Le Olimpiadi che non sapevano di esserlo
A Parigi 1900 non ci furono cerimonie, spesso non si assegnarono medaglie e molte gare furono poi ritenute troppo strambe per rientrare fra gli eventi olimpici
di Gabriele Gargantini

Il 14 maggio del 1900 iniziarono a Parigi le seconde Olimpiadi moderne della storia, quattro anni dopo la prima edizione del 1896, organizzata ad Atene per rendere ancora più forte il richiamo all’antichità greca a cui si ispiravano. Le prime Olimpiadi di Parigi durarono più di cinque mesi ma passarono quasi del tutto inosservate: furono un evento collaterale dell’Esposizione universale e molti partecipanti nemmeno si resero conto di aver preso parte alle Olimpiadi.
A Parigi 1900 non ci furono cerimonia di apertura né di chiusura, non fu accesa una torcia olimpica, spesso non si assegnarono medaglie, molte gare furono in seguito ritenute troppo strampalate per essere considerate eventi olimpici e in quei cinque mesi la parola “Olimpiadi” fu usata di rado.
Quell’edizione fu ampiamente sottotono rispetto a quella di Atene, oltremodo informale nell’organizzazione e nello svolgimento delle gare, a tratti perfino farsesca (pure per gli standard sportivi di allora). Il pubblico fu spesso scarso, le sedi improvvisate, la maggior parte degli atleti francese. Alcuni storici dello sport si sono chiesti se sia il caso di considerarle delle vere Olimpiadi, e il barone francese Pierre de Coubertin, fondatore e promotore delle Olimpiadi moderne, disse che «fu un miracolo che il movimento olimpico sopravvisse a quella edizione». Quando 24 anni più tardi Parigi ospitò di nuovo le Olimpiadi, la stampa francese si chiese se fosse vero che la città aveva già ospitato le Olimpiadi in passato.
Eppure il CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, le considera delle vere Olimpiadi, tanto quanto quelle di Parigi 2024. Perché tra tante stramberie ed eccentricità, perlomeno in alcuni eventi ci fu un oggettivo valore sportivo. E perché seppur per molti versi piuttosto sciagurate, le Olimpiadi di Parigi del 1900 ebbero il merito di far partecipare alcune donne.
Che Parigi dovesse ospitare le Olimpiadi fu deciso nel 1894, nel congresso che – proprio a Parigi – istituì il CIO. De Coubertin avrebbe voluto che le Olimpiadi del 1900 fossero le prime, e che fosse Parigi a ospitarle; altri riuscirono ad ottenere che una prima edizione avesse luogo ad Atene nel 1896. Quelle prime Olimpiadi furono un successo, tanto che la Grecia chiese di poterle riorganizzare sempre lì, ovviamente senza riuscirci.
In Francia, invece, l’interesse per le Olimpiadi era scarso, soprattutto perché l’evento su cui puntare per quell’anno era l’Esposizione universale. Dopo che quella del 1889 aveva portato alla realizzazione della Tour Eiffel, il governo francese aveva grandi piani per l’evento. Il massimo che de Coubertin riuscì a ottenere fu di avere le Olimpiadi come evento subordinato all’Esposizione universale, senza che fosse lui a occuparsene. Le Olimpiadi furono inglobate e di fatto organizzate da persone con competenze sportive pressoché nulle, spesso presentate con il nome “Concours internationaux d’exercices physiques et de sport” (“gare internazionali di ginnastica e sport”).
L’idea prevalente fu di creare qualcosa di moderno e nuovo, e non un richiamo a un passato lontano. Secondo Alfred Picard, direttore dell’Esposizione universale, l’idea olimpica di riabilitare gli sport dell’antichità era un assurdo “anacronismo”.
L’Esposizione universale si proponeva di offrire un bilancio del Diciannovesimo secolo e un’anteprima del Ventesimo, e tra il 14 aprile e il 12 novembre del 1900 portò a Parigi oltre 50 milioni di visitatori. In un evento in cui si parlava di novità come cinematografo e scale mobili, art nouveau e metropolitana (la prima linea parigina fu inaugurata quell’anno), era difficile che lo sport potesse essere centrale, specie in anni in cui la maggior parte degli sport era nella loro fase embrionale e ancora dovevano crearsi un pubblico, una storia, una tradizione condivisa. Pur con il successo di Atene, le Olimpiadi stesse erano qualcosa di ancora giovane e nuovo, e quindi sconosciute ai più.
Le Olimpiadi del 1900 iniziarono senza parata né cerimonia, e il 14 maggio fu semplicemente il giorno in cui ci furono le prime gare. Agli eventi in seguito riconosciuti dal CIO parteciparono poco meno di mille atleti appartenenti a 24 comitati olimpici nazionali. Gli sport ufficialmente riconosciuti furono 20, gli eventi 95 (perché alcuni sport – per esempio il nuoto – ebbero più eventi o gare al suo interno). In un contesto in cui è difficile essere certi della nazionalità dei partecipanti (la divisione per paesi fu spesso approssimativa e a volte puramente simbolica), è comunque certo che almeno due terzi dei partecipanti furono francesi. Non stupisce quindi che, per l’unica volta nella sua storia, la Francia vinse il medagliere (per quanto sia improprio parlare di medagliere vista l’assenza, in molti casi, di medaglie).
Rispetto alle Olimpiadi di Atene furono confermati nuoto, scherma, ginnastica, ciclismo (allora solo su pista), tiro a segno e tennis. Ai quali si aggiunsero tiro con l’arco, palla basca, equitazione, calcio, golf, polo, rugby, canottaggio, vela, pallanuoto, tiro alla fune, cricket e croquet.
A cercare bene, in ognuno di questi sport si trovano eventi o aneddoti stravaganti. Anziché su pista, le gare di atletica si svolsero sull’erba del parco Bois de Boulogne, e nelle prove di lancio del disco e del martello più di una volta gli oggetti lanciati finirono tra i rami degli alberi, o pericolosamente vicino a passanti ignari.

Gli statunitensi che parteciparono alle gare di atletica leggera delle Olimpiadi di Parigi del 1900, nel parco Bois de Boulogne (Bettmann/Getty Images)
Nella maratona, corsa su un percorso di circa 40 chilometri (un paio in meno rispetto alla distanza che si è poi affermata come corretta), molti partecipanti si ritirarono per il caldo e altri si persero per Parigi. E come spesso succedeva a quei tempi, è probabile che diversi altri partecipanti bararono, sfruttando passaggi di vario tipo o trovando scorciatoie. Arthur Newton, statunitense che arrivò quinto al traguardo, sostenne di essere certo che nessuno, nel corso dell’intera gara, lo avesse mai superato, e fece notare come tra chi era arrivato davanti a lui vari sembravano avere scarpe troppo pulite e facce decisamente troppo riposate. Il vincitore era in effetti il fattorino di un fornaio parigino, che dovendo fare consegne per lavoro senz’altro conosceva molto bene le strade della città.
Ai tornei di calcio e rugby parteciparono tre squadre, a quello di cricket due: la “Francia” e il “Regno Unito”. Tra virgolette perché la squadra francese era composta in buona parte da britannici residenti a Parigi. Quella partita è ad oggi l’unica partita di cricket nella storia delle Olimpiadi, cosa che – come i giornali del Regno Unito non mancano di far notare – rende la squadra britannica detentrice del titolo olimpico. La prossima partita sarà a Los Angeles 2028, dove il cricket tornerà a essere sport olimpico.
Andò pure peggio al croquet, un antico sport che sta tra le bocce e il golf (e che ancora sta nel nome dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club, il club che organizza il torneo tennistico di Wimbledon). Ai tre eventi di croquet delle Olimpiadi di Parigi 1900 parteciparono solo atleti francesi.
Altri sport ancora ebbero la loro quota di stranezze, almeno secondo i canoni attuali: nel tennis e nel tiro alla fune ci furono squadre con atleti di diverse nazionalità; le gare di scherma (alcune delle quali premiarono lo stile anziché l’efficacia degli attacchi) furono organizzate nell’area dell’Esposizione universale associata a posate e coltelli; in una gara di canottaggio con timoniere la squadra olandese scelse come timoniere un bambino francese, per avvantaggiarsi grazie al suo peso ridotto. La squadra vinse e il bambino, che partecipò alla cerimonia di premiazione ma del quale non è nota l’identità, è quasi certamente il più giovane campione olimpico di sempre.
Molti sport ebbero al loro interno competizioni ufficialmente riconosciute come olimpiche ma oggi del tutto dimenticate. Nel nuoto (le cui prove si tennero in una già inquinata Senna) ci furono gare di nuoto a ostacoli e nuoto subacqueo (in cui si vinceva in base a una combinazione di metri percorsi e secondi passati sott’acqua). Sempre nel nuoto, gli australiani mostrarono inoltre un innovativo modo di nuotare molto vicino a quello che oggi è considerato lo standard dello stile libero, che si chiama così perché è in effetti “libero” di essere interpretato in vari modi (poi oggi tutti usano lo stesso perché è più funzionale).
Nell’equitazione ci furono gare di salto in lungo e in alto, nell’atletica leggera ci furono gare di salto in lungo e salto in alto da fermi. La prova di ginnastica artistica era composta da 16 esercizi, compreso il sollevare un masso di 50 chili, arrampicarsi su una corda e il salto con l’asta.
Lo sportivo che più si fece notare fu lo statunitense Alvin Kraenzlein, vincitore in quattro competizioni. Nato nel 1876, Kraenzlein vinse nei 60 metri, nei 110 ostacoli, nei 200 ostacoli e nel salto in lungo. Non è noto perché non partecipò ai 100 metri piani, che pure c’erano, ma si sa che fu protagonista di un contenzioso con un avversario e connazionale che, per motivi religiosi, scelse di non gareggiare la domenica.
Kraenzlein è ricordato come l’atleta che rese popolare la tecnica di salto degli ostacoli che prevedeva di affrontarli frontalmente, superandoli prima con una gamba e poi con l’altra. È la tecnica usata ancora oggi: quella precedente prevedeva che gli ostacoli si superassero invece di lato (un po’ come si fa quando si deve superare uno steccato). La tecnica permise a Kraenzlein di correre senza perdere troppa velocità: vinse la sua gara sui 110 ostacoli in 15,4 secondi, solo un paio di secondi in più rispetto all’attuale record del mondo.
Nonostante de Coubertin non fosse d’accordo, alle prime Olimpiadi di Parigi parteciparono anche una ventina di donne, seppur solo in alcuni sport ritenuti adatti a loro: croquet, equitazione, vela, golf e tennis (e solo in questi ultimi due sport ci furono eventi specifici riservati alle donne). Si ritiene che l’ammissione delle donne sia stato uno dei (pochi) meriti dell’organizzazione da parte dell’Esposizione universale. La prima donna a vincere una gara olimpica fu la svizzera Hélène de Pourtalès, parte dell’equipaggio che vinse in una prova di vela. La prima a vincere da sola fu l’inglese Charlotte Cooper nel singolare femminile di tennis. Cooper era una delle poche tenniste ad avere già allora un servizio dall’alto, e fu anche vincitrice di cinque tornei di Wimbledon.
Nel golf, un’altra vittoria femminile fu meno pronosticabile. La statunitense Margaret Abbott era arrivata a Parigi con la madre perché, da appassionata di arte, voleva visitare l’Esposizione universale. Si iscrisse, sempre con la madre, al torneo di golf – un torneo a cui parteciparono soprattutto statunitensi e britannici ricchi in vacanza a Parigi – e lo vinse. Abbott morì nel 1955 senza mai sapere di essere entrata nella storia delle Olimpiadi.

Margaret Abbott durante una gara di golf alle Olimpiadi di Parigi (Una foto di autore sconosciuto pubblicata sul numero del 14 ottobre 1900 del magazine La Vie au Grand Air, via Wikimedia Commons)
Tra tanti sport strani ma olimpici, ce ne furono moltissimi altri ancora più strani e non riconosciuti dal CIO, seppur spesso erroneamente inseriti nelle varie liste di strani sport della storia olimpica. È il caso della pesca sportiva, delle gare di piccioni, di aquiloni, di mongolfiere (il vincitore atterrò nell’odierna Ucraina), di automobilismo e di bocce (in varie versioni), così come delle gare di tiro al piccione (ne furono uccisi più di 300 in un solo giorno). Eventi legati all’estro di chi organizzò l’Esposizione universale, che in quei mesi furono però indistinguibili dalle gare poi considerate olimpiche.
Le Olimpiadi di Parigi 1900 furono insomma tante cose insieme, tutte piuttosto disordinate. Lo storico Bill Mallon, cofondatore dell’ISOH (Società internazionale degli storici olimpici), le ha definite «le più strane di sempre». Diverse fonti riportano le parole dell’atleta australiano Stanley Rowley secondo il quale fu “ridicolo pensare di aver attraversato il mondo per parteciparvi”. Proprio Rowley fu peraltro il primo e unico atleta a vincere nella stessa olimpiade due medaglie per due paesi diversi: per l’Australia in alcune discipline di atletica leggera, e per il Regno Unito in una gara di corsa a squadre. Pare che ai britannici mancasse un atleta e che gli avessero chiesto di unirsi a loro.
Per quanto strane e precarie, quelle Olimpiadi portarono comunque avanti il perfezionamento e la codifica dello sport moderno e di certi suoi gesti, oltre che dell’evento che più lo celebra. Le Olimpiadi di Parigi 1900 aiutano inoltre a ricordare che il confine tra quello che si considera un grande sport e una semplice bizzarria del passato è – o perlomeno è stato – molto sottile. Perché in termini oggettivi una disciplina come il salto con l’asta non è intrinsecamente più nobile o meno bizzarra del nuoto a ostacoli, o il baseball migliore del croquet.
È solo per convenzioni che si sedimentano nel tempo che si considera normale che certi sport si possano vincere ai punti anziché in altro modo, che siano normali le gare di nuoto a dorso anziché a ostacoli, o che abbiano senso gare su certe distanze anziché su altre. Non è nemmeno detto che le Olimpiadi di Parigi 1900 furono l’ostacolo più grande che la storia olimpica dovette superare. Il New Yorker per esempio ha scritto che le Olimpiadi successive, organizzate nel 1904 a St. Louis in Missouri (anche in quel caso in associazione con l’Esposizione universale), «furono pure peggio».
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