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  • Mercoledì 14 maggio 2025

Perché attori e registi ce l’hanno col ministro Alessandro Giuli

Lo accusano da tempo di ignorare i problemi del settore, e anzi di esserne complice: ora siamo agli attacchi personali

Il ministro della Cultura Alessandro Giuli
(ANSA)
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Negli ultimi giorni si è intensificato uno scontro verbale che va avanti da un po’ tra chi lavora nel cinema e il ministro della Cultura Alessandro Giuli. Il ministro è accusato di non fare abbastanza per risollevare il settore dalla crisi produttiva in cui si trova da tempo: nel giro di qualche giorno queste accuse si sono trasformate in una serie di attacchi reciproci personali tra lo stesso Giuli e due importanti esponenti del cinema e dello spettacolo, l’attore Elio Germano e la comica e conduttrice Geppi Cucciari.

Martedì 94 persone tra registi e attori italiani hanno firmato una lettera rivolta a Giuli, in cui lo accusano di attaccare in maniera non democratica chi lo critica e gli chiedono di darsi da fare per migliorare le condizioni del settore. Tra i firmatari ci sono Nanni Moretti, Paolo Sorrentino, Matteo Garrone, Paolo Virzì, Ferzan Ozpetek, Paola Cortellesi, Alba Rohrwacher, Anna Foglietta, Luca Zingaretti e Pierfrancesco Favino.

Le discussioni recenti si sono intensificate soprattutto a partire da un discorso fatto da Elio Germano durante la premiazione dei David di Donatello, lo scorso 7 maggio. Dopo essere stato premiato come attore protagonista per il film Berlinguer – La grande ambizione di Andrea Segre, Germano ha accusato il governo di disinteressarsi dei problemi del cinema e di mettere in posizioni decisionali i propri alleati politici anziché persone in grado di risolvere quei problemi. Parlando di Giuli e del ministero della Cultura, Germano ha detto: «Mi piacerebbe che invece di piazzare i loro uomini nei posti chiave come fanno i clan si preoccupassero di fare davvero il bene della nostra comunità mettendo le persone competenti nei posti giusti».

Il riferimento di Germano ai “clan” è stato accolto molto male da Giuli, che in un’intervista sulla Stampa ha alluso alle parole di Germano accusandolo di averlo accostato alla mafia e ha parlato, con il suo solito linguaggio un po’ astruso, di «danni provocati dal tribalismo domestico gauchista». La polemica tra i due è continuata: durante un evento a Firenze Giuli ha citato Germano in maniera esplicita, accusandolo di fare parte di una «minoranza rumorosa» che approfitta della propria visibilità e di luoghi istituzionali per «cianciare in solitudine»: affermazioni a cui Germano ha a sua volta risposto definendo «inquietante» il riferimento diretto ed esplicito di un ministro, in pubblico, a una persona che lo aveva contestato.

La polemica si è ulteriormente acuita con un riferimento questa volta implicito fatto da Giuli nei confronti di Geppi Cucciari. Alla presentazione dei candidati ai David al Quirinale anche lei aveva parlato del ministro, più che altro prendendolo un po’ in giro: riferendosi a Giuli al suo linguaggio criptico Cucciari aveva detto che è «l’unico ministro i cui interventi possono essere ascoltati anche al contrario, e spesso migliorano». Nello stesso incontro pubblico in cui aveva parlato di Germano, Giuli ha citato direttamente anche Cucciari e poco dopo ha detto che alla cultura di sinistra, un tempo dotata di intellettuali, «sono rimasti i comici e basta».

Nella lettera a Giuli (leggibile qui) attori e registi in vista chiedono a Giuli di ascoltare «le richieste urgenti avanzate da mesi» da chi lavora nel cinema e di interrompere quelli che i firmatari e le firmatarie hanno definito «gli attacchi inaccettabili a chi democraticamente ha mosso critiche all’operato del ministero», esprimendo poi la propria solidarietà a Germano e Cucciari.

Lo scontro tra Giuli e i lavoratori e le lavoratrici del cinema va avanti già da qualche settimana ed è iniziato per via di quella che molti considerano l’inerzia dello stesso Giuli nell’adottare misure per migliorare le condizioni del settore cinematografico italiano. Secondo una petizione presentata qualche settimana fa da una ventina di associazioni, attualmente circa il 70 per cento delle persone che lavorano nel cinema (attori e attrici, registi e registe e autori e autrici, tra gli altri) è senza occupazione da oltre un anno. A soffrire di più la crisi sono soprattutto le produzioni più piccole e indipendenti, quelle che necessiterebbero di più di finanziamenti da parte dello Stato.

Al centro del problema ci sarebbe soprattutto il ritardo del governo nell’avviare una riforma del cosiddetto “tax credit”, uno sgravio fiscale fino al 40 per cento delle spese sostenute per fare un film pensato per incentivare la produzione di nuove opere cinematografiche.

La misura esisteva da tempo, ma fu potenziata nel 2016 da una legge promossa dall’allora ministro della Cultura Dario Franceschini: nell’immediato portò a una crescita eccezionale in tutto il cinema italiano, ma con la pandemia, le sue conseguenze sul settore e il modo in cui si riprese si verificarono alcune storture che l’anno scorso il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano affrontò imponendo un blocco dell’erogazione dei fondi. Nel frattempo, nonostante i suoi intenti iniziali, il sistema del tax credit sta privilegiando soprattutto le produzioni più grosse, e penalizzando invece quelle più piccole. Si parla da tempo della necessità di riformare il sistema del tax credit: nell’ultimo anno si erano espressi pubblicamente anche i registi Gabriele Muccino e Pupi Avati.

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