Perché in città fa più caldo
Che cosa sono le "isole di calore" e quali soluzioni ci sono per renderle più vivibili, soprattutto d'estate
Con l’inizio dell’estate milioni di persone si preparano a fare i conti con il caldo, e con temperature più alte nei grandi centri urbani rispetto a quelle delle periferie e delle aree rurali. La differenza si fa notare soprattutto di notte ed è dovuta all’effetto “isola di calore” (o “isola urbana di calore”), che comporta un microclima più caldo nelle aree cittadine rispetto alle zone circostanti delle periferie e delle campagne. Il fenomeno è studiato da tempo e sta assumendo una maggiore rilevanza anche a causa della crisi climatica, con l’aumento della temperatura media globale ed eventi climatici sempre più estremi.
Partiamo da Londra
Uno dei primi a studiare scientificamente la differenza di temperatura tra il centro delle città e le campagne fu Luke Howard, un chimico britannico appassionato di meteorologia vissuto tra il Diciottesimo e il Diciannovesimo secolo. Oltre ad avere proposto un sistema di nomenclatura delle nuvole, in parte impiegato ancora oggi, Howard prese nota per decenni delle temperature in varie zone di Londra, raccogliendo una mole di dati che si rivelò fondamentale per i suoi studi sulla meteorologia, tanto da essere considerato uno dei padri di questa disciplina.
Intorno agli anni Venti dell’Ottocento, Howard pubblicò Il clima di Londra, un saggio dove non solo riportava le misurazioni sull’andamento della temperatura, dei venti e della pressione atmosferica, ma anche considerazioni sulle differenze tra i vari quartieri della città, all’epoca una delle più grandi al mondo. Anche se il modo di dire era già stato impiegato in passato, Howard fu il primo a utilizzare “isola di calore” nell’accezione che intendiamo oggi, e cioè per definire un microclima che si differenzia da quello circostante, soprattutto per via delle attività umane.
Le isole di calore
Ogni città ha caratteristiche proprie, dovute al modo in cui si è sviluppata e all’area geografica in cui si trova, tuttavia ci sono elementi comuni identificati dai tempi di Howard in poi che concorrono alla formazione di un’isola di calore urbana. I centri urbani hanno in comune soprattutto una cosa: la presenza di superfici scure che assorbono molta più radiazione solare rispetto al suolo e agli alberi, scaldandosi quindi di più. L’asfalto delle strade e il cemento degli edifici hanno una conducibilità termica e un calore specifico diversi da quelli delle aree rurali (la conducibilità termica indica la capacità isolante di un materiale, il calore specifico è in pratica una misura di quanto aumenta la temperatura di una sostanza in base al calore fornito).
La scarsa presenza di suolo non ricoperto da asfalto e di alberi in città comporta inoltre una minore evapotraspirazione, cioè il passaggio dell’acqua dal terreno all’aria allo stato di vapore, reso possibile dalla traspirazione delle piante e dalla diretta evaporazione della parte umida del suolo. Questo processo consente di assorbire calore dall’ambiente e contribuisce quindi alle variazioni della temperatura.
Soprattutto nelle grandi città, gli edifici sono alti e offrono quindi una superficie maggiore per l’assorbimento del calore dovuto alla radiazione solare. È il cosiddetto “effetto canyon” che si registra specialmente nelle metropoli con alti grattacieli. L’aria all’interno di questi canyon, formati dalle facciate degli edifici intervallati dalle strade, è di solito più calda con una differenza fino a 4 °C rispetto alla temperatura media registrata in un’area urbana. Gli edifici sono inoltre un ostacolo alla circolazione dei venti, impedendo il passaggio delle correnti ascensionali e riducendo quindi la dispersione del calore verso l’alto.
Di calore prodotto entro le prime decine di metri dall’asfalto ce n’è davvero molto, in una città di medie-grandi dimensioni. Centinaia di migliaia (nelle metropoli più grandi milioni) di condizionatori espellono aria calda per molte ore del giorno. A questo si aggiunge il traffico veicolare e il calore prodotto dagli stabilimenti industriali. L’inquinamento contribuisce a produrre localmente strati di ozono che amplificano l’effetto serra sulla città, rallentando ulteriormente la dispersione di calore verso l’atmosfera.
Un’isola di calore comporta fino a 4 °C in più rispetto alle aree periferiche e rurali che circondano la città. La differenza è tale per cui gli stessi meteorologi da tempo forniscono per le grandi città distinte previsioni sull’andamento della temperatura, distinguendo tra quella registrata dalle stazioni di rilevamento periferiche e quelle centrali.
Giorno e notte
Nei primi dell’Ottocento, Howard notò che le temperature minime notturne di Londra erano notevolmente più alte di quelle della campagna intorno alla città, con una differenza in media intorno ai 2 °C. Gli studi svolti nel Novecento, anche con l’ausilio di immagini satellitari che consentono di valutare la variazione della temperatura tra i singoli quartieri delle metropoli, hanno messo in evidenza un fenomeno particolare delle isole di calore: la differenza di temperatura tra città e campagna è maggiore di notte rispetto alle ore diurne.
Di giorno, gli edifici assorbono il calore dalla radiazione solare: le loro superfici si scaldano più rapidamente rispetto a quelle delle zone rurali. Alcuni tipi di cemento, per esempio, assorbono una quantità di calore centinaia di volte superiore a un equivalente volume d’aria. In un certo senso, i palazzi cittadini diventano una grande riserva di energia.
Di notte, la ridotta inversione termica fa sì che la temperatura resti più alta nell’isola di calore rispetto alle aree circostanti. È il fenomeno per cui empiricamente ciascuno di noi nota che d’estate di notte “in città rinfresca di meno”.
Inverno
Anche se ce ne accorgiamo soprattutto d’estate, questo fenomeno è presente anche in inverno. Anzi, in molti casi la differenza di temperatura tra città e campagna è più marcata nella stagione fredda. Asfalto e cemento aumentano la capacità isolante delle città, senza contare i sistemi di riscaldamento, il traffico e le attività industriali. Nelle città di grandi dimensioni le correnti di aria fredda tipiche della stagione invernale sono ostacolate dagli edifici, contribuendo al ristagno dell’aria inquinata più calda.
Circolo vizioso
Tornando all’estate, la presenza di un’isola di calore può indicare la presenza di un circolo vizioso, rischioso per l’ambiente. Le temperature più alte in città portano a un uso più intensivo dell’aria condizionata, e di conseguenza a una dispersione di calore all’esterno dei palazzi dovuta ai condizionatori e a un maggiore consumo di energia elettrica per alimentarli. I picchi nei consumi energetici sono quasi sempre gestiti immettendo nella rete elettrica energia prodotta da centrali a combustibili fossili, che possono fornire istantaneamente una maggiore quantità di energia a differenza di molte fonti rinnovabili. La maggiore attività di queste centrali contribuisce a sua volta a fare aumentare localmente la temperatura. Tutti questi fattori concorrono a usare ancora di più l’aria condizionata, che diventa quindi un pezzo del problema che si stava cercando di risolvere.
Salute
Le ricerche hanno dimostrato come alte temperature nelle grandi città siano alla base di problemi di salute, soprattutto per i più giovani e gli anziani. Tra gli effetti più comuni ci sono colpi di calore, esaurimento e sincope con perdita dei sensi. Alcune di queste condizioni possono comportare effetti nel medio e nel lungo periodo, talvolta invalidanti. Altri studi hanno messo in evidenza una minore resa cognitiva quando si è sottoposti a temperature molto alte e a giornate afose.
Rimedi
I problemi di salute e quelli ambientali causati dalle isole di calore si traducono in costi sociali e, anche per questo motivo, le amministrazioni cittadine iniziano a mostrarsi più sensibili al problema. Scelte urbanistiche e architettoniche possono attenuare il problema, ma richiedono comunque importanti investimenti e una maggiore responsabilizzazione dei singoli proprietari di immobili.
L’effetto isola di calore può essere contrastato impiegando materiali chiari o riflettenti per gli edifici, i marciapiedi, le strade e gli arredi urbani. In questo modo si può aumentare l’albedo della città, (semplificando molto) la sua capacità di riflettere la radiazione solare e quindi di ridurre l’assorbimento di calore.
Ridipingere o ricoprire un edificio con nuovi materiali può rivelarsi costoso, ma ci sono studi che indicano benefici anche nel solo caso in cui siano rifatti i tetti dei palazzi. Un tetto rivestito di bitume per impermeabilizzarlo, come accade spesso nei palazzi di nuova realizzazione e nei grattacieli, riflette solamente tra il 6 e il 26 per cento della radiazione solare, contro il 70 per cento di capacità riflettente che può essere raggiunta impiegando materiali come quelli appartenenti al gruppo vinilico.
L’impiego del cemento per rivestire le strade, al posto dell’asfalto, permette di ottenere superfici molto più chiare e che riflettono fino al 50 per cento in più rispetto a quelle asfaltate. C’è però un inconveniente: il calore riflesso viene assorbito dai palazzi intorno alla strada, se questi non sono stati a loro volta costruiti o ristrutturati impiegando materiale che contribuiscono a ridurre l’assorbimento della radiazione solare.
Una soluzione sempre più adottata è incentivare la costruzione di tetti e terrazze “verdi” sulla cima dei palazzi. In pratica i governi o le singole amministrazioni delle città, a seconda dei casi, prevedono incentivi per chi decide di realizzare giardini con piante e prati sulla sommità dei propri palazzi. Le piante contribuiscono a ridurre l’assorbimento, anche se ci sono ancora studi scientifici contrastanti circa la loro utilità in termini di costi/benefici. In Italia il governo Gentiloni approvò un provvedimento per rendere deducibili gli interventi per i cosiddetti “tetti verdi”, sui quali la città di Milano ha per esempio puntato molto in questi anni.
Anche la piantumazione di nuovi alberi nei centri urbani può contribuire a ridurre l’effetto delle isole di calore e favorire la traspirazione. A questo scopo sono ideali i caducifogli, cioè le piante che perdono stagionalmente le foglie: le fronde offrono più ombra d’estate, mentre d’inverno l’assenza della foglie favorisce gli scambi di calore.
Il tema delle isole di calore ha avuto nuova rilevanza in seguito agli studi sul riscaldamento climatico e alle attività di analisi del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) delle Nazione Unite. Le analisi si sono concentrate sull’eventuale rapporto tra andamento globale e urbano della temperatura media. L’IPCC stima che sia improbabile che le attuali dinamiche urbane possano influire sensibilmente sull’aumento della temperatura media globale del suolo. Questa valutazione risale però al 2007 ed è stata messa in discussione negli anni seguenti da altre ricerche, che hanno per esempio simulato che cosa accadrà alla fine del secolo, con la grande espansione delle metropoli statunitensi, destinate a diventare megalopoli. La loro presenza potrebbe comportare un aumento di 1 – 2 °C in intere aree geografiche, con un’estensione significativamente più grande dell’attuale.