La manovra c’è, ma non c’è

È in esame alla Camera, ma non contiene reddito di cittadinanza e "quota 100" e potrebbe cambiare ancora molto per le richieste dell'Unione Europea

(ANSA/CLAUDIO PERI)
(ANSA/CLAUDIO PERI)

Nel fine settimana è scaduto il termine per presentare emendamenti alla legge di bilancio 2019 in esame alla Camera. Il governo spera ora di riuscire ad approvarla già mercoledì, se necessario ricorrendo alla fiducia, così da portarla rapidamente in Senato. Il testo però è parzialmente incompleto: mancano ad esempio le misure simbolo promesse dal governo, il cosiddetto “reddito di cittadinanza” e la quota 100, mentre i saldi rischiano di dover essere modificati per venire incontro alle richieste dell’Europa. Il Parlamento ha tempo fino alla fine di dicembre per venire a capo delle numerose e complicate questioni che è necessario risolvere prima di approvare la manovra.

Il deficit
Il problema principale da risolvere è quello del deficit, fissato nel testo della legge di bilancio al 2,4 per cento del PIL, ma che la Commissione Europea vorrebbe venisse portato sotto il 2 per cento. In caso contrario è pronta a chiedere l’apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, con conseguenze potenzialmente molto negative. La decisione di alzare il deficit fino al 2,4 per cento, cioè ben oltre quanto era accettabile per la Commissione, era stata presa dal governo alla fine dello scorso settembre, dopo una forte pressione da parte del capo del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio (che poi aveva festeggiato la decisione sul balcone di Palazzo Chigi con i suoi colleghi ministri).

– Leggi anche: Che cos’è la procedura di infrazione

Inizialmente Di Maio e l’altro vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, avevano respinto ogni ipotesi di modificare la manovra riducendo il deficit. Ma con il passare delle settimane, l’aumento dello spread e l’irrigidimento delle autorità europee la loro posizione si è fatta più conciliante. Nella sua battaglia per fare più deficit, l’Italia è rimasta praticamente senza alleati. Persino Austria e Ungheria, due paesi governati da coalizioni di destra radicale e ritenuti molto vicini all’attuale governo italiano, hanno chiesto che il nostro paese rispetti le regole e che, in caso contrario, venga punito.

Nel corso dell’ultima settimana, sia Salvini che Di Maio hanno detto che il deficit dopotutto si può abbassare, ma né loro né altri ministri del governo hanno preso impegni precisi. Secondo i giornali, la Commissione sarebbe disposta a fermare la procedura di infrazione se il deficit dovesse rimanere appena sotto il 2 per cento. Rispetto ai saldi attuali significa un taglio di spese o un aumento di entrate pari a circa 8 miliardi di euro.

Il governo ora dovrà decidere se e cosa cambiare nella manovra per venire incontro a queste richieste o se invece respingerle e mantenere i saldi invariati. C’è tempo fino al 19 dicembre, quando la Commissione si riunirà per l’ultima volta nel 2018 e, se nel frattempo non sarà stato raggiunto un accordo con il governo italiano, formulare una raccomandazione per l’apertura di una procedura di infrazione. La richiesta di apertura sarà poi eventualmente valutata il 22 gennaio dai ministri dell’Economia e delle Finanze europei riuniti nell’Ecofin, il nome che prende il Consiglio dell’Unione Europea quando è formato dai ministri delle Finanze.

Cosa c’è nella legge di bilancio?
Negli ultimi giorni, governo e maggioranza hanno terminato di presentare i loro emendamenti alla legge di bilancio che ora è completa o quasi (probabilmente saranno fatte ulteriori modifiche anche al Senato). Le misure principali che erano già note sono la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia (che costa da sola 12,5 miliardi), la creazione di un fondo di investimento da 3 miliardi di euro e l’estensione del regime forfettario al 15 per cento per le partite IVA che fatturano fino a 65 mila euro l’anno.

Gli emendamenti presentati negli ultimi giorni hanno aggiunto altre spese o entrate o modificato quelle già presenti. Ad esempio si discute molto dell’emendamento che permetterà alla regione Liguria di alzare le accise sulla benzina di 5 centesimi a litro (Salvini in campagna elettorale aveva promesso di tagliarle). Un altro emendamento stabilisce l’assunzione di 4 mila nuovi impiegati nei centri per l’impiego: la metà degli ottomila promessi da Di Maio in campagna elettorale (i centri per l’impiego italiani al momento hanno troppe poche risorse e personale). Un altro emendamento impedisce di sfruttare il nuovo regime forfettario alle partite IVA che nei due anni precedenti hanno avuto un rapporto prevalente con un unico committente (con l’obiettivo di non favorire le cosiddette “false partite IVA” che in realtà servono a mascherare impieghi da dipendenti).

E infine sono stati aggiunti decine e decine di altri emendamenti ognuno pensato per risolvere una questione specifica più o meno rilevante (per un costo totale stimato in 600 milioni di euro). È il cosiddetto “assalto alla diligenza”, quando parlamentari della maggioranza (e a volte anche dell’opposizione) cercano di inserire nella legge delle risorse per provvedimenti che hanno a cuore. Secondo Repubblica, da questo punto di vista l’attuale legge di stabilità non è molto diversa dalle precedenti:

Assunzioni sparse: 10 all’Avvocatura dello Stato e alla Corte dei Conti (4,2 milioni), 40 dirigenti al Mef (di cui 20 per gli studi di fattibilità sugli investimenti pubblici, 2,7 milioni), 3 all’Accademia della Crusca per sostenere la lingua italiana (236 mila euro), 57 all’ispettorato del ministero dell’agricoltura contro le frodi sui prodotti made in Italy (3 milioni all’anno). E poi ancora 700 mila euro per i duemila anni dalla morte di Publio Ovidio Nasone. Agevolazioni a 1.566 piccole farmacie. Proroga a Sisal per il Superenalotto. Un anno in più per dismettere le slot. E 25 milioni extra per il riordino delle carriere dei militari.

Cosa non c’è
Nella legge di bilancio mancano invece le due misure simbolo dell’attuale maggioranza: reddito di cittadinanza e quota 100. Le due misure sono state infatti stralciate poiché la loro complessità e il loro essere provvedimenti così controversi avrebbe rischiato di rallentare l’iter della legge di bilancio anche oltre il termine tassativo entro il quale deve essere approvata (il 31 dicembre di ogni anno). Separandoli dalla legge di bilancio il governo avrà modo di lavorare con più calma alla stesura dei due testi, anche se ha assicurato che saranno pronti “prima di Natale”.

Quel che sappiamo per il momento è che entrambi i provvedimenti sono stati fortemente limitati, così da costare meno alle casse pubbliche, e potrebbero subire ulteriori riduzioni se le richieste della Commissione dovessero essere accolte. Quota 100, ad esempio, avrebbe dovuto permettere a chiunque di andare in pensione quando la somma dei suoi anni di contribuzione e della sua età arriva a cento. A quanto risulta, sarà invece un provvedimento limitato, della durata di soli tre anni e che comporterà pesanti riduzioni dell’assegno pensionistico.

Sul reddito di cittadinanza invece le fonti di governo e maggioranza hanno rivelato meno dettagli (e alcuni di quelli che hanno rivelato, ad esempio che le tessere per riceverlo fossero già in stampa, si sono rivelati falsi). È probabile che i criteri per avere accesso alla misura saranno resi più stringenti rispetto a quanto annunciato in precedenza, in modo da ridurre la platea dei beneficiari rispetto ai 5-6 milioni di beneficiari di cui si parlava all’inizio. Si ipotizzano anche riduzioni dell’integrazione mensile, da 780 a un massimo di 500 euro. Quello che è sicuro è che entrambe le misure non entreranno in vigore da gennaio, ma saranno effettive a partire da marzo o aprile, in modo da limitarne l’erogazione e ridurre così il loro costo sul bilancio 2019.