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  • Lunedì 8 dicembre 2025

L’Afghanistan dei talebani non è più così isolato

La Russia ha riconosciuto il loro governo, hanno relazioni con Cina e India e anche l’Europa ci parla, tutti per motivi diversi

Il ministro degli Esteri dei talebani Mawlawi Amir Khan Muttaqi all’arrivo nella città di Deoband, nello stato dell’Uttar Pradesh, in India, l’11 ottobre 2025 (REUTERS/Anushree Fadnavis)
Il ministro degli Esteri dei talebani Mawlawi Amir Khan Muttaqi all’arrivo nella città di Deoband, nello stato dell’Uttar Pradesh, in India, l’11 ottobre 2025 (REUTERS/Anushree Fadnavis)

Quando nell’agosto del 2021 i talebani ripresero il potere in Afghanistan, dopo il caotico ritiro dell’esercito statunitense, nessuno stato al mondo riconobbe il nuovo regime come legittimo. Tutti i paesi occidentali e moltissimi altri nel resto del mondo interruppero ogni relazione diplomatica: i talebani vennero isolati a causa della cancellazione dei diritti delle donne, delle violenze sulle minoranze, delle violazioni dei diritti umani e dei legami con gruppi terroristici. Nessuna di queste cose è cambiata negli ultimi quattro anni, ma oggi l’isolamento dei talebani non è più completo, come ha raccontato anche un recente articolo del Financial Times.

Il regime talebano è stato ufficialmente riconosciuto da un solo stato, la Russia. Sta però sviluppando relazioni promettenti con Cina e India e ha persino un dialogo aperto con l’Unione Europea, interessata a rimandare nel paese i migranti afghani espulsi dai paesi europei o a cui è stata rifiutata la richiesta d’asilo. Altri paesi confinanti, come l’Uzbekistan, o islamici, come gli Emirati Arabi Uniti, hanno ambasciate attive a Kabul, la capitale dell’Afghanistan. I rapporti peggiori sono invece con il Pakistan, anche se il paese aveva contribuito sia alla prima ascesa dei talebani sia al loro ritorno al potere nel 2021.

Da quando sono tornati a governare l’Afghanistan, i talebani non hanno fatto nulla per migliorare la loro immagine internazionale: hanno imposto un regime molto restrittivo basato su una visione integralista della sharia, quella che con una definizione un po’ approssimativa viene spesso definita “legge islamica”; hanno limitato di molto la libertà e i diritti delle donne, a cui fra le altre cose è vietata l’istruzione dopo la scuola primaria; hanno governato con violenza e fatto esecuzioni pubbliche. Nonostante questo, sono arrivate aperture diplomatiche per motivi diversi.

Un cartellone che annuncia il divieto di portare telefoni, macchine fotografiche e armi all’interno di uno stadio dove era in programma un’esecuzione pubblica a Khost, il 2 dicembre 2025 (AP Photo/Saifullah Zahir)

La Russia ha riconosciuto il regime dei talebani lo scorso 3 luglio, cancellando anche il gruppo dalla lista delle organizzazioni terroristiche dopo più di vent’anni. Rientra nel tentativo del regime di Vladimir Putin di costruire relazioni con un gruppo di paesi “alternativi” a quelli occidentali, spesso altrettanto ai margini della comunità internazionale, come la Corea del Nord e appunto l’Afghanistan.

Per la Russia avere buone relazioni con l’Afghanistan è importante per ragioni sia commerciali, soprattutto come via verso l’Asia meridionale, sia di sicurezza interna, per la comune opposizione ai gruppi islamisti che fanno riferimento allo Stato Islamico. Uno dei principali è l’ISIS-K, che è stato in passato (e in parte è ancora oggi) il principale rivale dei talebani in Afghanistan ed è molto attivo in tutta l’Asia centrale.

Un uomo al balcone dell’ambasciata dei talebani a Mosca, in Russia, a luglio del 2025 (AP Photo/Pavel Bednyakov)

La Cina ha ristabilito i contatti diplomatici nel gennaio del 2024, accettando un ambasciatore pur senza riconoscere ufficialmente il governo dei talebani. Già nell’anno precedente un’azienda cinese legata alla maggiore compagnia petrolifera statale aveva firmato un accordo per l’estrazione di petrolio dal bacino del fiume Amu Darya, nel nord dell’Afghanistan. Era il maggiore investimento straniero nel paese dal 2021.

In seguito alcune aziende minerarie cinesi hanno compiuto passi esplorativi per l’estrazione di oro, diamanti e carbone, e il governo cinese si è detto favorevole allo scongelamento dei fondi afghani bloccati all’estero dopo il 2021. Come accaduto in altri casi, la Cina ha costruito relazioni partendo dagli investimenti nel paese.

L’ambasciatore cinese a Kabul Zhao Sheng ricevuto al palazzo presidenziale nel settembre del 2023 (Taliban Prime Minister Media Office via AP)

Il cambio di atteggiamento più radicale e sorprendente è stato quello dell’India: il governo di Narendra Modi era sempre stato fra i principali oppositori dei talebani, anche – ma non solo – a causa dei loro forti legami con il Pakistan. Ora però Afghanistan e Pakistan sono impegnati in un conflitto armato con scontri ricorrenti lungo il confine, al momento interrotto da un cessate il fuoco la cui stabilità è però fragile. Il Pakistan accusa i talebani di sostenere e dare rifugio al gruppo Tehreek‑i‑Taliban Pakistan (TTP), ora anche noto come “talebani pachistani”. L’Afghanistan risponde accusando il Pakistan di finanziare e tollerare nel suo territorio gruppi legati all’ISIS.

Le tensioni fra India e Pakistan non sono mai calate, anzi sono ulteriormente aumentate nell’ultimo anno: anche per questo il governo di Modi ha riallacciato i rapporti con i talebani, in un’improbabile alleanza favorita dalla comune opposizione al Pakistan. In patria Modi propone una retorica nazionalista e induista, anche discriminando la consistente minoranza musulmana, ma a ottobre il ministro degli Esteri dei talebani Amir Khan Muttaqi è stato ricevuto a Deoband, una città del nord dell’India. Dopo la visita l’India ha trasformato il suo ufficio tecnico-diplomatico a Kabul in una vera e propria ambasciata. Ha quindi normalizzato di fatto i rapporti, ipotizzando anche nuovi progetti economici comuni.

La Norvegia e la Germania (unico paese dell’Unione Europea) hanno concesso al regime talebano di inviare il proprio personale diplomatico nelle ambasciate e nei consolati dei rispettivi paesi. In Germania questa decisione è stata criticata: l’arrivo di un “primo segretario” all’ambasciata di Berlino e di un “console” a Bonn hanno causato fra le altre cose dimissioni tra il personale diplomatico afghano già presente in Germania. Spesso si trattava di oppositori dei talebani, fuggiti dal paese oppure inviati dal precedente governo, che collaborava con i paesi occidentali. In cambio di questa concessione diplomatica, l’Afghanistan ha accettato un volo con 81 cittadini afghani espulsi dalla Germania. Nel paese ci sono circa 400mila persone afghane, il numero più alto tra i membri dell’Unione Europea.

La Germania si è mossa in modo autonomo, ma ora l’Unione intende percorrere una strada simile. Lo scorso ottobre la Commissione Europea ha annunciato di aver avviato contatti «esplorativi» e «tecnici» per discutere delle modalità per rimpatriare i richiedenti asilo afghani a cui non è stato riconosciuto il diritto a stare nei paesi dell’Unione. L’iniziativa era stata decisa dopo una lettera firmata dai governi di 20 stati – fra cui Belgio, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Svezia e Italia – che lo richiedeva.

A queste aperture si contrappone un approccio molto più chiuso e rigido da parte dell’amministrazione statunitense di Donald Trump, che la scorsa settimana ha annunciato che verranno riesaminati tutti i permessi di soggiorno temporanei concessi ai cittadini afghani dopo l’attacco a due militari della Guardia Nazionale a Washington, per il quale è stato accusato un uomo afghano. La misura comunque non è specifica contro il regime dei talebani: Trump ne ha annunciate di simili nei confronti di molti altri paesi stranieri.