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  • Venerdì 31 dicembre 2021

La Germania sta spegnendo tre centrali nucleari

E spegnerà le altre tre che le restano entro la fine del 2022, definitivamente

Le torri di raffreddamento della centrale nucleare di Grohnde (Sean Gallup/ Getty Images)
Le torri di raffreddamento della centrale nucleare di Grohnde (Sean Gallup/ Getty Images)

Venerdì la Germania spegnerà definitivamente i reattori di tre delle sei centrali nucleari ancora attive nel paese nell’ambito del suo piano per il progressivo abbandono dell’energia nucleare. Dopo oltre trent’anni di attività, oggi cesseranno di funzionare gli impianti di Brokdorf, di Grohnde e di Gundremmingen, che si trovano rispettivamente a nord di Amburgo, nella Bassa Sassonia e in Baviera. Il ministero dell’Ambiente tedesco ha fatto sapere che le altre centrali nucleari ancora in funzione – quelle di Emsland, di Isar 2 e di Neckarwestheim 2 – saranno spente entro la fine del 2022.

L’ex cancelliera tedesca Angela Merkel accelerò il processo di abbandono del nucleare nel 2011, in seguito alle preoccupazioni emerse dopo il disastro di Fukushima, in Giappone: la Germania si impegnò a ridurre progressivamente l’utilizzo dell’energia nucleare fin da subito e a spegnere tutte le proprie centrali nucleari entro il 2022. Negli anni precedenti nel paese c’erano state moltissime proteste rispetto all’utilizzo dell’energia nucleare, sia per i rischi connessi a eventuali malfunzionamenti delle centrali, sia per la delicata questione dello smaltimento e dello stoccaggio delle scorie radioattive.

Secondo la ministra federale per l’Ambiente e la Sicurezza nucleare, Steffi Lemke, la chiusura delle centrali renderà la Germania «più sicura» e aiuterà anche a eliminare il problema delle scorie. Si prevede che lo smantellamento dei reattori (il cosiddetto decommissioning) verrà completato entro il 2040 e che il costo per smantellare ciascuna centrale sarà di circa 1,1 miliardi di euro.

Secondo i dati diffusi dalla BDEW, l’associazione delle principali aziende energetiche tedesche, circa il 12 per cento dell’energia elettrica prodotta in Germania nel 2021 veniva dalle sei centrali nucleari. Quasi il 41 per cento dell’energia è stata invece prodotta da fonti di energia rinnovabili, su cui il governo tedesco sta investendo da tempo. Nonostante la Germania abbia continuato a preferire come fonte di energia tradizionale il carbone – il combustibile fossile più inquinante, da cui secondo i dati di BDEW è stato ricavato il 28 per cento dell’energia elettrica prodotta nel 2021 –, tra gli obiettivi del nuovo governo tedesco c’è quello di fare in modo che entro il 2030 l’80 per cento dell’energia elettrica sia prodotta da fonti rinnovabili.

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Lo spegnimento dei reattori tedeschi arriva in un momento in cui i paesi membri dell’Unione Europea stanno mostrando idee e obiettivi diversi rispetto al futuro dell’energia nucleare.

Pochi giorni fa il governo del Belgio ha annunciato che i sette reattori presenti nelle due centrali nucleari attive nel paese saranno spenti entro il 2025. Questo però non significa che il Belgio rinuncerà del tutto all’energia nucleare: nell’accordo che prevede la chiusura dei reattori esistenti è infatti previsto un investimento di 100 milioni di euro per finanziare la ricerca su centrali nucleari più piccole.

La Francia invece è uno dei paesi europei che sta spingendo per includere la fissione nucleare tra le fonti di energia meritevoli di investimenti in quanto sostenibili per l’ambiente. Con un approccio completamente diverso da quello della Germania, a novembre il presidente francese Emmanuel Macron aveva detto di voler costruire nuove centrali nucleari, come previsto nel suo piano di investimenti per il rilancio dell’economia: una decisione legata soprattutto al fatto che proprio grazie al nucleare la Francia non è stata praticamente toccata dalla grave crisi energetica che ha colpito il resto d’Europa.

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