Il lavoro di domenica

Un'iniziativa europea ieri ha riaperto la discussione sulla liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi, e creato un'insolita saldatura tra sindacati e Chiesa cattolica

Ieri era il “Giorno europeo per le domeniche libere dal lavoro”, una iniziativa organizzata dalla European Sunday Alliance, che raccoglie al proprio interno diverse associazioni e organizzazioni che si battono per tutelare il giorno fisso di riposo settimanale. All’organizzazione partecipano diversi sindacati, istituzioni religiose e altre associazioni attive nel sociale. CGIL, CISL e UIL hanno partecipato all’iniziativa organizzando diverse iniziative in Italia, occasione per protestare anche contro la liberalizzazione degli orari dei negozi previsto nel decreto “Salva Italia” del governo Monti. Alle iniziative hanno aderito anche la Confesercenti e diverse Curie, con una partecipazione condivisa e non così frequente tra sindacati, associazioni di categoria e istituzioni religiose.

Il manifesto dell’European Sunday Alliance spiegava i motivi della giornata di sensibilizzazione:

In questi tempi di crisi economica e finanziaria, durante la quale sempre più diritti economici e sociali sono messi sotto pressione, la domenica libera dal lavoro è una dimostrazione chiara e visibile che le persone e le nostre società non dipendono solamente dal lavoro e dall’economia.

Noi crediamo che tutti i cittadini dell’Unione Europea abbiano diritto di beneficiare di orari di lavoro dignitosi che, per una questione di principio, escludano il lavoro tardo serale, notturno, durante le festività pubbliche e le Domeniche. Solo i servizi essenziali dovrebbero essere operativi la Domenica.

Oggi, le leggi e le pratiche esistenti a livello UE e di Stati Membri devono proteggere maggiormente la salute, la sicurezza e la dignità di tutti e dovrebbero promuovere con più decisione la riconciliazione della vita professionale con quella famigliare. Noi crediamo che la coesione sociale presso la cittadinanza europea debba essere rinforzata.

Nel decreto “Salva Italia” il governo e il Parlamento hanno stabilito, con l’articolo 31, che negozi e supermercati hanno la possibilità di restare aperti 24 ore su 24 e tutti i giorni della settimana, domenica compresa, naturalmente pagando i lavoratori quanto previsto dalla legge per il lavoro notturno e festivo. Secondo i sindacati le aperture prolungate non serviranno a far aumentare i consumi, messi a dura prova dalla crisi economica, né l’occupazione. Esperimenti simili condotti in passato da alcune amministrazioni locali, spiegano, non hanno dato esiti positivi e c’è il timore che le aperture continuate possano in qualche modo ledere i diritti dei lavoratori.

Come segnalano su Avvenire, che si è occupato della “Giornata per le domeniche libere dal lavoro” con particolare interesse in questi giorni, la grande distribuzione organizzata (Gdo) dispone di 18.976 punti vendita in Italia. Nel 50 per cento dei casi si tratta di supermercati, che potevano già effettuare aperture domenicali in diverse regioni italiane grazie a norme locali. In Lombardia, per esempio, le leggi regionali davano la possibilità di tenere aperto per 26 domeniche, il doppio rispetto a quanto previsto prima del decreto “Salva Italia”. In seguito ai nuovi provvedimenti del governo, il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione per fare ricorso presso la Corte costituzionale contro il decreto per la totale liberalizzazione degli orari di apertura. Altre regioni, come Piemonte e Toscana hanno fatto altrettanto e altre regioni hanno annunciato azioni simili.

Durante le manifestazioni di ieri i sindacati hanno sostenuto anche che le aperture domenicali penalizzerebbero in primo luogo le donne. I grandi centri commerciali che restano aperti hanno oltre centomila donne alle loro dipendenze, che in molti casi faticano a conciliare le esigenze lavorative con quelle familiari nei giorni di festa. Raffaele Bonanni, segretario della CISL, ha spiegato che «il governo ha deciso di liberalizzare l’apertura dei negozi e dei centri commerciali senza discutere con nessuno. Non è stata né una scelta saggia né liberale, per un paese come l’Italia che ha anche delle forti radici morali e culturali sul tema del lavoro domenicale».

La pensa allo stesso modo anche la Chiesa, che da tempo spinge per un maggior rispetto della domenica come giorno dedicato al riposo e alla preghiera. Durante la sua visita di ieri presso la chiesa di San Giovanni Battista de la Salle nella periferia di Roma sud, Benedetto XVI ha sfiorato il tema invitando i fedeli a riscoprire la domenica «come giorno di Dio e della comunità». Le manifestazioni nei paesi europei sono state sostenute anche dalla Commissione degli episcopati cattolici dell’Unione Europea, il Jesuit European Social Centre e le Conferenze delle Chiese europee, che riunisce molte Chiese ortodosse e riformate. L’iniziativa di ieri non ha interessato solamente i sindacati, le associazioni e le chiese cattoliche. In Austria hanno partecipato anche la comunità musulmana ed ebraica, anche se le loro religioni hanno giorni diversi dedicati al riposo e alla preghiera.

Le domeniche di Antonio Pascale