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  • Giovedì 18 giugno 2020

Bill de Blasio ha un problema con i suoi elettori

Il sindaco di New York fu eletto promettendo maggiore severità contro gli abusi della polizia, ma in queste settimane ha soprattutto difeso gli agenti

(Spencer Platt/Getty Images)
(Spencer Platt/Getty Images)

Un articolo pubblicato lunedì sull’Atlantic ha raccontato come mai il sindaco di New York Bill de Blasio abbia deluso le aspettative di molti suoi elettori, delusione che ha radici antiche ma è culminata durante le proteste degli ultimi giorni e soprattutto dopo una sua dichiarazione del 30 maggio, in cui ha giustificato dei poliziotti che hanno guidato contro un gruppo di manifestanti che stava lanciando loro degli oggetti.

La prima campagna elettorale
Bill de Blasio è al secondo mandato da sindaco della città di New York. Venne eletto per la prima volta nel 2013, anche grazie a un video promozionale che mostrava un ragazzo mulatto con una capigliatura “afro” che raccontava i punti centrali della campagna: rendere universale l’accesso agli asili nido pubblici attraverso la tassazione dei cittadini più ricchi, cercare di risolvere il problema dei senzatetto tramite la creazione di alloggi economicamente accessibili e ridurre la pratica del cosiddetto “stop-and-frisk”, per mezzo della quale gli agenti di polizia della città possono arbitrariamente fermare e perquisire chiunque (e lo fanno soprattutto con i giovani afroamericani). Il ragazzo del video si chiama Dante ed è il figlio maggiore di de Blasio, che è sposato con una donna afroamericana.

L’affermazione “Bill de Blasio sarà un sindaco per ogni newyorkese, indipendentemente da dove vive o dal suo aspetto fisico”, pronunciata nel video, risultava più convincente sapendo che il candidato aveva un interesse diretto a combattere le discriminazioni contro i cittadini afroamericani perché lo sono metà dei suoi familiari. In questo modo de Blasio guadagnò il consenso di gran parte della popolazione afroamericana di New York.

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De Blasio si presentò come molto progressista. Riprese una retorica che era già stata applicata a New York, facendone il tratto caratteristico della sua campagna: quella di un “racconto di due città” (che fa riferimento all’omonimo romanzo storico di Charles Dickens). Descrisse la coabitazione di due New York, invisibili l’una all’altra: quella ricca, borghese e a maggioranza bianca; e quella povera e multietnica.

Ad alcuni elettori bianchi non piacque sentirsi dire che esistevano dei problemi proprio sotto il loro naso, dei quali non si rendevano conto e probabilmente non si sarebbero mai resi conto per via della loro situazione privilegiata. Anche l’idea espressa in campagna elettorale di risolvere questo problema tassando i cittadini più ricchi per promuovere i servizi pubblici universali (come l’asilo nido) sembrava minacciosa per alcuni. Ma nella città a grande maggioranza Democratica, che usciva da dodici anni con un sindaco moderato, alla fine questa presentazione funzionò, soprattutto fra gli elettori non bianchi.

Il primo scontro con la polizia
Nell’estate del 2014, con de Blasio sindaco, un uomo afroamericano – Eric Garner – fu ucciso dalla polizia durante un arresto brutale e ingiustificato, per il quale però nessuno fu incriminato. A dicembre dello stesso anno un uomo sparò a due poliziotti mentre erano nella loro macchina e poi si uccise, dopo aver lasciato dei commenti sui social media che lasciavano pensare che l’omicidio fosse una vendetta per le morti di Garner e di Michael Brown, un ragazzo afroamericano ucciso dalla polizia a Ferguson, in Missouri, la cui morte aveva generato estese proteste e rivolte.

Patrick Lynch, rappresentante del principale sindacato della polizia di New York, sostenne che de Blasio condividesse la responsabilità per la morte dei due poliziotti, perché aveva reso meno sicuro il lavoro degli agenti limitando il loro margine di azione e accusandoli di razzismo avendo parlato degli abusi della polizia sugli afroamericani. Nei mesi seguenti, in occasione di alcuni discorsi di de Blasio davanti alla polizia, molti agenti gli diedero le spalle mentre parlava. L’articolo dell’Atlantic spiega che, secondo molte persone vicine a de Blasio, quell’evento fu il primo impatto del sindaco con la complessa realtà delle forze dell’ordine e la loro grande influenza in città.

Un primo bilancio
Durante il suo primo mandato a de Blasio furono riconosciuti dei meriti: il mantenimento delle promesse elettorali sull’estensione degli asili nido gratuiti (anche se con fondi statali, e non tassando i più ricchi come aveva promesso), l’insistenza sui progetti per nuove case popolari e l’ottimo stato dell’economia cittadina.

Emersero anche difetti e problemi di vario genere. Alcuni erano legati alla sua personalità: de Blasio è una persona testarda e ha dimostrato in più occasioni di non avere intenzione di cambiare i suoi comportamenti per compiacere l’opinione pubblica. Il caso più emblematico è quello della sua routine mattutina. Quasi ogni giorno, la mattina presto, il sindaco esce di casa per andare in una palestra a diversi chilometri dalla Gracie Mansion, la residenza ufficiale dei sindaci di New York. Ci passa alcune ore, e nel frattempo comincia a lavorare (controllando le mail o leggendo i giornali). Questo comportamento fu criticato per motivi ambientali (alcuni chilometri di macchina, andata e ritorno, ogni giorno) e perché secondo alcuni dimostrava mancanza di professionalità, ma de Blasio ignorò i commenti (per metterli a tacere sarebbe bastato cambiare palestra). La testardaggine aveva anche conseguenze più serie sulla sua gestione politica. In particolare rese pubblica la tensione (esistente da sempre, ma gestita meglio in passato) con il governatore dello stato di New York, il Democratico Andrew Cuomo in carica dal 2011.

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Durante il primo mandato, poi, de Blasio venne meno alla promessa di una migliore gestione del problema dei senzatetto, che aumentarono sensibilmente dal 2013 al 2017. Perse fiducia anche per via dei metodi spregiudicati di raccolta fondi dei suoi comitati elettorali, che furono oggetto di indagini federali.

Anche il fatto che l’assassino di Eric Garner fosse non solo in libertà, ma ancora un poliziotto, fu motivo di critica (passarono altri due anni prima che fosse licenziato). De Blasio rispose che il licenziamento era competenza del dipartimento di polizia di New York, non sua, e che il poliziotto aveva diritto a un processo prima di essere licenziato. Questo comportamento andava in contraddizione con uno dei pilastri della sua campagna: l’empatia con la popolazione afroamericana, grazie alla sua famiglia. Se le critiche riguardo alla palestra o ai rapporti con Cuomo venivano prevalentemente dalla popolazione bianca, queste intaccavano la sua popolarità fra gli afroamericani, che sono da sempre una grossa porzione dei suoi elettori.

Ma infine il personaggio progressista, che aveva migliorato le condizioni di vita di buona parte della popolazione e diminuito il divario fra le “due città”, la cui testardaggine era un’arma a doppio taglio (in alcuni casi significava costanza e coerenza), mantenne un buon consenso. Anche grazie all’investimento precoce sulla ricerca di consensi e finanziamenti per la seconda campagna elettorale, nel 2017 de Blasio fu rieletto sindaco con facilità.

Il secondo mandato
Negli anni successivi de Blasio mantenne una linea progressista. Tra le altre cose, a settembre 2018 ammorbidì le pene per chi venisse trovato in possesso di marijuana, e a dicembre si espresse a favore della sua legalizzazione per scopi ricreativi. Ma commise altri gesti considerati da alcuni deludenti, come un cambio di opinioni troppo veloce nei confronti dell’azienda multinazionale Amazon, quando questa decise di non costruire una sede a New York come aveva programmato. Il sindaco passò da lodare a criticare l’azienda, e questo intaccò l’immagine di politico coerente e non approfittatore. Il trasporto pubblico di New York, soprattutto la sua metropolitana, aveva cominciato intanto ad accumulare una serie di gravi problemi, generando accuse e polemiche tra de Blasio e Cuomo, dato che è responsabilità dello stato.

Con l’opinione pubblica in città infastidita da questi casi e comportamenti, il 16 maggio dell’anno scorso de Blasio annunciò la sua candidatura alle primarie del Partito Democratico per le elezioni presidenziali del 2020. La reazione dei cittadini fu molto spiazzata e negativa: sia tra gli oppositori che tra i suoi sostenitori, molti trovavano insensato candidarsi alla presidenza – senza peraltro grandi prospettive, né un grande curriculum da poter vantare – quando c’erano moltissimi problemi da gestire a New York. De Blasio sostenne che molti dei problemi della città potessero essere risolti solo dalla presidenza. La sua campagna elettorale faticò a decollare, tanto che già a settembre ritirò la candidatura.

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Candidarsi contro l’opinione di sostenitori e collaboratori screditò molto de Blasio, al punto che Michelle Goldberg del New York Times intervenne con un articolo intitolato “smettetela di prendere in giro Bill de Blasio”, condividendo lo scetticismo verso la candidatura ma scrivendo che “lo scherno che accoglie ogni sua mossa oscura quanto sia stato un buon sindaco”.

La gestione della pandemia da coronavirus è diventata un motivo di critica ancora più grande. A inizio marzo de Blasio ha incoraggiato i newyorkesi ad andare avanti con le loro vite, nonostante molti collaboratori gli suggerissero di cambiare approccio, e in più di un’occasione è sembrato voler polemizzare con la linea più dura e prudente del governatore Cuomo (arrivando ad andare in palestra fino all’ultimo momento utile prima del lockdown, quando già erano ampiamente scoraggiati gli spostamenti non essenziali). L’Atlantic dice che il ritardo della città nel prendere adeguati provvedimenti ha probabilmente contribuito a “migliaia di morti in più”, e a rendere New York l’epicentro dell’epidemia negli Stati Uniti. La sua inadeguatezza ha avuto ulteriore risalto proprio dal ruolo invece molto decisionista e presente del governatore dello stato Cuomo nella gestione dei giorni peggiori dell’emergenza.

Le ultime settimane
Le dichiarazioni a favore dei poliziotti che hanno investito i manifestanti hanno deluso ancora di più i sostenitori di de Blasio: «Sarebbe stato meglio se i poliziotti avessero usato un approccio diverso», ha detto, «ma cominciamo dal principio: i manifestanti del video hanno sbagliato a circondare la macchina della polizia, punto”. 

Durante le proteste di queste settimane è anche stata arrestata Chiara de Blasio, la figlia del sindaco, mentre manifestava pacificamente (stando al rapporto della polizia, è stata arrestata perché si è rifiutata di allontanarsi da un incrocio quando le è stato chiesto di farlo). Il capo del sindacato della polizia di New York ha pubblicato un tweet provocatorio che comprendeva il rapporto dell’arresto, su cui erano presenti delle informazioni private della ragazza (come una foto della patente con scritto il suo indirizzo di casa). Twitter ha rimosso il post perché colpevole di “doxxing” (la diffusione online di informazioni private), e l’account del sindacato è stato sospeso.

De Blasio ha definito le azioni del presidente “inappropriate” e ha sottolineato che queste pratiche hanno colpito anche molti altri giovani, non solo sua figlia. Nonostante questo, però, ha continuato a sostenere la polizia. Lunedì primo giugno ha precisato che andare contro la folla con la macchina non era accettabile, ma ha enfatizzato il pericolo corso dai poliziotti nel contesto delle proteste dei giorni precedenti. Ha presentato i manifestanti violenti e gli agenti violenti come dei casi isolati, condannabili. Secondo i suoi critici in questo discorso sono mancati i riferimenti alla necessità di una riforma strutturale della polizia, che invece è fra le richieste principali dei manifestanti in queste settimane. Due giorni dopo è stata diffusa una lettera aperta firmata da molti collaboratori di de Blasio, che gli chiedevano di prendere misure radicali contro le violenze della polizia e le discriminazioni razziali, in particolare quelle avvenute durante le manifestazioni.

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Durante tutta la prima settimana di giugno de Blasio ha continuato a difendere la polizia, sostenendo che stesse gestendo dignitosamente una situazione molto critica. Poi ha dichiarato un coprifuoco (il primo applicato alla città di New York dai tempi della Seconda guerra mondiale, ha scritto il New York Times) per paura della violenza dei manifestanti. Ci sono state molte reazioni indignate, in particolare un’ondata di fischi l’ha accolto a una commemorazione per George Floyd, giovedì 4 giugno.

A causa delle numerose pressioni, la domenica successiva de Blasio ha cambiato linea: ha posto fine al coprifuoco con un giorno d’anticipo e ha sostenuto la necessità di tagliare i fondi del dipartimento di polizia di New York (solo tre giorni prima aveva espresso scetticismo verso questa possibilità). Queste promesse di riforma sono arrivate con molto ritardo rispetto alle richieste dei manifestanti.

Perché?
L’atteggiamento di de Blasio delle ultime settimane è in contrasto con i suoi discorsi della campagna del 2013, dove l’opposizione alle violenze della polizia era un elemento centrale. I suoi collaboratori propongono diverse possibili interpretazioni di questo cambiamento.

Un’indagine del giornale online The Intercept presenta un’analisi basata su interviste con vecchi collaboratori di de Blasio, che lo sostenevano già durante la candidatura del 2013 e negli anni precedenti: secondo loro il suo impegno contro il razzismo e le violenze della polizia sarebbe sempre stato di facciata, più utile per accumulare consenso che scaturito da una reale vocazione alla causa. Kirsten John Foy, un uomo afroamericano che collaborò con de Blasio nel 2009, riferisce di essere stato “disgustato” alla vista del video promozionale con il figlio di de Blasio, perché conoscendo il candidato sindaco aveva visto in quel gesto una strumentalizzazione del colore della pelle dei membri della sua famiglia, che non si sarebbe tradotta in riforme concrete.

Un altro elemento di cui tenere conto, secondo l’articolo dell’Atlantic e uno di Politico, è il rapporto sviluppato da de Blasio con la polizia durante la sua carriera. De Blasio si è trovato stretto tra la necessità di diminuire le violenze della polizia e la paura della criminalità. Politico fa risalire questa paura a un’esperienza negativa del passato: nel 1991 ci furono delle violentissime rivolte popolari che portarono alla mancata rielezione dell’allora sindaco David Dinkins, che è un punto di riferimento importante per de Blasio. Questa esperienza gli avrebbe causato un trauma, rinforzato poi dalla resistenza opposta dalle forze di polizia ai suoi tentativi di riforma, di cui è emblematico il gesto di voltargli le spalle alla fine del 2014, che danneggiò molto la sua credibilità. Inoltre l’Atlantic sottolinea che il ruolo di sindaco ha determinato un avvicinamento di de Blasio alla polizia, addetta alla sua protezione e quella della sua famiglia.

Gli ultimi sviluppi
Ieri de Blasio ha annunciato un piano per riformare la polizia, riassunto da un articolo del New York Times. Prevede principalmente una gestione più veloce e trasparente dei casi di abuso di potere dei poliziotti in attesa di giudizio e il divieto della manovra di immobilizzazione tramite la presa al collo con cui sono stati uccisi tra gli altri Eric Garner e George Floyd. Molti hanno notato come durante l’annuncio delle riforme fosse assente Dermot F. Shea, il commissario di polizia che sarà incaricato di implementare i cambiamenti. De Blasio ha assicurato che Shea è a conoscenza del piano ed è pronto ad applicarlo.