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  • Lunedì 11 novembre 2024

Altri 7 migranti portati in Albania dovranno essere rilasciati

Il tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento: è la seconda volta in un mese

Il centro per richiedenti asilo a Shengjin, in Albania (Ansa/Zumapress)
Il centro per richiedenti asilo a Shengjin, in Albania (Ansa/Zumapress)
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Lunedì il tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento dei sette migranti portati venerdì nei centri per richiedenti asilo realizzati dal governo italiano in Albania, che quindi ora devono essere rilasciati e riportati in Italia. Questa volta i giudici hanno inoltre hanno chiesto che sul caso si esprima la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Inizialmente per questo trasferimento erano state selezionate otto persone, provenienti dall’Egitto e dal Bangladesh, ma è poi emerso che una di loro era vulnerabile per via di problemi sanitari ed era quindi stato disposto il suo rientro in Italia. È la seconda volta che i giudici non convalidano il trattenimento, passaggio necessario per trattenere i migranti nei centri di permanenza per il rimpatrio in Albania.

I sette migranti erano gli unici su centinaia di persone arrivate a Lampedusa che rispondevano ai requisiti necessari al trasferimento in Albania: uomini, maggiorenni, non accompagnati da familiari e provenienti dai cosiddetti paesi sicuri. Il governo italiano ha stabilito che nei centri in Albania possono andare soltanto migranti che provengano da paesi che considera «paesi sicuri», cioè che rispettano le libertà e i diritti civili, e hanno un ordinamento democratico. Per le persone che rispondono ai requisiti è prevista una procedura accelerata di esame della loro richiesta d’asilo, mentre si trovano in stato di detenzione.

A ottobre i giudici non avevano convalidato il trattenimento per 12 migranti sulla base di una recente sentenza europea che restringe la possibilità di definire un paese “sicuro”. La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea non ha a che fare direttamente con l’Italia (riguarda il caso di un cittadino moldavo), ma spiega come valutare se un richiedente asilo proviene, o no, da un paese davvero sicuro. La Corte europea ha detto che un paese per essere sicuro deve esserlo in tutto il suo territorio in modo omogeneo, e per tutte le persone che ci vivono, e ha stabilito che la qualifica di paese sicuro debba essere verificata e riesaminata da un giudice al momento di ciascuna decisione.

Pochi giorni dopo la prima decisione dei giudici, il Consiglio dei ministri italiano ha approvato un decreto-legge che contiene una lista aggiornata dei paesi di origine cosiddetti “sicuri”, molto simile in realtà a quella approvata in primavera. Finora non era chiaro se l’ultimo decreto-legge avrebbe effettivamente cambiato le cose, anche se già a ottobre il tribunale di Roma aveva ribadito che una norma nazionale non può essere applicata se in contrasto con una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

La decisione di lunedì sta già suscitando polemiche politiche, così come era avvenuto anche in occasione della prima mancata convalida. I membri dei partiti al governo sostengono da tempo che decisioni di questo tipo da parte dei giudici siano perlopiù guidate da ragioni politiche: il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha parlato di «un’altra sentenza politica non contro il governo, ma contro gli italiani e la loro sicurezza». Il tribunale di Roma ha però tenuto a precisare in una nota, come ad anticipare le critiche, che «ferme le prerogative del legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare sempre e in concreto – come in qualunque altro settore dell’ordinamento – la corretta applicazione del diritto dell’Unione».