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  • Martedì 26 marzo 2024

La presenza dell’ISIS-K in Asia centrale si sta allargando

Paesi come il Tagikistan e l'Uzbekistan sono diventati territorio di reclutamento per il gruppo terroristico affiliato allo Stato Islamico, come si è visto nell'attentato a Mosca e in molti altri prima

Una delle persone sospettate di aver compiuto l'attentato a Mosca mentre viene trascinata in tribunale
Una delle persone sospettate di aver compiuto l'attentato a Mosca mentre viene trascinata in tribunale (AP Photo/Alexander Zemlianichenko)
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I quattro uomini arrestati dalle autorità russe e ritenuti responsabili dell’attacco terroristico di venerdì al Crocus City Hall di Mosca sono tutti cittadini del Tagikistan, un’ex repubblica sovietica dell’Asia centrale. C’è un cittadino del Tagikistan anche tra i presunti colpevoli di un altro grave attentato avvenuto a gennaio, quello nella città di Kerman, in Iran, in cui erano state uccise 95 persone. E sono cittadini dell’Asia centrale anche i 47 uomini che le autorità turche avevano arrestato a gennaio dopo un attentato contro una chiesa cattolica a Istanbul.

Tutti questi attentati, tra i più gravi degli ultimi mesi, sono stati attribuiti all’ISIS-K (noto anche come ISKP, o Provincia del Khorasan dello Stato Islamico), un gruppo terroristico affiliato allo Stato Islamico e attivo soprattutto tra Afghanistan e Pakistan. L’ISIS-K è, tra tutti i gruppi vicini allo Stato Islamico, quello di gran lunga più aggressivo a livello internazionale, che ha compiuto numerosi attentati terroristici fuori dalla sua regione di pertinenza. Il grosso di questi attentati, soprattutto negli ultimi anni, è stato messo in atto da persone provenienti dall’Asia centrale, in particolare Tagikistan e Uzbekistan.

Questo collegamento tra l’ISIS e l’Asia centrale si è rafforzato nel corso degli ultimi anni, ed è diventato sempre più preoccupante anche per i governi occidentali.

Anzitutto alcune definizioni: l’ISIS-K è, di fatto, una delle configurazioni territoriali dello Stato Islamico, che ha l’obiettivo di creare un califfato islamico nella regione storica del Khorasan, che secondo il gruppo stesso comprende parti di Afghanistan, Pakistan, Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan e Iran. Fu fondato nel 2014 da alcune centinaia di talebani pachistani che giurarono fedeltà allo Stato Islamico e cominciarono ad agire appunto nella regione del Khorasan, e soprattutto tra Afghanistan e Pakistan. Con il crollo del califfato tra Iraq e Siria, nel 2017, l’ISIS-K cominciò ad assumere sempre più importanza e iniziativa, al punto che oggi è probabilmente uno dei gruppi più pericolosi e intraprendenti del movimento jihadista.

Per Asia centrale, invece, si intende un gruppo di paesi ex sovietici che si trova a sud della Russia, e cioè Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Sono tutti paesi a maggioranza musulmana, e alcuni di questi (in particolare Tagikistan e Uzbekistan) hanno una lunga tradizione di jihadismo islamico, che è precedente e indipendente dalle attività dello Stato Islamico. Come spiegano per esempio i ricercatori Lucas Webber e Riccardo Valle in un saggio recente, il primo gruppo jihadista moderno della regione fu il Movimento islamico dell’Uzbekistan (IMU nell’acronimo inglese), che fu fondato nel 1994 e per anni fu uno dei gruppi più rilevanti dell’ambiente jihadista: solo nel 2014 l’IMU dichiarò fedeltà allo Stato Islamico, per poi confluire parzialmente nell’ISIS-K.

Benché formalmente siano repubbliche ex sovietiche, i paesi dell’Asia centrale hanno sempre avuto alcune caratteristiche peculiari. Sono religiosamente ed etnicamente differenti dalla Russia e dagli altri paesi ortodossi e slavi, e sono da sempre molto più poveri e discriminati. Negli ultimi due decenni milioni di persone dall’Asia centrale sono emigrate verso la Russia, spesso per fare i mestieri più umili e vivere in condizioni di degradazione e discriminazione. In Russia, da decenni, è inoltre presente un fortissimo e diffuso razzismo nei confronti delle popolazioni dell’Asia centrale.

In questo contesto, le popolazioni dell’Asia centrale – sia quelle che vivono nei propri paesi sia quelle emigrate all’estero, e soprattutto in Russia – sono diventate negli anni particolarmente suscettibili alla propaganda e al reclutamento dei gruppi terroristici come lo Stato Islamico. Tra il 2014 e il 2015, quando lo Stato Islamico riuscì a istituire un califfato tra Iraq e Siria, migliaia di persone dall’Asia centrale, soprattutto dal Tagikistan e dall’Uzbekistan, si unirono al gruppo terroristico. Dopo la caduta del califfato come entità territoriale, tra il 2016 e il 2017, centinaia di tagiki e uzbeki furono catturati dalla coalizione anti-ISIS, e molti di loro si trovano ancora oggi nei campi di prigionia, perché i loro paesi non vogliono riprenderli indietro.

Ma è stato soprattutto l’ISIS-K a fare dell’Asia centrale un territorio di reclutamento.

Di tutti i gruppi affiliati allo Stato Islamico, l’ISIS-K è l’unico ad avere un suo settore mediatico indipendente, la Fondazione al Azaim, che si occupa di diffondere la sua propaganda in un’ampia regione che va dall’India al Caucaso. Le trasmissioni di al Azaim sono tradotte in uzbeko, tagiko, pashtu, dari (che assieme al pashtu è una delle lingue dell’Afghanistan), russo, urdu, farsi, hindi, malayam (una lingua parlata in India) e inglese. E particolare attenzione è stata data al reclutamento e alla propaganda in Asia centrale, che ha avuto grande successo.

L’ISIS-K ha usato attentatori soprattutto tagiki in moltissimi attacchi nel suo territorio di pertinenza, cioè tra Afghanistan e Pakistan (persone di etnia tagika peraltro compongono il 25 per cento della popolazione dell’Afghanistan): sempre Webber e Valle hanno elencato numerosi attentati in cui il responsabile o i responsabili avevano come nome di battaglia “al Tajiki”, segno di origine o di cittadinanza tagika.

Negli ultimi anni, poi, l’ambizione terroristica dell’ISIS-K si è espansa. Se fino ad alcuni anni fa il gruppo si concentrava soprattutto su Afghanistan e Pakistan, di recente ha avviato una campagna di attentati all’estero. In questo caso, la presenza di miliziani dell’Asia centrale è particolarmente utile, come ha notato su Repubblica Daniele Raineri: al contrario dei miliziani con passaporto afghano, che hanno molte restrizioni, i cittadini delle ex repubbliche sovietiche possono viaggiare più liberamente all’estero, e in generale destano meno sospetti. Per esempio i tagiki e gli uzbeki possono entrare in Russia e in Turchia per 90 giorni senza bisogno di visto.

Negli ultimi anni vari cittadini dell’Asia centrale sono stati implicati in numerosi tentativi di attentato, anche in Europa.

Per esempio a luglio 2023 un’operazione antiterrorismo guidata dalle agenzie di sicurezza in Germania, Belgio e Paesi Bassi aveva portato all’arresto di nove membri di una rete dell’ISIS-K, originari del Tagikistan, del Turkmenistan e del Kirghizistan, che stavano pianificando un attacco terroristico in Germania. Altri attacchi pianificati nei mesi scorsi dallo Stato Islamico, alcuni dei quali da parte di persone provenienti da paesi dell’Asia centrale, sono stati scoperti e sventati dalle agenzie di sicurezza.

Questa sempre maggiore aggressività dell’ISIS-K sta preoccupando i governi occidentali, che vedono un incremento nell’abilità e nelle capacità del gruppo terroristico: secondo vari esperti, i recenti successi in Iran e soprattutto a Mosca potrebbero convincere la leadership dell’ISIS-K a tentare nuovi attacchi anche in Occidente.