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I funerali dell’anarchica Pinelli

«“Non sei stata tu a cercare quei riflettori che ti hanno puntato addosso e che anzi, hai cercato sempre di evitare", ha scandito la figlia Claudia dagli altoparlanti durante la cerimonia per sua madre Licia Rognini. Vorrei ricordare una foto. Venne scattata all’una e cinque di notte del 16 dicembre 1969. Quattro giorni prima era scoppiata la bomba di piazza Fontana e Giuseppe Pinelli dalla sera della strage era rinchiuso nel palazzo della questura di Milano. Quella notte un paio di giornalisti del "Corriere" si precipitano a casa Pinelli a San Siro, in via Preneste 2. Licia Pinelli, in vestaglia, apre la porta e i due giornalisti le comunicano la notizia. “Dev’essere successa una disgrazia a suo marito”. E aggiungono: “Sembra che sia caduto da una finestra della questura“. Licia Pinelli ascolta e in quel momento, click, viene scattata la foto. Il volto grigio, livido, prosciugato da quattro giorni di timori e cattivi pensieri, diventa un’immagine di cronaca».

I funerali dell’anarchica Pinelli

Mi chiamo Viola e ho un problema con le boygenius

«Un’ossessione non si nutre mai di solo riconoscimento della bravura di qualcuno. C’è sempre un gancio personale profondo, qualcosa di intangibile che risponde alla necessità inespressa di essere vista. Di riconoscere in qualcun altro un’esperienza condivisa, un modo simile di scandagliare l’esistenza. Nel caso delle boygenius, al di là dell’ammirazione per tre ragazze abbastanza spudorate da paragonarsi ai Beatles, a Crosby, Stills & Nash o ai Nirvana, ho capito che per me la ragione è la loro amicizia, l’assoluta priorità che – intervista dopo intervista, canzone dopo canzone, concerto dopo concerto – Bridgers, Dacus e Baker danno al loro rapporto, identificato ancora e ancora come un’ancora di salvezza, per riuscire dopo tanta solitudine a sentirsi davvero accettati e protetti»

Mi chiamo Viola e ho un problema con le boygenius