Come saranno accorpate le province

Il Consiglio dei Ministri ha stabilito i criteri per il riordino degli enti locali e ha spiegato perché non saranno accorpate le festività

Italian Prime Minister Mario Monti waits for the arrival of Palestinian president Mahmud Abbas at the Palazzo Chigi in Rome on July 17, 2012. AFP PHOTO / GABRIEL BOUYS (Photo credit should read GABRIEL BOUYS/AFP/GettyImages)
Italian Prime Minister Mario Monti waits for the arrival of Palestinian president Mahmud Abbas at the Palazzo Chigi in Rome on July 17, 2012. AFP PHOTO / GABRIEL BOUYS (Photo credit should read GABRIEL BOUYS/AFP/GettyImages)

Oggi il Consiglio dei Ministri ha stabilito i criteri con cui riordinare e abolire le province, come previsto nella cosiddetta “spending review“: quelle che rimarranno dovranno avere almeno 350mila abitanti ed essere estese per una superficie di almeno 2.500 chilometri quadrati. Le province si occuperanno dei temi in materia ambientale, dei trasporti e della viabilità. Inoltre il Consiglio dei ministri ha deciso di non accorpare le festività.

Nei prossimi giorni il Governo trasmetterà la deliberazione al Consiglio delle autonomie locali (CAL), istituito in ogni Regione e composto dai rappresentanti degli enti territoriali (in mancanza, la deliberazione verrà trasmessa all’organo regionale di raccordo tra Regione ed enti locali). La proposta finale sarà trasmessa da CAL e Regioni interessate al governo, il quale provvederà all’effettiva riduzione delle province promuovendo un nuovo atto legislativo che completerà la procedura.

Le nuove province eserciteranno le competenze in materia ambientale, di trasporto e viabilità (le altre competenze finora esercitate dalle Province vengono invece devolute ai Comuni, come stabilito dal decreto “Salva Italia”). La soppressione delle province che corrispondono alle Città metropolitane – 10 in tutto, tra cui Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze – avverrà contestualmente alla creazione di queste (entro il 1° gennaio 2014).

Il Consiglio dei Ministri ha esaminato la questione del calendario delle festività e delle celebrazioni nazionali. Il decreto legge n. 138, approvato dal precedente Governo nell’agosto 2011, prevede infatti che, a decorrere dall’anno 2012, il Presidente del Consiglio stabilisca ogni anno le date in cui ricorrono le festività introdotte con legge dello Stato non conseguenti ad accordi con la Santa sede, nonché le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni, ad esclusione del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno.

Il Consiglio ha deciso di non procedere all’accorpamento delle festività per tre ragioni. Anzitutto perché, secondo le stime della Ragioneria generale, la misura non dà sufficienti garanzie di risparmio, contrariamente a quanto indicato dalla norma (che individua nel risparmio di spesa la propria finalità principale).

Inoltre, perché a differenza di quanto indicato dal decreto legge del 2011 nella parte in cui fa riferimento a “diffuse prassi europee”, non esistono in Europa previsioni normative di livello statale che accorpino le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni. In alcuni Paesi (ad esempio la Germania, l’Austria e la Spagna) la celebrazione delle festività dei Santi Patroni rientra nell’autonoma determinazione delle autorità locali che le fanno coincidere col giorno a questi dedicato nel calendario gregoriano. Nei Paesi anglosassoni – ad esempio in Irlanda e in Scozia – i Santi Patroni delle principali città sono riconosciuti e celebrati, con giornate festive stabilite a livello statale.

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