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  • Lunedì 10 ottobre 2022

È finita l’alleanza degli indipendentisti in Catalogna

Per quasi un decennio la regione spagnola era stata governata da una grande coalizione di indipendentisti, che ora si è spaccata

Il presidente catalano Pere Aragonès lo scorso maggio a Barcellona (AP Photo/ Joan Mateu Parra)
Il presidente catalano Pere Aragonès lo scorso maggio a Barcellona (AP Photo/ Joan Mateu Parra)
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Venerdì il partito indipendentista catalano Junts, di centrodestra, ha rotto l’alleanza con il partito di centrosinistra indipendentista ERC (Esquerra republicana), lasciandolo da solo al governo. La decisione è arrivata dopo un voto interno con cui il 55 per cento degli iscritti di Junts aveva deciso di non sostenere più il governo, accusando gli alleati di ERC e il presidente regionale Pere Aragonès, esponente del partito, di essere troppo accondiscendenti con il governo spagnolo rispetto al tema dell’autonomia o dell’indipendenza della regione.

L’allontanamento di Junts dal governo segna una rottura significativa tra la destra e la sinistra indipendentista, che da tempo dominano il governo locale, e che per circa un decennio hanno contribuito assieme all’avanzamento delle istanze indipendentiste in Catalogna, che culminarono nel referendum illegale del 2017. Adesso ci si aspetta che la ERC continui a governare da sola con un governo di minoranza, ma non è escluso che per la prima volta dopo molti anni possa cercare anche il sostegno di partiti non indipendentisti.

Nel movimento indipendentista catalano c’è da tempo una grossa divisione tra moderati, che vorrebbero concordare con il governo spagnolo un referendum legale per l’indipendenza, come Aragonès, e oltranzisti, che per ottenere la secessione cercherebbero invece lo scontro diretto e le azioni unilaterali, come la gran parte degli esponenti di Junts. Dopo giorni particolarmente tesi, a fine settembre Aragonès aveva licenziato il suo vice, Jordi Puigneró, di Junts, che lo aveva accusato di non fare abbastanza per la causa indipendentista. In risposta, il partito aveva preannunciato un confronto interno in cui avrebbe discusso se continuare a sostenere il governo.

La corrente di Junts che ha votato per uscire dal governo è stata in particolare quella più vicina alla presidente del partito, Laura Borràs, una convinta indipendentista: secondo Borràs adesso il governo di Aragonès non ha una «legittimità democratica» e spetterebbe al parlamento regionale decidere se potrà continuare a governare. Dal canto suo, sabato Aragonès ha fatto sapere che avrebbe lavorato per costruire nuove alleanze e cercato «la strada dell’ampio consenso» per «assicurare la stabilità delle istituzioni». Nel suo annuncio non aveva fatto alcun riferimento alla questione dell’indipendenza.

Per ora ci si aspetta che lunedì Aragonès nomini ufficialmente i sette nuovi consiglieri che prenderanno il posto di quelli di Junts, tra cui ci saranno anche tre indipendenti: Gemma Ubasart, professoressa universitaria ed ex segretaria di Podemos in Catalogna, che sarà nominata responsabile del dipartimento di Giustizia; Quim Nadal, ex sindaco di Girona ed ex leader del Partito dei Socialisti di Catalogna (PSC) nel parlamento catalano, come consigliere per le Università; e al dipartimento dei Diritti Sociali Carles Campuzano, ex deputato di Convergència i Unió, ex coalizione di centro.

Nella Generalidad catalana, cioè il governo della regione, ERC dispone attualmente di appena 33 seggi su 135, pur essendo la delegazione più numerosa. Per questo è possibile che, a seconda delle future alleanze, la Catalogna finisca a essere governata da forze anche non indipendentiste per la prima volta dopo moltissimo tempo. Secondo quanto scrive El País si sono detti disposti a fare alleanze sia il PSC, cioè la versione locale del Partito Socialista, sia En Comú Podem, una coalizione di orientamento progressista che dipende da Unidas Podemos.

– Leggi anche: L’indipendentismo in Catalogna cinque anni dopo il referendum

Cinque anni fa, il 1° ottobre del 2017, in Catalogna si era tenuto il contestato e illegale referendum per l’indipendenza dalla Spagna, che ancora oggi è una delle questioni più rilevanti e controverse non soltanto in Catalogna, ma in tutto il paese. Negli anni successivi al referendum, tuttavia, il numero dei catalani favorevoli all’indipendenza è sceso costantemente e il movimento indipendentista si è frammentato, con il risultato che l’iniziativa politica dei secessionisti ha perso almeno in parte la sua spinta.

Questo non significa che le istanze indipendentiste si siano esaurite: sono anzi ancora fortissime in tutta la Catalogna. Il contesto politico che nel 2017 portò al referendum illegale e alla dichiarazione di indipendenza unilaterale però è ormai molto lontano, e le forze politiche attualmente al potere, sia in Spagna sia in Catalogna, stanno cercando faticosamente di instaurare un dialogo sulla questione dell’autonomia della regione.

Da oltre un anno il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez e Aragonès hanno iniziato a organizzare incontri periodici tra una delegazione spagnola e una catalana. Sánchez non ha intenzione di concedere alla Catalogna l’indipendenza, ma soltanto di trattare su ulteriori livelli di autonomia; Aragonès invece rimane un convinto indipendentista, che però non vuole organizzare un referendum secessionista che non sia legale e concordato con il governo.

In questo periodo gli alleati del governo catalano si erano scontrati proprio sulla questione delle relazioni con la Spagna, con Junts che aveva sostenuto le iniziative unilaterali e ha rivendicato di essere l’unico partito catalano davvero orientato a ottenere l’indipendenza.