L’ambigua eredità di papa Francesco sulle donne nella Chiesa

È stato al contempo il papa che ne ha promosse di più in ruoli di vertice, e quello che si è detto più volte contrario a riforme strutturali

(AP Photo/Dita Alangkara)
(AP Photo/Dita Alangkara)
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Una settimana prima di morire papa Francesco era tornato al Policlinico Gemelli di Roma, dove a inizio anno era stato ricoverato per più di un mese, per ringraziare i medici e le mediche che lo avevano curato. Durante il suo breve discorso si era rivolto alla rettrice dell’Università Cattolica e del Gemelli, Elena Beccalli, dicendole: «quando comandano le donne, le cose vanno».

Non era la prima volta che il papa diceva una cosa del genere in pubblico. Durante il suo papato Francesco ha spesso fatto seguito a queste parole, nominando diverse donne in posizione di potere all’interno del Vaticano, cioè l’organo di governo della Chiesa cattolica, in una maniera che non si era mai vista all’interno della Chiesa.

Al contempo per la stragrande maggioranza delle donne cattoliche in questi 12 anni non è cambiato nulla. Esattamente come prima infatti le donne non possono celebrare una messa né assolvere una persona durante una confessione, né tantomeno diventare sacerdoti, vescovi o cardinali, cioè le persone incaricate di eleggere il papa. Oggi come allora, insomma, circa la metà delle persone credenti sono di fatto escluse da ogni incarico rilevante all’interno della Chiesa: con pochissime eccezioni legate a contesti a cui sulla carta potevano già accedere prima del pontificato di papa Francesco.

Questa considerazione sta spingendo molti commentatori e osservatori a ritenere che l’eredità di papa Francesco sulla condizione delle donne nella Chiesa sia difficile da decifrare.

Papa Francesco con un gruppo di suore durante un evento in Vaticano, 12 agosto 2024 (ANSA)

«Ha fatto più di qualunque altro papa per assicurarsi che in Vaticano ci siano più donne e in posizioni di maggiore potere», ha detto a Reuters la teologa britannica Anna Rowlands. «Allo stesso tempo i cambiamenti sono avvenuti dentro parametri già stabiliti, piegando il sistema solamente in piccola parte».

Il fatto che oggi in Vaticano ci siano molte più donne rispetto ai papati precedenti è innegabile: fra l’altro le nomine più importanti sono state decise verso la fine del papato di Francesco, quando ormai la spinta iniziale verso riforme più progressiste si era quasi del tutto esaurita, in altri settori della Chiesa.

Nell’estate del 2022 papa Francesco aveva nominato tre donne – Raffaella Petrini, Yvonne Reungoat e Maria Lia Zervino – nel dicastero per i vescovi, l’organo della Chiesa che si occupa di scegliere nuovi vescovi nel mondo: nei secoli precedenti all’incarico erano stati nominati soltanto uomini (come del resto solo gli uomini possono diventare vescovi).

Più di recente ha nominato suor Simona Brambilla prefetto di dicastero, l’equivalente vaticano della carica di un ministro. Anche in questo caso non era mai successo che una donna diventasse prefetto. Durante il suo ultimo ricovero al Gemelli papa Francesco ha anche trovato il tempo di nominare la prima donna a diventare governatrice della Città del Vaticano, cioè Petrini (che proviene dalla fazione progressista della Chiesa ed è stata una delle sue collaboratrici più strette). Papa Francesco ha anche incluso per la prima volta delle donne nei Sinodi, le riunioni straordinarie dei vescovi.

Papa Francesco e Raffaella Petrini fotografati nel 2021 (ANSA)

Al contempo in tutto il suo pontificato Francesco ha compiuto quelle che persino il magazine gesuita America ha definito «figuracce imbarazzanti», quando si è trovato a parlare della condizione delle donne nel mondo e nella Chiesa. Ancora nel 2024 durante un discorso all’università cattolica di Lovanio, in Belgio, disse che per lui essere una donna significa «accoglienza feconda, cura, dedizione vitale»: insomma una visione della donna che la vuole esclusivamente dedita alla cura di altre persone, e poco altro. Alla fine di quell’incontro, peraltro, l’università di Lovanio pubblicò un irrituale comunicato stampa in cui criticava le posizioni «conservatrici» del papa sulle donne.

In altre occasioni il papa ha preso in giro il movimento femminista, ha usato formule stereotipate e poco informate per parlare della cosiddetta “teoria del gender” e più in generale ha spesso promosso un’immagine un po’ antiquata e paternalista delle donne.

Questa ambiguità di fondo ha portato anche papa Francesco a promuovere ben due commissioni interne sulla possibilità che le donne possano diventare diacono, una specie di sacerdozio di Serie B che però consente di sovrintendere ad alcune funzioni. Nelle prime comunità cristiane alle donne era consentito diventare diacone: poi la Chiesa si è irrigidita nel tempo, soprattutto durante l’epoca della cosiddetta Controriforma, durante la quale per reazione alla diffusione della dottrina protestante vennero imposte a tutti i livelli pratiche estremamente conservatrici.

Al contempo il papa non ha mai promosso questa possibilità, e anzi nel tempo si è detto più volte contrario al fatto che le donne possano diventare sacerdoti o simili, oggi o in futuro.

Nessuna delle due commissioni peraltro è mai riuscita a raggiungere un punto di compromesso sulla questione: la prima rimase in carica fra 2016 e 2019 e le sue conclusioni non sono mai state rese pubbliche, sebbene il papa abbia detto che non contenevano indicazioni nette. Una seconda commissione avviata nel 2020 non ha mai concluso i propri lavori.

La prima commissione era composta per metà da uomini e per metà da donne. Anche per questo, probabilmente, non è riuscita a raggiungere un compromesso. Dentro la Chiesa infatti sono soprattutto i leader maschi a essere contrari a una maggiore uguaglianza. Un enorme sondaggio condotto nel 2023 su 17mila donne cattoliche di 104 paesi diversi ha mostrato che più di due terzi di loro è favorevole al sacerdozio femminile, e una percentuale ancora superiore alla possibilità che abbiano ruoli di primo piano anche nelle funzioni.

«Nella Chiesa le cose non si cambiano da un giorno all’altro: ci vogliono anni», ha detto la giornalista argentina – e amica personale di papa Francesco – Elisabetta Piqué al magazine America, lasciando intendere che Francesco non poteva portare avanti tutte le riforme necessarie e rivoluzionare la Chiesa nel suo solo pontificato.