Francesco è stato un papa isolato
Il papa più progressista da mezzo secolo ha avuto apprezzamenti trasversali ma anche molte critiche: persino dentro la Chiesa

Lunedì 21 aprile è morto papa Francesco, cioè il nome con cui era conosciuto Jorge Mario Bergoglio, che dal 2013 fino a oggi era la massima autorità all’interno della Chiesa cattolica. Aveva 88 anni, da tempo era molto malato e all’inizio dell’anno era stato ricoverato a lungo per una polmonite e varie altre complicazioni: la sua morte è stata causata da un ictus cerebrale.
Papa Francesco fu eletto nel 2013 ed è stato in carica poco più di 12 anni. Un periodo relativamente breve, durante il quale però intorno a lui il mondo è cambiato in modo radicale fra guerre, una pandemia e le prime conseguenze concrete del cambiamento climatico. Papa Francesco ha avuto una posizione molto riconoscibile in queste enormi vicende: a tratti è sembrato il più influente leader mondiale di ispirazione progressista, pur essendo anziano e rappresentando un’istituzione di solito percepita come conservatrice.
È difficile ipotizzare come verrà ricordato nei prossimi decenni, ma mentre era in vita sono state notate le sue attenzioni per il “sud globale”, cioè per i paesi meno ricchi di quelli occidentali, per il cambiamento climatico, per le disuguaglianze economiche e sociali. È probabile poi che verranno ricordate le sue parziali aperture a donne e persone non eterosessuali all’interno della Chiesa cattolica, che hanno pochissimi precedenti, e il suo ruolo di mediazione nelle più delicate crisi mondiali, che almeno in un caso è risultato decisivo per raggiungere uno storico accordo fra Cuba e gli Stati Uniti (poi smantellato da Donald Trump).
Il suo approccio e le sue convinzioni su alcuni temi si sono fatte notare anche per il contesto politico degli anni del suo papato. Il decennio fra il 2013 e il 2023 fra le altre cose ha coinciso con la presidenza di Donald Trump negli Stati Uniti, l’ulteriore accentramento di potere di leader autoritari come Vladimir Putin e Xi Jinping, i grandi fenomeni migratori, le guerre in Ucraina e in Palestina e l’aumento di consensi per l’estrema destra in vari paesi occidentali. Papa Francesco è stato anche il primo papa espresso dalla fazione più “di sinistra” della Chiesa cattolica da una cinquantina d’anni, cioè dai tempi di Paolo VI.
Eppure, nonostante l’influenza che ha avuto durante il suo mandato, il suo papato potrebbe essere una parentesi estemporanea nella storia della Chiesa cattolica, i cui esponenti più conservatori negli ultimi anni lo avevano apertamente osteggiato, spalleggiati talvolta da politici di destra. «Il mio papa è Benedetto», si leggeva per esempio nel 2016 su una t-shirt in vendita al raduno annuale della Lega e promossa dal segretario Matteo Salvini. Assieme a Salvini diversi altri leader dell’estrema destra mondiale hanno criticato le posizioni di papa Francesco. C’era persino chi sosteneva una teoria del complotto sulla legittimità della sua elezione dopo le dimissioni di Benedetto XVI.
In diversi momenti del suo papato, soprattutto in corrispondenza delle sue decisioni o uscite più ambiziose, papa Francesco è stato descritto come sostanzialmente isolato all’interno della Chiesa e sempre più osteggiato da una permanente «furiosa reazione» della fazione conservatrice, come ha osservato il Guardian. Ma quando fu indicato come successore di Benedetto XVI dopo le sue sorprendenti dimissioni, in pochi si aspettavano che potesse diventare un papa del genere: pochi giorni dopo la sua elezione il Post lo definì «nel complesso un “moderato”», conservatore dal punto di vista della dottrina ma attento «ai temi sociali». Nell’articolo con cui il New York Times diede la notizia della sua elezione non compare mai la parola “progressista”.
Papa Francesco rese presto chiara la direzione che avrebbe preso il suo papato. Il suo primo viaggio da papa fu a Lampedusa, l’isola italiana che decine di migliaia di migranti cercano di raggiungere ogni anno via mare. Nella sua omelia pronunciata dietro un altare a forma di barca, Francesco criticò la «cultura del benessere», parlò in termini molto amari della globalizzazione, diventata «globalizzazione dell’indifferenza», ringraziò i lampedusani per «l’esempio di accoglienza che ci state dando, che avete dato e che ancora ci date». Poi buttò una corona di fiori al largo dell’isola.

(ANSA/ OSSERVATORE ROMANO)
Fu solo il primo di una serie di gesti e dichiarazioni assai simboliche. Pochi giorni dopo sul volo di ritorno da un viaggio in Brasile, disse a un giornalista: «Se uno è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarlo? Non si devono discriminare o emarginare queste persone». Le sue parole ebbero enorme risonanza: ancora oggi vengono ricordate dalle persone non eterosessuali che fanno parte della Chiesa come un primo momento di accoglienza dopo decenni di rigidità, prima sotto Giovanni Paolo II poi con Benedetto XVI. L’anno scorso fu però molto criticato per aver detto – in un contesto descritto come molto informale – che nei seminari «c’è già troppa frociaggine», dichiarazioni per cui poi si scusò.
Nel 2015 Francesco pubblicò la sua prima enciclica, scegliendo di incentrarla sul cambiamento climatico, argomento fino ad allora rimasto quasi del tutto fuori dalla retorica e dagli interessi della Chiesa (ne aveva pubblicata un’altra nel 2013, scritta in gran parte da Benedetto XVI). Nell’enciclica Francesco parlava di biodiversità, dello scioglimento dei ghiacciai, della necessità di aiutare i paesi in via di sviluppo a fare i conti con l’aumento delle temperature, di modi alternativi per «intendere l’economia e il progresso». Subito dopo la pubblicazione dell’enciclica il più famoso fra gli opinionisti conservatori del New York Times, Ross Douthat, cattolico e molto ascoltato fra i cattolici conservatori statunitensi, gli diede del «catastrofista».
Negli anni successivi questa tendenza di Francesco si rafforzò, nonostante le diffuse resistenze. Nel 2019 organizzò un sinodo, cioè la riunione di tutti i vescovi del mondo, per parlare della necessità di proteggere l’ambiente (e le piccole comunità cattoliche) dell’Amazzonia. Negli ultimi anni ha organizzato una specie di sinodo permanente su alcune delle questioni più scivolose della dottrina cattolica, cioè l’inclusione delle donne nel clero, la possibilità per i sacerdoti di sposarsi, l’approccio nei confronti delle coppie di cattolici non eterosessuali. I cambiamenti concreti seguiti a questo lavoro però sono stati pochi: da questa discussione è emersa per esempio l’indicazione, per la prima volta nella storia, di poter benedire le coppie gay, successivamente ridimensionata da un comunicato stampa.
Le sue aperture su questi temi hanno suscitato un animato dibattito e insistenti perplessità degli esponenti religiosi più conservatori, compreso il suo predecessore Benedetto XVI, che inserì alcune critiche in un libro del 2020 che creò un grosso caso all’interno della Chiesa (poi rientrato solo con la morte di Benedetto, due anni dopo). Anche sulla migrazione diversi vescovi conservatori hanno criticato esplicitamente o velatamente le posizioni di Francesco, giudicate troppo progressiste.
Queste innovazioni hanno contribuito a renderlo popolare sia in Occidente sia in giro per il mondo: i cattolici più progressisti, tradizionalmente una minoranza all’interno della Chiesa, lo hanno apprezzato per le sue aperture. Molti altri invece sono stati conquistati dal suo carisma. Per anni Francesco è stato noto per le sue battute e i commenti a braccio all’interno delle omelie, per l’abilità nel leggere gli umori delle enormi folle accorse per ascoltarlo un po’ ovunque, per la sua abitudine a fermarsi a parlare con le persone che facevano la fila per vedere sfilare la sua automobile (facendo preoccupare moltissimo gli agenti della sua scorta).
Qualcuno gli ha anche riconosciuto un certo gusto per la teatralità: anni dopo la scelta di celebrare una messa a Lampedusa su un altare a forma di barca, all’inizio della pandemia da coronavirus tenne una messa in una piazza San Pietro completamente vuota per via del lockdown. Le immagini del papa da solo, che parlava a una piazza vuota sotto la pioggia, finirono ovunque.

(Giuseppe ”Pino” Fama/Pacific Press via ZUMA Wire)
Durante il suo papato Francesco ha anche cercato di riformare vari aspetti della Chiesa. Ha avviato un’indagine interna allo IOR, la potente banca vaticana; ha nominato per la prima volta una donna, la francese Nathalie Becquart, a sottosegretaria del sinodo dei vescovi, con poteri di voto. Ha persino imposto una leggera ma significativa modifica alla preghiera più diffusa fra i cattolici, il Padre Nostro, per renderla più comprensibile.
Prima della guerra in Ucraina aveva anche provato a riavvicinare la Chiesa ortodossa a quella cattolica: fra le due non ci sono grandi differenze di dottrina, più che altro cambiano le forme di culto. Ciascuno di questi sforzi gli procurò anche moltissime critiche. Peraltro le sue posizioni sulla guerra in Ucraina – che non hanno mai riconosciuto davvero le responsabilità russe nel conflitto e hanno sempre invitato genericamente alla fine dei combattimenti – gli sono costate molte critiche anche da ambienti progressisti; così come quando sembrò fornire una giustificazione ai terroristi islamici dopo l’attacco alla redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo («Se un amico dice una parolaccia contro la mia mamma, lo aspetta un pugno! Ma è normale! Non si può provocare. Non si può insultare la fede degli altri. Non si può prendere in giro la fede»).
Su altri temi invece la sua azione è stata contenuta. Alcuni dei suoi sostenitori all’interno e all’esterno della Chiesa, per esempio, si aspettavano una maggiore solerzia nell’indagare i moltissimi abusi sessuali compiuti da membri del clero: Francesco ha usato parole molto dure nei confronti di sacerdoti e vescovi responsabili di abusi, ma poi di fatto ha lasciato che le singole Chiese nazionali decidessero come gestire le denunce. Il risultato è che in certi paesi la Chiesa ha creato strutture indipendenti per valutarle; in altri, come l’Italia, le indagini e i provvedimenti presi non sono stati altrettanto efficaci. In molti altri paesi non è stato fatto alcun passo in avanti.
Papa Francesco ha introdotto qualche novità per una maggiore integrazione delle donne, seppur nei limiti delle rigidità strutturali che ha la Chiesa. Le donne per esempio non possono celebrare la messa, e su questo Francesco non ha fatto nulla, nonostante ci fosse chi si aspettava un avanzamento più deciso in quella direzione. I cambiamenti in questo ambito sono stati visti con estrema cautela e scetticismo anche nelle fazioni più progressiste, per ragioni dottrinali. Anche sull’aborto, la posizione di Francesco è stata la stessa di ogni papa: lo definì «un omicidio», arrivando a chiamare «sicari» i medici che lo praticano e a dire che per questo, durante la campagna per elezioni presidenziali statunitensi del 2024, non sapeva chi fosse «il male minore» tra Donald Trump e Kamala Harris.
Francesco nel 2021 nominò la prima donna segretaria di un dicastero, cioè gli organi di governo della Chiesa. Era il dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, e la carica era ad interim, ma è comunque il più alto grado mai raggiunto da una donna all’interno delle istituzioni ecclesiastiche (il segretario è una sorta di vice del prefetto, che guida il dicastero). Nel 2022 Francesco nominò tre donne in un altro dicastero, quello per i vescovi.
Secondo diversi osservatori sarà impossibile ignorare la direzione in cui papa Francesco ha provato a portare la Chiesa. «Non sono stati passi da gigante, ma sono stati dei passi in avanti superiori rispetto a quelli che i suoi due precedessori hanno fatto nei loro 34 anni di papato», aveva sintetizzato il New Yorker in occasione dei dieci anni del suo papato.
Antonio Spadaro, teologo gesuita molto vicino al papa, disse che il suo era un papato «di frutti, ma soprattutto di semi. Il papa sta seminando affinché poi, nel tempo giusto, le cose fioriscano». La traccia più concreta sul futuro della Chiesa potrebbe essere stata una delle meno raccontate. Durante il suo papato, Francesco ha rinnovato circa l’80 per cento del conclave, cioè dell’assemblea dei cardinali che eleggerà il suo successore.



