla commemorazione della vittoria dell’Unione Sovietica contro i nazisti. 

Zelensky non aveva accettato e aveva proposto di nuovo il cessate il fuoco di trenta giorni senza condizioni. Il 26 aprile, durante i funerali di papa Francesco a Roma, il presidente ucraino e Trump si erano parlati nella basilica di San Pietro. La scena era stata subito ripresa da tutti i media internazionali e aveva creato un interesse enorme. Pochi giorni dopo, statunitensi e ucraini avevano firmato una versione diluita dell’accordo sulle terre rare.

Trump e Zelensky a San Pietro, 26 eprile 2025

Trump e Zelensky a San Pietro, 26 aprile 2025 (Ukrainian Presidential Press Office via AP, File)

Il giorno seguente alla grande commemorazione a Mosca del 9 maggio, durante una visita ufficiale a Kiev, i leader di Germania, Regno Unito, Polonia e Francia a Kiev avevano dichiarato che se Putin non avesse accettato un cessate il fuoco senza condizioni di trenta giorni l’Europa avrebbe imposto nuove sanzioni contro la Russia. Putin aveva risposto senza accettare il cessate il fuoco ma con l’offerta di cominciare subito negoziati a Istanbul. 

Anche nel 2022, poche settimane dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, c’erano stati negoziati diretti tra russi e ucraini a Istanbul, ma non era stato concluso nulla

Zelensky aveva provato a trasformare l’offerta di Putin in un evento storico e aveva invitato Putin a venire in Turchia per un negoziato diretto. Trump, fiutata l’aria di un possibile incontro eccezionale, aveva detto che anche lui avrebbe potuto partecipare. Forse era la tanto attesa occasione per mostrare che l’amministrazione Trump ha davvero la capacità di mettere fine alla guerra in Ucraina. Ma poi le aspettative si sono sgonfiate: Putin non si è presentato e Trump si è tenuto distante. La delegazione russa è simile a quella mandata a Istanbul nel 2022.