Perché certe persone desiderano il caos

Secondo alcuni studi può spiegare in parte il successo del populismo e derivare dal risentimento di chi sente di aver perso il proprio status sociale

La scena in cui Joker dà fuoco a un mucchio di banconote
L’attore Heath Ledger in una scena del film del 2008 Il cavaliere oscuro (mptvimages.com/contrasto)

A un certo punto del film del 2008 Il cavaliere oscuro, diretto da Christopher Nolan, Joker brucia un gran cumulo di banconote che si era spartito con un gruppo di criminali di Gotham. Commentando quel comportamento, il maggiordomo e confidente di Batman Alfred sostiene che certe azioni siano imprevedibili perché prive di logica, e che sia impossibile ragionare con le persone che le compiono. E aggiunge: «certi uomini vogliono solo veder bruciare il mondo».

Di caos si è parlato in più occasioni nei giorni scorsi a proposito degli effetti delle politiche economiche attuate dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che prevedono l’imposizione di pesanti dazi sull’importazione di merci straniere. Diversi analisti ipotizzano che tali politiche, per quanto scriteriate e difficili da interpretare, siano parte di una più ampia tattica negoziale. Ma in alcuni studi di scienze politiche degli ultimi anni il caos è stato descritto anche in termini diversi, come un atteggiamento politico in grado di generare consenso e attirare una parte dell’elettorato.

La frase su Joker, una delle più famose della serie di film su Batman diretti da Nolan, è il titolo e la citazione iniziale di uno studio di scienze politiche del 2021 che misura e analizza il «bisogno di caos» condiviso da una parte della popolazione nelle democrazie avanzate e sfruttato dai partiti populisti. È un argomento di cui gli autori si occupano da diversi anni, attraverso sondaggi condotti principalmente nei paesi anglosassoni e da cui emerge che sentimenti di frustrazione, di emarginazione percepita e di risentimento e insoddisfazione per l’intero sistema politico possono portare a un desiderio psicologico di caos.

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I principali autori di questi studi sono i ricercatori danesi Michael Bang Petersen e Mathias Osmundsen, dell’università di Aarhus, e il francese Kevin Arceneaux, dell’Istituto di studi politici di Parigi. Per misurare il desiderio di caos delle persone hanno sviluppato un sondaggio che chiede ai partecipanti di esprimere quanto sono d’accordo con affermazioni del tipo: «mi emoziono quando disastri naturali colpiscono paesi stranieri», «penso che la società debba essere rasa al suolo», o «sogno una catastrofe naturale che spazzi via gran parte dell’umanità, in modo che un piccolo gruppo di persone possa ricominciare tutto da capo».

Dai risultati dei sondaggi condotti negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito e in Australia, pubblicati nello studio del 2021, emerse che la maggior parte delle persone non affermava di volere il caos. Era un desiderio dichiarato da circa il 20 per cento del campione, in tutti i paesi analizzati, ma di questa minoranza facevano parte due sottogruppi diversi.

Il più numeroso, composto da circa il 15 per cento del campione totale, era quello dei cosiddetti «ricostruttori»: desiderano il caos e la distruzione, ma perché li ritengono l’unico modo possibile per ridefinire l’ordine politico e sociale. L’altro sottogruppo, composto da circa il 5 per cento del campione, diceva invece di desiderare il caos fine a sé stesso, la distruzione senza ricostruzione e senza alcuna preoccupazione per chi ne pagherebbe le conseguenze.

Per spiegare i risultati elettorali e la politica in generale spesso nelle democrazie si fa riferimento a vari fenomeni economici e sociali complessi, come la stagnazione dei salari o la disuguaglianza nei redditi. Ma secondo gli autori dello studio su diversi eventi politici dell’ultimo decennio, tra cui la prima elezione di Trump e l’ascesa del populismo in Europa, ha avuto un impatto significativo anche la percezione di alcune persone di aver perso il loro status sociale individuale, indipendentemente da quanto fosse reale la perdita. Da queste persone, che si considerano emarginate dalla società e deprivate di ciò che ritengono di meritare, il caos è visto prima di tutto come un modo per sovvertire le strutture di potere e ricavarne uno status sociale individuale migliore.

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I sentimenti di frustrazione che sono spesso alla base del desiderio di caos non sembrano peraltro correlati a una chiara ideologia politica. Sono condivisi da persone di diversa estrazione sociale, come emerso in un articolo del 2023 in cui Petersen, Osmundsen e Arceneaux descrissero altri loro studi condotti tra il 2018 e il 2022. In quel periodo scoprirono che il risentimento verso l’establishment politico negli Stati Uniti era espresso per ragioni diverse sia da membri di gruppi tradizionalmente privilegiati e dominanti – i maschi bianchi ricchi – sia da membri di minoranze storicamente emarginate.

Non è detto che le persone accomunate dall’impressione di una perdita del proprio status sociale siano indigenti, ha spiegato Arceneaux al sito Science News. È una percezione condivisa anzi anche da persone che sono in senso assoluto benestanti: in ogni caso «la loro reazione a questa perdita percepita è cercare di creare problemi». Anche la condivisione di disinformazione sui social media, secondo Arceneaux e gli altri autori, risponde spesso a questa esigenza: non importa che i contenuti condivisi siano veri, ma che creino problemi.

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«Le persone che provano rabbia e si sentono minacciate si rivolgono a politici dominanti che sono disposti ad agire in modo aggressivo e trasgressivo», disse Petersen al New York Times poco meno di due mesi prima delle presidenziali statunitensi del 2024. Secondo lui, politici populisti come Trump e come altri nelle democrazie occidentali attirano consensi «perché le persone si aspettano da loro che siano in grado di prevalere nei conflitti contro chiunque si oppongano, incluso il sistema politico sovraordinato».

Le ricerche condotte da Petersen, Osmundsen e Arceneaux tra il 2018 e il 2022 mostrano che il desiderio di caos è spesso associato a sentimenti di solitudine e all’impressione degli individui di avere una vita insoddisfacente e di non poterla cambiare. «Sentono di non essere rispettati quanto dovrebbero», ha detto Arceneaux a Science News, citando una teoria di psicologia sociale della fine degli anni Sessanta, nota come deprivazione relativa.

È l’idea secondo cui un certo desiderio di rivalsa verso la società non nasca dalla percezione di una difficoltà economica in senso assoluto, ma dalla percezione di una differenza tra quanto le persone pensano che spetti loro e quanto effettivamente ricevono dalla società rispetto ad altre persone. «Se sei il mio capo e dici: “ti darò un aumento del 5 per cento”, è bello, no? Ma se poi scopro che hai dato al mio collega un aumento del 10 per cento, mi sento come se mi stessero fregando», ha spiegato Arceneaux.

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L’aspetto interessante, secondo lui, è che le persone che si ritengono di status elevato hanno anche i punteggi più alti nel sondaggio che misura il bisogno di caos: «la loro preoccupazione sembra essere perdere quel vantaggio». Ed è una condizione che tende a verificarsi non solo negli Stati Uniti, ma in tutti i contesti sociali contraddistinti da forti disuguaglianze: nella parte bassa si diffonde una sensazione di deprivazione relativa e che il sistema sia truccato a vantaggio di altre persone; nella parte alta si diffonde tra gli individui una preoccupazione di perdere ciò che hanno e sentono come dovuto.

Negli Stati Uniti la correlazione tra la percezione di perdita del proprio status e il bisogno di caos è comunque più forte in assoluto tra gli uomini bianchi che tra gli individui di gruppi emarginati. Il che ha senso, ha concluso Arceneaux, perché se hai la percezione di non essere rispettata o rispettato, e per di più fai parte di una minoranza storicamente emarginata, «creare caos non ti aiuta: ti rende un bersaglio».