Quattro governi in bilico

Italia, Belgio, Australia e Giappone sono in difficoltà e faticano a trovare una nuova stabilità politica

Governare una democrazia non è mica facile. Intendiamoci, con esiti alterni e una mole infinita di compromessi ci si riesce, ma non sempre le cose vanno per il verso giusto e così le maggioranze scricchiolano, cadono i governi e le nuove elezioni danno spesso risultati incerti. La nostra tumultuosa storia repubblicana è la dimostrazione più chiara della difficoltà di mettersi politicamente d’accordo per governare. In poco più di sessant’anni di repubblica abbiamo avuto 58 governi. Ma l’Italia non è l’unico stato con una democrazia ormai consolidata ad avere un governo in bilico. Australia, Belgio e Giappone le fanno compagnia.

Italia
Cos’è successo
Nel nostro paese non si è ufficialmente aperta una crisi di governo, ma il progressivo sbilanciamento della maggioranza mette in seria difficoltà l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Dopo il deferimento di alcuni parlamentari del Popolo della Libertà ai probiviri del partito per aver criticato alcune scelte del governo, alcuni deputati e senatori hanno fondato un gruppo autonomo in parlamento chiamato Futuro e Libertà. I parlamentari che vi aderiscono hanno come punto di riferimento Gianfranco Fini e hanno i numeri per mettere in difficoltà il governo nel caso dei voti di fiducia. La pausa estiva con la chiusura del parlamento ha annacquato il confronto tra i dissidenti e il resto della maggioranza. Un giorno sì, e l’altro pure, è stata ventilata l’ipotesi di elezioni anticipate, ma si è solo temporeggiato in attesa di tornare a contarsi nelle aule parlamentari.

Cosa può succedere
Gli scenari possibili sono un’infinità e la politica italiana ci ha abituati a qualsiasi genere di sorpresa. Berlusconi ha messo insieme cinque punti chiave da proporre ai finiani, ma sotto forma di “prendere o lasciare” e non per aprire un vero e proprio confronto. Il presidente del consiglio vuole evitare lo stallo e cerca aperture da altri partiti per rinforzare la maggioranza. La Lega Nord preme per proseguire finché ci saranno i numeri per governare, tornando alle urne in caso di crisi di governo. Le opposizioni, intanto, valutano le proposte di Pierluigi Bersani che ha cercato di rimettere in moto un progetto simile a quello dell’Ulivo. L’ipotesi apre a uno scenario che avevamo già visto fallire nel 2008 all’indomani della caduta del governo Prodi: formare una nuova maggioranza per cambiare almeno la legge elettorale prima di tornare alle urne.

Belgio
Cos’è successo
Il 13 giugno nel paese si è votato e le elezioni hanno sancito una netta divisione del paese: a nord hanno vinto gli autonomisti fiamminghi di Bart de Wever, mentre a sud i socialisti francofoni di Elio Di Rupo. La netta divisione è stata anche causata dall’accesa campagna elettorale nel settentrione, dove erano state anche avanzate pretese secessioniste. Il Belgio è sostanzialmente ingovernabile da un paio di anni e l’esito delle elezioni non ha semplificato la costruzione di una maggioranza. Su incarico del re, De Wever ha cercato di ottenere una maggioranza, ma ha rimesso l’incarico, così l’onere è passato a Di Rupo, e dopo due mesi e mezzo il nuovo governo ancora non c’è.

Cosa può succedere
Per arrivare alla formazione di un nuovo governo di coalizione potrebbero volerci ancora molte settimane. Dopo le elezioni del 2007, ci vollero ben nove mesi prima che i partiti si mettessero d’accordo per formare un nuovo governo. Secondo gli esperti le trattative andranno avanti ancora a lungo e una soluzione potrebbe essere quella proposta da Di Rupo: riorganizzare le competenze nel sistema federale belga, così da accontentare i partiti che chiedono più autonomia per le Fiandre. Una volta accontentati, si potrebbe giungere a più miti consigli e all’attesa formazione del governo. Sullo sfondo rimane lo scontro tra comunità francofone e fiamminghe e lo spettro di una divisione del paese.


Australia
Cos’è successo
Lo scorso 24 giugno la laburista Julia Gillard aveva conquistato la carica di primo ministro battendo l’ex capo di governo Kevin Rudd, che aveva proposto e perso un “leadership spill”, ovvero un confronto interno nel partito per verificare l’appoggio politico al suo esecutivo. Visto il grande consenso ottenuto, dopo tre settimane di governo, Gillard ha deciso di indire nuove elezioni per rinforzare la sua maggioranza e governare con meno impedimenti. Le elezioni del 21 agosto scorso sono state meno favorevoli del previsto e in Australia è successa una cosa simile a quella accaduta alle ultime elezioni britanniche: né i laburisti né i conservatori hanno conquistato i 76 seggi necessari per avere una maggioranza parlamentare. Sono entrambi pari con 72 seggi.

Cosa può succedere
I leader dei due partiti sono alla ricerca della giusta combinazione con gli indipendenti e i partiti minori per formare il governo. Ci sono quattro seggi detenuti dagli indipendenti, uno dal National Party of Western Australia e uno degli Australian Greens. Sia Gillard che il leader conservatore Abbott stanno cercando di convincere almeno tre deputati a formare una coalizione con i loro rispettivi partiti. Le consultazioni ufficiali inizieranno il 3 settembre, quando ci saranno tutti i dati definitivi sulle elezioni di fine agosto. Il futuro governo australiano è in mano a tre eletti.

Giappone
Cos’è successo
Il 2 giugno scorso il primo ministro del Partito Democratico del Giappone (DPJ) Yukio Hatoyama si è dimesso e al suo posto è subentrato Naoto Kan, già ministro dell’economia. A poche settimane dalla crisi di governo, il paese va alle urne per le elezioni di metà mandato e il DPJ perde la maggioranza alla Camera Alta, una bocciatura per l’esecutivo di Kan. Il nuovo primo ministro fatica a guidare il paese, colpito da una instabilità politica che dura da tre anni e che ha già portato alla nomina di cinque diversi capi di governo. Il dissenso all’interno della maggioranza cresce e alla fine Ichiro Ozawa, uno dei membri di spicco del DPJ decide di sfidare Kan per la leadership in un confronto interno del partito il prossimo settembre.

Cosa può succedere
Ichiro Ozawa, personaggio ambiguo e molto potente, non gode più di un grande sostegno all’interno del partito, ma in compenso può contare sull’appoggio dell’ex primo ministro Hatoyama. Secondo gli analisti, Ozawa ha il 40% di possibilità di battere Kan nella sfida per la leadership. Inoltre, l’opinione pubblica è contraria a un ritorno di Ozawa, accusato di trasformismo politico (prima era con i liberali) e di essere ancora sotto indagine giudiziaria per alcuni scandali finanziari. Il timore è che sia una vittoria che una sconfitta di Ozawa possa portare a una lacerazione nel DPJ, tale da danneggiare il governo di Kan. Il Giappone non può permettersi un esecutivo instabile: deve provvedere a un nuovo piano per stimolare l’economia e tenere a bada lo yen, il cui valore è troppo alto e penalizza le esportazioni.