Best of Post

Una selezione di cose pubblicate dal Post nel 2010, scelte tra quelle che sono piaciute di più a noi e a voi

Pakistanis watch the New Year fireworks in Karachi on January 1, 2011. New Year revellers around the planet began welcoming 2011 in a blaze of fireworks and parties, temporarily banishing the misery of extreme weather that has struck across the world. AFP PHOTO/Rizwan TABASSUM (Photo credit should read RIZWAN TABASSUM/AFP/Getty Images)
Pakistanis watch the New Year fireworks in Karachi on January 1, 2011. New Year revellers around the planet began welcoming 2011 in a blaze of fireworks and parties, temporarily banishing the misery of extreme weather that has struck across the world. AFP PHOTO/Rizwan TABASSUM (Photo credit should read RIZWAN TABASSUM/AFP/Getty Images)

Da sette mesi a questa parte, ogni domenica pubblichiamo una cosa che si chiama Sunday Post: un elenco di consigli e suggerimenti degli articoli che sono piaciuti di più a noi e a voi tra quelli pubblicati nel corso della settimana. Oggi è il primo giorno del 2011, è festa e facciamo come se fosse domenica, scegliendo un po’ di articoli pubblicati nel corso del 2010 tra quelli non strettamente legati all’attualità e che sono piaciuti molto sia a noi che a voi. Ve li mettiamo qui di seguito, in ordine sparso. E ovviamente auguri, buon anno dalla redazione del Post.

Disegni che non esistono di Gipi

Fa schifo l’iPad.
Il mio iPad fa schifo.
Lo guardo, appoggiato sul tavolo proprio sopra un album acquarello trecento grammi al metro quadro, in conflitto aperto con pennelli e penne e blocchi di colore giganti.
Il tavolo da disegno, tavolo, che vuol dire in legno, è tutto intorno, con barattoli e acqua e matite e pennarelli e gomma. Un barattolo. Quello che lavorò come posacenere per anni e adesso (poverino) si è ridotto a contenere pelle di lapis.
L’iPad sta in mezzo e sopra a questo. Nel mezzo.
Io lo guardo e penso: che schifo. (continua)

«Ho buttato via tutto» di Giorgio Loré

La nostra famiglia vive a Roma da 45 anni, io ne avevo tre quando arrivammo da Taranto, e mio padre – oggi ottantottenne – è stato un alto ufficiale delle forze armate, di sani principi morali, grandissima cultura ma con questa maledetta “fissazione” di non buttare via mai nulla, tantomeno le cose rotte o inutilizzabili. (continua)

Le rovine dell’Aquila di Paolo Virzì

Intimiditi dallʼenormità di quello sfacelo, tampinati da un drappello di vigili urbani preoccupatissimi per la nostra incolumità, allʼinizio camminavamo in silenzio nella Zona Rossa, ascoltando quel che sottovoce ci raccontava Simona, giovane attivista del PD aquilano, che preferiva non indugiare in patetismi e ci illustrava quel disastro persino con unʼammirevole dose di freddezza. (continua)

Previously, on Lost di Pier Mauro Tamburini

Ci siamo. È quasi finita. Sono passati sei anni di Lost. Noi del Post vogliamo onorare la serie nel modo più tradizionale ma sincero che conosciamo: la classifica delle nostre 15 scene preferite. Siete naturalmente invitati a dire la vostra. (continua)

Come sarà la pace fra Israele e Palestina di Giovanni Fontana

Il problema è che come sarà questa pace lo si sa da anni, forse decenni. Che la si voglia o no, che sia giusta o sbagliata, che faccia torto agli uni o agli altri. I termini dell’accordo sono noti a tutti, perché sono l’unica strada percorribile. Ciò non vuol dire che questa verrà percorsa – né tantomeno che verrà percorsa a breve – ma che se una pace ci sarà, questa ricalcherà con piccolissime modifiche quella che è stata più volte ipotizzata, portata avanti, e messa nel dimenticatoio. (continua)

I rischi dell’attivismo da clic

Negli ultimi tempi si è discusso molto del valore dell’attivismo online. Molti hanno iniziato a chiedersi se al proliferare di appelli e petizioni digitali corrisponda davvero un reale impegno nel tentativo di cambiare le cose. E se, in ultima analisi, l’attivismo digitale, da clic compulsivo, serva davvero a qualcosa. Secondo i più critici si tratterebbe solo di una forma degradata di partecipazione civile, che ha trasformato l’impegno in una questione di clic. Da cui il dispregiativo clicktivism. (continua)

La mappa degli abusi sessuali nella Chiesa (infografica)

Negli ultimi quindici anni circa, una maggior attenzione delle autorità civili, ed una tendenza crescente da parte delle vittime a denunciare gli episodi, hanno portato all’attenzione pubblica l’incidenza dei casi di abusi su minori da parte di membri della Chiesa Cattolica. A partire dai casi di grande rilievo e clamore mediatico degli Stati Uniti e dell’Irlanda, è emerso che il fenomeno coinvolge tutto il mondo cattolico, dal Sudamerica, all’Europa, all’Africa, nelle missioni. (continua)

Pomigliano ai cancelli di Giuseppe Provenzano

Ora, forse, non si farà più la Panda. Perché di una Panda si trattava – “tutto questo per una Panda”. Alla fine hanno perso tutti. Gli operai, come sempre, molto prima dello spoglio. Molto prima di Marchionne, che ha perso pure lui – molto meno, però. Lo si capiva al cambio turno, ai cancelli, quando intimiditi in tanti raccontavano sottovoce di andare a votare o di aver votato senza possibilità di scelta – e proprio scegliere significa votare. (continua)

Il branco che insanguina Lucca

Lucca è una città a doppio fondo. Una specie di distillato del provincialismo italiano. Dove avviene tutto e il contrario di tutto. Una città bigotta ma trasgressiva, per dire. Una città bianca in una regione rossa. Una città dove la tradizione mercantile è molto radicata e consolidata. Basta entrare in un negozio per sentirsi davvero circondati di attenzione e cortesia. Lucca è una città che conserva. I negozi di un tempo, i bar per il tè della buona borghesia, come se fosse immutabile. Anche il sindaco di Lucca è immutabile. Si chiama Mauro Favilla, è stato eletto nel 2007 ma era già stato primo cittadino nel 1972 e poi nel 1985 e ancora nel 1988. Oggi ha 76 anni. (continua)

Immigrati accusati ingiustamente di Francesco Costa

Come tutte le cose gestite e amministrate dagli uomini, nessun sistema giudiziario è perfetto: per quanto buona possa essere la fede delle persone che vi operano e adeguate le leggi che li guidano, le possibilità di compiere degli errori sono tutt’altro che remote. Nei casi in cui le leggi sono inadeguate o viene meno la buona fede, gli errori sono addirittura probabili. È la ragione per cui, per esempio, bisognerebbe evitare di usare le indagini e gli avvisi di garanzia come corpi contundenti, in politica e nella società. Gli errori capitano. Moltissimi, centinaia, sono noti e documentati. Altri non lo sono ancora, alcuni non lo saranno mai. (continua)

Gerusalemme, capitale di un paese incattivito di Filippomaria Pontani

Scende la sera in lontananza, sulla valle di Giosafat, e il canto dei muezzin s’interseca con le sirene della polizia, o forse dell’ambulanza: a pochi passi da qui hanno ricoverato alcuni dei feriti del Marmara – feriti lievi, pare, ma al policlinico di Hassadah, a destra subito dopo la rotatoria, c’è la massima riservatezza. Scende la sera qui in cima al Mount Scopus, l’altura da cui Tito – si racconta – vide il primo panorama di Gerusalemme e del grande Tempio che di lì a poco avrebbe distrutto (Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica 5, 67): da quassù si vede ora anzitutto il tempio di un’altra fede, la sempre sfavillante Cupola della Roccia, e lo Scopus (in greco: “vedetta, osservatorio”) non è più un accampamento di soldati ma una turrita cittadella universitaria che costituiva fino al ’67 l’unica enclave israeliana nella fu Gerusalemme est. Qui, nel campus “storico” della Hebrew University, si entrava all’epoca su veicoli blindati, e qui sono stati pagati alti tributi di sangue, l’ultimo nel 2002 con una bomba che uccise nove studenti nel bar. (continua)

I consuntivi di fine anno
La notizia dell’anno, in ogni paese del mondo
Senza di te
I dieci fatti più importanti del 2010
Le dieci buone notizie del 2010
I dieci momenti del 2010
Le dieci scoperte scientifiche del 2010

foto: RIZWAN TABASSUM/AFP/Getty Images