Le bizzarre proposte della maggioranza intorno alla legge di bilancio

Non potendo presentare emendamenti alla manovra, i senatori si rifanno sul decreto fiscale con proposte che riguardano anche i loro affari personali

In primo piano Claudio Lotito e Dario Damiani, entrambi di Forza Italia, e dietro Paola Ambrogio e Maria Vita Nocco, di Fratelli d'Italia (Mauro Scrobogna/LaPresse)
In primo piano Claudio Lotito e Dario Damiani, entrambi di Forza Italia, e dietro Paola Ambrogio e Maria Vita Nocco, di Fratelli d'Italia (Mauro Scrobogna/LaPresse)
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Presentando il disegno di legge di bilancio, nelle scorse settimane il governo ha annunciato che non sarebbero stati presentati emendamenti da parte dei gruppi parlamentari di maggioranza. Questo orientamento è stato definito dai leader della maggioranza in una riunione convocata a Palazzo Chigi dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni lunedì 30 ottobre, poche ore prima che il testo definitivo della legge di bilancio (o manovra, come viene spesso chiamata) fosse inviato alla commissione Bilancio del Senato, per l’avvio dell’esame parlamentare.

Quella stessa commissione, però, stava già discutendo un provvedimento importante, il decreto fiscale (chiamato anche decreto “Anticipi”), che con la legge di bilancio ha molto a che fare: in gergo si dice che è un «collegato», cioè un provvedimento che attua o disciplina alcuni specifici aspetti della manovra in corso di approvazione attingendo alle risorse che questa stanzia. È stato subito chiaro che i senatori di maggioranza, delusi per essersi visti negare la possibilità di proporre correzioni alla legge di bilancio, volessero riversare su questo decreto fiscale alcune delle richieste che il governo aveva bloccato.

Martedì, quando il fascicolo con tutti gli emendamenti è stato definito, questa intenzione si è concretizzata in modo evidente: dei circa mille emendamenti depositati al decreto fiscale, infatti, oltre 300 sono stati presentati dai gruppi parlamentari di maggioranza. Molti di questi hanno un certo peso economico e politico, e riguardano da vicino chi li ha presentati.

Non è una novità: quando il parlamento deve approvare la manovra il ministero dell’Economia lascia un fondo (nel 2022 è stato di 420 milioni, poi ridotti a 330, ma in passato è stato anche molto più cospicuo) nelle disponibilità di deputati e senatori di maggioranza, cosicché questi possano finanziare piccoli progetti, quasi sempre per soddisfare determinate categorie di lavoratori o per compiacere in vario modo il proprio elettorato (non a caso vengono definite volgarmente “marchette”). Ma nella legge di bilancio non ci sarà spazio per queste proposte, e quindi sono finite nel decreto fiscale.

Renato Ancorotti di Fratelli d’Italia ha presentato insieme ad altri colleghi due emendamenti per applicare l’esenzione dell’IVA agli interventi di chirurgia estetica. Ancorotti è presidente della Ancorotti Cosmetics, azienda che nel suo profilo Linkedin si presenta come «tra i più importanti produttori di make-up e cosmesi skincare a livello globale». Un emendamento di Domenica Spinelli, anche lei di FdI, vorrebbe invece migliorare il trattamento fiscale delle pensioni dei lavoratori frontalieri con la Repubblica di San Marino. Spinelli risiede a Coriano, comune del riminese a una decina di chilometri da San Marino. Domenico Matera (FdI) ha depositato uno degli emendamenti per riconoscere l’inquadramento dei segretari comunali e provinciali in ruoli di dirigenza. Matera esercita la professione di segretario comunale dal 1995.

Altri senatori di Fratelli d’Italia propongono invece che gli amministratori di condominio vengano iscritti alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri, ottenendo dunque trattamenti previdenziali più vantaggiosi. Oppure un bonus una tantum da 150 euro come incentivo alla transizione digitale per medici di medicina generale e pediatri.

La Lega ha presentato emendamenti per ridurre l’IVA sul pellet e sul teleriscaldamento, oltre che la proroga del credito d’imposta per le spese di consulenza delle piccole e medie imprese che vogliono quotarsi in borsa. I leghisti si impegnano anche per riconoscere agevolazioni fiscali alle associazioni musicali amatoriali e sgravi fiscali ai produttori di birra.

Anche Forza Italia ha presentato diversi emendamenti indirizzati a categorie ben precise, in particolare chiedendo maggiori assunzioni e miglioramento delle dotazioni per Carabinieri e Guardia di Finanza. C’è poi la proposta di stanziare 1,8 milioni di euro in favore di un progetto di traduzione del Talmud babilonese, uno dei testi sacri dell’ebraismo.

Ma l’attivismo di Forza Italia sul decreto fiscale in questi giorni è notevole soprattutto per il suo significato politico.

Tra gli emendamenti presentati dal partito, infatti, ce ne sono alcuni che di fatto contraddicono le scelte adottate dal governo su questioni grosse e rilevanti. Sul Superbonus per esempio sia Meloni sia il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti avevano parlato più volte degli effetti negativi della misura sulle finanze pubbliche, con un costo complessivo di oltre 120 miliardi, e proprio per questo avevano approvato misure per limitare i bonus edilizi.

Martedì però Forza Italia ha depositato alcuni emendamenti che puntano a prorogare il Superbonus al 100 per cento di sei mesi, fino al giugno del 2024 per i lavori di efficientamento energetico avviati entro il 17 febbraio del 2023 e il cui stato di avanzamento entro la fine dell’anno sia di almeno il 60 per cento del totale. La proposta ha suscitato un certo clamore anche perché richiede una spesa notevole, calcolata in 545 milioni di euro all’anno per ogni anno dal 2024 al 2027: un totale di quasi 2,2 miliardi. Ma soprattutto è quasi del tutto coincidente con le proposte delle opposizioni, compreso il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte che aveva voluto e difeso il Superbonus.

Con il bonus psicologo è successa una cosa simile. Il governo aveva stanziato 5 milioni per il 2023 e 8 milioni di euro dal 2024 in poi. Un emendamento di Forza Italia chiede di aumentare questo stanziamento fino a 15 milioni per il 2023 e poi a 40 milioni a partire dal 2024. Una proposta quasi uguale a quella avanzata dal senatore del Partito Democratico Filippo Sensi, che chiede 50 milioni di euro per il bonus da quest’anno e per gli anni successivi.

Questi emendamenti sono stati firmati da Licia Ronzulli, che è la capogruppo di Forza Italia al Senato, e dal vicepresidente della commissione Bilancio Claudio Lotito. Significa che il partito rivendica in maniera plateale questa iniziativa, e lo fa peraltro con una dirigente che è da tempo considerata critica nei confronti di Meloni. «Collaboreremo in sintonia con il governo, per spingerci fin dove le coperture ce lo consentiranno» ha detto Ronzulli mercoledì mattina, nel tentativo di ridimensionare la polemica nata in queste ore intorno agli emendamenti di Forza Italia. «Bisogna però essere realisti, sappiamo che le risorse sono poche e per questo, con senso di responsabilità, faremo di necessità virtù».

Forza Italia propone di trovare le coperture economiche per le sue proposte aumentando dal 3 al 15 per cento l’imposta sulle transazioni digitali (la cosiddetta “web tax”), ma non è un’ipotesi molto solida dal punto di vista contabile. Le stesse parole di Ronzulli lasciano intendere che Forza Italia sia pronta a ripensare le sue proposte di emendamento al decreto fiscale nel caso in cui le risorse per sostenerle non ci fossero: anche in questo caso, però, ci sarebbe comunque un vantaggio politico per Forza Italia, che potrebbe intestarsi una battaglia cara all’intero comparto dell’edilizia e sentita da milioni di cittadini, lasciando che sia Meloni, di Fratelli d’Italia, o Giorgetti, della Lega, a bocciare l’iniziativa (una tattica che in queste circostanze si usa spesso).

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