I due principali leader dell’indipendentismo catalano hanno fatto pace
Carles Puigdemont e Oriol Junqueras, leader di due partiti di orientamento diverso, vogliono riprendere a lavorare insieme per «una nuova fase» del movimento indipendentista

Giovedì Carles Puigdemont e Oriol Junqueras, i due principali leader politici dell’indipendentismo catalano, si sono incontrati per la prima volta da quando sono tornati alla guida dei rispettivi partiti: Uniti per la Catalogna (Junts, di centrodestra) e Sinistra repubblicana (ERC, di sinistra). Negli ultimi anni sia tra Puigdemont e Junqueras sia tra i loro partiti i rapporti si erano deteriorati, dopo una decennale alleanza culminata nel referendum unilaterale sull’indipendenza del 2017. In un comunicato congiunto diffuso alla fine dell’incontro Puigdemont e Junqueras hanno detto che comincerà «una nuova fase» per rilanciare il movimento indipendentista.
Anche se l’alleanza non è ancora stata ripristinata, la pacificazione tra Junts ed ERC è di per sé una notizia. Chiude l’ostilità che aveva separato i due più forti partiti indipendentisti catalani dopo l’uscita di Junts dal governo regionale nel 2022 e la scelta di ERC, lo scorso agosto, di sostenere il candidato governatore dei Socialisti, ostile a Junts, in una votazione che Puigdemont stesso aveva cercato di sabotare con il suo breve e spettacolare ritorno a Barcellona, e la nuova fuga nonostante il mandato di arresto emesso ormai da anni nei suoi confronti dalla giustizia spagnola.
La ripresa della collaborazione ha anche implicazioni per il governo nazionale. Senza i voti di Junts o di ERC, infatti, il primo ministro Socialista Pedro Sánchez non ha la maggioranza in parlamento. Junts minaccia costantemente di farglieli mancare e lo ha fatto anche venerdì, rumorosamente: non è ancora chiaro quali e quante conseguenze potrà avere sulla stabilità di Sánchez.
L’incontro tra Puigdemont e Junqueras è durato due ore e mezza. Si è tenuto a Waterloo, in Belgio, dove Puigdemont vive in un esilio autoimposto: è ancora ricercato e l’anno scorso il Tribunale supremo spagnolo gli ha negato l’amnistia, stabilendo che la legge per l’amnistia ai leader indipendentisti catalani non si applica a uno dei reati di cui è accusato (appropriazione indebita di fondi pubblici). Nel 2017 Puigdemont, all’epoca presidente della regione, era scappato all’estero per evitare l’arresto. A differenza sua Junqueras (ai tempi vicepresidente) era rimasto, finendo in carcere (insieme ad altri otto leader) e uscendone solo dopo la grazia decisa da Sánchez nel 2021.

Carles Puigdemont interviene, da remoto, a una riunione di Junts, l’8 gennaio (David Zorrakino/Contacto via ZUMA Press)
Puigdemont è tornato leader di Junts lo scorso ottobre, dopo esserlo stato fino al 2022; Junqueras di ERC lo scorso dicembre. Il ritorno dei leader storici arriva alla fine di una fase di debolezza politica del campo indipendentista, che alle elezioni regionali dello scorso maggio ha perso per la prima volta in dieci anni la maggioranza al parlamento catalano (e 800mila voti rispetto al 2017).
Non era il primo incontro in assoluto tra i due dopo la liberazione di Junqueras – ce n’era stato uno nel 2021 e uno nel 2024 – ma è stato il primo in cui i leader si sono riavvicinati. Entrambi hanno detto che, nonostante le differenze, considerano imprescindibile rafforzare le relazioni tra i partiti perché condividono la stessa lotta e gli stessi obiettivi. Dopo la riunione Puigdemont ha dato un passaggio a Junqueras sulla sua macchina, che ha una targa personalizzata con la data del 1° ottobre 2017, il giorno del referendum (in Belgio è possibile personalizzarla pagando un migliaio di euro).
«A Waterloo, dove la temperatura ha ballato tutto il giorno sugli zero gradi, è avvenuto il disgelo di una relazione tormentata», ha scritto El País, il principale quotidiano spagnolo. Secondo El País però è stato un successo a metà per i due leader, che non sono arrivati a ristabilire ufficialmente la vecchia alleanza. Secondo fonti della Vanguardia, un giornale catalano con posizioni moderatamente autonomiste, ci sono comunque stati vari punti di convergenza, nonostante Junts ed ERC abbiano una posizione molto diversa nei confronti per esempio del governo Sánchez, come si è visto anche nei giorni scorsi.

Pedro Sánchez, a Madrid il 14 gennaio (Alejandro Martínez Vélez/Contacto via ZUMA Press)
Sia Junts sia ERC sostengono il governo di Sánchez, come vari altri partiti autonomisti. Nei quattordici mesi del suo terzo mandato, però, hanno tenuto un atteggiamento molto differente. ERC è stato un alleato più affidabile e ha rivendicato la sua collocazione come necessaria a impedire una maggioranza alternativa tra i Popolari (PP) e l’estrema destra (Vox). Junts, invece, non fa grosse distinzioni tra i partiti nazionali: dà un appoggio esterno e utilizza il peso dei suoi sette voti, senza i quali come detto Sánchez non ha i numeri per far approvare i provvedimenti in parlamento, soprattutto per ottenere concessioni dal governo.
Questa settimana Junts ha nuovamente minacciato di far mancare i suoi voti creando problemi sulla legge di bilancio ancora non approvata. Junts ha presentato una mozione per vincolare Sánchez a un voto di fiducia: non è l’equivalente di una sfiducia, perché nell’ordinamento spagnolo la possono chiedere solo il primo ministro o la maggioranza dei deputati, ma una specie di verifica della maggioranza. I Socialisti e i loro alleati di Sumar (sinistra), che controllano la presidenza della camera bassa, l’hanno rinviata esprimendo dubbi di costituzionalità.
Venerdì Puigdemont ha convocato una riunione urgente di Junts, sospendendo i negoziati in corso con i Socialisti (sulla legge di bilancio ma non solo) e chiedendo nelle prossime settimane un accertamento dei progressi sugli accordi di inizio legislatura. Non è ancora una crisi di maggioranza, ma può esserne l’antefatto, se Junts decidesse di ritirare l’appoggio esterno. «C’è il rischio di una rottura», ha detto Puigdemont, «se non ritroveremo la fiducia e se non si rispetta l’accordo».
Di solito questa mossa è finalizzata a fare pressione sui Socialisti perché accettino le richieste di Junts: a questo giro la principale è la cessione all’amministrazione regionale catalana di tutte le competenze sulla gestione dell’immigrazione (che sono prerogativa del governo centrale).
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