La mina vagante

Fenomenologia di Claudio Lotito, senatore di Forza Italia che coi suoi modi istrionici ottiene spesso quello che cerca e quasi sempre crea scompiglio nel governo

(RICCARDO ANTIMIANI/ANSA)
(RICCARDO ANTIMIANI/ANSA)
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Un martedì di inizio novembre, mentre scorreva un pomeriggio piuttosto sonnacchioso in Senato, accanto alla buvette sono rimbombate urla fragorose. La buvette è il piccolo bar che si trova nei pressi dell’aula di Palazzo Madama, dove i lavori ancora dovevano cominciare. A causare quelle urla era stato il vocione di Claudio Lotito, senatore di Forza Italia, in piedi davanti a un collega di partito.

Stavano parlando del Molise, regione di cui Lotito è coordinatore, e dei deludenti risultati alle elezioni provinciali di Campobasso. All’improvviso Lotito ha inveito contro il suo interlocutore: «Tu dici a me che sono arrogante? Io arrogante? Io so’ uno che vale miliardi. Tu chi cazzo sei?». E ancora: «Sei patetico, sei arrivato ieri in Forza Italia». Al che il malcapitato esponente di Forza Italia ha provato a ribattere mostrando una foto di una vecchia festa di Forza Italia in Molise, in cui era accanto a Silvio Berlusconi. «Altro che arrivato ieri. Io in questo partito ci sto da quando ero ragazzino». Lotito gli ha risposto, urlando: «Io Berlusconi lo conosco da 34 anni, ma che sto a perdere tempo con uno come te?». Poi l’ha mandato a quel paese per concludere la discussione e se n’è andato.

La scena è stata abbastanza clamorosa, non è abituale vedere un diverbio così animato, con scambio di insulti, nei corridoi del Senato. Eppure nessuno di quelli che passavano di là – parlamentari, funzionari, commessi – è sembrato darci troppo peso. L’obiezione condivisa da molti, con un moto di noncuranza, è stata del tipo: vabbè, è Lotito.

Grosso modo la stessa reazione ce l’hanno avuta altri senatori, pochi giorni dopo, quando hanno liquidato un altro gesto inconsulto di Lotito. In commissione Bilancio si stavano discutendo gli emendamenti al decreto fiscale, il cosiddetto decreto “Anticipi”, e il governo aveva dato parere negativo a un paio di proposte presentate da Forza Italia. Il governo deve sempre esprimersi sugli emendamenti presentati, sia su quelli della maggioranza sia su quelli delle opposizioni: se li ritiene coerenti col resto del provvedimento, e soprattutto se ha la certezza che non implichino delle spese eccessive che metterebbero a rischio la tenuta dei conti pubblici, li dichiara ammissibili, altrimenti no, e di fatto quegli emendamenti decadono.

Un ruolo molto importante, in questo processo di verifica, lo svolge la Ragioneria generale dello Stato, che è un organo del ministero dell’Economia che vigila sulla corretta gestione delle risorse pubbliche: deve assicurare che le varie proposte normative del governo e del parlamento abbiano le coperture economiche necessarie, cioè possano essere finanziate senza produrre squilibri nel bilancio statale.

Quando Lotito si è visto bocciare dal governo un paio di emendamenti a cui teneva particolarmente ha dato in escandescenze. «Ditemi il numero di Biagio Mazzotta, voglio chiamarlo subito». Voleva chiamare, cioè, il capo della Ragioneria generale dello Stato. Non è inusuale che i parlamentari si confrontino con la struttura tecnica del ministero dell’Economia, né che abbiano un confronto con Mazzotta stesso. Farlo così, telefonandogli davanti a tutti con toni polemici, è decisamente più irrituale. Comunque nessuno dei presenti si è scomposto più di tanto, neppure in questo caso: vabbè, è Lotito.

Lotito ha 66 anni, è romano di padre calabrese e madre di Amatrice. È genero di uno dei più ricchi imprenditori edili di Roma e non solo, Gianni Mezzaroma, di cui ha sposato la figlia. Istrionico e verace, dalla romanità mai dissimulata e a volte sbracata, diventò molto ricco negli anni Novanta grazie alle sue imprese di pulizie che ottennero importanti appalti per enti pubblici laziali. È anche presidente della Lazio, una delle due squadre di calcio di Roma, che Lotito rilevò a metà degli anni Duemila quando era di fatto sull’orlo del fallimento, diventando poi uno dei protagonisti politicamente più influenti nella Serie A. Claudio Lotito è tutto questo, ma è anche, dal 2022, un senatore di Forza Italia.

Lotito sotto la Curva Nord dello Stadio Olimpico, quella dei tifosi della Lazio, prima dell’inizio del derby contro la Roma, il 19 marzo 2023 (Fabrizio Corradetti/LaPresse)

Durante le tribolate trattative per l’approvazione della legge di bilancio gli esponenti di governo e i funzionari del ministero dell’Economia lo hanno più volte descritto come una specie di mina vagante: perché Lotito non è solo un personaggio folkloristico, un politico insofferente all’etichetta e al galateo istituzionale che di tanto in tanto dà in escandescenze, ma è anche un senatore influente nel suo partito. Dietro i suoi modi esuberanti, dietro le sue pose caricaturali, c’è in verità l’atteggiamento di un politico determinato, spesso spregiudicato, che insomma prova ogni volta che può a far valere le sue ragioni. In certi momenti con iniziative che mettono in difficoltà il suo stesso partito e la sua stessa maggioranza, in altri casi con azioni audaci e disinvolte che permettono a Forza Italia di fare pressione sugli alleati di destra.

Capita che sia proprio Lotito a intestarsi battaglie politiche su questioni molto delicate, e nel far questo consente a Forza Italia di avere un certo peso negoziale nelle trattative al Senato. Il sottinteso, nei colloqui tra i dirigenti di Lega e Fratelli d’Italia con quelli di Forza Italia, è che siccome Lotito è imprevedibile e potrebbe fare cose inconsulte, su cui il suo partito non avrebbe margine di controllo, è bene concedergli qualcosa così almeno lo si tiene buono. Lotito è così, perennemente in cerca di accordi che possano garantire l’approvazione delle norme a cui tiene di più. Se questi accordi si conciliano con l’orientamento del suo partito e del governo che il suo partito sostiene, bene. Altrimenti non si fa troppi scrupoli a cercare sponde anche nell’opposizione, a costo di contraddire la maggioranza di cui fa parte.

Esponenti del Movimento 5 Stelle e del Partito Democratico raccontano di essere stati avvicinati da Lotito per avviare intese sottobanco, con lo scopo di far passare alcuni emendamenti alla legge di bilancio su cui il governo aveva espresso parere contrario, sia in materia fiscale sia sul Superbonus (le agevolazioni garantite dallo Stato per le ristrutturazioni edilizie finalizzate a migliorare l’efficienza energetica delle case e dei condomini). Nella notte tra domenica e lunedì Lotito ha minacciato più volte di bloccare le votazioni sugli emendamenti alla manovra finanziaria in discussione se non fossero state accolte alcune sue richieste che toccavano gli interessi delle società di calcio, e che sono poi state accantonate.

Lotito è vicepresidente della commissione Bilancio, che è quella da cui passano tutti i più importanti provvedimenti di natura economica, e sa che con quel ruolo può di fatto ricattare il governo. In commissione la maggioranza ha solo due voti di margine sull’opposizione, e siccome Forza Italia è rappresentata, oltre che dallo stesso Lotito, anche da Dario Damiani, il partito ha un ampio potere negoziale.

Lo scorso giugno la maggioranza fu battuta in commissione mentre si votava un decreto sul lavoro a causa dell’assenza dei due senatori. Lotito e Damiani arrivarono pochi minuti dopo il voto, spiegando che erano impegnati in una riunione di gruppo di Forza Italia e che avevano comunicato per tempo il loro ritardo al presidente della commissione Nicola Calandrini. Accusarono quest’ultimo di non essere stato abbastanza reattivo nel ritardare le votazioni, ma si scoprì poi che la riunione di partito era in verità un brindisi per il compleanno dello stesso Damiani. Lotito, prendendo posto nella commissione, rivendicò esplicitamente la mossa: «Questo è solo l’antipasto», disse.

Lotito discute col ministro Tajani, leader di Forza Italia, durante le commemorazioni di Silvio Berlusconi nell’aula del Senato, il 20 giugno 2023 (ETTORE FERRARI/ANSA)

L’incidente in commissione fu una specie di vendetta per una cosa successa il giorno prima. In una riunione di maggioranza si stava discutendo un provvedimento per contrastare la pirateria informatica, e che riguardava indirettamente anche gli interessi delle società di calcio di Serie A. Lotito aveva partecipato con toni polemici a quell’incontro, urlando affinché venissero accolte le sue richieste: ma non ci riuscì, e il giorno dopo lui e Damiani si presentarono in ritardo al voto.

È anche per questo precedente che Lotito è considerato dal governo come uno che va tenuto d’occhio per evitare inciampi o imboscate. Quando la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha imposto che i partiti di maggioranza non presentassero emendamenti al disegno di legge sulla manovra finanziaria, è stato tra i primi a protestare, considerandola una scelta sbagliata.

Al termine di un’audizione di Giancarlo Giorgetti al Senato, il 14 novembre scorso, Lotito ha trattenuto il ministro dell’Economia per lamentarsi con lui. «Cosa gli ho detto? Che io a scatola chiusa compro solo Arrigoni», ha raccontato poi Lotito, citando una una vecchia pubblicità di un’azienda che vendeva tonno in scatola. «E siccome Giorgetti non è Arrigoni, la legge di bilancio bisognerà discuterla, non votarla a scatola chiusa». Due giorni dopo ha avvicinato il ministro per i Rapporti col parlamento Luca Ciriani, di Fratelli d’Italia, che stava mangiando al ristorante del Senato, per chiedergli di modificare un emendamento al decreto “Anticipi”, un altro importante provvedimento economico in discussione e collegato alla manovra finanziaria.

Dopo più di un mese di polemiche e affannose trattative, alla fine il governo ha dovuto effettivamente concedere ai gruppi di maggioranza di proporre modifiche, sia pur contenute, al disegno di legge di bilancio (le principali richieste di Forza Italia, per esempio una proroga del Superbonus, non sono state comunque accolte).

Lotito aveva già iniziato a movimentare la vita del Senato prima delle discussioni sulla legge di bilancio. Anzi, si può dire che il suo attivismo si sia riverberato sulle attività di Palazzo Madama da prima che lui ci entrasse come senatore. Nel 2018 infatti era stato candidato con Forza Italia in un collegio in Campania: non risultò eletto, ma fece ricorso per contestare l’elezione di Vincenzo Carbone, senatore fedele a Matteo Renzi.

Il caso fu a lungo esaminato dalla giunta per le elezioni, un comitato di senatori che vigila e decide sulle controversie di questo tipo. Inizialmente la giunta accolse la contestazione di Lotito, il quale sarebbe automaticamente entrato in Senato se Carbone fosse decaduto. Ma poi la discussione si ingarbugliò, la cosa andò per le lunghe, e non si arrivò mai a un voto decisivo per far decadere Carbone. Nel frattempo però Lotito tempestava di telefonate esponenti di vari partiti, promettendo ricompense in caso di un loro impegno in suo favore.

Lotito alla Camera, in occasione della presentazione del “Lazio Club Montecitorio”, il gruppo di deputati laziali, il 9 gennaio 2020 (Roberto Monaldo/LaPresse)

L’abitudine di telefonare in continuazione Lotito non l’ha abbandonata neanche dopo la sua elezione nel 2022, al termine di una campagna elettorale nel collegio del Molise abbastanza funambolica: passò giornate nelle balere, serate in discoteca a intonare cori da stadio, giocò a carte nei centri anziani. Fece anche promesse di risarcimenti per la squadra di calcio del Campobasso, e nel dicembre del 2022, quando si discuteva la prima legge di bilancio del governo di Meloni, Lotito si spese per vedersi riconosciuto un intervento a sostegno delle società sportive professionistiche con arretrati fiscali.

Lotito in quel caso riuscì nel suo intento, facendo generose offerte per garantirsi i voti necessari in commissione Bilancio. A qualcuno promise una cena di pesce, ad altri i biglietti per andare a vedere la Lazio all’Olimpico. A un senatore di Azione promise di pagare alcune escort per una serata a base di champagne. Nessuno sembrò dare però troppo rilievo alla cosa, che fu commentata in maniera goliardica e diventò più che altro motivo di racconti divertiti alla buvette del Senato. Le presero un po’ tutti al solito modo, quelle lusinghe e quelle battute: vabbè, è Lotito.