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  • Venerdì 13 agosto 2010

Il Blog del Narco

In Messico tutte le notizie, le foto e i video sulla guerra dei narcotrafficanti passano dal blog di uno studente

È anonimo, ha meno di trent’anni, è messicano e ha il blog che tutti consultano se vogliono sapere quello che sta succedendo attorno al narcotraffico in Messico, che si chiama appunto il blog del Narco. Il suo account su Twitter è seguito da tutti i media messicani, oltre che dalla CNN in spagnolo, dall’FBI e dal dipartimento della difesa messicano.

In Messico da diversi anni ormai i cartelli della droga – sono nove, i principali – sono diventati particolarmente più forti e spregiudicati, e le morti correlate alla guerra alla droga continuano a salire vorticosamente. Narcotrafficanti contro narcotrafficanti, narcotrafficanti contro soldati, narcotrafficanti contro civili. Ogni settimana arriva notizia di decine di uccisi violentemente, spesso barbaramente: qualche mese fa sul Post avevamo fatto un dettagliato punto della situazione, poi ne sono successe ancora parecchie. Le stime, che non possono essere precise, si attestano a circa 21.500 morti dal 2006 in poi. Ovvero da quando Felipe Calderon è diventato presidente del Messico e, per la prima volta dopo quasi 30 anni dalla nascita dei cartelli, ha messo la guerra alla droga come priorità assoluta nell’agenda del governo. Nonostante il sostegno degli Stati Uniti, ovviamente interessati a quanto succede intorno al confine e destinatari di molta di quella droga, in questi quattro anni Calderon non è riuscito a sconfiggere i cartelli, anzi: i recenti arresti ravvicinati sia del sindaco che dell’ex sindaco di Cancun, accusati di collusione, lasciano intravedere le ramificazioni dei narcotrafficanti nella sfera politica del paese.

Nel tempo, il Blog del Narco è diventato il principale aggregatore di tutte le foto e i filmati sul tema inviatigli dagli utenti in forma anonima, e dai vari contenuti si può dedurre che a fargli pervenire il materiale siano tutte le parti coinvolte: gli stessi narcotrafficanti, la polizia e l’esercito messicano, oltre naturalmente a comuni cittadini che abbiano prodotto testimonianza dei fatti – sovente di sangue – che avvengono in Messico nel giro del traffico di droga.

A raccontarlo è l’Associated Press, che lo ha anche intervistato: dice di essere un ragazzo che studia sicurezza informatica nel nord del Messico e che quando ha lanciato il blog – soltanto cinque mesi fa – ne voleva fare soltanto un hobby, ma che ora ha bisogno dell’aiuto di un amico per gestire i numerosissimi post giornalieri, che fruttano quasi mezzo milione di visite al giorno.

Spesso è l’unico a riportare determinate notizie perché i media messicani subiscono pressioni e minacce al fine di non rendere pubblici alcuni fatti e in almeno un caso le informazioni che ha fornito hanno portato a un arresto, nel quadro della vicenda di un direttore carcerario che di notte liberava i propri detenuti così da permettere loro di commettere omicidi per un cartello del narcotraffico.

Le ragioni per le quali mantiene l’anonimato sono abbastanza ovvie, trovandosi a trattare di una guerra della droga che ha fatto 28 mila vittime e ha reso il Messico uno dei posti più pericolosi del mondo per i giornalisti: «per le poche e parziali informazioni che mostrano in televisione, i media messicani subiscono lanci di granate e rapimenti, immaginate cosa potrebbero fare a noi che pubblichiamo tutto».

La sua politica di pubblicare contenuti provenienti da tutte le fonti ha fatto accrescere la sua credibilità, ma ha anche attirato le critiche di chi lo definisce l’addetto alle pubbliche relazioni delle bande che gestiscono la compravendita degli stupefacenti.