Dieci giorni di dazi, che sembrano molti di più
I continui annunci, i crolli sui mercati e i rilanci con la Cina: come Trump ha quasi ammazzato l'economia mondiale in poco più di una settimana

Negli ultimi dieci giorni il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha avviato una guerra commerciale globale che ha messo in discussione il sistema degli scambi in tutto il mondo, indebolito la fiducia nella solidità dell’economia statunitense e provocato enormi crolli sui mercati finanziari. La situazione è ancora precaria e le cose potrebbero cambiare in qualunque momento. Molti degli effetti della guerra commerciale però saranno duraturi.
Abbiamo fatto una cronologia degli eventi principali di questi ultimi giorni, che sono stati storici ma anche molto, molto confusi.
2 aprile, il “Liberation Day”
Il 2 aprile, dopo giorni di anticipazioni, Trump ha annunciato dazi praticamente contro tutti i paesi del mondo, con poche eccezioni. Trump ha definito quel giorno un “Liberation Day”, un “giorno della liberazione” degli Stati Uniti dalle pratiche commerciali a suo dire ingiuste imposte dagli altri paesi. I dazi annunciati funzionavano così: un dazio del 10 per cento fisso su tutte le importazioni, più una quota variabile per quelle da alcuni paesi: tra gli altri ha imposto il 20 per cento su quelle dell’Unione Europea, il 24 per cento sul Giappone, il 34 per cento sulla Cina, il 46 per cento sul Vietnam e così via.
Trump ha definito questi dazi come «reciproci», anche se in realtà non lo sono: ben presto anzi si è scoperto che la formula usata per calcolarli era insensata dal punto di vista economico. Sono stati imposti dazi anche su isole abitate soltanto da pinguini.

Trump mostra gli ordini esecutivi sui dazi, 2 aprile 2025 (AP Photo/Evan Vucci)
Le borse di tutto il mondo erano già in calo da settimane a causa delle aspettative sui dazi di Trump. Quando gli analisti hanno capito che questi sarebbero stati molto più alti del previsto, e che di fatto Trump aveva dichiarato una guerra commerciale globale, le borse hanno avuto il primo di molti crolli.
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4 aprile, la prima ritorsione
Il 4 aprile la Cina ha risposto annunciando dazi del 34 per cento, la stessa percentuale imposta il giorno prima dagli Stati Uniti. L’entrata in vigore dei dazi «reciproci» di Trump (ricordiamo: non sono davvero reciproci, ma ci siamo capiti) era prevista per il 9 aprile, quelli cinesi per il 10, il giorno dopo.
Questa mossa ha mostrato che la Cina era pronta a lottare «fino alla fine», come hanno detto nei giorni successivi vari rappresentanti del governo. È una differenza di approccio notevole rispetto alla precedente guerra commerciale iniziata da Trump durante il suo primo mandato (2017-2021), quando i funzionari cinesi cercarono soprattutto di dialogare e di trovare un accordo.
Intanto i mercati hanno continuato ad andare malissimo.

La borsa di Giacarta, in Indonesia, aprile 2025 (AP Photo/Achmad Ibrahim)
5 aprile, i primi dazi
Il 5 aprile è entrata in vigore la prima parte dei dazi di Trump, quella del 10 per cento uguale per tutti. Era sabato, e Trump è andato in Florida a giocare a golf.
7 aprile, iniziano i rilanci
Lunedì hanno riaperto i mercati e sono continuate le perdite, questa volta soprattutto in Europa.
Trump ha anche contro-risposto alla ritorsione della Cina di un paio di giorni prima, e ha annunciato che se la Cina non avesse ritirato i suoi dazi del 34 per cento, lui avrebbe aggiunto ulteriori dazi del 50 per cento sulle importazioni di merci cinesi.
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9 aprile, il giorno dei dazi
Mercoledì sono entrati in vigore i dazi di Trump, quelli che lui definisce erroneamente “reciproci”. La Cina è stata il paese più penalizzato, perché Trump aveva dato seguito alle sue minacce e ai dazi del 34 per cento previsti inizialmente aveva aggiunto un ulteriore 50 per cento, arrivando a un totale dell’84 per cento. Se a questo aggiungiamo anche le misure approvate nei mesi e negli anni precedenti, i dazi contro la Cina erano già superiori al 100 per cento.
A quel punto pure la Cina ha annunciato che avrebbe aggiunto un ulteriore 50 per cento ai propri dazi, che sarebbero entrati in vigore il giorno dopo.
Mercoledì anche l’Unione Europea ha imposto dazi del 25 per cento su una serie di merci statunitensi dal valore complessivo di 22 miliardi di euro. In realtà, anche un po’ per evitare lo scontro troppo diretto, l’Unione ha detto che questa era la risposta ad altri dazi americani introdotti a marzo, e non ai più recenti.

Il porto di Barcellona, 8 aprile 2025 (AP Photo/Emilio Morenatti)
Con l’entrata in vigore di tutti i dazi i mercati, che fino al giorno prima avevano sperato in una qualche soluzione dell’ultimo minuto, sono crollati. Hanno cominciato a vedersi anche movimenti preoccupanti che sembravano indicare che i problemi dei mercati finanziari stessero contagiando il resto dell’economia, soprattutto negli Stati Uniti. I titoli del tesoro americani a 10 anni, che sono l’indicatore della stabilità dell’economia statunitense, hanno cominciato a diventare più rischiosi. Il dollaro è crollato. Insomma, per la prima parte della giornata c’è stato grande panico.
Poi è successo qualcosa. Trump ha scritto sul suo social network Truth che era «un’ottima giornata per comprare» azioni, e poche ore dopo ha annunciato una sospensione di 90 giorni per tutti i dazi “reciproci”. Sono rimasti in vigore invece i dazi “base” del 10 per cento, uguali per tutti. Le borse americane, le uniche ancora aperte al momento dell’annuncio, hanno avuto un momento di rialzo eccezionale. Le persone che avevano seguito il non troppo velato invito di Trump, comprando azioni in borsa in un momento in cui tutto sembrava suggerire il contrario, hanno realizzato guadagni impensabili, tanto che si comincia a parlare della possibilità che Trump abbia cercato di manipolare i mercati.
L’unico paese non esentato dai dazi aggiuntivi è la Cina: poiché il governo cinese aveva risposto duramente, dice Trump, non soltanto la sospensione non è stata applicata, ma anzi i dazi sono stati aumentati fino al 125 per cento, una quota esorbitante.
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10 aprile, il ping pong
Giovedì sono entrati in vigore i dazi dell’84 per cento (34+50) che la Cina aveva imposto agli Stati Uniti. Le borse europee hanno avuto un rialzo notevole, spinte dalla sospensione dei dazi americani del giorno prima; quelle americane hanno avuto invece un calo dovuto al fatto che la guerra commerciale globale dichiarata da Trump era sì sospesa, ma rimaneva comunque attiva quella tra Cina e Stati Uniti, le due più grandi economie del mondo.
Già che c’era, peraltro, la Casa Bianca ha fatto sapere che il conteggio dei dazi sulla Cina al 125 per cento annunciato il giorno prima era incompleto: andavano aggiunti anche i dazi imposti nei mesi precedenti, e questo ha portato il totale al 145 per cento. Valori di questo tipo rendono di fatto impossibile il commercio tra i due paesi.

Un uomo fabbrica un tappeto a Jammu, India, l’8 aprile 2025 (AP Photo/Channi Anand)
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11 aprile, nessuno cede
Venerdì la Cina ha annunciato un’ennesima contro-risposta, aumentando i propri dazi agli Stati Uniti al 125 per cento.
Nel frattempo le preoccupazioni per l’economia statunitense sono proseguite: il dollaro è sceso ai minimi da tre anni (rispetto all’euro) e i titoli di stato americani sono ritenuti sempre più rischiosi. È il segno che qualcosa si è rotto nella fiducia che i mercati hanno negli Stati Uniti.
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