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  • Venerdì 23 settembre 2022

Sono in corso i referendum per annettere alla Russia le regioni ucraine occupate

Le votazioni sono iniziate oggi e termineranno martedì: sono considerate illegali e definite una farsa

Una donna originaria della regione di Luhansk vota in un seggio allestito nella città russa di Volgograd (AP Photo)
Una donna originaria della regione di Luhansk vota in un seggio allestito nella città russa di Volgograd (AP Photo)
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Venerdì mattina, in quattro regioni dell’Ucraina parzialmente occupate dall’esercito russo e dalle forze separatiste filorusse, sono iniziate le votazioni per i referendum di annessione alla Federazione russa. Il voto, che si concluderà martedì 27 settembre, era stato frettolosamente annunciato martedì dalle autorità locali delle quattro regioni – Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson – e confermato di fatto il giorno successivo dal presidente russo Vladimir Putin, che ha detto che la Russia li sosterrà e ne rispetterà il risultato.

I referendum sono considerati illegali, perché avvengono in zone occupate militarmente e perché non rispettano gli standard minimi stabiliti per garantire la regolarità di un processo elettorale: sono quindi definiti una “farsa” dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale, esclusa la Russia e i suoi alleati. Le autorità ucraine di diverse delle città occupate in cui si stanno tenendo i referendum hanno chiesto alla popolazione di non partecipare al voto per non alimentare la propaganda russa. Sergei Haidai, governatore della regione ucraina orientale di Luhansk, ha anche detto che in alcune zone i soldati russi starebbero costringendo con le armi la popolazione ucraina a votare.

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Benché abbia un esito scontato, il voto di questi giorni è comunque rilevante, perché la Russia potrebbe decidere di usarlo come pretesto per ampliare le proprie attività militari in Ucraina: non è un caso che Putin abbia dato il proprio sostegno ai referendum nello stesso discorso in cui annunciava la «mobilitazione parziale» di 300 mila riservisti russi.

L’annuncio fatto martedì dalle repubbliche autoproclamate di Luhansk e Donetsk (che la Russia già considera indipendenti) e dai funzionari delle zone occupate di Zaporizhzhia e Kherson ha sorpreso molti analisti: a Kherson, per esempio, un referendum simile era stato annullato soltanto poche settimane fa, a seguito dell’avvicinamento dell’esercito ucraino alla città.

È probabile che la decisione di indire i referendum sia stata presa frettolosamente, e sia stata determinata da due fattori. Anzitutto la grossa e vittoriosa controffensiva dell’esercito ucraino nel nord-est del paese, che ha liberato tutta la regione di Kharkiv dall’occupazione russa e ha cominciato a coinvolgere anche alcune aree nel Donbass: vedendosi minacciati dall’avanzata ucraina, le autorità illegali delle regioni occupate vorrebbero entrare a far parte del territorio della Russia per garantirsi l’appoggio del regime russo.

La seconda ragione riguarda la necessità del regime russo di giustificare una nuova fase della guerra in Ucraina: per Putin potrebbe essere più facile, sia dal punto di vista formale sia dal punto di vista del consenso interno, giustificare un’escalation militare e l’invio di nuove truppe nei territori ucraini se quei territori saranno considerati russi a tutti gli effetti. In questo modo, potrebbe far passare la guerra d’invasione come una guerra per difendere «l’integrità territoriale del nostro paese», come ha detto Putin nel suo discorso di mercoledì.

Inoltre, come ha scritto l’analista Dara Massicot, dopo le recenti sconfitte militari la Russia ha bisogno di fermare l’avanzata ucraina e di trovare un modo per riorganizzare le proprie forze. Per questo il regime sta cercando di aumentare la posta in gioco, dichiarando gran parte dell’oriente ucraino (il 15 per cento del paese) come territorio russo. A questo, Putin ha aggiunto la minaccia di usare armi non convenzionali (in particolare il nucleare tattico) in difesa dell’«integrità territoriale».

In altre parole, il presidente russo sta cercando di spaventare a sufficienza il governo ucraino e i suoi alleati in modo da ottenere il tempo per riorganizzare le proprie forze.

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Il voto si sta svolgendo in modalità peculiari, anche a causa della fretta con cui è stato organizzato. In molte città sono stati allestiti “seggi mobili” e funzionari elettorali vanno casa per casa a raccogliere i voti portandosi dietro delle urne elettorali. Soltanto nell’ultimo giorno disponibile, il 27 settembre, saranno organizzati alcuni seggi elettorali tradizionali.

Secondo due funzionari ucraini dell’area di Kherson e Luhansk citati da Reuters, in alcune delle aree in cui è in corso il referendum ci sono gruppi armati che girano casa per casa per costringere le persone ad andare a votare. Sempre secondo queste informazioni, che al momento Reuters non ha potuto verificare in maniera indipendente, ai residenti di alcune aree occupate è stato vietato lasciare le proprie case fino alla conclusione del voto, prevista per martedì prossimo. Molti lavoratori sarebbero costretti a votare con la minaccia di essere licenziati.

A rendere illegittimi i referendum, oltre al fatto piuttosto evidente che vengono compiuti in territori militarmente occupati da un esercito straniero, in zone dove la stampa e internet sono stati censurati e dove sono frequenti gli arresti arbitrari, ci sono altri due fattori importanti, legati all’andamento della guerra. Anzitutto, tutto l’oriente ucraino è fortemente spopolato, soprattutto nelle regioni occupate di Zaporizhzhia e Kherson, perché milioni di persone erano fuggite all’inizio dell’invasione russa e nei mesi successivi per evitare la violenza del conflitto.

Le stime sono piuttosto complicate, ma si ritiene che nelle regioni occupate dai russi sia fuggito tra il 40 e il 50 per cento della popolazione. A Kherson, per esempio, prima dell’invasione vivevano circa 300 mila persone, mentre adesso secondo stime dell’ex sindaco della città sarebbero 180 mila (il dato è confermato anche da fonti russe). Enerhodar, la cittadina dove ha sede la centrale nucleare di Zaporizhzhia, aveva 50 mila abitanti e ora ne sono rimasti 25 mila. Tutte queste persone risultano ancora residenti, e il loro diritto di voto sarà negato.

Un’altra questione notevole – e poco chiara – è che la Russia non controlla interamente le regioni che dovrebbero essere annesse tramite referendum.

Delle quattro regioni in cui si voterà a partire da venerdì, la Russia occupa quasi per intero Luhansk a nord e Kherson a sud, anche se entrambe sono oggetto di due controffensive ucraine che stanno liberando territori. Nelle altre due regioni, Donetsk e Zaporizhzhia, la Russia controlla circa la metà del territorio (e a Zaporizhzhia nella zona occupata dai russi vive soltanto un terzo della popolazione totale della regione).

Non è ancora chiaro se la Russia, dopo il referendum, intenda annettere soltanto le parti di territorio che occupa, oppure se voglia dichiarare come proprie le regioni nella loro interezza, benché siano ancora in parte controllate dall’Ucraina.

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