È il giorno delle primarie del PD

Alle 12 l'affluenza è stata di poco superiore alle 700mila persone, i seggi chiudono alle 20

(LaPresse - Claudio Furlan)
(LaPresse - Claudio Furlan)

Oggi è il giorno delle primarie nazionali del Partito Democratico, con le quali si sceglierà il nuovo segretario del partito. I seggi – circa 10mila fra Italia e resto del mondo – sono aperti dalle 8 di questa mattina e chiuderanno stasera alle 20. Dalle 8 alle 12 hanno votato poco più di 700mila persone. Meno delle 980mila che votarono nel 2013 (ma in quell’occasione il dato fu preso alle 13).

I tre candidati sono il segretario uscente Matteo Renzi, il presidente della regione Puglia Michele Emiliano e il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il voto è aperto a chiunque: basterà presentarsi al seggio con un documento di identità e la tessera elettorale. Qui ci sono maggiori informazioni su come, quando e dove votare. Da qui in avanti invece una breve guida su quello che c’è in ballo, come ci siamo arrivati e cosa aspettarsi in termini di affluenza e risultati.

I tre candidati
Matteo Renzi è segretario uscente, ex presidente del Consiglio e favorito di queste primarie. Alle precedenti primarie, organizzate nel 2013, prese il 67 per cento dei voti battendo Gianni Cuperlo e Giuseppe Civati. È sostenuto fra gli altri dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Renzi finished his campaigne in Brussels(Wiktor Dabkowski via ZUMA Wire)

Andrea Orlando ha 48 anni, è il ministro della Giustizia dell’attuale governo Gentiloni e lo era anche nel governo di Renzi. Orlando è uno dei leader storici dei Giovani Turchi, una corrente che si colloca nella sinistra del PD e di cui fa parte anche il presidente del partito, Matteo Orfini. Si è candidato alla carica di segretario a febbraio.

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Michele Emiliano ha 56 anni, è un magistrato, è stato sindaco di Bari e dal 2015 è presidente della Puglia. È considerato il candidato più “populista” dei tre e secondo alcuni commentatori quello che più punta a convincere elettori del Movimento 5 Stelle. La sua campagna elettorale è stata resa un po’ più complicata del previsto perché qualche settimana fa si è fatto male a un tallone, ballando.

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Come ci si è arrivati?
Secondo lo statuto del Partito Democratico il mandato del segretario dura quattro anni. Quello di Renzi sarebbe terminato a fine 2017, ma lui si è dimesso a febbraio, dopo che pochi mesi prima aveva lasciato la carica di presidente del Consiglio in seguito alla sconfitta al referendum costituzionale. Le dimissioni di Renzi erano state chieste da alcuni esponenti della minoranza del partito, che però poi avevano criticato tempi e modi con cui si era deciso di fare delle nuove primarie. Il congresso anticipato – di cui le primarie fanno parte – è stato deciso a febbraio. Poco dopo è nato ufficialmente “Articolo 1 – Movimento democratici e progressisti” (DP), il gruppo parlamentare formato dalle persone uscite dal PD in contrasto con Renzi. Il capo politico del movimento è Roberto Speranza, ex capogruppo alla Camera del PD che a fine 2016 aveva detto di voler sfidare Matteo Renzi al congresso del Partito Democratico. Sembrava dover lasciare il PD anche Emiliano, che invece è rimasto e si è candidato a segretario.

Il congresso, quindi
Alle primarie di oggi può votare chiunque. Prima c’è però stata una fase in cui hanno votato solo gli iscritti del PD, nei circa seimila circoli del partito. Il voto nei circoli si è concluso il 2 aprile ed è servito a eleggere i delegati alle convenzioni provinciali, che a loro volta hanno eletto i delegati alla convenzione nazionale, che in sostanza decide chi ammettere alle primarie. Lo statuto del PD dice che «risultano ammessi all’elezione del segretario nazionale i tre candidati che abbiano ottenuto il consenso del maggior numero di iscritti purché abbiano ottenuto almeno il cinque per cento dei voti validamente espressi e, in ogni caso, quelli che abbiano ottenuto almeno il quindici per cento dei voti validamente espressi e la medesima percentuale in almeno cinque regioni o province autonome». I candidati erano tre e quindi bastava superare il cinque per cento. Hanno votato 266mila iscritti: Renzi ha ottenuto il 66 per cento dei voti, Orlando il 25 per cento e Emiliano l’8 per cento. Renzi ha vinto in tutte le regioni fatta eccezione per la Puglia, dove ha vinto Emiliano.

Il confronto tv
Orlando aveva chiesto che se ne tenesse uno a settimana per ogni settimana di aprile, invece ce n’è stato solo uno. È andato in onda il 27 aprile su Sky Tg 24. Ne abbiamo parlato qui. Qui sotto, invece, la domanda e le risposte di cui più si è discusso nei giorni successivi.

Quanta gente voterà?
Alle primarie del 2007 – le prime, vinte da Walter Veltroni – votarono circa tre milioni e mezzo di persone. I votanti furono poco più di tre milioni nel 2009 (quando vinse Bersani) e un po’ meno di tre milioni nel 2013. Ci si aspettano numeri più bassi, c’è da capire quanto. Durante il confronto trasmesso su Sky Renzi ha detto che «tutto ciò che ha la cifra di un milione davanti va bene»; Orlando ha invece detto le primarie si potranno considerare un successo «solo se voterà uno in più dei 2,8 milioni del 2013».

Cosa dicono i sondaggi?
Renzi è favorito, e non di poco, in tutti i sondaggi: in generale ci si aspetta che ottenga tra il 60 e il 70 per cento dei voti. Orlando dovrebbe arrivare secondo, mentre Emiliano terzo con distacco. Il problema è che, specialmente in questo caso, è difficile fare previsioni perché nessuno ha davvero idea di quale sarà l’affluenza.

Come seguirle i risultati
Il Post seguirà gli sviluppi per tutta la giornata, pubblicando le previsioni, i dati sull’affluenza e i risultati, che dovrebbero arrivare in tarda serata. L’ora dipende ovviamente dal numero di votanti: meno saranno, prima arriveranno i risultati. Se volete tenere la tv accesa, lo spoglio dei voti si potrà seguire su diversi canali: tutti quelli che si occupano di news 24 ore al giorno (come RaiNews 24 e SkyTG 24) ma anche su altri canali. La diretta dello speciale su La7 condotto da Enrico Mentana inizierà alle 20.35, quindi appena dopo il TG.