Il governo ha rinviato le sue promesse più ambiziose

I dettagli su "quota 100" e "reddito di cittadinanza" sono spariti dalla legge di bilancio: saranno decisi "entro Natale", dice Di Maio, ma le cose non saranno semplici

(ANSA/ CIRO FUSCO CIRO FUSCO)
(ANSA/ CIRO FUSCO CIRO FUSCO)

Con dieci giorni di ritardo, la legge di bilancio per il 2019 è arrivata in Parlamento questa settimana. L’arrivo di un testo finalmente ufficiale, dopo settimane di bozze e retroscena, ha confermato le indiscrezioni che erano circolate nei giorni scorsi: il cosiddetto “reddito di cittadinanza” e la “quota 100” per le pensioni sono finiti fuori dal testo della manovra, al contrario di quanto Lega e M5S pensavano di fare all’inizio. Il testo della legge di bilancio, infatti, si limita a indicare le cifre stanziate per le due misure (in totale 16 miliardi di euro, pochini rispetto alle stime dei costi una volta a regime) senza fornire alcun dettaglio sul loro funzionamento, per esempio i requisiti che serviranno per farne richieste e la platea di persone che ne beneficeranno.

Il “reddito di cittadinanza” e la “quota 100” sono le misure economiche più simboliche e importanti per, rispettivamente, il Movimento 5 Stelle e la Lega: e la loro condizione di alleati ma rivali, unita alle prossime elezioni europee, aveva spinto i partiti a cercare di inserirle entrambe – insieme ad altre varie promesse – già in questa legge di bilancio. Il M5S, in particolare, ha molto insistito sulla necessità di approvare entro l’anno il “reddito di cittadinanza” (che è in realtà un sussidio di povertà fortemente condizionato), al punto da forzare il ministro dell’Economia ad approvare un aumento del deficit per il 2019 dall’1,6 per cento al 2,4 per cento del PIL (un aumento che sta causando pesanti scontri con la Commissione europea). La decisione di togliere queste riforme dalla manovra porterà inevitabilmente, nel migliore dei casi, a un allungamento dei tempi prima della loro eventuale entrata in vigore.

In un video pubblicato su Facebook, il ministro del Lavoro e capo del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio ha assicurato che i due provvedimenti, con tutti i dettagli ancora mancanti, saranno comunque approvati tramite decreto legge entro Natale. Bisogna tener conto che nella parte finale dell’anno il Parlamento sarà impegnato soprattutto ad approvare e discutere la legge di bilancio, che deve essere approvata entro il 31 dicembre.

Anche se Di Maio sostiene che non fosse possibile presentare i dettagli ancora mancanti già nella legge di bilancio, in molti ritengono che la vera ragione del ritardo sia la difficoltà di scrivere rapidamente due norme così complesse. Il reddito di cittadinanza «ha complicazioni attuative non indifferenti», ha detto per esempio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, considerato il braccio destro di Matteo Salvini. Sono difficoltà che ha confermato anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che oggi ha spiegato: «Siamo ben consapevoli tutti che è una riforma che va fatta con molta attenzione: è la ragione per cui non è stata inserita adesso, ci teniamo a farla bene e con tutti i dettagli».

I principali “dettagli” ancora da stabilire sul reddito di cittadinanza sono i requisiti necessari per ottenerlo (per esempio, se potranno riceverlo anche i proprietari di casa o soltanto coloro che vivono in affitto) e le metodologie con le quali sarà erogato (si è parlato di carte bancomat speciali, ma anche dell’uso della tessera sanitaria). Il governo deve ancora decidere anche come riformare i centri per l’impiego, che sono stati definiti una componente “essenziale” del reddito di cittadinanza e oggi si trovano in una situazione disastrosa.

Anche sulla “quota 100” rimangono aperte alcune questioni complesse. La norma dovrebbe permettere di andare in pensione a chi ha compiuto 62 anni, se ha versato almeno 38 anni di contributi. L’assegno pensionistico, però, riceverà una penalizzazione che non è ancora stata decisa. Non è chiaro inoltre se la misura sarà introdotta come una “finestra” soltanto per il 2019, o se sarà una possibilità che potrà essere sfruttata anche per gli anni successivi.

Più in generale, c’è ancora molta incertezza sulle reali risorse che il governo avrà a disposizione per queste due misure. La legge di bilancio stanzia un totale di 16 miliardi di euro, ma non è affatto sicuro che questa cifra sarà ancora disponibile nel corso del 2019. La crescita economica su cui il governo calcola le entrate che incasserà dalle imposte sta rallentando più rapidamente del previsto, mentre la crescita dello spread ha aumentato il costo necessario a rifinanziare il debito pubblico: gli interessi che lo Stato deve pagare per prendere soldi in prestito, in sostanza.

Questa riduzione delle risorse disponibili avrà un effetto non solo sulla platea delle persone che potranno sfruttare queste due misure, ma anche sul momento in cui entreranno in vigore. Secondo quasi tutte le indiscrezioni, infatti, né il “reddito di cittadinanza” né “quota 100” partiranno dal primo gennaio, ma nei mesi successivi, forse dall’inizio della primavera. In questo modo il governo conta di risparmiare alcune centinaia di milioni, forse qualche miliardo, in modo da riuscire a far quadre i conti: ma sarebbe un escamotage che potrebbe funzionare una volta sola, evidentemente.