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  • Mercoledì 27 luglio 2011

Perché i sardi contestano la vendita di Tirrenia

L'hanno comprata gli armatori della Compagnia italiana di navigazione, e in Sardegna si sentono esclusi e ingannati

Tirrenia, la compagnia di navigazione italiana con debiti da 520 milioni di euro e una flotta disastrata, è stata venduta agli armatori della “Compagnia italiana di navigazione” per 380 milioni di euro, duecento in contanti e il resto a rate, con un accordo comunicato due giorni fa. I nuovi proprietari consociati nella CIN sono Vincenzo Onorato, presidente di Moby Lines, Gianluigi Aponte di Grandi Navi Veloci e Emanuele Grimaldi di Grimaldi Lines. La vendita ha scatenato le proteste della Regione Sardegna, che aveva cercato di opporsi alla privatizzazione di Tirrenia per scongiurare l’aumento dei prezzi dei traghetti – che era già avvenuto in percentuali irragionevoli quest’anno – ma che è rimasta tagliata fuori dalle trattative. «È uno schiaffo per la Sardegna», si legge nel comunicato di oggi della giunta regionale.

La chiusura della trattativa era stata inizialmente prevista per venerdì prossimo a Roma, durante un vertice a cui avrebbe dovuto partecipare anche la regione Sardegna. Invece tutto si è concluso lunedì pomeriggio all’insaputa del presidente e della giunta, che ora promettono di ricorrere davanti alla Corte Costituzionale e all’Unione Europea, e di protestare contro il governo (e il loro stesso partito, il PdL): il ministro dei Trasporti Matteoli è oggi indicato sui quotidiani sardi come il maggiore responsabile della scelta. «Non ci fermeremo né di fronte a contratti né davanti a una convenzione per la continuità territoriale nella quale non ci riconosciamo assolutamente», hanno scritto in un comunicato congiunto il governatore Ugo Cappellacci e l’assessore ai trasporti Christian Solinas, che quest’anno avevano avviato un servizio pubblico di traghetti affidato a due navi. «Il nostro standard è e rimane quello della Flotta Sarda, con cui ci siamo opposti all’arroganza degli armatori e ai loro soprusi. Con le nostre navi, abbiamo agito spinti da una sacrosanta legittima difesa, e ora di fronte a questi nuovi attacchi, la reazione sarà altrettanto forte. Chi oggi pensa di aver messo in cassaforte un risultato a discapito del Popolo Sardo, domani dovrà leccarsi le ferite». Ma oggi durante il consiglio regionale Cappellacci dovrà rispondere agli attacchi dell’opposizione di centrosinistra, che accusa la giunta di ingenuità e debolezza. «Oggi a questa maggioranza chiediamo quella prova di orgoglio autonomistico su cui invece ha sempre tentennato fino ad aver paura di rovesciare i tavoli romani», ha detto il consigliere del PD Gianvalerio Sanna.

Durissima anche la reazione dei sindacati regionali, che accusano presidente e giunta di avere fallito e di non avere saputo opporsi agli interessi forti, allo strapotere degli armatori e all’arroganza del governo. «Perché la Regione non è intervenuta con forza per fermare questa trattativa unilaterale? Eppure erano manifesti tutti i segnali del cartello degli armatori. L’aumento indiscriminato delle tariffe, l’arroganza con cui la stessa compagnia Cin ha avanzato proposte inammissibili per la Sardegna», hanno scritto in una nota congiunta i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil della Sardegna.

Il 6 agosto del 2010 il governo aveva deciso di commissariare Tirrenia in seguito alla fallita operazione di privatizzazione della società, che sarebbe dovuta passare nelle mani di Mediterranea Holding, il cui socio di maggioranza relativa è la Regione Sicilia. Il fallimento della prima trattativa e il successivo commissariamento avevano fatto temere che la compagnia di navigazione italiana potesse essere costretta al fallimento e alla liquidazione, con una vendita della flotta e delle rotte ai migliori offerenti. Tirrenia era in pessime condizioni ormai da molti anni. Si stima che solo tra il 2000 e il 2007 la società sia costata oltre un miliardo e mezzo di euro ai contribuenti. La società ha avuto perdite medie l’anno pari a 200 milioni di euro ed è sopravvissuta grazie agli aiuti di Stato per lungo tempo, attirando le multe e le sanzioni dell’Unione Europea e mantenendo di fatto fuori dai giochi i potenziali investitori privati.

La flotta di Tirrenia, il cui valore complessivo è pari a 855 milioni di euro con ipoteche bancarie per 245, conta 44 navi: i traghetti più datati sono 28 e navigano da 25 anni, mentre le imbarcazioni più recenti hanno almeno dieci anni. La società ha cercato di rinnovare la flotta, ma con esisti disastrosi a causa di acquisti molto onerosi di imbarcazioni poi inutilizzabili perché consumavano troppo o non potevano navigare con il mare mosso. «Tirrenia può diventare un colosso», ha detto Emanuele Grimaldi poco dopo l’annuncio dell’acquisto. «L’unione tra me Onorato e Aponte è un esperimento che fino ad oggi ha funzionato. Siamo stati uniti anche in fasi difficili della trattativa. Si può pensare che una volta ristrutturata Tirrenia possa diventare un’azienda campione nel Mediterraneo. E nel futuro della società vedo il conferimento di altre linee e nuove rotte internazionali, come Cuba o Florida».

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