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  • Mercoledì 7 novembre 2018

La Chiesa dovrà pagare l’ICI arretrata?

Lo ha deciso la Corte di giustizia dell'Unione Europea, si parla di 4 miliardi: ma la procedura sarà lunga e incerta

(AP Photo/Vadim Ghirda)
(AP Photo/Vadim Ghirda)

Martedì la Corte di giustizia dell’Unione Europea, al termine di un lungo contenzioso giudiziario, ha stabilito che il governo italiano dovrà recuperare l’imposta sugli immobili (ICI) che la Chiesa cattolica non ha versato tra 2006 e 2011: una somma tra i 4 e i 5 miliardi di euro, secondo l’associazione dei comuni italiani (ANCI). Prima che questa sentenza si tramuti in un recupero reale di denaro, però, ci sono diversi passaggi che andranno affrontati, e non è detto che la procedura si concluda col recupero di quelle risorse.

Quello che serve, ha spiegato a Repubblica Guido Castelli, delegato ANCI per il Fisco locale, è «una norma di legge che individui il percorso, ove possibile, di recupero delle somme». La sentenza della Corte, continua Castelli, «non consente direttamente ai comuni di recuperare gettito e soldi per l’ICI non versata, piuttosto sanziona l’Italia per una norma del 2012 per aiuti di Stato». In altre parole serve un intervento del Parlamento per permettere al governo o ai comuni – che a suo tempo avevano l’incarico di riscuotere l’ICI – di chiedere la restituzione delle somme non versate. Questo significa che ci sarà bisogno di un ulteriore passaggio prima di procedere al recupero, e visto che si tratta di un passaggio politico (serve una legge del Parlamento) è possibile che venga bloccato (in quel caso però ci saranno altre conseguenze, come vedremo tra poco).

La complicata vicenda giudiziaria che sta dietro alla sentenza della Corte di giustizia risale alla metà degli anni Duemila, quando il secondo governo Berlusconi decise di estendere l’esenzione dell’ICI a tutti gli edifici di proprietà della Chiesa cattolica, compresi quelli con fini commerciali (per esempio alberghi e ospedali). La norma fu cambiata nel 2012, con l’introduzione dell’IMU, che rimosse l’esenzione per gli immobili destinati a usi commerciali.

Nel frattempo però la Chiesa cattolica aveva goduto di grossi sconti fiscali per diversi anni. La Commissione europea decise di intervenire, poiché l’esenzione sembrava configurarsi come un aiuto di stato irregolare: le strutture commerciali della Chiesa cattolica, secondo la Commissione, godevano di un regime di favore potendo pagare meno tasse rispetto ai loro concorrenti. Dopo una serie di indagini e di consultazioni con il governo italiano, la Commissione decise che l’esenzione per tutti gli immobili era effettivamente un aiuto di stato irregolare (che però nel frattempo era stato sanato dall’intervento sull’IMU del governo Monti), ma si dichiarava d’accordo con il governo sul fatto che il recupero delle somme non versate dalla Chiesa fosse tecnicamente impossibile. Il governo aveva infatti sostenuto di non possedere informazioni sufficienti per distinguere in maniera adeguata quali immobili o quali parti degli immobili fossero usati per fini commerciali e quali invece no.

Nel 2013 la Scuola elementare Montessori di Roma, con l’appoggio dei Radicali Italiani, aveva fatto ricorso contro questa decisione, innescando il lungo iter giudiziario terminato ieri. In primo grado, il Tribunale dell’Unione Europea aveva dato ragione alla Commissione e al governo italiano, stabilendo che il recupero non fosse possibile. La scuola e i Radicali fecero appello alla Corte di giustizia che ieri ha ribaltato il giudizio del Tribunale. Secondo la Corte, il fatto che il governo italiano non abbia dati e informazioni sufficienti a calcolare con esattezza gli importi che gli sono dovuti per il periodo 2006-2011 non è una scusa sufficiente a giustificare una “decisione di non recupero”. Insomma: se l’Italia non riesce a recuperare quei soldi, sono affari dell’Italia.

Questa decisione impone alla Commissione Europea di chiedere all’Italia di procedere al recupero di quanto dovuto e in caso di mancato recupero il nostro paese potrebbe essere costretto a pagare una multa da centinaia di milioni di euro. «Se l’Italia non dovesse recuperare gli aiuti, si aprirebbe la via della procedura di infrazione, con alti costi a carico dei cittadini», ha detto all’ANSA l’avvocato Edoardo Gambaro, che insieme all’avvocato Francesco Mazzocchi, ha presentato il ricorso: «La Commissione sarà obbligata a dare seguito alla sentenza, emanando una nuova decisione e valutando, insieme allo Stato italiano, le modalità di recupero delle imposte non riscosse». Queste procedure però non saranno rapide e passeranno probabilmente molti mesi prima di conoscere come governo e Commissione decideranno di muoversi.