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  • Venerdì 12 giugno 2020

A Seattle i manifestanti hanno creato una zona autogestita

La Capitol Hill Autonomous Zone è nata intorno a una centrale di polizia occupata, e ora Trump minaccia di intervenire per sgomberarla

La Capitol Hill Autonomous Zone (CHAZ), Seattle, 11 giugno
(AP Photo/Ted S. Warren)
La Capitol Hill Autonomous Zone (CHAZ), Seattle, 11 giugno (AP Photo/Ted S. Warren)

Nel centro di Seattle, nello stato di Washington, c’è una zona di pochi isolati che da tre giorni è autogestita da gruppi di sinistra e da parte dei manifestanti che sta protestando contro il razzismo sistemico della polizia e della società statunitense, in seguito all’uccisione di George Floyd a Minneapolis. La zona è stata rinominata Capitol Hill Autonomous Zone (CHAZ), e consiste essenzialmente in alcuni isolati intorno a una centrale di polizia abbandonata l’8 giugno dalle forze dell’ordine, e occupata da allora dai manifestanti che l’hanno dichiarata zona libera dalla polizia.

La Capitol Hill Autonomous Zone sta attirando le attenzioni nazionali, celebrata dai movimenti radicali, antirazzisti e che chiedono il taglio dei fondi alla polizia e denunciata dai conservatori. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha chiesto al governatore Jay Inslee – che definisce “di sinistra radicale” – e alla sindaca Jenny Durkan, entrambi Democratici, di riprenderne il controllo, «altrimenti lo farò io». Durkan gli ha risposto invitandolo a mettere tutti al sicuro andando nel bunker dove si era rifugiato quando le manifestazioni erano arrivate intorno alla Casa Bianca. Ha poi spiegato che la situazione non è pericolosa, e che assomiglia più a una specie di festa di quartiere che a un’occupazione militare.

Per oltre una settimana le proteste a Seattle sono state molto partecipate e ci sono stati violenti scontri con la polizia, come in tante altre città americane. Durkan aveva anche disposto un divieto per un mese sull’utilizzo di gas lacrimogeni da parte della polizia, accusata di violenza contro i manifestanti. Domenica scorsa però la tensione era tornata a salire dopo che un uomo aveva guidato un’auto sulla folla, sparando e ferendo un manifestante, proprio vicino alla centrale di Capitol Hill, e la polizia aveva nuovamente usato i lacrimogeni per disperdere la protesta.

Il giorno seguente, la polizia aveva abbandonato la centrale, intorno alla quale nei giorni precedenti aveva costruito le barricate. Alcuni manifestanti hanno quindi occupato la centrale e istituito la “zona autonoma”, usando le barricate della polizia per delimitarne i confini. All’interno hanno istituito una specie di comune in cui organizzare simbolicamente la società auspicata da chi sta protestando in queste settimane: senza razzismo e senza polizia.

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La Capitol Hill Autonomous Zone ha poi raccolto altre grandi rivendicazioni dei movimenti di sinistra, come un tetto ai prezzi degli affitti e la decriminalizzazione dei reati commessi dai manifestanti durante le proteste. In un post pubblicato su Medium, gli animatori della protesta hanno raccolto 30 richieste alla città di Seattle, che vanno dalla gestione della polizia a quella del sistema carcerario e di quello sanitario.

Nei pochi giorni di esistenza, nei sei isolati che compongono la zona occupata sono stati organizzati dibattiti, concerti, spettacoli di poesia e proiezioni di documentari. È stato allestito un punto di soccorso medico, una distribuzione gratuita di cibo e acqua e i bambini hanno disegnato sui marciapiedi. Nonostante il clima pacifico e conviviale, Trump ha scritto su Twitter che «Seattle è stata conquistata da terroristi domestici». La capa della polizia della città Carmen Best ha detto di non aver avuto un ruolo nella decisione di abbandonare la centrale, e ha insinuato che ad alcuni commercianti della zona sia stato chiesto il pizzo, senza però fornire prove.

Il giorno dopo, la polizia ha chiarito che non sono state ricevute denunce formali, e l’associazione dei commercianti della città ha confermato di non aver avuto notizia di episodi simili.  Alcuni giornalisti locali hanno però segnalato che ci sono attivisti che girano armati – cosa che nello stato di Washington, come in molti altri posti degli Stati Uniti, è legale e avviene normalmente – e che sono accettati come forma di autodifesa.

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Ma tutti concordano che il clima è molto rilassato, e nei giorni scorsi è stato visto chiacchierare con gli attivisti anche Harold Scoggins, capo dei vigili del fuoco della città. Ha detto poi che si stava assicurando che non ci fossero problemi igienici, e di aver iniziato a stabilire un canale di comunicazione per risolvere la questione: «Non ho idea di come finirà. Stiamo lavorando passo dopo passo per costruire una relazione, la fiducia su piccole cose, così che possiamo capire insieme cosa fare».

Il New York Times scrive che tra gli attivisti che stanno occupando la Capitol Hill Autonomous Zone ci sono delle divisioni riguardo alle rivendicazioni, tra chi ritiene debbano limitarsi ai temi delle proteste di questi giorni del movimento Black Lives Matter e chi vorrebbe includere rivendicazioni più generiche, come quelle del manifesto pubblicato su Medium. Ma quello che si stanno chiedendo un po’ tutti è quando l’occupazione finirà: Durkan finora ha detto di voler risolvere pacificamente la questione instaurando un dialogo e delle trattative con i manifestanti, e definendo “illegale” l’ipotesi che intervenga l’esercito.

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