• Mondo
  • Lunedì 8 luglio 2019

Quali sono le ong rimaste a soccorrere migranti

Un piccolo catalogo per non confondersi fra Sea Watch e Sea-Eye e i tanti nomi delle navi coinvolte

(ANSA/GUIDELLI)
(ANSA/GUIDELLI)

Nelle ultime settimane diverse organizzazioni non governative e associazioni sono state impegnate nel soccorso di migranti al largo della Libia: nel giro di pochi giorni abbiamo avuto un caso Sea Watch 3, poi un caso Alex e infine un caso Alan Kurdi, per il momento tutti risolti. Ma l’estate è il periodo in cui le partenze di migranti dalla Libia tendono ad aumentare, a causa soprattutto delle buone condizioni meteo, e quasi sicuramente assisteremo ad altre situazioni di stallo fra le ong e il governo italiano. Ne approfittiamo per fare un piccolo catalogo di quelle che ancora lavorano nel Mediterraneo, dopo che molte di loro se ne erano andate circa un anno fa sia per via delle pressioni del governo italiano sia per l’aggressività della cosiddetta Guardia costiera libica.

La Sea Watch è una ong tedesca nata nel 2014. Oggi gestisce la Sea Watch 3, una nave lunga 50 metri e larga 12 costruita nel 1973, per molti anni usata come rifornitore per le piattaforme in alto mare. Nei primi dieci mesi del 2018 – quelli a cui si riferisce l’ultimo bilancio pubblicato online – Sea Watch ha ottenuto donazioni per 1,8 milioni di euro, la maggior parte dei quali da donatori privati. Con questi soldi la ong ha anche reso operativo un piccolo aereo, il Moonbird, che sorvola il tratto di mare fra Italia e Libia alla ricerca di imbarcazioni in difficoltà.

Sea Watch sostiene di avere contribuito al soccorso in mare di 35mila persone. La comandante della sua nave, Carola Rackete, è diventata famosa in tutta Europa per aver deciso di far sbarcare a Lampedusa i naufraghi soccorsi durante l’ultima missione della nave, dopo uno stallo col governo italiano durato due settimane. Al momento Rackete è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma il giudice per le indagini preliminari di Agrigento non ha convalidato il suo arresto. La Sea Watch 3 è attualmente sotto sequestro nel porto di Licata, in provincia di Agrigento.

La nave Sea Watch 3 della ong tedesca Sea Watch (ANSA/ORIETTA SCARDINO)

Anche la Sea-Eye è tedesca, più precisamente della Baviera, ed è stata fondata nel 2015. Sappiamo che negli anni ha ricevuto diverse donazioni dalle Chiese evangelica, cattolica e anabattista: 50mila euro sono arrivati a febbraio dalla Chiesa cattolica tedesca per volontà di Reinhard Marx, capo della conferenza dei vescovi tedeschi e rispettatissimo cardinale cattolico.

Al momento gestisce la nave Alan Kurdi, costruita nel 1951 e per decenni utilizzata per esplorazioni scientifiche. La nave batte bandiera tedesca, è lunga 39 metri e larga 7 e viene usata per operazioni di soccorso soltanto da alcuni mesi. La Sea-Eye ha deciso di darle lo stesso nome del bambino di 3 anni morto annegato su una spiaggia turca nell’aprile del 2015 mentre cercava di raggiungere la Grecia, e la cui foto fece il giro del mondo. Dopo aver portato un gruppo di migranti a Malta in seguito all’ennesimo stallo con le autorità italiane, la Alan Kurdi è tornata in mare e in questo momento si trova a metà strada fra Malta e le coste libiche.

La nave Alan Kurdi della ong Sea-Eye (EPA/FABIAN HEINZ / SEA-EYE HANDOUT)

Nel Mar Mediterraneo è tornata anche la nave Open Arms della ong spagnola ProActiva Open Arms, dopo un periodo di inattività dovuto soprattutto a un litigio col governo spagnolo. Nei giorni scorsi è emerso che il governo di Pedro Sanchez, a guida socialista, aveva di fatto impedito alla ong di compiere altri soccorsi nel Mediterraneo, forse per evitare che si ripetessero situazioni come quella della scorsa estate, quando la nave Aquarius di SOS Mediterranee fu costretta a navigare fino a Valencia dopo il rifiuto del governo italiano di rendere disponibili i propri porti. A inizio luglio, poco dopo che la Open Arms aveva deciso di tornare in mare nonostante il divieto, El Diario ha pubblicato una lettera indirizzata alla ong in cui il direttore generale della marina mercantile spagnola minaccia di infliggere una multa da 901mila euro in casi di nuove operazioni di soccorso.

ProActiva Open Arms è nata nel 2015 e da allora sostiene di avere soccorso circa 59mila persone nel tratto di mare fra Italia e Libia e in quello fra Grecia e Turchia. Secondo Repubblica nel 2018 ha ottenuto 3,5 milioni di euro, la stragrande maggioranza da donatori privati: fra i suoi sostenitori ci sono anche l’allenatore del Manchester City Pep Guardiola, il cestista di NBA Marc Gasol – che l’anno scorso è stato anche a bordo come volontario – e l’attore Richard Gere.

Attualmente la ong spagnola usa Open Arms, un’imbarcazione che batte bandiera spagnola lunga 37 metri e larga 10, costruita nel 1974 e in passato di proprietà della Guardia costiera spagnola. Al momento si trova a Lampedusa, dove nei giorni scorsi ha aiutato alcuni pescatori italiani in difficoltà. Un’altra delle sue imbarcazioni, la Astral, è stata oggetto di una campagna di raccolta fondi per finanziarne i lavori di manutenzione.

La nave Open Arms della ong spagnola ProActiva Open Arms (Antonio Balasco – Pacific Press)

L’ultima delle associazioni arrivate a soccorrere persone nel tratto fra Libia e Italia si chiama Mediterranea Saving Humans: è nata nel 2018 come una rete di associazioni – ci sono fra le altre l’ARCI e alcuni centri sociali – che ha come obiettivo quello di organizzare missioni di soccorso nel Mediterraneo. Mediterranea è il soggetto che ha più legami con la politica fra quelli che soccorrono i migranti: il capo di una delle prime missioni è stato Luca Casarini, ex storico capo dei no global italiani, mentre quello dell’ultima missione – che si è conclusa a Lampedusa nella notte fra sabato e domenica – è Erasmo Palazzotto, deputato di LeU.

Mediterranea gestisce due navi battenti bandiera italiana, per ora entrambe sotto sequestro dalle autorità italiane: la Mare Jonio, un ex rimorchiatore costruito nel 1972 lungo 38 metri e largo 9, e la barca a vela Alex, lunga appena 18 metri e decisamente poco attrezzata per il soccorso di naufraghi (sembra che la ong la usi per missioni di ricognizione).

Il prestito per acquistare la Mare Jonio era stato concesso da Banca Etica, ed è stato ripianato con una campagna di raccolta fondi che ha raccolto finora circa 827mila euro. Dopo il sequestro della Alex, avvenuto domenica 7 luglio, la portavoce di Mediterranea Alessandra Sciurba ha detto che l’associazione troverà un altro mezzo per proseguire le operazioni.

La nave Mare Jonio della rete di associazioni Mediterranea (ANSA)

 

Pilotes Volontaires invece è una ong francese nata nel gennaio del 2018 che sorvola il tratto di mare fra Italia e Libia con un piccolo aereo monomotore, il Colibrì, per segnalare eventuali imbarcazioni in difficoltà. Ogni missione costa fra i 600 e i 1000 euro, e il bilancio della ong è fatto soprattutto di donazioni private: un anno di missioni costa circa 300mila euro.

Fra le ong che hanno abbandonato le attività nel Mediterraneo, invece, ci sono fra le altre Medici Senza Frontiere, Save the Children e Migrant Offshore Aid Station (MOAS).