Un cardinale non è un vescovo che ce l’ha fatta
Sono due ruoli importanti nella gerarchia della Chiesa ma hanno compiti diversi, anche se con qualche sovrapposizione

Vescovi e cardinali sono due ruoli importanti nella gerarchia ecclesiastica cattolica, che hanno compiti molto diversi ma anche qualche sovrapposizione. Spesso si crede che un cardinale sia un vescovo che ha ottenuto una promozione: in realtà, per quanto sia un incarico estremamente prestigioso, essere cardinale non significa esattamente essere su un gradino più alto nella gerarchia ecclesiastica.
Un vescovo è un religioso che si occupa innanzitutto dell’amministrazione della Chiesa a livello locale, in un territorio definito diocesi. Per diventarlo si riceve un sacramento, l’ordine, analogo a quello che si riceve per diventare preti, ma di livello più alto. La nomina di un vescovo è un processo molto complesso a cui partecipa solitamente il clero locale e sul quale l’ultima parola spetta di norma alla curia romana (cioè l’insieme degli organi che governano la Chiesa cattolica). Nel mondo ci sono circa 5mila vescovi.
I cardinali sono invece scelti direttamente dal papa per assisterlo nell’amministrazione della Chiesa nel suo complesso. Un tempo potevano diventare cardinali anche preti e diaconi (cioè coloro che hanno preso i due gradi minori, rispetto a quello vescovile) e persino i laici, in rari casi. Dal 1962 chiunque venga nominato cardinale però viene anche ordinato vescovo, a meno che non richieda e ottenga una speciale dispensa dal papa. In poche parole: non serve per forza essere vescovo per diventare cardinale, ma diventando cardinale generalmente si ha anche l’incarico di vescovo.
Tutti i cardinali ricevono un titolo collegato a una delle moltissime chiese di Roma: un’usanza che oggi non ha più alcun riflesso pratico nella vita delle parrocchie romane, ma che risale al tempo in cui i cardinali erano effettivamente gli assistenti del papa nella diocesi di Roma (il pontefice infatti è tecnicamente il vescovo della città, nonostante abbia un’enorme autorità su tutta la Chiesa). Significa che anche un cardinale di un lontano paese asiatico nel titolo avrà un riferimento a una chiesa di Roma, per esempio.
Oggi i cardinali sono 252: 135 di loro potranno votare nel conclave, la riunione che eleggerà il prossimo papa, mentre gli altri 117 no perché hanno superato il limite di età per votare, 80 anni. I vescovi sono invitati ad andare in pensione entro i 75 anni (fino a pochi anni fa erano obbligati a farlo): a quel punto diventano vescovi emeriti. I cardinali invece, anche se non possono più votare, mantengono il proprio titolo: il più anziano attualmente è Angelo Acerbi, novantanovenne.
Molti cardinali risiedono stabilmente a Roma, dove solitamente ricoprono i ruoli più importanti nei dicasteri (enti che con certe cautele potremmo paragonare ai ministeri italiani per l’amministrazione pratica e spirituale della Chiesa) o negli altri organi della curia romana (l’organo che governa la Chiesa). Altri cardinali invece sono anche effettivamente vescovi o arcivescovi di diocesi o arcidiocesi in giro per il mondo. Sono i cosiddetti cardinali residenti: per esempio l’arcivescovo di Tokyo è anche cardinale, e il suo titolo è relativo alla chiesa romana di San Giovanni Leonardi, nel quartiere orientale di Torre Maura.
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